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Il card. Zuppi: «La Pasqua ci sfida a non cadere nella logica delle armi»

zuppi cardinal

“Credere nella Pasqua significa non arrendersi al male”. Parte da questo richiamo il card. Matteo Zuppi (nella foto sopra, di Siciliani-Gennari/SIR), arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, per rileggere il significato profondo della Risurrezione oggi. In un tempo segnato da fragilità, guerre e divisioni, la Chiesa è chiamata a custodire e testimoniare la speranza. Dalla vicinanza a Papa Francesco al Cammino sinodale, fino al Giubileo, l’invito è a trasformare la fede pasquale in gesti concreti di riconciliazione, misericordia e fraternità.

— La Pasqua ci chiama a rinnovare il senso della comunione nella Chiesa, fondata sulla carità e sulla fedeltà. In questo tempo in cui Papa Francesco affronta un periodo di convalescenza e fragilità fisica, quanto è importante che la Chiesa italiana esprima la sua vicinanza al Santo Padre, testimoniando quell’unità che è già segno della Risurrezione?
È fondamentale: in questa condizione di fragilità, la sua figura diventa ancor di più motivo di attenta comunione. E la comunione è un legame delicatissimo, intimo, profondo, che unisce coinvolgendo tutta la vita. La Chiesa in Italia continua a stringersi al suo Pastore, testimone di quell’amore a Cristo che non smette di insegnarci che il più grande è colui che serve. Ringraziamo Papa Francesco che, con il suo ministero, conferma i fratelli nella fede e presiede la Chiesa nella carità. Essendo quella italiana la Chiesa più vicina, siamo spinti ancora di più a far nostro il suo messaggio, a condividere le sue preoccupazioni per il servizio al Vangelo e al mondo.

— Anche i non credenti hanno espresso affetto e vicinanza al Papa.
Mi ha molto colpito il fatto che tutti, indistintamente, credenti e non credenti, abbiano manifestato la loro vicinanza e il loro affetto, pregando per la sua salute. È un segno di unità di cui abbiamo bisogno e anche di come
la figura di Papa Francesco unisce tutti i cercatori di speranza, i giusti, coloro che hanno a cuore la casa comune.

Il saluto di Gesù risorto è: «Pace»

— In un contesto internazionale segnato da tensioni geopolitiche e guerre, la Pasqua ci richiama al messaggio di pace e riconciliazione. Quale ruolo può svolgere oggi la Chiesa nel promuovere un dialogo autentico tra le nazioni e nel contrastare la logica del riarmo, affinché la speranza pasquale si traduca in impegni concreti per la costruzione di un ordine mondiale più giusto e pacifico?
Credere nella Pasqua significa non arrenderci al male anche quando sembra vincente, definitivo, inesorabile. È proprio nel buio della sofferenza che vediamo la luce della Risurrezione, la forza di Gesù che vince il male, la potenza del perdono e della misericordia che sconfigge l’odio e la violenza. La speranza cristiana non è un po’ di benessere a poco prezzo, che tranquillizza e isola senza affrontare il nemico della vita.
In questo tempo di conflitti, di divisioni, di sentimenti nazionalisti senza quelli di dialogo e di unione tra i Paesi, di linguaggio greve e pieno di insulti tra le persone e le nazioni, il servizio della Chiesa per l’unità diventa luce di speranza.
Non dimentichiamo che il saluto di Gesù risorto è “pace”: queste parole, che ci ha consegnato, sono una responsabilità perché questo annuncio possa incarnarsi nelle contraddizioni della storia e nelle fatiche dell’umanità.

— Come possono i cristiani tradurre la speranza in gesti concreti?
Come Maria che ai piedi della croce non si rassegna al dolore e alle tenebre, la Chiesa non si rassegna alle guerre e ai conflitti, al ricorso alle armi anziché al dialogo per risolvere i conflitti. Bisogna pregare, ma occorre anche tradurre questo impegno in azioni di riconciliazione, di ascolto e dialogo sincero, facendosi tessitori di unione in ogni contesto, pacifici nelle parole e nei comportamenti, capaci di vedere nell’altro sempre un fratello e mai un nemico, un estraneo da cui difendersi, da giudicare. Come dice Papa Francesco nella Bolla di indizione di questo Giubileo: “È troppo sognare che le armi tacciano e smettano di portare distruzione e morte? Il Giubileo ricordi che quanti si fanno ‘operatori di pace saranno chiamati figli di Dio’ (Mt 5,9). L’esigenza della pace interpella tutti e impone di perseguire progetti concreti. Non venga a mancare l’impegno della diplomazia per costruire con coraggio e creatività spazi di trattativa finalizzati a una pace duratura” (Spes non confundit, 8). Il Papa ci coinvolge tutti nel cercare la pace e ricorda alla diplomazia di individuare con creatività spazi di trattative e ai politici di non avere paura di costruire la pace.

La Chiesa è nel mondo e non contro il mondo

— La vitalità della Chiesa italiana è emersa con forza durante la Seconda Assemblea sinodale. Come può lo slancio sinodale aiutare le comunità cristiane a incarnare lo spirito pasquale di una Chiesa viva, capace di ascolto, di servizio e di testimonianza nel cuore della società?
Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato che la Chiesa è nel mondo non per occupare spazi o per gestire poteri, ma come espressione “di solidarietà, di rispetto e d’amore verso l’intera famiglia umana” (Gaudium et spes 3). Il Cammino sinodale e le due Assemblee nazionali hanno ribadito questa urgenza: la Chiesa è nel mondo e non contro il mondo, si apre al dialogo anziché chiudersi se è la Chiesa di Cristo. La Chiesa non è un’idea ma un incontro, una relazione con al centro il Signore per cui vale la pena perdere la vita. Ecco perché la sinodalità deve andare di pari passo con la fraternità, che ha bisogno di essere reale e non solo simbolica, vissuta più che interpretata, concretizzata oltre che teorizzata. La luce del Risorto ci ricorda che siamo riflesso dell’amore di Dio. E questo ci porta non a cercare la gloria gli uni dagli altri, ma a rivestire di amore il prossimo.

Vivere il Giubileo significa combattere il male

— Il Giubileo invita a un cammino di rinnovamento spirituale. Considerando che la Pasqua è il culmine della speranza cristiana, in che modo la celebrazione della Risurrezione può preparare e motivare i credenti a vivere pienamente l’esperienza giubilare?
La Pasqua è il segno più grande della speranza che non delude perché vince il nemico ultimo, la morte. La Pasqua ci incoraggia tutti a essere persone che non si arrendono, che sanno di essere più forti del male e scelgono di non essere spettatori, ma riparano come possono le relazioni, le conseguenze del male, sconfiggono la solitudine, portano il perdono, aiutano i fratelli più piccoli di Gesù.

— Quale stile di vita i cristiani sono chiamati a testimoniare per umanizzare il mondo?
La speranza non è avere tutto, ma credere che tutto è possibile perché nulla è impossibile a Dio e, come ha aggiunto Gesù, a chi crede. La speranza è il mondo nuovo che affronta quello vecchio, è seme del quale pregustiamo già i frutti che vedremo maturi solo nel cielo. Chi ha speranza vive diversamente e sa vedere nella parzialità, che resterà sempre tale, del nostro presente la pienezza del futuro.
Vivere il Giubileo allora significa combattere il male, per realizzare la speranza di Dio sul mondo: una famiglia, dove siano fratelli tutti. I cristiani hanno la responsabilità di umanizzare il mondo e di formare persone capaci di umanizzarlo, guardando al mondo come i piccoli, per riconoscerli e legittimarli, per mettersi al loro servizio.

Riccardo Benotti

Pubblicato il 20 aprile 2025

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