«Dalle periferie esistenziali»: la teologia che nasce dai margini

La seconda delle “serate teologiche”, organizzate dalla Camoteca e dall’Azione Cattolica, è stata pensata con un titolo che è già un viaggio: “Dalle periferie esistenziali”. L’incontro si è svolto, il 27 ottobre, nell’aula magna del seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza. Questa serata si è ben inserita nello spirito della Camoteca, lo spazio sorto nel 2022 nei locali dell’Azione Cattolica: un laboratorio di pensiero nato per continuare la missione di don Paolo Camminati, il “Camo”, attraverso la lettura viva dei suoi libri e il dialogo con le domande del nostro tempo. A introdurre l’incontro è stato Marco Vino, presidente dell’Azione Cattolica diocesana, che ha ricordato come l’espressione “periferie esistenziali” rimandi a Papa Francesco, il quale, nel giorno della sua elezione, si era presentato al mondo come un pastore venuto “dalla fine del mondo”. Un modo semplice e potente per dire che è dai margini, più che dal centro, che si può guardare tutto con occhi nuovi.
Ridefinire la periferia
A raccogliere e rilanciare questa intuizione è stato don Roberto Maier, teologo e docente all’Università Cattolica. Il suo intervento è iniziato da una provocazione: “La periferia non è più un luogo, è un’esperienza”. Maier ha proposto una vera e propria ridefinizione del concetto di periferia, superando la vecchia opposizione centro-periferia. «Non esiste più un unico centro attorno al quale si dispongono periferie marginali - ha spiegato - oggi convivono molteplici periferie, che spesso non comunicano tra loro. E il centro stesso, in certi casi, diventa una periferia. Ogni centro - ha sottolineato il teologo - genera inevitabilmente le proprie periferie. È più facile guardare alle periferie degli altri - ha aggiunto - che riconoscere quelle che noi stessi creiamo, magari proprio dentro le nostre realtà ecclesiali o sociali».
Le periferie volontarie e la salute di una società
Il discorso si è poi allargato a un tema inatteso: le periferie volontarie, scelte da chi rifiuta di conformarsi. «Ci sono persone - ha osservato Maier - che vogliono restare ai margini, non per ribellione, ma per autenticità. Una società sana non è quella che elimina le periferie, ma quella che sa far spazio anche a chi non si adatta ai suoi ritmi». Qui il teologo ha citato l’ex ambasciatore iraniano Majid Rahnema, autore di ‘Quando la povertà diventa miseria’: “Nelle società antiche il povero aveva un posto, oggi viene espulso. La povertà è diventata miseria”.
L’esperienza del margine: quando il mondo finisce
La riflessione si è fatta più profonda quando Maier ha introdotto il concetto di “esperienza della fine del mondo”, non nel senso apocalittico, ma come la crisi di un sistema di significati.
«Il mondo - ha spiegato - non è solo un luogo geografico, ma l’insieme di strumenti con cui diamo senso alla realtà. Quando questi strumenti non funzionano più, quando i significati crollano, ci troviamo al margine del nostro mondo. È un’esperienza dolorosa, ma anche generativa. Non si tratta, però, di una santificazione automatica della sofferenza. Non ogni ferita porta frutto - ha avvertito - ma proprio lì, dove il mondo non regge più, può aprirsi la possibilità di una escatologia personale: un compimento, una liberazione...».
Una teologia che ascolta
Alla Camoteca, la serata non si è chiusa con risposte, ma con domande nuove. Come accadeva con il “Camo”, il pensiero diventa riflessione, teologia in cammino…
Le periferie - sintetizzando il pensiero di don Maier - non sono solo luoghi da visitare, ma esperienze da attraversare dentro e fuori di noi. E forse è proprio da lì, da quelle “fini del mondo” che ciascuno vive, che può rinascere una fede più autentica, capace di guardare il reale senza difese.
Riccardo Tonna
Nella foto, il teologo don Roberto Maier e Marco Vino, presidente dell'Azione Cattolica diocesana.
Pubblicato il 29 ottobre 2025
Ascolta l'audio



