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Un Magistero per «avviare processi»

visita parrocchia

Quattro encicliche (Lumen Fidei, Laudato si', Fratelli tutti, Dilexit nos), sette esortazioni apostoliche (Evangelii gaudium, Amoris Laetitia, Gaudete et Exsultate, Christus vivit, Querida Amazonia, Laudate Deum, C’est la confiance), un unico magistero che ha come filo rosso l’annuncio gioioso del Vangelo al mondo, con “parresia” e senza fuggire nessuna delle sue sfide: dalla secolarizzazione alla globalizzazione dell’indifferenza, dalla “cultura dello scarto” alle “colonizzazioni ideologiche”, dalla “terza guerra mondiale a pezzi” ai conflitti tra le religioni. In dodici anni di pontificato, Papa Francesco (sopra, nel 2019 in visita ad una parrocchia della periferia romana nella foto Vatican Media/SIR)  ha tracciato un percorso che, fin dall’Evangelii gaudium, il suo documento programmatico, si è proposto di “avviare processi, più che occupare spazi”, nell’ottica di una “Chiesa in uscita” raffigurata come “ospedale da campo” per le ferite, grandi e piccole, dei viandanti che incrociamo per strada. L’atteggiamento da adottare è quello del Buon Samaritano, l’ispirazione è lo stile stesso di Dio: “vicinanza, compassione e tenerezza”.

Altro tema centrale del magistero di Bergoglio, quello della cura e del rispetto per il creato, oggetto della sua seconda enciclica, Laudato si', che ha suscitato vasta eco anche in ambito non cattolico e ha lanciato un grido d’allarme – in anticipo rispetto alle agende delle organizzazioni internazionali e dei governi - su tematiche scottanti per la stessa sopravvivenza dell’uomo sul pianeta, come l’emergenza climatica e il riscaldamento globale, ampiamente trattate poi nell’esortazione apostolica dedicata all’Amazzonia. Temi, questi, rilanciati nell’esortazione apostolica “Laudate deum”, dopo i fallimenti degli Accordi di Parigi e l’’immobilismo indifferente della comunità internazionale nei riguardi di un questione, il cambiamento climatico, che ha cessato di essere un’emergenza per trasformarsi in tragica quotidianità in grado di mettere a rischio la sopravvivenza delle generazioni future, come ha denunciato Papa Francesco nel testo scritto per la Cop28 di Dubai, alla quale non ha potuto essere presente per problemi di salute.


Nella sua terza enciclica, Fratelli tutti, firmata ad Assisi, Papa Francesco propone la terapia della fraternità ad un mondo malato, e non solo di Covid: tra le richieste, una “governance globale” per le migrazioni, tema portante del pontificato, per affrontare il quale fin dai suoi primi documenti magisteriali aveva indiato una road map molto precisa ed esigente, formulata attraverso quattro verbi da declinare: “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. In quella dedicata alla famiglia, Amoris Laetitia, il Papa raccoglie invece i frutti del Sinodo indetto in due tempi su questo tema, preceduto da una consultazione che ha reso protagonista tutte le Chiese locali, in un’ottica decentrata che sarebbe diventata una prassi anche negli altri appuntamenti sinodali. “Integrare tutti”, la frase guida. Parlare alle famiglie “così come sono”, la consegna. Niente più distinzioni tra situazioni “regolari” o “irregolari”: “accompagnare, discernere e integrare” l’invito ai vescovi e ai pastori, chiamati a valutare caso per caso. "La società mondiale stia perdendo il cuore”, l’affermazione centrale della sua ultima enciclica, "Dilexit nos": “Basta guardare e ascoltare le donne anziane – delle varie parti in conflitto – che sono prigioniere di questi conflitti devastanti. È straziante vederle piangere i nipoti uccisi, o sentirle augurarsi la morte per aver perso la casa dove hanno sempre vissuto. Scaricare la colpa sugli altri non risolve questo dramma vergognoso. Veder piangere le nonne senza che questo risulti intollerabile è segno di un mondo senza cuore”. “Prendere sul serio il cuore ha conseguenze sociali”, scrive il Papa citando la posizione del Concilio di fronte ai drammi del mondo e chiedendo “compassione per questa terra ferita, affinché il nostro mondo, che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore umano”.

Una "Magna Charta" della pastorale giovanile, esortata a cambiare - insieme alla Chiesa - partendo dalle critiche dei giovani, per diventare, da ora in poi, "pastorale giovanile popolare". È Christus vivit, l'esortazione rivolta ai giovani a conclusione del Sinodo a loro dedicato. "La gioventù non esiste, esistono i giovani", il punto di partenza per affrontare questioni come gli abusi, le migrazioni, la sessualità, la questione femminile, i pericoli della Rete, la famiglia, il lavoro. “Non aver paura” della “santità della porta accanto”, l’imperativo che fa da sfondo alla terza esortazione apostolica di Papa Francesco: i santi non sono solo quelli già beatificati e canonizzati, ma il “popolo” di Dio, cioè ognuno di noi, chiamato a vivere la santità come un itinerario fatto di “piccoli gesti” quotidiani. E alla “piccola via” di una delle sante più conosciute in tutto il mondo, amata anche da non cristiani e non credenti e riconosciuta dall’Unesco tra le figure più significative per l’umanità contemporanea, dichiarata Dottore della Chiesa da San Giovanni Paolo II nel 1997, è dedicata l’esortazione apostolica “C’est la confiance”.
“Io sarà l’amore” è l’opzione radicale di Santa Teresa di Lisieux per una Chiesa non trionfalistica, ma “amante, umile e misericordiosa”: “una grande luce anche per noi oggi, per non scandalizzarci a causa dei limiti e delle debolezze della istituzione ecclesiastica, segnata da oscurità e peccati”.

M.Michela Nicolais

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