La “Madonna degli Amici” di Grondone di Ferriere si è trasformata, anche quest’anno, in un bel momento di amicizia e incontri. Dina Bergamini, maestra e già direttrice della “Casa del Fanciullo”, nonché Antonino d’Oro 2008, aveva invitato tutti nel suo paese natio, Grondone, in Alta Valnure, per celebrare in modo condiviso la “Madonna degli Amici”. Sul sagrato della chiesa dedicata a San Giorgio, quindici anni fa è stato collocato un sacello frutto delle mani sapienti del parrocchiano Giorgio Calamari. Ogni anno, fino alla pandemia, tanti ferrieresi e piacentini si ritrovano qui come manifestazione di devozione e anche occasione per festeggiare tutte le mamme. Davanti alla Madonnina del sacello si è svolta la benedizione, poi canti e musiche, prima della tradizionale merenda condivisa.
Un testo che parla di scuola, montagna Quest’anno, una sorpresa. Dina Bergamini ha presentato la ultima fatica, la pubblicazione del libro “Esperitempo-La storia di una direttrice didattica rimasta maestra”. Un testo che parla di scuola, di montagna, del suo paese, delle esperienze di una vita, dell’attività di catechista. “Sono nata in una cultura che inciso sui vari percorsi del mio cammino: da pastorella a 5 anni, a sei come alunna nella scuola di Grondone, a 12 anni come studentessa nelle scuole superiori, a 20 anni come maestra sempre a Grondone”, ha scritto nel sommario del libro la stessa Bergamini.
Nelle foto, la giornata dedicata alla "Festa degli amici” a Grondone di Ferriere.
Ci siamo. Il “Torneo del campetto”, nell’anno in cui spegne 50 candeline, sta per giungere alle fasi finali. Le semifinali si svolgeranno giovedì 1° e venerdì 2 giugno. Domenica 4 giugno, giorno della festa della Santissima Trinità, il “campetto” dell’oratorio si trasformerà nella Bombonera per le due finali: alle 20 quella del “Cucchiaio di legno”, il sentitissimo torneo parallelo in cui si affrontano le squadre che si sono classificate terze e quarte nei propri gironi; alle 21.30, sarà il turno della finalissima, anticipata da un balletto a cura della scuola di danza “Blue lemon dance studio” accompagnato da una coreografia realizzata dai ragazzi della parrocchia. Il team organizzativo del torneo è composto da Michelangelo Monici, Filippo Pancini, Andrea Tavani e Andrea Buraschi con la supervisione di Raffaele Perazzoli.
Otto squadre si contendono la “gloria”
Trentadue squadre iscritte, divise in otto gironi. Dopo, il torneo si sdoppia. Quattro le semifinali in programma fra il 1° e il 2 giugno: un posto in finale del glorioso “Torneo del campetto” se lo contendono Ardaphone Athletics (squadra mista) e Vantadori (della parrocchia San Corrado), in campo giovedì alle 21, a completare il programma una fra Il Poggiarello (Santissima Trinità) e Bulla Sport (squadra mista), gara in programma alle 22. Tutte della Santissima Trinità le semifinaliste del “Cucchiaio di legno”: giovedì 1° giugno alle 20 si sfidano Gentlemen e Naspos, venerdì alle 21 Trek and Chill e Bavosi.
Santissima Trinità in festa dal 1° al 4 giugno
Il torneo, come da tradizione, si inserisce nei festeggiamenti della Santissima Trinità, che andranno da giovedì 1° a domenica 4 giugno. Nella serata del 2 giugno si giocherà una partita “amarcord” fra vecchie glorie del Torneo del campetto, sabato 3 si ballerà silenziosamente con la Silent Disco. Ogni sera, dalle 19, divertimento per i più piccoli col truccabimbi e i gonfiabili; dalle 19.30 cucina aperta per cenare tutti insieme. La messa solenne sarà celebrata sabato 3 giugno alle 18.30.
Francesco Petronzio
Nella foto, Il Poggiarello in azione contro Microbiogas il 20 aprile.
Sempre più giovani. Sempre più donne. In occasione della “Giornata mondiale senza tabacco”, che si celebra oggi mercoledì 31 maggio, la Regione l’Emilia-Romagna ha voluto fare il punto sull’argomento: la fotografia scattata dalle più recenti indagini sull’argomento registra un calo di fumatori di sigaretta, di contro crescono gli utilizzatori di sigarette elettroniche e di prodotti derivati da nicotina. Le giovani generazioni si affacciano al consumo in tempi sempre più precoci, prediligendo sigarette elettroniche. Tra gli adolescenti si registra per la prima volta il sorpasso delle femmine sui coetanei maschi.
La fotografia di Piacenza
“I sistemi di sorveglianza che come Azienda Usl applichiamo sul territorio fanno emergere un quadro preoccupante – sottolinea Giorgio Chiaranda, direttore di Medicina dello sport e promozione della salute – Il 25% della popolazione piacentina è rappresentato da fumatori. Il calo, leggero ma costante, registrato nel corso degli anni passati è stato interrotto dalla pandemia con un picco di nuovi consumatori nel periodo del look down, che ora sta lentamente rientrando. Fumano prevalentemente i giovani per cui raggiungiamo la percentuale del 30% nella fascia di età tra i 18 e i 20 anni. Tanti sono coloro che vorrebbero smettere, ma non riescono: oltre il 40% degli intervistati dichiara di aver tentato, nel corso dell’ultimo anno, di allontanarsi dal fumo, ma nel 90% dei casi senza successo. Sono soprattutto i giovani che restano intrappolati nella gabbia della nicotina: il numero di ex fumatori cresce negli over 30 anni e la percentuale sale sempre più nella fascia tra i 60-65 anni. I numeri dimostrano che tanto è facile iniziare, quando è difficile smettere. Ecco perché è importante la prevenzione, soprattutto nei più giovani. Come Azienda – aggiunge il professionista - abbiamo avviato progetti di supporto nelle scuole che mirano ad affiancare i docenti nella pratica di sviluppo delle competenze di vita: la capacità di dire di no, di gestire lo stress, di aver rapporti sani con il prossimo proprio per aiutare i giovani a non iniziare a fumare. Contemporaneamente stiamo organizzando gruppi per la disassuefazione dal fumo per coloro che hanno difficoltà a smettere”.
“Quella contro il fumo e gli effetti nocivi che ha sull’organismo è una battaglia ancora aperta – sottolinea Franco Cosimo, direttore Pneumologia e Utir – Ancora oggi sono 93mila le persone in Italia che muoiono per malattie legate al fumo, di queste 43mila perché colpite da un tumore legato al fumo: al polmone, allo stomaco, alla gola. Preoccupa anche l’affacciarsi di nuove mode nel consumo del tabacco come le sigarette elettroniche utilizzate soprattutto nei più giovani con l’ingenua convinzione che sia meno nociva. Oltre a essere la porta d’accesso per il fumo da sigaretta, è stato dimostrato che le sigarette elettroniche hanno avariate e gravi effetti collaterale causando infiammazioni polmonari che possono sfociare in bronchioliti e alveoliti ed evolvere in asma. Ultimamente, inoltre, si sta diffondendo l’utilizzo del tabacco riscaldato, molto in auge tra i giovanissimi: ancora non abbiamo studi sulle conseguenze di questo utilizzo, che però non è senza danni. Per questo nei prossimi mesi riprenderemo l’attività del Centro antifumo, purtroppo interrotta con la pandemia per affiancare i piacentini nella battaglia contro il fumo”.
L’analisi della Regione Emilia Romagna
Per tenere alta l’attenzione sui gravi rischi per la salute che comporta l’abitudine al fumo, in tutta l’Emilia-Romagna il servizio sanitario regionale, insieme a tante realtà associative, è impegnato sul territorio con iniziative di comunicazione e sensibilizzazione (vedi allegato).
“La lotta al tabagismo- rimarca l’assessore regionale alla Politiche per la salute, Raffaele Donini - per l’alta incidenza di gravi malattie provocate dal fumo, è tra le priorità del Servizio Sanitario Regionale. Lo attestano anche le tante iniziative organizzate sul territorio dalle Aziende sanitarie e ospedaliere in occasione della Giornata mondiale senza tabacco. Fondamentale è l’attività di sensibilizzazione e prevenzione, soprattutto verso i giovani e giovanissimi, che sono i più esposti al rischio. Altrettanto importante è l’attività di aggiornamento e formazione degli operatori sanitari impegnati su queste tematiche nelle scuole e nei luoghi di lavoro, oltre al potenziamento dei servizi offerti a quanti, e fortunatamente sono molti, provano a smettere di fumare”.
Il tabagismo in Emilia-Romagna: numeri in calo
L’indagine PASSI (Progressi delle Aziende sanitarie per la salute in Italia), coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, dal 2006 svolge con regolarità rilevazioni statistiche tra la popolazione adulta italiana (18-69 anni) sugli stili di vita e i fattori di rischio per la salute. I dati riferiti al biennio 2021-2022 evidenziano che in Emilia-Romagna fuma con regolarità un quarto (24%) degli adulti, per un totale di oltre 710.000 persone. Una percentuale in linea con la media nazionale e in lieve ma costante diminuzione nel corso degli anni più recenti, con l’unica eccezione del 2020.
Nell’anno segnato dell’esplosione della pandemia si è infatti registrata una netta inversione di tendenza al calo della percentuale di fumatori, come ulteriore impatto negativo dovuto al Covid. Tuttavia, dal 2021 in avanti la quota di fumatori ha ripreso a scendere, riportandosi su valori pre pandemici.
Scendendo più nel dettaglio, il 20% degli emiliano-romagnoli nella fascia d’età 18-69 anni fuma esclusivamente sigarette tradizionali, il 4% abbina altri dispositivi alle sigarette tradizionali e il 3% si è convertito ai nuovi prodotti immessi recentemente sul mercato come le sigarette elettroniche e a quelle a tabacco riscaldato.
Per quanto riguarda le caratteristiche e il profilo socio-economico dei fumatori, in Emilia-Romagna la percentuale più alta di fumatori si registra tra le persone con 18-24 anni (31%), per scendere al 21% nella fascia 50-69, e tra gli uomini rispetto alle donne (26% contro 22%).
Trova inoltre conferma rispetto alle precedenti rilevazioni la maggiore abitudine al fumo che si riscontra tra le persone con basso livello di istruzione (29%) e che si trovano in condizioni di disagio economico (41%).
Gli effetti negativi sulla salute
Quanto all’impatto negativo del fumo sulla salute, sempre l’indagine PASSI evidenzia che in Emilia-Romagna nel quadriennio 2019-2022 è risultato affetto da almeno una patologia cronica il 26% dei fumatori adulti. In particolare fuma il 33% delle persone che soffrono di una malattia respiratoria cronica e il 26% di quelle con patologia celebro-vascolare o epatica.
Tra gli aspetti più preoccupanti evidenziati dalle più recenti indagini, c’è la tendenza ad un progressivo anticipo dell’età in cui i giovanissimi si avvicinano al fumo. In particolare dai risultati dello studio multicentrico internazionale HBSC 2022 (Health Behaviour in School-aged Children) sui comportamenti dei ragazzi emiliano-romagnoli in età scolare, emerge che fuma l’1% degli undicenni, il 6% dei tredicenni, e il 24% dei quindicenni. Adolescenti, quindi, sempre più precoci nel “copiare” le cattive abitudini degli adulti, anche se va sottolineato che la stragrande maggioranza dei ragazzi e delle ragazze non fuma.
Un trend, il progressivo abbassamento dell’età in cui si comincia a fumare, che trova conferma anche nei dati dell’indagine GYTS (Global Youth Tobacco Survey) 2022 che ha coinvolto in Emilia-Romagna quasi 2.800 studenti e studentesse di 13-15 anni.
Il fumo è più diffuso tra le ragazze rispetto ai coetanei maschi
Lo studio GYTS rivela che il 17% degli adolescenti in quella fascia d’età negli ultimi 30 giorni ha fumato almeno una sigaretta o ha usato altri prodotti derivanti dal tabacco o contenenti nicotina. Ed è emerso per la prima volta che questa percentuale è più alta tra le ragazze (21%) rispetto ai coetanei di sesso maschile (12%).
Anche considerando le varie modalità del fumo - sigaretta tradizionale, tabacco riscaldato, e-cigarette – il consumo di questi prodotti è più frequente nelle adolescenti di 13-15 anni rispetto ai coetanei maschi.
Tornando all’indagine PASSI, il 42% dei fumatori ha dichiarato di aver provato a smettere negli ultimi 12 mesi, ma solo il 6% c’è riuscito.
Da sottolineare, infine, l’importanza del ruolo dei professionisti dalla sanità, medici e personale infermieristico, nell’opera di convincimento ad uscire dalla dipendenza dalla sigaretta, tradizionale o elettronica che sia. Quasi la metà dei fumatori dichiara infatti di aver ricevuto la raccomandazione di smettere di fumare da parte di un operatore sanitario.
In un'epoca in cui il lavoro instabile, povero e dispari sembra essere diventato la triste realtà di molte persone, è necessario alzare la voce e cercare soluzioni concrete per affrontare questa ingiustizia sociale, e le ACLI provinciali di Piacenza, su questo tema, hanno organizzato un incontro, il 30 maggio, nell’aula magna del Seminario Vescovile di via Scalabrini. L'evento è stato introdotto da Alessandro Candido, presidente provinciale delle ACLI di Piacenza (nella foto sopra, a destra, insiema al presidente nazionale Emiliano Manfredonia). Con le sue parole, Candido ha aperto la strada alla riflessione e al dibattito intorno alle sfide del lavoro precario e alle prospettive future per coloro che sono costretti a sperimentarlo, ricordando l’articolo uno della Costituzione. Sottolineando l’importanza del lavoro, Candido ha poi messo in evidenza la centralità della persona umana, che si ricollega al magistero sociale della Chiesa, ed ha accennato ai nuovi scenari che si prospettano legati all’intelligenza artificiale.
Speranze e frustrazioni in un mondo del lavoro instabile
Al centro della serata la relazione di Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle ACLI. Con la sua esperienza e conoscenza approfondita delle dinamiche del lavoro e delle politiche sociali, ha offerto una panoramica esaustiva del fenomeno, evidenziando le cause profonde e le conseguenze devastanti che il lavoro instabile, povero e dispari può avere sulla vita delle persone. Il presidente nazionale delle Acli ha fatto riferimento, nella sua esposizione, al libro “Lavorare dispari - Un’indagine sulla disparità salariale di genere” realizzato in collaborazione con ACLI, Area Lavoro - Coordinamento Donne. Un libro di 64 pagine che affronta con dati alla mano la differenza di genere negli stipendi. L’intervento di Manfredonia si è fondato sui dati raccolti dagli sportelli sociali ACLI di CAF e Patronato sparsi in tutta Italia che sono diventati sempre più centri di ascolto, raccogliendo speranze e frustrazioni relativamente al mondo del lavoro sempre più instabile, povero e con disparità. Le ACLI quindi - per Manfredonia - vogliono portare a conoscenza queste situazioni ed essere di pungolo alla politica perché se ne faccia carico. Certamente esiste un’economia virtuosa e di successo che si apre alla partecipazione di lavoratrici e lavoratori, offre contratti solidi e stabili e punta alla formazione e all’innovazione, tuttavia negli ultimi anni la sfida della globalizzazione ha portato ad una inversione di tendenza, puntando su un’occupazione all’insegna del lavorare peggio pur di lavorare. Non cala il numero degli occupati, ma al prezzo di un lavoro grigio o nero, di part-time involontario, di salari in calo, di scarsa occupazione femminile, di giovani sottopagati (anche tra le false partite IVA).
Disparità tra uomo e donna
In particolare le ACLI nazionali hanno svolto una ricerca sulla disparità di trattamento tra uomo e donna. “Il divario retributivo di genere - ha sottolineato Manfredonia - è una delle tante penalizzazioni a carico delle donne. Ma non si tratta solo di differenza remunerativa, anche se il fatto che una donna percepisca meno di un uomo, ancora nel 2023 a parità di mansione e di livello, è immorale. Parlare di lavoro al femminile significa prima di tutto garantire un lavoro buono, un lavoro che restituisca la dignità. In questo senso - ha proseguito Manfredonia - l’analisi elaborata dalla nostra Area Lavoro, in collaborazione con il Caf Acli e con il nostro Iref (l’Istituto di Ricerca delle Acli) sui dati di oltre 760.000 modelli 730 presentati presso gli sportelli del Caf, ci restituisce una fotografia che, anche se non generalizzabile e relativa ai redditi individuali, ci colpisce nel profondo. Un dato tra tutti: quasi la metà delle donne sotto i 35 anni ha un reddito da povertà assoluta o che le colloca in una situazione vulnerabile e a rischio povertà, soprattutto di fronte ad un avvenimento familiare come un anziano che si ammala in modo significativo, un divorzio o la nascita di un figlio (considerato anche che quasi metà delle mamme di bambini 0-6 anni non lavora o smette di lavorare). Tra i 30 e i 34 anni, l’età media delle mamme dei neonati, sono il 40% le donne in questa situazione.
Le strade da intraprendere
Questi dati ci dicono - ha evidenziato il presidente nazionale - che, in questi ultimi tre decenni, il lavoro si è impoverito e questo impoverimento, non solo materiale, ha contribuito a bloccare il Paese dal punto di vista sociale, rendendolo più diseguale soprattutto verso i giovani e le donne. Ma a perderci è l’economia del nostro paese, sia perché dietro questo impoverimento del lavoro c’è pochissimo gettito fiscale e pochissimi contributi per pagare le pensioni, sia perché, al tempo stesso, cresce il lavoro nero, “grigio e trasandato”, che produce consumando e bruciando risorse del nostro Paese, bloccandone la crescita. Servono misure coraggiose, - ha affermato Manfredonia - e noi, come ACLI, abbiamo provato a indicarne alcune, tra cui:
- un salario minimo che non sia imposto da una legge, ma derivi dall’obbligo di tutti i datori di lavoro (incluse le catene di produzione e le PA) al rispetto dei minimi retributivi previsti dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative;
- un indice che misuri l’esistenza libera e dignitosa che, a norma di articolo 36 della Costituzione, le retribuzioni dovrebbero garantire, per stimolare il confronto ad ambire a condizioni che permettano non solo di sopravvivere;
- una penalità come la reintroduzione della scala mobile solo per i ritardi dei rinnovi dei contratti collettivi, per i quali non è più sufficiente la pur importante indennità di vacanza contrattuale.
- Investimenti nella scuola e nella formazione professionale, in un ruolo non più secondario o diradato nel territorio;
- una soglia di Guadagno Massimo Consentito, perché abbiamo un problema di troppa esagerata ricchezza, non del tutto guadagnata, portata a casa da tanti manager, da speculatori e multinazionali, che spesso danneggiano le nostre piccole imprese”.
Dal lavoro alla cura
Le ultime considerazioni di Manfredonia si sono infine soffermate sul passaggio dal lavoro alla cura perché come dice papa Francesco: “prendersi cura è un linguaggio nuovo, che va contro i linguaggi dell’egoismo”. “Inoltre - ha aggiunto - curare ci rende degni di abitare la terra. La cura non è solo un “lavoro umile”, ma deve attraversare la nostra esistenza deve interrogare le nostre azioni. Dobbiamo - ha concluso il presidente nazionale - sentirci più umani e rivestire di umano le nostre azioni verso gli altri e il creato”. La relazione di Manfredonia ha toccato le corde emotive dei presenti che hanno mostrato grande interesse alle sue parole. La riflessione del presidente nazionale ha sottolineato come il lavoro precario non solo minacci la sicurezza economica e sociale delle persone, ma abbia anche un impatto negativo sulla loro salute mentale e sul loro benessere generale. Manfredonia ha richiamato l'attenzione sul fatto che la lotta contro il lavoro precario non riguarda solo gli individui direttamente coinvolti, ma l'intera società, poiché mina la coesione sociale e alimenta l'ingiustizia.
Svergognare le differenze
Dopo la relazione di Manfredonia, è stato il turno di Paolo Rizzi, presidente dell'ENAIP Piacenza, che ha messo in evidenza come la cura scalda il cuore e porta alla felicità. Inoltre ha sottolineato lo scandalo della disuguaglianza degli stipendi dei mega manager rispetto a quelli medi: una questione etica di dignità. Secondo Rizzi bisognerebbe svergognare queste differenze ed ha sottolineato l'importanza di un approccio multilaterale per affrontare la questione del lavoro instabile. Il presidente dell’Enaip ha proposto l'implementazione di politiche che promuovano l'equità e la dignità nel mondo del lavoro, come la tutela dei diritti dei lavoratori, l'accesso a una formazione adeguata e la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti. Ha sottolineato inoltre l'importanza di favorire la collaborazione tra i diversi attori interessati, al fine di creare un'agenda comune per un futuro del lavoro più giusto e inclusivo. L'incontro ha suscitato un grande interesse nei presenti che hanno sollecitato i relatori con diverse domande. L'atmosfera carica di speranza e determinazione ha dimostrato che, nonostante le sfide che il lavoro precario impone, esiste una volontà di cambiamento e una voglia di costruire un futuro migliore.
Nel parco della Galleana a Piacenza si è svolta la tredicesima edizione della marcia non competitiva "Mettiamoci in gioco" organizzata dall'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti cittadina. La manifestazione ha avuto un grande riscontro; ha visto la partenza di circa 140 persone per la marcia (da 5 o 10 km), e lo svolgimento di oltre 70 visite oculistiche e prove glicemiche. L'Unione Italiana Ciechi vuole ringraziare chi ha reso possibile questo evento - dicono gli organizzatori -, soprattutto i volontari che da settimane organizzano la manifestazione, i professionisti del reparto oculistico dell'Asl di Piacenza, che come ogni anno hanno svolto visite gratuite alla cittadinanza, l'associazione diabetici piacentini, che si è resa disponibile per prove gratuite della glicemia, la GM Valnure che si è occupata gratuitamente della realizzazione, pulizia e assistenza sul percorso, in rappresentanza del Comune gli assessori Dadati (sport) e Corvi (servizi sociali), che hanno partecipato alla manifestazione e tutti i negozianti di città e provincia che con la loro generosità ci hanno permesso di realizzare due punti di ristoro d'eccellenza.
Nella foto, gli organizzatori con gli assessori Corvi e Dadati.
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