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Notizie Varie

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Ticket sanitari non riscossi, la Regione lancia un'azione di recupero

Recupero ticket sanitari

Dando seguito alla normativa nazionale che prevede la compartecipazione alla spesa sanitaria da parte degli assistiti, in particolare con l’introduzione di un ticket per le prestazioni di pronto soccorso non urgenti, nelle scorse settimane la Regione Emilia-Romagna ha adottato una serie di interventi mirati per rafforzare il sistema di recupero dei crediti non ancora riscossi. Sono le singole Aziende sanitarie, come stabilito da una delibera regionale che fissa obiettivi vincolanti e indicatori di monitoraggio, ad avere la responsabilità del recupero crediti approvando regolamenti specifici. Un’attività che riprende dopo la sospensione del pagamento dei ticket dovuto all’emergenza coronavirus che ne aveva causato un rallentamento. Previste anche campagne di sensibilizzazione sul pagamento e sulla disdetta, oltre alla possibilità di consultare eventuali insoluti tramite totem automatici nelle strutture sanitarie e sul Fascicolo Sanitario Elettronico. Spetta alla Regione, invece, monitorare in corso d’anno l’andamento dei ticket non riscossi. “Il Covid - spiega l’assessore alle Politiche per la salute, Massimo Fabi - ha segnato una battuta d’arresto importante nel recupero della riscossione dei ticket. È un tema di cui siamo consapevoli e per questo abbiamo dato mandato alle Ausl di procedere coinvolgendo in primo luogo i cittadini: non si tratta, infatti, di una mera operazione di riscossione crediti, così come non tutti coloro che non hanno pagato lo hanno fatto in malafede- rimarca l’assessore -. Quella che è partito in questa settimana è un piano di recupero dei crediti che viene portato non contro gli assistiti, ma insieme a loro, per i quali abbiamo previsto la massima disponibilità e collaborazione. Nel segno dell’equità- conclude Fabi-, perché il contributo di ciascuno è un elemento di tenuta del nostro servizio sanitario. E’ un dovere comune per garantire il diritto universale alla salute e alla cura, valore fondante dell’Emilia-Romagna”. Se l’ammontare dei ticket non pagati è passato dai 7.584.188,80 euro del 2020 ai 21.370.441,37 del 2024 si deve al fatto che durante il periodo Covid l’invio dei solleciti ha subìto un significativo rallentamento e nelle fasi più critiche della pandemia è stato persino sospeso. Inoltre, un’alta percentuale di ticket non riscossi, soprattutto relativamente al Pronto Soccorso, è riferita a cittadini irreperibili che, una volta terminate le verifiche sull’anagrafica, diventano inesigibili. Il numero dei pazienti che hanno ricevuto l’invito a regolarizzare il pagamento del ticket è passato dagli 88.368 del 2020 ai 245.799 del 2024.

LE PRINCIPALI MISURE ADOTTATE

Le Aziende sanitarie potranno inviare fino a due solleciti (Pec o raccomandata A/R) per i ticket non riscossi al 31/12/2024. E procedere all’iscrizione a ruolo almeno per i crediti sorti nel 2022 e precedenti. Le operazioni di recupero dei ticket saranno completate entro il 2026, mentre, nel frattempo, saranno attivate verifiche durante l’anno sullo stato dei recuperi, anche per i ticket del 2025.

LE CASISTICHE DI PAGAMENTO

La norma del Ministero della Salute prevede una quota fissa di 25 euro per prestazioni di pronto soccorso non urgenti (codice bianco e verde) e non seguite da ricovero, salvo esenzioni per i minori di 14 anni. Il ticket può salire fino a 50 euro o più in caso di prestazioni diagnostiche o ulteriori prestazioni collegate. L’Emilia-Romagna, a differenza di altre Regioni italiane, pur avendone la possibilità non ha stabilito altre tariffe o aggiunte rispetto al ticket base di 25 euro. Non è previsto alcun pagamento per chi ha avuto accesso al Pronto Soccorso in codice rosso, arancione e azzurro, indipendentemente dall’esito della visita. Se il ticket è una misura fondamentale di compartecipazione alla spesa sanitaria, è altrettanto importante, per evitare di incorrere nella sanzione sia nel rispetto degli altri utenti e dei professionisti sanitari, dare disdetta in tempo utile delle prestazioni programmate. Chi non provvede è tenuto a pagare il ticket corrispondente previsto.

Pubblicto il 19 agosto 2025

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A Groppallo Ferragosto dedicato a don Gianrico Fornasari

groppallo


Groppallo, Ferragosto è stata una festa d’estate diversa dal solito. In una corte colma di oltre duecento persone non si respirava solo la leggerezza spensierata di una sagra di paese e delle sue bancarelle, ma anche la profondità di una comunità che si ritrova attorno alla memoria e al dono. Ho seguito la serata con occhi di osservatore esterno, lasciandomi attraversare dai silenzi, dalle voci, dalle immagini. E ciò che mi è rimasto è il senso di un legame che unisce radici, storia e futuro.

Tre cortometraggi del Cineclub Piacenza

La prima parte ha proposto tre cortometraggi del Cineclub Piacenza. “Pietra su Pietra”, realizzato dai ragazzi della scuola media di Morfasso, ha raccontato con lo sguardo dei più giovani il tema delle barriere personali e della capacità di trasformarle in ponti, in nuove prospettive di comunità. A commentarlo è stato Fausto Frontini, che ha sottolineato il grande lavoro di studenti e insegnanti con un messaggio capace di far riflettere anche gli adulti.bÈ seguito “1x7”, prodotto in occasione del 35° di fondazione della sezione Aido di Lugagnano e della Val d’Arda, che ha coinvolto l’intero paese di Lugagnano testimoniando la differenza tra il “regalare” e il “donare”. A commentarlo sono stati Giancarlo Bersani, presidente Aido Lugagnano, Gianfranco Antonelli, presidente provinciale Aido, e Giovanni Villa, presidente provinciale Avis. Infine “Rise and Shine”, del veronese Alessandro Zonin, ha affrontato con delicatezza e ironia il tema della guerra e della morte, scegliendo di mostrarne non solo il dramma ma anche frammenti di umanità che resistono persino nei momenti più duri; il commento è stato affidato a Valter Sirosi, presidente del Cineclub Piacenza Giulio Cattivelli, che ha ricordato il grande lavoro svolto dal club con risultati ormai riconosciuti anche a livello nazionale e internazionale. Subito dopo, un grazie speciale è andato a Gianfrancesco Tiramani, da anni amico sincero di Groppallo: non solo per il sostegno tecnico e logistico, ma per la sua disponibilità e generosità, insieme al gruppo che lo affianca con passione e rispetto delle sensibilità della comunità.



L’omaggio a don Gianrico Fornasari

Poi, il cuore della serata: l’omaggio a don Gianrico Fornasari (1935-2014), “il ragazzo con la cinepresa”, che ci ha lasciati ormai dieci anni fa. Arrivato a Groppallo a fine anni Cinquanta come giovane seminarista del Collegio Alberoni, divenne presto parroco e iniziò a filmare la vita del paese con la sua cinepresa sempre in mano. Le sue pellicole, i super8, hanno catturato processioni, feste civili e religiose, mercati, bambini che giocano, uomini e donne al lavoro, paesaggi e stagioni: sequenze in bianco e nero e a colori che oggi tornano a parlare grazie al lavoro di digitalizzazione.

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Una memoria viva

Don Claudio Carbeni l’ha conosciuto negli anni Novanta, quando entrambi furono chiamati dal vescovo Monari a ricoprire incarichi diocesani: un incontro che gli ha fatto scoprire da vicino la passione con cui don Gianrico parlava della sua montagna e della sua comunità. Un’appartenenza profonda, quasi viscerale, a questa terra e alla sua gente. Solo mezz’ora di proiezione, scelta tra più di cento bobine, è bastata a trasformare la corte in memoria viva: sagre, processioni, infanzia, stagioni, lavoro, gioco, montagna. Qualcuno ha rivisto i propri genitori: un incontro inaspettato e struggente, che ha fatto calare un silenzio intenso. Ho percepito lo stupore che serpeggiava tra i presenti; c’era chi era arrivato quasi per caso, avvisato all’ultimo, eppure se n’è andato con gli occhi lucidi. In apertura, il presidente dell’Avis aveva ricordato: “Il regalo è qualcosa che scelgo io e scelgo anche a chi darlo, mentre il dono è diverso: non so chi lo riceverà”. Parole che don Claudio Carbeni ha ripreso, legandole al senso profondo della serata: donare significa uscire da se stessi, affidare qualcosa che resterà agli altri. Così i volontari che hanno messo tempo ed energie, così don Gianrico con la sua cinepresa: ciò che hanno lasciato non è un semplice regalo, ma un dono che continua a germogliare. I semi si spargono ovunque, superano lo spazio, attraversano il tempo.


Le parole di don Claudio Carbeni

Nel suo intervento, don Claudio ha richiamato anche il valore della storia e degli archivi, citando le parole di Mario Rigoni Stern riportate sulla locandina della serata: “La memoria degli uomini è fragile e il tempo passa in fretta. Ma la memoria scritta e quella filmata possono durare nel tempo”. Ha detto di sentirsi profondamente in sintonia con questa frase, e le immagini - alcune girate decenni fa, in bianco e nero sfocato o a colori - lo hanno confermato: ciò che conta è l’emozione che sanno suscitare, o oggi lui stesso, per la sua storia comune, anche se in un'altra valle, si è emozionato. Un invito a custodire e valorizzare la memoria, perché solo così si resta in piedi come comunità, contro l’individualismo che rischia di frantumare i legami.

Il senso della vita nelle parole del Sindaco

Nelle conclusioni, il sindaco Marco Paganelli ha affrontato un tema raro in una festa estiva: la morte. “È qualcosa che appartiene a ciascuno di noi, anche se fingiamo di ignorarla”, ha detto. E ha aggiunto che l’aia, luogo scelto per l’evento, lo aveva colpito e attratto: da sempre crocevia di vita e morte, intimità familiare e spazio comunitario. “L’aia è insieme intimità di una famiglia ma anche comunità”, ha ricordato. E proprio in quell’abbraccio tra memoria privata e collettiva si è compiuto il dono della serata.

In tanti al lavoro

La serata è stata resa possibile dalla generosità di molti: Agostino, Pierluigi e Gianetto, custodi della chiesa di Groppallo e del patrimonio lasciato da don Gianrico; don Claudio Carbeni, che ha messo a disposizione le pellicole originali; Terratrema Film e la Fondazione Home Movies di Bologna, che hanno curato la digitalizzazione; il regista Francesco Barbieri, che con la sua esperienza ha contribuito a rendere fruibile questo immenso materiale e a restituirgli forza narrativa, trasformando archivi nascosti in patrimonio condiviso; ed Elena e Daniela, che hanno inventato e fatto crescere questa iniziativa, ora alla sua seconda edizione, insieme ai tanti ragazzi che le hanno aiutate a preparare la serata. Tra un intervento e l’altro, e nel finale, le voci del Coro Appenninus hanno dato respiro e solennità: canti popolari e brani sacri hanno accolto il pubblico, interrotto i silenzi delle immagini con momenti di raccoglimento e, infine, chiuso la serata con una trama corale capace di trasformare la commozione in speranza condivisa. Alla fine, è rimasta una promessa: che quelle bobine, oggi salvate, saranno didascalizzate e contestualizzate, perché diventino patrimonio vivo e accessibile a tutti. Non soltanto immagini d’archivio, ma racconti capaci di continuare a parlare, di generare nuove storie e nuove emozioni. Fotogrammi che porteranno “a casa” altre persone, così come è accaduto a me ieri sera, quando la memoria si è fatta presente e il presente si è intrecciato con le radici. Un dono, appunto.

Silvia Salini

 
Nelle foto, l’incontro a Groppallo e un primo piano di don Gianrico Fornasari.

Pubblicato il 19 agosto 2025

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Duemila persone alla festa dell'emigrante a Bardi

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Il 13 agosto la Festa dell’emigrante e delle genti della Val Ceno ha portato a Bardi circa duemila persone, provenienti dalle città del nord e poi da Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Stati Uniti, Canada, Australia, Malesia, tanto estesa è nel mondo l’emigrazione valligiana. Le distanze non affievoliscono il rapporto tra i discendenti di chi è partito già alla fine dell’Ottocento alla ricerca di fortuna e chi è rimasto.

Ha salutato tutti la sindaca Valentina Pontremoli, nel discorso ufficiale. «Ognuno di voi, che sia arrivato oggi da lontano o che viva qui tutto l’anno, è parte di una stessa grande famiglia: la famiglia della Val Ceno, che ha saputo affrontare sacrifici e lontananze, ma che non ha mai dimenticato le proprie origini». Una terra, ha proseguito, «che non è grande nelle dimensioni, ma immensa nei valori: il lavoro, la solidarietà, l’onestà, il rispetto per chi c’era prima e per chi verrà dopo. Un grazie speciale va a tutti voi che, pur vivendo lontano, portate un pezzo di Val Ceno con voi. E un grazie anche a chi è rimasto qui, custodendo la memoria e mantenendo viva questa comunità». L’auspicio della sindaca è continuare a essere «faro e rifugio per ogni cuore bardigiano nel mondo».

Per il consigliere regionale e presidente della Consulta regionale degli emiliano-romagnoli nel mondo, Matteo Daffadà, «Bardi è al centro dell’emigrazione delle valli parmensi e piacentine. Questa non è solo una festa dell’emigrazione del paese ma di tutta la nostra emigrazione che è andata nel mondo. È bello ritrovarsi qua perché si respira entusiasmo e attaccamento per il territorio». Sul palco c’erano anche i sindaci di Varsi e di Calestano e un assessore di Fornovo, rappresentanti di un territorio che sta cercando di ragionare insieme per affrontare i problemi dello spopolamento montano e del mantenimento di servizi essenziali come la scuola e la sanità.
La festa è frutto della collaborazione tra l’amministrazione comunale di Bardi e tanti volontarie e volontari che ogni giorno si impegnano nell’associazione sportiva dilettantistica Bardi, nella Pubblica Assistenza e nell’Avis. Il detto “l’unione fa la forza” ha mostrato ancora una volta la sua validità. Anche tanti ragazzi e ragazze sono stati coinvolti nel servizio della cena in piazza, con un menu vario e curato nei particolari. Nei serpentoni, che diligentemente si sono formati prima di arrivare ai banchi delle cucine e alle casse, si sono mescolate le lingue d’importazione – dal francese all’inglese all’“americano” –, le età, i colori, in un’attesa diventata occasione di conoscenza e di dialogo. Il ballo liscio, la lotteria, l’albero della cuccagna, i giochi per i bambini e le bambine sono stati gli altri ingredienti della serata all’ombra della chiesa parrocchiale e tra i giardini pubblici.

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Un libro ricorda la tragedia dell'Arandora Star

Primo importante momento della festa è stato l’incontro culturale sotto il portico di Maria Luigia dove è stato presentato il romanzo “L’ultima crociera” di Chiara Clini, pronipote di Guido Conti, uno dei 48 emigranti bardigiani periti sull’Arandora Star il 2 luglio 1940 insieme ad altri 400 italiani e altrettante vittime di altre nazionalità. La più grande tragedia dell’immigrazione italiana è stata riconosciuta nel 2020 dal presidente Mattarella che definì i morti “vittime innocenti”. Dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini all’Inghilterra, gli italiani erano diventati “stranieri nemici” e avevano subito varie ritorsioni, tra cui gli assalti ai loro locali e il confino in campi di internamento, premessa all’espulsione verso l’Australia e il Canada.

Dopo varie presentazioni del romanzo in Italia, l’autrice, residente a Venezia, l’ha presentato con emozione «a casa», dove tra il pubblico erano presenti anche la madre, Luisella Conti, trasmettitrice con la nonna della dolorosa storia familiare, e lo zio Giuseppe Conti, responsabile del Comitato pro vittime Arandora Star. Il lavoro del gruppo ha mantenuto vivo il ricordo della tragedia, avvenuta al largo delle coste irlandesi a opera di un sommergibile tedesco, e ha trasformato un dolore e una memoria personali in una memoria collettiva. Le donne sono state fondamentali nel darle continuità: le vedove, le madri, le sorelle delle vittime, la ricercatrice Serena Balestracci che ha pubblicato la prima opera storica sull’Arandora Star (Una tragedia dimenticata), le scrittrici Caterina Soffici (Nessuno può fermarmi), Maura Maffei (Quel che abisso tace; Quel che onda divide) e ora Chiara Clini che nel suo romanzo d’esordio ha inserito la vicenda del prozio Guido Conti che donò un salvagente a un ragazzo e poi fu colpito da un legno e sparì tra le onde. Pagine intense quelle de L’ultima crociera, orchestrate dall’ autrice attraverso le proprie competenze come sceneggiatrice, la sua passione per la letteratura e la frequentazione delle Sacre Scritture nella Chiesa valdese di Venezia.

Padre Toffari, l'emigrante non è un trapiantato altrove

Anche in questa prima parte della Festa dell’emigrante la collaborazione – tra Comune, Centro studi Val Ceno, Famiglia Bardigiana – è stato un valore importante. Tra le voci convocate dagli organizzatori anche quella di padre Mario Toffari, direttore dell’ufficio Migrantes della diocesi di Piacenza-Bobbio, definito da Conti «un caro amico di Bardi». «Da quando ho conosciuto l’Arandora Star e sono stato alla cappella dei caduti – ha spiegato Toffari – ho ricevuto qualcosa di vitale che non ho potuto più lasciare, ma la visita è stata anche una miniera per cogliere alcuni aspetti dell’emigrazione che i nostri amici di Bardi ci hanno trasmesso anche nella morte. Ho sentito qui parlare della necessità del fare memoria, dell’aspetto del dono, dell’immigrato che si era realizzato, dell’importanza delle radici. L’emigrante non è un trapiantato altrove, è una pianta che ha radici là dove è nato e cresciuto. Questo mi porta a immaginare l’oggi. L’Arandora Star ci insegna che non possiamo pensare che gli immigrati di oggi siano delinquenti. Immagino l’emigrazione come una grande casa, la casa dell'umanità, dove in diverse stanze vivono diverse persone che hanno una fratellanza. Tutti noi che abitiamo questa casa del mondo siamo interdipendenti, e dalla valorizzazione di ognuno di noi – bianco, nero, giallo – si valorizza la nostra casa».

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Don Basini: siamo chiamati ad essere generatori di pace

«Parlo più da bardigiano che da vicario generale – ha detto don Giuseppe Basini –. Ringrazio tutti, in particolare Chiara Clini. Avete portato luce su una tragedia che spesso è stata dimenticata e, come è stato ricordato, fare memoria vuol dire porre le condizioni per vedere il presente e il futuro in un modo diverso. La domanda citata da Chiara nel romanzo – «Adamo, dove sei?» –, posta all’inizio del libro della Genesi, ci chiede dove ci poniamo di fronte alla realtà. Quello che ci deve muovere nel fare memoria è avere uno sguardo nel quale viene messa al centro la dignità di ogni persona e dire io da che parte sto. Oggi di fronte a quello che sta succedendo siamo chiamati a essere generatori di pace, a generare scelte di bene, a non arrenderci alla brutalità del male ma assumere resistenza come comunità, a collocarci in modo forte a favore della vita».

Laura Caffagnini

Nelle foto, dall'alto, don Giuseppe Basini alla Festa dell'emigrante a Bardi, l'autrice del libro dedicato all'Arandora Star, Chiara Clini e il pubblico presente.

Pubblicato il 18 agosto 2025

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Con il vescovo Adriano verso il monte Penice

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Lunedì 18 agosto si è tenuto il tradizionale pellegrinaggio a piedi delle comunità della Val Tidoncello (Cicogni, Pecorara e Busseto-Caprile tra tutte) al santuario di Santa Maria di Monte Penice.

Quest’anno era presente un pellegrino d’eccezione: il vescovo mons. Adriano Cevolotto. Circa 60 pellegrini (per lo più giovanissimi) hanno seguito il percorso il percorso di circa 12 km, partendo alle 7.30 insieme al parroco don Gigi Bavagnoli dalla chiesa di Cicogni per percorrere, in un ambiente verde ed incontaminato, il passo della Crocetta, le pendici del Pietra Corva, i Sassi Neri di Bobbio e poi salire verso la vetta del Penice.

Durante le tre soste il diacono Danilo Rossi ha tenuto brevi meditazioni legate alle similitudini tra il cammino e la vita, alla luce della Parola di Dio del giorno e della fede in Gesù. Al termine, dopo il pranzo al sacco, il rosario e la messa presieduta dal Vescovo. “È sempre bello mettersi in cammino - ha sottolineato Danilo Rossi - per salutare Colei che diede alla luce il Salvatore, e che da secoli veglia come Madre amorevole su queste comunità”.

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In alto, il gruppo all'arrivo al Monte Penice; sopra, una tappa durante il percorso.

Pubblicato il 18 agosto 2025

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Un dono speciale per la chiesa di Morfasso: il nuovo dipinto dell’Assunta

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Il 15 agosto, giorno in cui la Chiesa celebra la Solennità di Maria Assunta in Cielo, ha un significato particolare per la comunità di Morfasso, che venera l’Assunta come propria patrona e le ha intitolato la chiesa parrocchiale, condividendo la dedicazione con Santa Franca, patrona di tutta la Val d’Arda. Ferragosto diventa così, anno dopo anno, non solo festa religiosa, ma anche occasione di ritorno alle radici per i tanti morfassini che, emigrati altrove, ritornano in paese per riunirsi ai compaesani. La celebrazione si è svolta nel tempio progettato dagli architetti Benzi e Galuppi di Piacenza, fortemente voluto dallo scomparso arciprete don Riccardo Serena, figura ancora viva nella memoria collettiva.

Il dono della classe 1954

Quest’anno la ricorrenza è stata impreziosita da un evento straordinario: il gruppo dei morfassini classe 1954 ha voluto lasciare un segno tangibile della propria devozione, commissionando un’opera d’arte al pittore morfassino Pierluigi Perotti, anch’egli nato nel 1954.

Il risultato è un dipinto a olio di grandi dimensioni (100 x 220 cm), che raffigura l’Assunta ispirandosi all’effige mariana un tempo custodita nell’antica chiesa di Morfasso. L’immagine si arricchisce di un dettaglio suggestivo: una veduta dall’alto della chiesa di Santa Franca posta sul monte omonimo, simbolo identitario dell’intera vallata.

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La presentazione e la benedizione

Collocata sopra la fonte battesimale, accanto alla colonna principale dedicata alla liturgia della Parola, l’opera è stata svelata durante la solenne funzione del 15 agosto. Al momento della scopertura, la chiesa gremita ha accolto il nuovo dipinto con un lungo e caloroso applauso. Il parroco, don Jean Laurent Konango, ha poi impartito la benedizione all’opera, sottolineando il valore del dono come testimonianza di fede e di appartenenza alla comunità.

L’emozione dell’autore

Commosso, l’autore Pierluigi Perotti ha preso la parola per ringraziare i compaesani e condividere il significato più profondo del suo lavoro. Ha ricordato come l’iniziativa sia nata dal desiderio di riaffermare il valore dell’amicizia, filo che da sempre lega la classe 1954 e che si è tradotto in questo gesto concreto di devozione popolare. Il dipinto dell’Assunta, frutto di una volontà corale e di un talento individuale, resterà da oggi in avanti segno visibile della fede, delle radici e dell’affetto che unisce la comunità morfassina alla sua patrona.

Nelle foto, dall'alto, il gruppo della classe 1954 che ha donato l'opera e il dipinto.

Pubblicato il 18 agosto 2025

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