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San Scalabrini: il dono di un pastore illuminato

 

 scalabrini

Nella luce della liturgia della Terza Domenica di Avvento che parla di attesa e di speranza, si è svolta, il 13 dicembre, la messa in cattedrale a Piacenza, presieduta dal vescovo mons. Adriano Cevolotto, atto inaugurale delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’ingresso in diocesi di San Giovanni Battista Scalabrini, definito dal presule “un missionario mancato che divenne un vescovo missionario”. Una data che non è casuale: proprio il 13 dicembre 1875 papa Pio IX nominava vescovo di Piacenza il giovane sacerdote comasco Giovanni Battista Scalabrini, che avrebbe poi fatto il suo ingresso solenne in diocesi il 13 febbraio 1876. Un anniversario che, a distanza di un secolo e mezzo, torna a interrogare e a ispirare la Chiesa piacentina.

L'apostoli dei migranti

La liturgia solenne è stata accompagnata dai canti del coro della Cattedrale e hanno concelebrato mons. Gianni Ambrosio, vescovo emerito, don Giuseppe Basini, vicario generale, il Capitolo della Cattedrale e i padri missionari scalabriniani, segno concreto di un carisma che continua a generare vita e missione.
È proprio don Basini che ha aperto la celebrazione, richiamando la Terza Domenica di Avvento, tempo di attesa operosa e di carità. Rendere grazie a Dio per Scalabrini - ha detto Basini - significa riconoscere il dono di un pastore illuminato, capace di leggere i “segni dei tempi”, di investire con coraggio nell’educazione religiosa, soprattutto dei giovani, e di lasciarsi ferire dalla sofferenza dei migranti. Fu proprio lo sguardo compassionevole - ha sottolineato il vicario generale - verso uomini e donne costretti a lasciare la propria terra a fare di Scalabrini l’“apostolo dei migranti”. Egli non si limitò a intuire il bisogno: inviò missionari come “compagni di viaggio” e si fece lui stesso missionario, affrontando viaggi faticosi e condizioni di salute precarie pur di visitare migranti e missionari. Un carisma che continua a vivere oggi nella famiglia scalabriniana, presente e operosa anche nella Chiesa diocesana.

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Memoria grata dei Vescovi

Il vescovo mons. Cevolotto nell’omelia si è soffermato su una tradizione cara alla diocesi: quella di fare grata memoria dei propri vescovi nel tempo natalizio. Una Chiesa locale - ha sottolineato - non si identifica solo nel suo vescovo, ma il ministero episcopale resta essenziale per custodire autenticamente la fede in Gesù Cristo. È motivo di consolazione - ha aggiunto - sapere che alcuni di questi pastori hanno vissuto tale servizio in santità riconosciuta, come San Antonio Maria Giannelli per Bobbio e San Giovanni Battista Scalabrini per Piacenza, custoditi anche dalla memoria viva delle Suore Giannelline e della famiglia scalabriniana.

Mons. Cevolotto ha ricordato come le cronache riportino che fu un altro santo, San Giovanni Bosco, a riconoscere nel giovane Scalabrini un padre appassionato e capace.

Vedere e ascoltare

L’omelia poi si è spinta oltre la rievocazione storica, diventando provocazione spirituale per l’oggi. Il vescovo ha richiamato l’importanza decisiva del “vedere” e dell’“ascoltare” come vie di conversione e di orientamento del cuore. Anche Scalabrini, - ha sottolineato - al momento della sua ordinazione episcopale, confessò timori e senso di inadeguatezza, ma seppe affidarsi alla grazia di Dio, lasciandosi guidare da uno spirito missionario rivolto soprattutto agli “smarriti di cuore”. Sono coloro che faticano a decidere, con uno sguardo confuso e un udito indebolito. Le Scritture - ha ricordato il vescovo -, citando Isaia e le parole di Gesù, insistono su questi sensi come chiave per comprendere e attendere davvero. Eppure, nel nostro tempo, lo sguardo rischia di essere abbagliato o miope, l’ascolto soffocato da troppi rumori. Esiste un vedere superficiale, emotivo, e un vedere profondo che apre alla conversione; un udire che informa soltanto la mente e un ascoltare che lascia depositare la Parola nel cuore, riorientandolo…

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Rafforzare la speranza

Richiamando papa Francesco e la Dilexit Nos, mons. Cevolotto ha indicato in Cristo l’unità capace di guarire la frammentazione interiore. Solo così l’attesa diventa feconda e il Signore che viene può essere riconosciuto e nominato. L’invito finale del presule è stato quello di chiedere la gioia di saper vedere e ascoltare, di discernere la presenza di Dio nelle pieghe della quotidianità, per rafforzare la speranza.
Al termine della messa, i presenti si sono raccolti in preghiera davanti all’urna che custodisce le spoglie di San Giovanni Battista Scalabrini. Poi la discesa in cripta, per ricordare i vescovi lì sepolti. Un gesto silenzioso che ha messo in evidenza come la memoria diventa preghiera e riflessione. Un’orazione con cui la diocesi si è affidata all’intercessione di San Scalabrini, un pastore che seppe vedere lontano e ascoltare a fondo il grido del suo tempo.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 15 dicembre 2025

Nelle foto, la celebrazione in Cattedrale in onore di San Scalabrini.

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