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Stipendi, Piacenza 29° in Italia come media

Busta paga piacentini

Lo stipendio dei piacentini presenta una media di 22.487 euro all’anno. A tracciare il quadro in Italia e nelle singole province è l’Ufficio Studi CGIa (Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre) sulla base dei dati Inps ricavati dall’“Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato” (esclusi operai agricoli e domestici). Elaborazione e analisi che fotografano la situazione nazionale e stillano una graduatoria - retribuzioni medie lorde per provincia di lavoro - che vede il territorio locale in 29° posizione. Con 22.487 euro all’anno Piacenza conta 618 euro in più - pari al 2,8% - rispetto al dato medio nazionale (21.868 euro), ma si segnala anche per distanza dalle altre province emiliane, tutte inserite nella top five. Parma si colloca difatti al secondo posto della classifica con 25.912 euro l’anno, sul terzo gradino c’è Bologna (25.797 euro l’anno) e a seguire Modena (25.722 euro l’anno) e Reggio Emilia (25.566 euro l’anno). In testa Milano, dove i lavoratori portano a casa 31.202 euro annui. Salari più consistenti anche nelle confinanti Lodi (24.143 euro l’anno, 11° posizione) e Cremona (23.305 euro l’anno, 19° posizione). Stipendi quindi più pesanti nel capoluogo lombardo e lungo la via Emilia, come osserva la Cgia. “Dall’analisi provinciale delle retribuzioni medie lorde pagate ai lavoratori dipendenti del settore privato emerge che, nel 2021, Milano è stata la realtà con gli stipendi più elevati: 31.202 euro. Seguono Parma con 25.912 euro, Bologna con 25.797 euro, Modena con 25.722 euro e Reggio Emilia con 25.566 euro. In tutte queste realtà emiliane, la forte concentrazione di settori ad alta produttività e a elevato valore aggiunto - come la produzione di auto di lusso, la meccanica, l’automotive, la meccatronica, il biomedicale e l’agroalimentare - ha “garantito” alle maestranze di questi territori buste paga molto pesanti. I lavoratori dipendenti più «poveri», invece, si trovavano a Nuoro dove percepivano una retribuzione media lorda annua pari a 13.338 euro, a Cosenza con 13.141 euro e a Trapani con 13.137 euro. I più “sfortunati”, infine, lavoravano a Vibo Valentia dove in un anno di lavoro hanno portato a casa solo 11.823 euro”.

“Come in molti paesi d’Europa, anche in Italia le differenze salariali a livello territoriale sono importanti”, scrive Cgia. “Nel 2021, ad esempio, la retribuzione media lorda annua dei lavoratori dipendenti italiani occupati nel settore privato nella Città Metropolitana di Milano era di 31.202 euro, a Palermo, invece, di 16.349 euro. Praticamente nella capitale economica del Paese un ipotetico lavoratore dipendente medio due anni fa percepiva il 90% in più di un collega occupato nel capoluogo regionale siciliano. Tuttavia, se il confronto viene eseguito con la provincia calabrese di Vibo Valentia, ultima nel Paese per retribuzione media lorda annua (11.823 euro), il salario del dipendente meneghino era addirittura superiore del 164%. La retribuzione media italiana, invece, ammontava a 21.868 euro”. “Gli aspetti emersi dall’elaborazione eseguita dall’Ufficio studi della Cgia su dati Inps ripropongono una vecchia questione: gli squilibri retributivi presenti tra le diverse aree del nostro Paese, come, ad esempio, tra Nord e Sud, ma anche tra le aree urbane e quelle rurali. Questione che le parti sociali hanno tentato di risolvere, dopo l’abolizione delle cosiddette gabbie salariali avvenuta nei primi anni ’70 del secolo scorso, attraverso l’impiego del contratto collettivo nazionale del lavoro (Ccnl). L’applicazione, però, ha prodotto solo in parte gli effetti sperati. Le disuguaglianze salariali tra le ripartizioni geografiche sono rimaste perché nel settore privato le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie/assicurative/bancarie che - tendenzialmente riconoscono ai propri dipendenti stipendi molto più elevati della media - sono ubicate prevalentemente nelle aree metropolitane del Nord. Le tipologie di aziende appena richiamate, infatti, dispongono di una quota di personale con qualifiche professionali sul totale molto elevata (manager, dirigenti, quadri, tecnici, etc.), con livelli di istruzione alti a cui va corrisposto uno stipendio importante. Infine, non va nemmeno scordato che il lavoro irregolare è diffuso soprattutto nel Mezzogiorno e da sempre questa piaga sociale ed economica provoca un abbassamento dei salari contrattualizzati dei settori (agricoltura, servizi alla persona, commercio, etc.), ubicati nelle aree interessate da questo fenomeno”. “Tuttavia - sottolinea l’ufficio studi - se invece di comparare il dato medio tra aree geografiche diverse lo facciamo tra lavoratori dello stesso settore, le differenze territoriali si riducono e mediamente sono addirittura più contenute di quelle presenti in altri paesi europei. Pertanto, possiamo dire che in Italia le disuguaglianze salariali a livello geografico sono importanti, ma, grazie a un preponderante ricorso alla contrattazione centralizzata, abbiamo differenziali più contenuti rispetto agli altri Paesi. Per contro, la scarsa diffusione in Italia della contrattazione decentrata - istituto, ad esempio, molto diffuso in Germania - non consente ai salari reali di rimanere agganciati all’andamento dell’inflazione, al costo delle abitazioni e ai livelli di produttività locale, facendoci scontare anche dei gap retributivi medi con gli altri paesi molto importanti”.

Pubblicato il 12 novembre 2023

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