Domenica 2 dicembre, alla vigilia della Giornata internazionale delle persone con disabilità, per il terzo anno la Fondazione Pia Pozzoli per il Dopo di noi organizza un concerto nella basilica di Sant’Antonino a Piacenza. Alle ore 16 si esibiranno i giovani strumentisti della Sunday Orchestra diretti dal maestro Fabrizio Francia e il Coro polifonico Farnesiano diretto dal maestro Mario Pigazzini.
Si tratta di grandi scrittori come Alessandro Manzoni, che ebbe cura di lasciare tutti i libri da lui annotati e le carte scritte di suo pugno al figlio Pierluigi “come un povero attestato del mio sentimento per le amorose e instancabili cure prestatemi in ogni occorrenza”, o dell’Eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi, che lega a figli, amici e sodali il suo “amore per la libertà e per il vero” insieme al suo odio “odio per la menzogna e la tirannide”, o ancora di leggendarie figure del teatro al pari di Edoardo Scarpetta oppure del vate Gabriele D’Annunzio, che pensa ai propri cari disponendo che: “siano assicurati il giusto riconoscimento di loro fedele assistenza”, in ogni caso il testamento può rappresentare, oltre che un fondamentale strumento giuridico per regolamentare i lasciti patrimoniali, anche una preziosa occasione – l’estrema – per trasmettere, accanto alle sostanze, anche il proprio testamento umano, intellettuale e morale. Sarà appunto a partire da queste considerazioni, e sulla scia dei testamenti di personaggi famosi presentati nella mostra tenutasi a Palazzo Farnese nel 2017, che giovedì 6 dicembre alle ore 15.30 a Castel San Giovanni si terrà, presso il Centro culturale di via Mazzini, l’incontro dal titolo Patrimoni e sentimenti, economia ed etica. Breve viaggio tra testamenti di italiani illustri, l’incontro a partecipazione gratuita sino a esaurimento dei posti disponibili promosso da UniTre – Università delle Tre Età con la collaborazione del Collegio Notarile di Piacenza. L’incontro, che sarà animato dagli interventi dei Notai Maria Benedetta Pancera e Manfredo Ferrerio, rappresenterà dunque un’occasione quanto mai preziosa per raccontare l’Italia da una prospettiva inedita, ovvero quella fornita dalle ultime volontà di alcuni uomini che ne hanno fatto la storia, attraverso le loro le memorie più intime e intense. Senza dimenticare qualche accenno di tecnica redazionale e di diritto, al fine di fornire gli elementi di base per inquadrare il contesto normativo a partire dal quale saranno esaminati i testamenti, l’iniziativa sarà focalizzata sia sull’indagine degli aspetti psicologici che sono alla base e accompagnano il testatore nella redazione della scheda testamentaria, che sulla figura del Notaio, di volta in volta consigliere, coordinatore, maieutico, forse anche confessore e, insieme, giurista. Tutto ciò, commentando alcuni dei testamenti di personaggi illustri presentati nella suddetta mostra, e con l’emozione del contatto diretto con le lettere autografe di Manzoni, Garibaldi, Scarpetta e D’Annunzio.
“Questo rapporto con la modernità e la scientificità è costato alla teologia un prezzo molto caro: l’ha svincolata dalla fede e dalla stessa vita ecclesiale; […] finiva il rapporto mutuo ed essenziale tra teologia e fede […].” (M.I. Rupnik, Nel fuoco del roveto ardente, Roma 2015). Chi è “teologo” nella Bibbia? Qual è il rapporto che intercorre tra riflessione teologica e fede vissuta nell’agiografo? Per rispondere a tali quesiti, il 12 novembre scorso, presso l’Aula s. Tommaso del Collegio Alberoni, si è tenuto il primo incontro di un ciclo di seminari promosso per iniziativa degli studenti dello Studio Teologico. Il progetto, sostenuto dai padri e dai docenti, s’intitola L’identità del Teologo: vita, riflessione e apostolato e si vuole svolgere in quattro incontri. Per questo primo appuntamento (L’identità del teologo e l’autore sacro a partire dal dato biblico: quale idea?) è stato invitato come relatore il prof. don Matteo Crimella, docente di sacra Scrittura presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale (Milano). Il suo intervento – Luca Teologo: centrato sull’esperienza dell’evangelista Luca - introdotto dal prof. don Paolo Mascilongo, è stato seguito dalla discussione con domande e sottolineature da parte dei presenti, allievi e professori. Sulla prossima uscita di Seminarium di dicembre – inserto del Nuovo Giornale curato dai collegiali dell’Alberoni – si potranno leggere più approfondite notizie, insieme con altre novità della vita del nostro seminario.
Suor Gabriella delle Figlie della Chiesa ha festeggiato i suoi 60 anni di vita consacrata. La giornata di festa nell achiesa di San Donnino è stata introdotta dalla superiora suor Giuliana che, all’inizio della solenne celebrazione eucaristica, ha spiegato come “la vita consacrata nasca e rinasca ogni giorno, proprio dall’incontro con Gesù, perché del Signore è l’iniziativa”. La festa per suor Gabriella è coincisa con quella della Presentazione di Maria Bambina al tempio. Questo fatto è significativo, perché in Maria sono rappresentate tutte quelle donne, che hanno vissuto la Grazia speciale di essere accolte da una famiglia religiosa fin da bambine, proprio come è accaduto a suor Gabriella! La messa è iniziata con una processione dall’alto valore simbolico, in cui suor Gabriella ha portato e deposto ai piedi dell’altare una lampada ad olio accesa. Nel suo graduale e solenne incedere, dietro alla Santa Croce, ella pareva sussurrare: “Lampada per i miei passi è la Tua Parola, Luce sul mio cammino”: proprio la frase evangelica che l’ha accompagnata fin da principio, nel suo percorso di consacrazione. Il momento più intenso e commovente di tutta la funzione liturgica, concelebrata da tre sacerdoti piacentini e impreziosita dalla polifonia del coro di San Francesco è stato, sicuramente, quello dell’omelia di don Giuseppe. Egli ci ha fatto comprendere come la fedeltà del Signore duri in eterno! Quindi, è importante festeggiare non solo la fedele risposta di suor Gabriella alla chiamata, ma anche e soprattutto, la fedeltà di Dio che, per primo, mai ci abbandona. Il sacerdote ha proseguito citando le parole della fondatrice, la Venerabile Madre Maria Oliva Bonaldo, e si è soffermato sulla bellezza delle Suore Figlie della Chiesa che, fin dalle loro origini, venivano riconosciute dai fedeli come “le Sorelle che pregano, che sorridono e che sono povere”. Don Giuseppe, inoltre, si è soffermato a spiegare come la preghiera, non vada intesa nel senso semplicistico di “dire delle preghiere”, bensì nel senso di intrattenere una viva relazione di intimità con il Signore, che sempre ci ascolta e desidera entrare con noi in profondo rapporto di comunicazione e di comunione d’amore. E il segreto per poter allacciare legami d’amore con Gesù, è proprio la povertà di Spirito, che si traduce in umiltà e semplicità di cuore. La funzione è proseguita con l’offerta, da parte di suor Gabriella, oltre che del pane e del vino, delle Costituzioni delle Figlie della Chiesa, a cui ella ha rinnovato, anche oggi, la sua fedeltà. Un senso di viva e autentica gioia e gratitudine aleggiava in tutta la chiesa di San Donnino. Le parole toccanti di suor Gabriella, che ha ringraziato, esprimendo affetto per tutti, con la sincerità del suo buon cuore, hanno concluso la celebrazione, ma hanno aperto una magnifica festa, tenutasi nella sala della canonica. Qui, le è stata letta e dedicata una poesia originale e profonda, composta dalla consorella Marisa che, con una punta di ironia e simpatia, le ha augurato di vivere altri 60 anni di vita religiosa, per diventare ancora più Santa!
La figura della pittrice Sofonisba Anguissola è stata al centro della conversazione che si è tenuta a Palazzo Galli, Sala Panini, tra lo scrittore Millo Borghini e la ricercatrice Fabiola Giancotti, presentati da Gianmarco Maiavacca (Segreteria Comitato esecutivo). Dialogo che ha approfondito anche i temi della biografia nell’arte e dell’irruzione delle donne nel Rinascimento. Già, perché Sofonisba Anguissola è stata la prima pittrice donna del Cinquecento (allieva di Bernardino Campi) ed è considerata - ha spiegato il dott. Borghini - una sorta di “femminista ante litteram”. In una società in cui le donne necessitavano di un tutore per le normali attività pubbliche, l’artista, a contatto con le maggiori personalità del tempo, seppe far valere i propri diritti non solo nei confronti del fratello ma, con dolce fermezza, anche con Filippo II, il sovrano più importante dell’epoca. Il merito va tuttavia riconosciuto alla figura del padre che, intuite le capacità sue e delle sorelle, anch’esse pittrici, mandò “a bottega” le figlie dai più importanti pittori cremonesi, iniziando un’evoluzione che avrebbe portato alla nascita dell’artista moderna. Ma perché - ci si è domandati - parlare a Piacenza di una pittrice nata a Cremona e morta a Palermo? La risposta sta nelle origini piacentine della famiglia nobiliare degli Anguissola che - ha riferito Millo Borghini - nel XII secolo fu, con quella dei Landi, degli Scotti e dei Fontana, una delle 4 famiglie di Piacenza cui facevano capo i rispettivi quartieri (quartieri, non a caso). Radicata, in Valdarda e poi nelle Valli Nure e Trebbia, arrivò a possedere una quarantina di castelli (in una porzione di quello di Travo trascorre le sue vacanze il dott. Borghini, la cui moglie è discendente dell’antica famiglia) e diversi palazzi in città. Il dott. Borghini (medico odontoiatra con la passione per l’arte e la storia ereditata dai genitori) ha quindi fatto alcuni cenni - rispondendo alle domande di Fabiola Giancotti della casa editrice che ha pubblicato il libro di Borghini su Sofonisba - alla biografia da lui scritta qualche anno fa su Sofonisba Anguissola. Un libro che pone molta attenzione al contesto storico dove la pittrice ha vissuto e operato. Cremona, Milano, alla corte di Filippo II di Spagna (dove subì l’influenza dell’innovativa pittura di Velasquez), a Genova, Piacenza, Palermo. «Tutti luoghi - ha spiegato Millo Borghini - che ho visitato, tranne la Spagna, immaginandoli e descrivendoli com’erano ai tempi di Sofonisba». Un aspetto della vita della pittrice che non è riuscito a raccontare? «La misteriosa morte del primo marito, avvenuta sulla nave che lo stava portando in Spagna, attaccata dai pirati». Fabiola Giancotti ha illustrato le sue ricerche sul come è nata la consuetudine di scrivere una biografia e sul significato della biografia nell’arte. «Una biografia - ha spiegato - non deve essere tanto un’esposizione cronologica, ma un racconto di vita. La prima con queste caratteristiche è stata l’autobiografia di Benvenuto Cellini. I pittori le biografie, loro o di altri, le “scrivevano” attraverso i ritratti». E Sofonisba Anguissola fu maestra in quest’arte. La dott.ssa Giancotti ha mostrato una serie di autoritratti e di ritratti delle sorelle e del fratello eseguiti dalla pittrice cremonese. «Opere - ha sottolineato Giancotti- che rappresentano il diario della vita di Sofonisba, con la famiglia a fungere da traccia della vita stessa».
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