Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

Alla Camoteca si parla di perdono «fra le pagine» dei Promessi Sposi

camo

Il perdono non dà diritto a una ricompensa. Perdonare, farsi perdonare e perdonarsi sono azioni che fanno parte del proprio dovere. Nel mare magnum che Alessandro Manzoni concentra in un libro che è una delle pietre miliari della letteratura italiana, “I promessi sposi”, il perdono è un passaggio cardine per arrivare al lieto fine. Se ne è parlato alla Camoteca nella serata di “Lunedilibri” del 2 ottobre, condotta dal prof. Fabio Polledri con le letture della prof.ssa Eleonora Marzani. Il perdono è una tappa del percorso di diversi personaggi, ricorda Polledri, quelli che saltano più all’occhio sono indubbiamente la monaca di Monza e Fra Cristoforo. Ma è su altri due personaggi che si concentra l’attenzione: senza il loro percorso travagliato alla ricerca del perdono la vicenda non potrebbe concludersi secondo le aspettative. Parliamo dell’Innominato e di Renzo Tramaglino.

La monaca di Monza e Fra Cristoforo, due storie di redenzione

“I Promessi Sposi contengono diverse storie che mettono al centro il tema del perdono – osserva Fabio Polledri – che ha tre aspetti: due di questi vengono ricordati dal Padre Nostro nei versi «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori», il perdono invocato e quello praticato verso l’altro; il terzo è quello che dobbiamo a noi stessi, riconoscendo gli errori per non esserne schiacciati”. Gli unici personaggi “statici” senza un oggettivo ravvedimento, ha spiegato il professore, sono don Abbondio e don Rodrigo. “Fra Cristoforo – dice – è un omicida pentito che chiede perdono alla famiglia dell’uomo che ha ucciso e si porta dietro il «pane» del perdono ricevuto per tutta la vita. E poi c’è la storia affascinante della Monaca di Monza: una donna che ha sbagliato, ma Manzoni non vuole che l’ultima parola su di lei ce l’avessero i suoi errori, non vuole che esca dalla storia con una condanna”. L’espiazione delle colpe di Ludovico avviene “quando sceglie di farsi frate, diventando Fra Cristoforo; quella di Gertrude, che è già monaca, accettando la pena decisa per lei dal cardinale Borromeo, ossia di vivere in una stanzina di due metri per tre nel ritiro di Santa Valeria, dove venivano spedite le monache condannate dal tribunale ecclesiastico e le ex prostitute: lì Gertrude, forse grazie alla preghiera, riesce a ricostruire la propria pace interiore”, fa notare Polledri.

La conversione dell’Innominato

Ma le storie di perdono “cardine” della vicenda sono quelle dell’Innominato e di Renzo. “L’Innominato – spiega – a un certo punto cambia il «campo di gioco» e da cattivo passa dalla parte dei buoni. La sua conversione crea le premesse per il lieto fine del romanzo: senza, Renzo e Lucia sarebbero rimasti sposi promessi. La redenzione dell’Innominato ha inizio quando il male che ha compiuto gli presenta il conto: disgustato, nauseato dalla propria vita vissuta fino ad allora, inizia a sentirsi a disagio. L’uggia, il fastidio, presto si trasforma in ripugnanza per i propri misfatti e poi in ribrezzo, terrore. E allora pensa al suicidio, e si lancia in congetture su cosa sarebbe successo dopo la sua morte: pensa alla gioia dei suoi nemici e alle chiacchiere della gente. Ma poi, nel momento drammatico, si accende la luce: è Lucia (nomen omen) che gliela mostra. Le parole della giovane fanno riecheggiare nella mente dell’Innominato il ricordo di un’altra vita che gli era stata proposta molti anni prima, quella eterna di Dio. In quel momento capisce che è a Dio che deve rendere conto; quindi, neanche la morte può salvarlo. L’Innominato è in un vicolo cieco. Le parole di Lucia sono la sorgente della sua conversione: l’Innominato vede la possibilità di costruire una vita nuova sulla base del perdono di Dio. Nel dilemma tra disperazione e pazzia si apre una terza strada: la consapevolezza di poter essere salvato dal Signore. Qui rinasce l’Innominato. Manzoni mette all’origine di questa conversione il fatto che Dio perdona chi si pente sinceramente”.

La conversione  di Renzo

Il secondo personaggio bisognoso di perdono è un insospettabile, uno dei “buoni”, Renzo. “È vero, subisce un’ingiustizia, è una vittima – sottolinea Polledri – ma non si può certo dire che sia il tipo che porge l’altra guancia. Nel suo ricorrente «sogno di sangue», Renzo è seriamente intenzionato a uccidere don Rodrigo. Non sono sfoghi, il desiderio di vendetta è radicato dentro di lui. A trattenerlo è solo la difficoltà oggettiva dell’atto. L’unica persona capace di placare la sua rabbia incontrollata è Lucia, forte e determinata. Se Renzo avesse ucciso don Rodrigo non ci sarebbe stato alcun matrimonio e dunque il lieto fine: se l’avessero preso, sarebbe finito sulla forca; se fosse riuscito a fuggire nel Bergamasco, nella Repubblica di Venezia, avrebbe vissuto da latitante; ma, indipendentemente da tutto, Lucia gli fa capire che non avrebbe mai sposato un assassino. Quando, verso la fine del romanzo, nel pieno della pestilenza, Renzo va al lazzaretto di Milano in cerca di Lucia, incontra Fra Cristoforo che gli consiglia di prepararsi all’eventualità sia di trovarla viva sia di non trovarla. Sono passati venti mesi dal primo «sogno di sangue», ma in Renzo il tarlo della vendetta è ancora vivo. Qui interviene Fra Cristoforo, che si rivolge a Renzo con parole durissime e poi lo caccia via. L’episodio chiave della vicenda avviene quando Renzo, accompagnato da Fra Cristoforo, si reca da don Rodrigo. I due pregano insieme e il giovane Tramaglino perdona il suo nemico. Tuttavia, il frate fa notare a Renzo che perdonare non è altro che il suo dovere, e non gli dà garanzie sul buon esito della ricerca di Lucia. È credente chi è disposto a lodare Dio indipendentemente da tutto il resto”.

Francesco Petronzio

Nella foto, Eleonora Marzani e Fabio Polledri.

Pubblicato il 3 ottobre 2023

Ascolta l'audio

Altri articoli...

  1. A Bobbio e Mezzano risuona l’eco della presenza degli irlandesi intervenuti alle Giornate del Patrimonio
  2. A Palazzo Galli «Alleanza Cattolica» ricorda Giovanni Cantoni
  3. Fiorenzuola, inizia la stagione teatrale con l'opera «Attila»
  4. Al Carmine vanno in scena le meraviglie della scienza
  5. In Conservatorio epica e musica elettronica nello spettacolo «Eneide. A Sound Film»
  6. Con l’Inferno recitato da Mino Manni si chiude il convegno di Confedilizia
  7. Cecilia Sala:«In Iran, Afghanistan e Ucraina la realtà è diversa da ciò che viene mostrato»
  8. Roberto Saviano: «Mostrando l’orrore fornisco gli strumenti per capire la criminalità e sconfiggerla»
  9. L’ex ministro Giovannini:«Abbiamo città che fanno male ad ambiente e persone, entro 20 anni vanno rigenerate»
  10. «Pensare richiede confronto, la solitudine è pericolosa perché impedisce la discussione»
  11. Torna il festival di Teatro Contemporaneo «L’altra scena»
  12. Un seminario al Gioia per la Giornata europea delle lingue
  13. Lo Stabat Mater di Pergolesi dà appuntamento a Bedonia e a Bobbio
  14. Giornate del patrimonio il 23 settembre all’Alberoni
  15. «In dieci anni da parroco, ecco cosa ho scoperto della Cattedrale»
  16. La Madonna di Raffaello e il suo Monastero: esperienza immersiva in cripta e visita guidata
  17. Alla Passerini Landi le «Piccole storie» di Pandino Bertagna
  18. La Settimana Organistica Internazionale, il 24 concerto in San Savino
  19. In San Dalmazio la celebrazione dell'Ordine Costantiniano
  20. «Di Pieve in Pieve», sabato 23 Vito Mancuso e Franco Arminio a Bruso

Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

    Ascolta l'audio

    Conteggio articoli:
    5

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente