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Il gesuita Gilbert: perché l'amore è gratuito

Gil

“Riflettere sul dono, come ci dice il libro dell’Esodo, significa uscire da sé, andare fuori… Tutto ciò non è una perdita: è il riconoscimento di una gratuità che rende più umani”.  Sono le considerazioni filosofiche di padre Paul Gilbert, intervenuto, il 24 febbraio nella parrocchia di San Giuseppe Operaio a Piacenza, sul tema “Dono e riconoscimento. Le ragioni di un fare gratuito”.

Gesuita, docente ordinario di metafisica alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, Gilbert ha al suo attivo numerose pubblicazioni ed è un nome molto conosciuto in ambito accademico. Il relatore ha approfondito nel suo intervento tre aspetti: la sociologia del dono, il riconoscimento e la gratuità.

La sociologia del dono

Per affrontare il tema, Gilbert ha fatto riferimento a Marcel Mauss, antropologo e sociologo francese (Épinal 1872 - Parigi 1950) e al suo libro “Saggio sul dono”, edito per la prima volta in Francia nel 1923, tradotto in molte lingue e pubblicato in Italia da Einaudi editore. “Le società - scrive Mauss - hanno progredito nella misura in cui esse stesse, i loro sottogruppi ed infine i loro individui, hanno saputo rendere stabili i loro rapporti: donare, ricevere e infine ricambiare”.

Facendo sue le riflessioni di Mauss, padre Gilbert ha sottolineato come lo scambio di beni è uno dei modi più comuni e universali per creare relazioni umane e suppone che il meccanismo del dono si articoli sul principio della reciprocità. “Il dono implica - ha aggiunto - una forte dose di libertà. È vero che c’è l'obbligo di restituire, ma modi e tempi non sono rigidi e in ogni caso si tratta di un obbligo morale. Il valore del dono sta nell’assenza di garanzie per il donatore. Un’assenza che presuppone una grande fiducia negli altri”.

Lo spirito del dono

Altro autore preso in considerazione dal gesuita è stato Jacques T. Godbout, sociologo, professore emerito all’Istituto nazionale della ricerca scientifica nell’Università del Quebec, autore di uno dei testi fondamentali sulla sociologia del dono, “Lo spirito del dono”, del 1992, tradotto in italiano e molte altre lingue.

Che cosa tiene uniti uomini e donne in una società se non il “mettere in circolo” legami, relazioni, azioni? È questa la domanda che Godbout pone nel suo testo. Che cosa circola tra noi? Il pensiero più diffuso ritiene che si tratti esclusivamente di forme di scambio mercantile, interpretabili secondo modelli e rapporti commerciali. Ma i legami sociali si spiegano davvero solo in termini di calcolo e interessi reciproci? La natura del dono - secondo il relatore - è capace di coinvolgere le passioni e i sentimenti più diversi con una forza dirompente rispetto a schemi di comportamento “contrattuali”. Attraverso il dono si possono misurare i limiti di quel “modello mercantile” dominante che esclude tanta parte di ciò che dà senso ai rapporti sociali e interpersonali e finisce per rendere difficile una prospettiva di speranza oggi più che mai necessaria.

La gratuità

“Nonostante l’aspettativa e la consuetudine del ricambiare - sintetizziamo il pensiero di Gilbert - c’è tuttavia un margine di incertezza, che può rendere il dono fecondo e far sì che non si esaurisca a un semplice scambio economico quasi impersonale. La tradizione cristiana ha da sempre messo in rilievo la particolare gratuità dei doni di Dio. Dio ci ha donato innanzitutto la vita, poi gli strumenti per conservarla, infine lo Spirito della nuova Alleanza, che rende possibile partecipare della sua stessa vita. Si tratta in questo caso di una gratuità radicale e unilaterale: in nessun modo potremmo ricambiare il dono ricevuto”.

La forza del dono - secondo il gesuita - sta nella fedeltà dell’amore di Dio, nella pazienza con cui “fa piovere sui buoni e sui cattivi”: è l’amore più grande che consiste nel “dare la vita per i propri amici”. Conoscere questo amore ci dà la possibilità di amare gli altri allo stesso modo: la salvezza attraverso l’umanità di Cristo cambia la stessa umanità, che impara a vivere del dono di Dio.

Riccardo Tonna

Nella foto, il gesuita Paul Gilbert durante il suo intervento.

Pubblicato il 26 febbraio 2022

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
    Durante la Seconda guerra mondale, il sacerdote parte per la zona di guerra del Montenegro (Albania), dove trova la morte il 26 dicembre dello stesso anno, colpito da fuoco nemico mentre soccorreva un soldato ferito. 
    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

    Nella foto, il gruppo degli Alpini presenti in Cattedrale con il vescovo mons. Adriano Cevolotto.

    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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