La «doppia violenza» contro le donne migranti
La violenza sulle donne migranti è due volte più vile, perché fatta su qualcuno nel momento in cui ha più bisogno di aiuto. Se ne è discusso nell’incontro “Donna anche io. La “doppia violenza” contro le donne migranti”, organizzato da Amnesty International, A.C.I.S.J.F (Associazione Cattolica Internazionale a Servizio della Giovane) di Piacenza e Cif Piacenza (Centro Italiano Femminile) presso il Seminario Vescovile di Via Scalabrini. Introdotti dal consigliere comunale Michele Giardino, gli ospiti del convegno hanno approfondito il tema della violenza sulle donne, vista nel caso particolare del trauma migratorio.
Nello specifico, gli avvocati Anna Brambilla - membro dell’ASGI (Associazione per gli studi Giuridici sull’immigrazione) - ed Eugenio Alfano, responsabile del coordinamento nazionale rifugiati e migranti di Amnesty International, hanno fatto il punto sulla recente giurisprudenza in materia di violenza sulle donne migranti, mentre Giuseppina Schiavi , presidente dell’Associazione Cattolica “Protezione della Giovane” di Piacenza (ACISJF), ha portato alcune testimonianze di giovani donne immigrate vittime di abusi. “Un viaggio dei diritti violati – ha commentato Alfano – in quanto spesso la violazione dei diritti umani inizia già nel paese d’origine, fino ad arrivare in Europa. Le donne vanno incontro a violenza e sfruttamento in ogni parte del loro viaggio. Amnesty ha però denunciato violenze anche sul territorio europeo – ha aggiunto – specialmente in Ungheria, Croazia e Grecia, ma anche in Italia”.
Quali sono le norme internazionali principali da cui attingere per prevenire e contrastare la violenza sulle donne migranti? Lo ha spiegato Anna Brambilla: “il momento più importante è stato il 2011 con la “Convenzione di Istanbul”.
È stata firmata dall’Italia nel 2012 ed è entrata in vigore nel 2014. È importante perché introduce obblighi per gli Stati in materia di tutela delle donne migranti. C’è però uno scollamento tra norma giuridica e norme sociali e culturali – ha poi evidenziato – oggi l’Europa non è più la patria dei diritti umani. È fondamentale quindi, oltre che rivolgersi alle convenzioni internazionali, ricostruire un percorso culturale, con particolare attenzione alla violenza che viene generata dai “social network””.
Federico Tanzi
Pubblicato il 22 novembre 2018
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