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Notizie Varie

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Il prof. Franco Mosconi e il «modello Emilia»

ucid

Lungo l’antica Via Emilia si sviluppa un territorio noto al mondo intero per la sua cucina, per i suoi tesori artistici ed architettonici, per i motori e per il divertimento. Ma quali sono i motivi per cui lEmilia-Romagna continua a essere una delle Regioni più dinamiche e competitive d'Italia, un modello di crescita evoluto basato su innovazione e spirito di comunità? Ha provato rispondere a queste domande il dott.Franco Mosconi, professore ordinario di Economia e Politica Industriale al dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università di Parma ed editorialista per il Corriere di Bologna, ospitato presso l’Università Cattolica di Piacenza dall’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti e dal presidente UCID Giuseppe Ghittoni. Il professore in questa sede ha presentato il suo ultimo libro: Modello Emilia. Imprese innovative e spirito di comunità (Post Editori), con la prefazione di Stefano e Vera Zamagni.                    

Imprese innovative e spirito di comunità in Emilia Romagna

“Innovazione e spirito di comunità sono due elementi che si rafforzano vicendevolmente e che rendono il modello economico e sociale dell’Emilia ammirato al di là dei confini nazionali. Una delle aree più produttive del paese ed essenziali per la competitività della nostra economia, una terra industriosa che mette il lavoro al centro della vita della comunità. L’Emilia è la regione più innovativa tra tutte quelle italiane secondo la Commissione Europea e si posiziona al settantaseiesimo posto in Europa, investendo in ricerca e sviluppo più della media nazionale, anche se purtroppo sempre meno di altre regioni europee nostre competitor. Una Regione che ha costituito poli tecnologici all’avanguardia, distretti industriali competitivi, riuscendo a fare rete tra le aziende ma anche tra imprese, università ed istituti tecnici”.

Un terreno fertile

“Le performance economiche della nostra regione possono essere dovute a due ragioni, la prima è rappresentata dalla normale crescita dei percorsi tecnologici, ad esempio si è passati dalla meccanica alla meccatronica, la seconda da quella speciale capacità di osmosi tra la ricerca e la produzione di cose, merito sicuramente degli imprenditori lungimiranti ma anche delle università, dei centri di ricerca, di una politica industriale regionale che si sono sposati nello stesso territorio”.

Spirito di comunità

“La comunità rappresenta il terzo pilastro di una società, tolta la famiglia e lo Stato, la comunità dove una persona nasce è determinante per plasmare il carattere dell’individuo. Anche la Chiesa in Emilia ha avuto un ruolo determinante, schierandosi sempre dalla parte dei lavoratori, creando corsi di formazione e aiutando le persone a ridarsi un’opportunità di vita. Lo spirito di comunità poi ha offerto il suo profilo migliore in occasione di catastrofi come il terremoto e la recente alluvione. L’economia è prima di tutto una scienza sociale e quello che succede alla società dipende da ciò che ispira le persone che la compongono, che può essere egoismo, o altruismo. Questo spirito non può entrare in nessuna formula, non può essere catturato da nessun algoritmo, perché muove i singoli e i loro sentimenti”.

I rischi involutivi

“Il primo rischio involutivo anche per la nostra regione è rappresentato dalle crescenti diseguaglianze, per questo è necessario uno stato sociale moderno che cerchi di mitigare le asprezze della competizione e della concorrenza, operando in primis sull’educazione. Poi c’è il rischio demografico, le proiezioni dell’ISTAT parlano di una perdita di milioni di abitanti nel nostro paese e anche le metropoli sono destinate a diminuire la loro capacità di attrazione. Per questo dovranno essere fatte scelte su vasta scala, mirate alla condivisione di servizi, abbandonando campanilismi e provincialismi. La ricchezza dei paesi più progrediti è data dal capitale umano, lo sviluppo di un paese si basa sulla sua capacità attrattiva, sulla sua abilità di occuparsi di emigrazione e di immigrazione. Infine c’è il rischio dell’ euforia da narrativa, quando ti abitui ad essere il primo della classe, la possibilità di indulgere nel racconto che ci facciamo può essere alto, necessita un sano pragmatismo, quello stesso che ci ha consentito di passare da regione agricola a società della meccatronica avanzata”.

Stefania Micheli

Nella foto: Franco Mosconi e Giuseppe Ghittoni, presidente Ucid.

Pubblicato l'11 giugno 2023

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Confindustria: un patto generazionale per fabbricare il futuro

Confindustria 2

Carlo Bonomi, il presidente nazionale di Confindustria, ha concluso, l’8 giugno, la 78esima assemblea di Confindustria Piacenza con parole che hanno lasciato il segno. Di fronte a una platea affollata di industriali, imprenditori, autorità e 500 giovani, riuniti nel salone di Piacenza Expo, Bonomi ha saputo catalizzare l'attenzione di tutti con il suo discorso coinvolgente.
“Il patto generazionale - tema dell’incontro - è fondamentale non solo per questo territorio, ma per l’intero Paese”: le parole di Bonomi. “Si deve partire - ha aggiunto - dalla demografia, l’Istat ci dice che se andiamo avanti di questo passo nei prossimi decenni ci ridurremo di un terzo, e questo ci deve far riflettere perché se noi pensiamo di fabbricare il futuro con una società che continua a invecchiare c’è un problema, il futuro è dei giovani. Per intervenire però non basta un decreto, ma è necessario una politica organica che dia risultati tra vent’anni, purtroppo in Italia siamo più abituati a fare politiche pensando al breve periodo invece che al medio-lungo”.

Sapersi rialzare
Incalzato dalle domande del giornalista Andrea Bignami, il pensiero di Bonomi è andato subito all’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna: “Questa regione con grande coraggio ha già dimostrato di sapersi rialzare, mi colpisce però che a distanza di un mese non sia stato ancora nominato un commissario, usciamo dalle dinamiche politiche e offriamo un aiuto concreto a imprese e famiglie che hanno perso tutto”.
Bonomi ha parlato anche di Pnrr: “Non serve fare due rotonde in più - ha detto - o dieci chilometri di piste ciclabili, è l’industria che va coinvolta. Il Pnrr va cambiato e si faccia ciò che è utile al Paese, ricordando che il prestito verrà pagato da chi oggi non è ancora nato, quindi abbiamo una grande responsabilità”.

L’energia e la curiosità dei giovani
L’intervento di Bonomi è stato preceduto dalle parole di Francesco Rolleri, presidente di Confindustria Piacenza tutte rivolte ai giovani:
“Oggi, ancor più consapevoli, passiamo all’azione per “Fabbricare insieme il futuro”. Dobbiamo lavorare affinché l’energia e la curiosità dei giovani si facciano volano delle nostre aziende. È un messaggio che noi imprenditori dobbiamo abituarci a ripeterci - e ripetervi - più spesso. Senza di voi, l’industria del domani non si farà. Il mondo sta cambiando velocemente. Dall’Intelligenza artificiale ai Big data passando per il metaverso, le nuove tecnologie fanno il loro ingresso negli stabilimenti e negli uffici. Alcuni mestieri spariranno, tanti stanno già cambiando volto, ma in un modo diverso rispetto a come ci aspettavamo. Fino a qualche anno fa temevamo che l’avvento dell’automazione nelle nostre imprese avrebbe generato disoccupazione. Oggi sappiamo che non è così: l’innovazione prende piede, ma serviranno persone in grado di guidarla. Servirete voi giovani”.

Investire sulla formazione
Per il futuro, Rolleri ha sottolineato l’importanza di un patto generazionale: “Stringiamo un patto: noi ci impegniamo ad accogliervi in aziende efficienti, sostenibili e innovative. A voi il compito di proporvi seriamente e con impegno per traghettarle nel futuro. Per dar corpo a questo patto, negli scorsi mesi abbiamo avviato un percorso ambizioso con gli istituti superiori della provincia. Un dialogo costante che va a rafforzare ciò che già abbiamo fatto nel tempo, supportando le attività di orientamento e contribuendo materialmente alla realizzazione di laboratori negli istituti tecnici e non solo. L’obiettivo principale è coinvolgere i giovani. Lo si fa investendo su di loro e sulle strutture scolastiche. Promuovendo le opportunità attualmente disponibili, come percorsi formativi di specializzazione tecnica, penso agli ITS e gli IFTS. Il nostro obiettivo è potenziarli ulteriormente nei prossimi anni, perché costituiscono un valido percorso di inserimento all’interno del mondo del lavoro.

Le sfide del futuro
Non esistono imprese - ha evidenziato Rolleri - in grado di vincere le sfide del futuro senza i giovani. E i giovani piacentini devono aspirare a far parte di aziende in grado di offrire loro le giuste occasioni di crescita. Aziende che siano al passo con i tempi e pronte a valorizzare le tecnologie del futuro. Su questo punto costruiremo l’attività dell’associazione del prossimo anno. Affiancheremo concretamente le nostre imprese in percorsi di innovazione e digitalizzazione fondamentali affinché la manifattura piacentina possa rimanere competitiva e vincere le sfide del domani. Unendo alla tradizionale propensione piacentina all’innovazione un supporto reale per favorire la cultura delle nuove tecnologie, avremo la ricetta giusta per essere protagonisti del futuro. Non ho dubbi a riguardo, perché conosco noi piacentini.

Amore e libertà
La nostra capacità di essere eccellenza, con l’umiltà che da sempre ci contraddistingue. Conserviamo l’umiltà - ha puntualizzato Rolleri - ma prendiamo anche la sana abitudine di ricordarcelo più spesso: siamo capaci di fare. Giovani, sia chiaro: il nostro non è un regalo. Ci dovrete mettere curiosità e impegno. È questo il valore del lavoro: impegnarsi per creare qualcosa di cui poi andare orgogliosi, realizzandosi come ragazze e ragazzi. Lavoratrici e lavoratori. Donne e uomini. Senza questo principio, le occasioni restano sullo scaffale a prendere polvere, sfioriscono e vanno perse. Quando questo accade è una sconfitta per sé stessi e per la collettività. Non abbiate paura di sognare. La verità è che gli imprenditori hanno più bisogno di voi di quanto possiate immaginare, ve lo assicuro. Ora è il vostro momento: prendetevi il mondo”.
Durante l’assemblea, il docente dell’Università Cattolica Paolo Rizzi ha esposto i risultati di una ricerca inedita sul ruolo dell’industria nel territorio e il valore aggiunto che comporta sia dal punto di vista economico che sociale. “Giovani e imprenditori danno importanza agli stessi macro valori come la famiglia, l’amore e la libertà - ha spiegato - differenziano sul rispetto delle regole e sull’appartenenza territoriale: valori a cui tengono molto di più gli imprenditori rispetto agli studenti”.
È stato un incontro di forte carica motivazionale e gli interventi hanno sottolineato l'importanza dell'industria per l'economia del Paese e la necessità di investire nella formazione dei giovani. Bonomi, Rolleri e Rizzi hanno coinvolto direttamente i giovani presenti in sala, esprimendo fiducia nei loro talenti e nel loro potenziale, incoraggiandoli a cogliere le opportunità offerte dal settore industriale.

Riccardo Tonna

Nella foto di Del Papa, l'assemblea di Confindustria.

Pubblicato il 10 giugno 2023

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Dipendenze digitali: a Borgotaro i giovani si mettono…in gioco

borgotaro

Contro le dipendenze da tecnologia, gioco d’azzardo e videogames, gli studenti  dello
Zappa-Fermi hanno realizzato un gioco in scatola  grazie al progetto “Second life: quando la vita reale diventa virtuale”

Contrastare  le dipendenze comportamentali? E’ un gioco da ragazzi! Si è infatti concluso nei giorni scorsi,  con la presentazione di un video e del Gioco dell’oca delle dipendenze realizzati dagli studenti durante l’anno scolastico appena concluso, il percorso formativo “Second life: quando la vita reale diventa virtuale”.

Si tratta di un progetto, realizzato dal Servizio dipendenze patologiche (SerDp) del distretto Valli Taro e Ceno dell’Azienda Usl, che ha coinvolto la classe 2°D (indirizzo scienze umane) dell’Istituto superiore Zappa-Fermi di Borgotaro. Il percorso, ideato insieme all’Ufficio di Piano distrettuale e alla Cooperativa Fantasia, ha avuto l’obiettivo di rendere più consapevoli i giovani sui rischi delle dipendenze comportamentali che derivano da un utilizzo eccessivo di sistemi e dispositivi digitali: internet, videogames, social network o gioco d’azzardo: “L’utilizzo dei devices elettronici - ha spiegato Lorenzo De Donno, direttore dell’ Unità operativa complessa Salute mentale adulti e Dipendenze patologiche  del distretto Ausl Valli Taro e Ceno - può passare da una dimensione ludico-ricreativa ad un consumo problematico, con una iniziale modifica del funzionamento sociale, relazionale e scolastico, fino ad assumere le caratteristiche – ha proseguito De Donno -  di una vera dipendenza patologica , con grave compromissione della sfera cognitiva, affettiva  e comportamentale”.
Nei giorni scorsi, nella sala consiliare dell’Unione dei Comuni  Valli Taro e Ceno si è svolta la giornata conclusiva del progetto, che ha accompagnato per tutto l’anno scolastico la classe attraverso incontri con professionisti e attraverso una formazione peer-to-peer, in cui alcuni studenti sono stati formatori dei loro stessi compagni.

Nella foto, il gruppo degli studenti dello Zappa-Fermi di Borgotaro coinvolto nel progetto.

Pubblicato il 9 giugno 2023

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Mons. Vincini, prete da 60 anni. Festa in parrocchia a Fiorenzuola

vincini

Nel giorno del Corpus Domini in cui celebriamo il Corpo di Cristo, il mistero eucaristico e la Cena del Signore, si è festeggiato il 60esimo di sacerdozio di don Gianni Vincini, che veniva ordinato in Cattedrale a Piacenza l’8 giugno del 1963, insieme ad altri 6 preti, tra cui Mons. Bruno Perazzoli (Parroco di San Paolo) e don Armando Tromba (Parroco di Chiavenna Landi).

La festa è stata celebrata con la messa: il riunirsi alla mensa del Signore, a Fiorenzuola, dove mons. Vincini è stato parroco per 25 anni. Nella chiesa Santo Scalabrini, che lui contribuì a far nascere, si è riunita una bella e numerosa famiglia. Così l’ha chiamata don Gianni, ricordando le sue origini e la sua famiglia biologica, ma anche la sua famiglia nella fede: tanti i sacerdoti e diaconi presenti.
Una serata nel segno della memoria, anche perché don Vincini ha pubblicato proprio in questi giorni una sua autobiografia di natura anedottica “Il bello del raccontarsi”, ed. Il Duomo, col supporto di don Davide Maloberti direttore del Nuovo Giornale e di Maria Pattarini del nostro settimanale diocesano. E’ disponibile in segreteria Parrocchiale e al termine della messa a 10 euro: il ricavato è tutto per il fondo alluvionati Emilia Romagna.

L’esortazione ‘Ricordati’ ricorre nel Deuteronomio, prima lettura ascoltata in chiesa, come ha fatto notare il parroco di Fiorenzuola don Giuseppe Illica che ha detto: “L’Amore di Dio si fa presente in pezzi di Storia. Ci si chiede di rimanere fedeli alla Terra, che è il dono che Dio ci ha fatto”. Poi la spinta è l’Oltre, la nostra vera Casa, una prospettiva a cui don Vincini ha sempre aperto la comunità di fedeli, come ha riconosciuto in un denso messaggio Giuliana Masera parlando a nome della comunità parrocchiale. Dopo aver ricordato come i preti siano sentinella, ha espresso il grazie collettivo a don Vincini per le sue scelte umane quotidiane, l’attenzione alla persona anche più fragile, il servizio pastorale. “Sei stato per noi l’uomo del Sacro e della Carità, e il testimone che la nostra vita è protesa ad un Oltre. Un vero maestro”. L’applauso è sgorgato spontaneo.

Il vescovo Cevolotto nel suo messaggio di augurio a don Gianni, ne sottolinea la “generosità, la compassione, la saggezza”, “la passione per la montagna e l’approfondito studio teologico”. E saluta come “una benedizione” la sua presenza nelle comunità pastorali e nel vicariato.

Donata Meneghelli

Nella foto, mons. Gianni Vincini alla messa nella chiesa Scalabrini di Fiorenzuola in occasione del suo sessantesimo anniversario di ordinazione.

Pubblicato il 9 giugno 2023

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Dalla Cattolica un progetto per l’Africa: «Il cambiamento parte dal basso»

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Otto miliardi di persone abitano il mondo, una varietà di caratteristiche, situazioni, opportunità. Ciò che è sostenibile per noi europei spesso non lo è a livello globale: un caso su tutti è quello degli allevamenti. “Se in Occidente la produzione animale cala, crescerà in altre zone dove l’efficienza è minore, con conseguenze anche disastrose per l’ambiente come, ad esempio, la deforestazione in Amazzonia”.
Paolo Ajmone Marsan è professore ordinario di Miglioramento genetico animale presso la Facoltà di Agraria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, coordinatore della scuola di dottorato “Agrisystem” e del Centro di ricerca “Romeo ed Enrica Invernizzi” per le produzioni lattiero-casearie sostenibili (Crei) dell’Università Cattolica.

“Non si può abbandonare l’agricoltura intensiva”

Le parole chiave di Agrisystem sono “sostenibilità” ed “efficienza” delle produzioni, con una visione globale sul problema dell’alimentazione: l’obiettivo è ridurre la fame nel mondo, oggi e per le generazioni future. “L’agricoltura – dice Ajmone Marsan – ha di fronte sfide epocali: dobbiamo dare da mangiare a tantissima gente e rendere più equo il diritto a un’alimentazione sufficiente ed equilibrata, che vuol dire favorire uno sviluppo umano e cognitivo adeguato”. In questa direzione si muove Agrisystem. “Il nostro impegno – afferma – va nella stessa direzione della «Laudato Si’», ma da un punto di vista tecnico e pragmatico, la necessità è sfamare miliardi di persone. Per questo, non è pensabile abbandonare l’agricoltura intensiva, piuttosto, trasformarla in un’intensificazione sostenibile. Un punto, questo, su cui anche la Fao è d’accordo. Dunque, ci saranno più agricolture: una, intensiva, che sfama il mondo, e un’altra, estensiva, che avrà il compito di conservare la biodiversità anche nel settore agricolo e zootecnico. L’autarchia alimentare, cioè la teoria secondo cui ognuno debba produrre il cibo di cui ha bisogno, è un’utopia: può essere applicabile in zone ricche e scarsamente popolate, ma non è un modello esportabile ovunque”.

Sostenibilità globale

“Diminuire la quantità da noi, a fronte di una richiesta del mercato, determinerà che molti animali verranno comunque prodotti in altre zone del mondo, in maniera non efficiente. In Europa, grazie alle tecnologie avanzate, una vacca può arrivare a produrre 60 litri di latte al giorno. In Etiopia, un animale ne produce tre o quattro. La carne verrà prodotta ad esempio in Brasile, deforestando ancora di più l’Amazzonia. Spesso le soluzioni che noi percepiamo come sostenibili non sono sostenibili per il pianeta”. La domanda di prodotti animali, dice il prof. Ajmone Marsan, è in forte crescita nel mondo. “Una prima causa è l’aumento della popolazione, e poi lo sviluppo economico, che fa schizzare la richiesta: quando la disponibilità di denaro aumenta, la prima cosa che accade è un cambiamento della dieta”.

Come si cambia il modello africano? “Sono andato a osservare i progetti dei centri di ricerca della Cgiar per valutare la progettazione – riferisce Ajmone Marsan – molti progetti finanziati in Africa, nel tempo, sono falliti: quando termina il finanziamento e la collaborazione con le popolazioni locali gli occidentali tornano a casa e i progetti governativi restano nelle aziende governative. Un programma di miglioramento genetico di animali o piante viene fatto a livello del governo ma poi non arriva ad allevatori e agricoltori”.

Il progresso parte dal basso

Un occhio di riguardo non può non essere dedicato all’Africa, “il continente che subirà più seriamente gli effetti dei cambiamenti climatici”: l’obiettivo, dice Ajmone Marsan, è arrivare a una “intensificazione sostenibile dell’agricoltura”, seguendo le indicazioni della Fao. Una soluzione può essere il “community-based breeding”, un programma di miglioramento genetico fatto dalla comunità. “Sarà necessaria anche una trasformazione sociale – afferma il docente – ma non possiamo esportare il nostro modello. Bisognerà trovare una soluzione insieme alle popolazioni locali”.

Il rischio per la sostenibilità è dato dal fatto che “nel mondo, appena c’è una maggiore disponibilità economica, le persone cambiano la propria dieta, prediligendo prodotti di origine animale”. Il modello virtuoso citato da Ajmone Marsan è stato applicato in due zone dell’Etiopia con le pecore Menz e Bonga. “Prima, le famiglie allevavano due o tre animali per poi vendere il migliore, che rendeva di più a livello economico. Questo dimostra la totale assenza di un programma di miglioramento genetico. Con una strategia organizzata, le persone hanno collaborato fra loro e hanno ottenuto un miglioramento delle produzioni e quindi una maggior ricchezza. Sono stati acquistati animali di alto valore genetico per ripartire con un programma di miglioramento: questo sistema ha allargato la base genetica della popolazione e ha permesso un miglioramento delle produzioni, con un conseguente aumento dei guadagni. Essendo un’iniziativa nata «dal basso», i villaggi vicini hanno iniziato a imitarla”.

Il mondo intero a Piacenza

Agrisystem è una Scuola di dottorato interdisciplinare, che abbraccia le facoltà di Agraria, Economia e Giurisprudenza, e internazionale, con corsi in inglese e docenti e studenti di diversa provenienza. “Dal 2006 – osserva Ajmone Marsan – abbiamo avuto dottorandi provenienti da 27 Paesi diversi del mondo, solo nell’ultimo anno contiamo dieci nazionalità. Quest’anno circa 30 studenti frequentano il dottorato”.

Un progetto di sviluppo con il contributo della Cei

La Conferenza episcopale italiana finanzia un progetto in collaborazione con Università Cattolica, Fondazione E4Impact e Uganda Martyrs University che prevede due dottorati “executive”: il primo corrisponde ad Agrisystem, il secondo mira alla preparazione dei giovani imprenditori. Otto docenti dell’ateneo africano sono stati affiancati per 20 giorni da due tutor di Agrisystem, con cui hanno condiviso il programma di ricerca da svolgere nel proprio Paese. “È uno scambio vicendevole: da un lato trasferiamo le nostre conoscenze scientifiche e tecniche, dall’altro riusciamo a capire meglio i problemi locali”.

L’attenzione per i Paesi in via di sviluppo

Il prof. Paolo Ajmone Marsan collabora, inoltre, col centro di ricerca C3S (Cibo sufficiente, sicuro, sostenibile), finanziato dalla Fondazione “Romeo ed Enrica Invernizzi” e coordinato da prof. Giuseppe Bertoni, che fa ricerche sulla sostenibilità dell’alimentazione umana in collaborazione con le parrocchie di Congo e India. “Due obiettivi sono: creare sistemi efficaci per la conservazione delle derrate alimentari e – spiega – aumentare la consapevolezza delle popolazioni locali sulla necessità di seguire una dieta più bilanciata possibile”.

Più produttività, meno concimi chimici

Uno studio interessante e innovativo di Agrisystem è la valutazione delle interazioni fra la pianta e tutti i microrganismi – batteri e funghi – del terreno. “Le leguminose – spiega il prof. Ajmone Marsan – hanno una sorta di simbiosi con batteri capaci di fissare l’azoto che prendono dall’aria, indispensabile al metabolismo della pianta. Il nostro studio è finalizzato all’aumento della produttività delle piante usando la microflora anziché i concimi chimici”.

Francesco Petronzio

Nella foto, il prof. Paolo Ajmone.

Pubblicato il 9 giugno 2023

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