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«Fra l’alba e l’occaso»: la pubblicazione di don Callegari a più di un secolo di distanza

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Lo scorso aprile, nel tempo di Pasqua, è stata ripubblicata la raccolta di cantica composti da don Bartolomeo Callegari, che ha vissuto e svolto la propria missione sacerdotale sui monti parmensi dell’Appennino ligure-emiliano tra il 1857 e il 1934. Questa raccolta, dal titolo “Fra l’alba e l’occaso”, è frutto di un lavoro di squadra iniziato più di tre anni fa, grazie a una scoperta casuale, per iniziativa del Seminario di Bedonia, dove nel 1881 don Bartolomeo venne ordinato sacerdote. Sei canti corredati da riassunti – con tanto di traduzione a fronte in lingua inglese - e note esplicative a piè di pagina che danno l’impressione di sfogliare la Divina Commedia. Tra espressioni e scenari danteschi e incontri con figure bibliche – Gesù bambino, la Madonna, i genitori di don Callegari per citarne alcune – il poeta sacerdote originario di Caneso compie un viaggio nel nostro Appennino guidato dall’apostolo Pietro, suo Virgilio, alla ricerca della fede. Un cammino simbolico impregnato dell’amore per il Signore oltre che per la propria terra e dal desiderio di far sentire la bellezza del messaggio cristiano nell’inusuale chiave poetica. Un cammino che ha inizio nell’oscurità di una selva colta da una tempesta improvvisa e che termina con canti di gioia e lode al Signore. È trionfata la luce non per la violenza delle armi ma grazie alla fede e alla mitezza, Satana è stato sconfitto e il poeta, commosso dall’amore misericordioso di Cristo e consapevole della limitatezza dell’uomo, affida sé stesso al Redentore, di cui la cantica vuole essere omaggio.

Il contributo di Bedonia

Tra coloro che si sono dati da fare per la riuscita della pubblicazione vi è mons. Lino Ferrari – autore della prefazione - rettore del Seminario, della Basilica Santuario di Bedonia nonché direttore del mensile fondato nel 1927 “L’Araldo della Madonna di San Marco”. “Don Bartolomeo, originario di Caneso, un paesino nelle vicinanze di Bedonia – racconta don Lino – era molto legato al proprio paese d’origine tanto è che ha scritto poesie dedicate ai nostri monti e alla Madonna di San Marco, alcune delle quali sono state pubblicate sulla nostra rivista”. Amante della cultura e della letteratura, era innamorato della sua missione e della sua gente, verso la quale era sempre molto aperto e disponibile. “Aveva proprio l’animo del pastore” prosegue. Come tanti altri conterranei – molti dei quali hanno poi intrapreso altre strade - don Bartolomeo aveva compiuto i suoi studi presso il Seminario di Bedonia, scuola adiacente al Santuario e da sempre molto accogliente. Continuazione e compimento di una scuola già esistente a Bedonia e tenuta dai sacerdoti, il Seminario – spiega mons. Ferrari – nasce dalla volontà del giovane sacerdote bedoniese Giovanni Agazzi e dell’allora parroco di Bedonia don Stefano Raffi di dare vita a una casa per aiutare la gioventù studiosa. Don Agazzi aveva riunito attorno a sé oltre un centinaio di alunni che divideva in gruppi per far sì che i più grandi insegnassero ai più piccoli. “La sua scuola era diventata famosa al punto che sempre più giovani, anche provenienti da fuori, volevano aderirvi ma, siccome mancava lo spazio atto ad ospitarli, venivano accolti nelle case del paese finendo per dormire nelle cascine e nei sottoscala”. E così, nel 1846, venne inaugurato il Seminario, realtà che, portando avanti un connubio di spiritualità, cultura e accoglienza, rappresenta perfettamente l’essenza stessa di don Bartolomeo Callegari.

L'esempio di don Callegari

Ma come è nata invece l’idea di pubblicare questo libro? Il tutto è partito da una scoperta casuale fatta da Sergio Callegari, pronipote del sacerdote e cardiologo in pensione residente a Fidenza, classe ’53. Stava riordinando il solaio della casa del nonno quando si è ritrovato tra le mani due libretti di commenti all’enciclica “Immortale Dei” di papa Leone 13esimo scritti da don Bartolomeo. Intuendo il valore del ritrovamento, si è quindi rivolto al Seminario di Bedonia e a un amico bibliotecario per capire se esistessero altri suoi scritti e, tra una ricerca in Rete e l’altra, è emerso che la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze custodiva la cantica, edita nel 1900 dalla Tipografia Vescovile “Giuseppe Tedeschi” di Piacenza. Così, dopo essersi fatti mandare una copia, anche per iniziativa del Seminario, insieme a don Lino Ferrari hanno iniziato a studiarla coinvolgendo conoscenti e Fausto Cremona, docente di Lettere di Fidenza e dantista che ha capito subito di avere a che fare con uno scritto prezioso.
“Desiderosi di fare una nuova edizione, emendata dei molteplici errori di stampa ed accessibile ai lettori non specialisti, ci siamo messi all’opera senza la pretesa di riuscirvi e alternando periodi proficui ad altri di sconforto e resa. La cosa più difficile è stata costruire la squadra di lavoro. Ci serviva un esperto ma molti non erano disponibili per mancanza di tempo. Poi per fortuna – dice il pronipote di don Bartolomeo – abbiamo trovato il prof. Cremona”. Aiutato anche dal fratello don Pierluigi che da 11 anni è in missione in Kazakistan, Sergio Callegari, che conosce don Bartolomeo solo dai racconti di famiglia, è riuscito nell’intento di far conoscere ai più la storia di questo sacerdote che, per amore della sua comunità, aveva rifiutato incarichi più prestigiosi ad altitudini più comode. La testimonianza di un colto uomo di fede profondamente stimato e amato dai suoi parrocchiani, che all’età di 16 anni era entrato in Seminario e che era stato cresciuto da genitori – i dedicatari della cantica – i quali avevano fatto esperienza, a Caneso, di una Chiesa molto vivace e che avevano sempre messo in pratica la propria cristianità prodigandosi per gli altri. Se di questo libro, pensato dal nipote Sergio come omaggio da distribuire gratuitamente ai sacerdoti della diocesi piacentina, ai parenti, agli amici, agli insegnanti e agli studenti appassionati di letteratura, sono state realizzate quasi 700 copie è anche per i parallelismi con l’oggi che racchiude tra i propri versi.
“Don Bartolomeo – dice il cardiologo – è l’esempio di una vita cristiana possibile anche in un momento storico ed ecclesiastico travagliati. Nei suoi canti parla di un tempo in cui, disprezzando giustizia, verità e carità, dominano odio, rancore e guerra; siamo forse lontani da tutto ciò?” Ma c’è un altro aspetto che rende attuale la storia del sacerdote di Caneso: l’epidemia di colera del 1877 che, oltre a mietere vittime anche nel parmense, colpì pesantemente il paesino e la famiglia Callegari. A 10 anni don Bartolomeo vide morire la sorellina di pochi anni e si ritrovò orfano di padre, commerciante che, a causa dei suoi molteplici viaggi di lavoro, con buone probabilità aveva portato il morbo nella sua terra. “Leggevamo di questo flagello sentendoci più vicini che mai al mio parente perché, con la pandemia di covid, stavamo vivendo la stessa cosa e capivamo la sua sofferenza” afferma prima di spiegare che l’idea di realizzare la versione e-book del libro – consultabile sul sito del Seminario di Bedonia – nasce dalla volontà di mantenersi fedeli al testo mentre quella della riedizione con traduzione a fronte in inglese dal desiderio di fare in modo che la cantica venga letta non solo dagli abbonati inglesi della rivista del Seminario e dai vari emigrati bedoniesi in America ma anche e, soprattutto, dai diversi cugini Callegari lì residenti.

Elena Iervoglini

sergio callegaridon lino ferrari

Nelle foto: in alto il Seminario vescovile di Bedonia; sopra, da sinistra Sergio Callegari e don Lino Ferrari.

Pubblicato il 20 luglio 2023

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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