Marco Confalonieri docente di malattie dell’apparato respiratorio, pneumologo e direttore presso SC Pneumologia all’ospedale di Trieste, è intervenuto a Cives per raccontare la sua esperienza nella lotta contro la pandemia dovuta al Covid-19.
Eravamo impreparati ad una pandemia
‘’In questo periodo nel mondo ci sono stati oltre 117 milioni di casi confermati dall'inizio della pandemia ed oltre 2 milioni e mezzo di decessi; i paesi più colpiti sono l’America del Nord e del Sud mentre Asia, Africa ed Oceania sono i continenti con la diffusione più limitata. L’Italia è stata tra i 10 paesi più colpiti con oltre 3 milioni di casi confermati e circa 100.000 morti. Sicuramente all’inizio la malattia è stata sottovalutata, ma ha cambiato la vita del mondo intero. I coronavirus erano già noti e non considerati particolarmente patogeni ma nel 2002, in Cina, c’è stato il primo allarme con la diffusione della SARS e nel 2012 una seconda epidemia: la MERS dal Medioriente. Da quel momento si capì che la prossima possibile epidemia avrebbe avuto effetti molto gravi. Nel 2018, nel centenario dell’influenza chiamata ‘’Spagnola’’, l’OMS pubblicò il monitoraggio: “Un mondo a rischio” dove si esplicitavano ipotesi su possibili fattori di rischio in relazione alle pandemie. Questo rapporto voleva mettere in guardia, in particolare le leadership politiche del mondo, sul fatto che dovevamo essere preparati al peggio. Nel dicembre 2019, i primi casi di covid segnalati ufficialmente a Wuhan in Cina, un virus con più del 96% di geni propri dei patogeni dei pipistrelli, diverso dalla SARS, perché più aggressivo ma meno mortale. Infatti, nell’80% dei casi la malattia è asintomatica o con pochissime manifestazioni, nel 14% si manifesta polmonite mentre nel 5% dei casi la situazione è critica. Ciò che caratterizza questo virus è la velocità di diffusione dell’infezione ma anche delle fake news e degli esperti che ne hanno parlato. Ma veloce è stata anche la capacità della scienza nella sua identificazione, grazie agli incredibili passi avanti precedentemente fatti. Il vero problema non è stato tanto la rapidità del contagio, quanto il possibile sviluppo di gravi polmoniti che hanno portato ad intasare le terapie intensive di tutti i paesi. All’inizio le cure proposte erano non solo improduttive ma anche fantasiose, oggi siamo riusciti ad avere un protocollo terapeutico efficace. I racconti di morte e di ospedali al collasso hanno messo in evidenza come il servizio sanitario sia stato depauperato gravemente in tutti questi anni ed il personale ospedaliero sta tirando avanti con grande stanchezza e fatica e ancora con poche risorse’’.
Scienza ed investimenti per la salute del mondo
‘’Dopo questa seconda ondata, spero che qualcuno possa vedere le cose come stanno veramente e dare un giusto valore alle priorità; prima o poi bisognerà capire che i fatti sono più forti delle narrazioni e quanto sia necessario, al di la delle diverse ideologie, studiare, analizzare e capire quali siano le soluzioni per affrontare in modo scientifico simili situazioni. E’ necessario tornare a fare ricerca per garantire una sanità migliore e rapide soluzioni ai problemi che si dovessero presentare. È necessario permettere scambi di professionisti nell’interesse degli ammalati, mettendo in contatto medici e scienziati di diversi paesi oltre che i medici ospedalieri con quelli di famiglia, anche attraverso la telemedicina. Sono certo che il vaccino sia fondamentale per far terminare questa pandemia, che come tutte le epidemie anche del passato, finirà. Le innovazioni attuali non derivano più strettamente dalla clinica ma da scienze multidisciplinari, per questo l’integrazione tra scienziati potrà fare la differenza. L’ingegneria applicata alla medicina, le terapie personalizzate sulla base del DNA e lo studio molecolare spero ci possano permettere di trovarci pronti a future situazioni, la drammatica improvvisazione e disorganizzazione a cui abbiamo assistito non sarà più accettabile’’.
A volte, si può andare oltre l’evidenza di una facciata strabiliante per scoprire i gioielli più intimi e da quelli partire per poi tornare in superficie e lasciarsi incantare dalla meraviglia che investe lo sguardo. Adottando questa filosofia, è possibile approcciarsi ad abbazie, chiese, complessi monastici e borghi di cui il territorio compreso tra le province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia è ricchissimo, iniziando dai chiostri. Cuore di strutture dall’ingegnosa progettazione che offrono allo stesso tempo nutrimento per occhi distratti dagli infiniti tic del paesaggio urbano, sono spazi segreti ma aperti a chiunque intenda la spiritualità in senso neutro, come momento intimo e personale, e a quanti, molto semplicemente, vogliano passeggiare con lo sguardo e con i piedi in gioielli architettonici che hanno ospitato nei secoli autentiche maratone dialettiche e meditative. Visit Emilia (www.visitemilia.com) propone di seguito una ristretta ma essenziale selezione dei più affascinanti chiostri in campionario.
Parma
Assieme alla Cattedrale di Parma, il Monastero di San Giovanni Evangelista è uno scrigno di arte e di storia che non conserva solamente la splendida cupola affrescata dal Correggio e la Storica Spezieria. Tra i segreti meglio custoditi dalle possenti mura del complesso benedettino risalente al X secolo, ci sono ben tre chiostri, un’autentica oasi di pace nel centro storico della città, accessibili sulla destra dell’uscita della chiesa. Appena entrati, ciò che colpisce è il silenzio. La regola benedettina accoglie i visitatori: “Ora et labora” leggiamo lungo la parete del primo chiostro, detto di San Giovanni o della Porta, che è in realtà il più recente. Edificato tra il 1537 e il 1538, presenta un porticato a colonne ioniche, una fontana centrale inaugurata nel 1589 e resti di affreschi del tardo ‘500, come quelli di Leonardo da Monchio ed Ercole Pio, datati 1579. Una porta sulla destra ci fa accedere alla Biblioteca Monumentale, divisa in tre navate, con due file di cinque colonne ioniche che reggono, coi muri perimetrali, il soffitto composto di diciotto volte a tutto sesto. Strabiliante il programma pittorico dall’Abate Stefano Cattaneo da Novara, che comprende 5 carte geografiche, la genealogia di Cristo e 3 cronologie, 4 spazi con illustrazioni delle costruzioni archetipiche dell'Antico Testamento, la celebrazione della vittoria di Lepanto, la decorazione delle volte a grottesche e quella delle lunette sopra le due porte Sotto la loggia del chiostro successivo, il più antico e non a caso detto del Capitolo, si apre la sala capitolare. Il più grande dei tre è però il Chiostro di San Benedetto, costruito tra il 1508 e il 1512 e caratterizzato da un’elegantissima linea che dà un senso di leggerezza al portico di 36 colonne, ognuna delle quali separata dalla successiva da 26 tondini con figure di santi realizzate Giovanni Battista Merano e Tommaso Aldovrandini a fine ‘600.
Per una gita fuori porta, sempre alla ricerca dei chiostri più suggestivi, si può raggiungere, la Badia di Santa Maria della Neve, fondata da Pier Maria Rossi a Torrechiara nel 1471 attorno alla preesistente chiesa dedicata alla Madonna della Neve. I capitelli del chiostro quattrocentesco richiamano quelli presenti nel cortile d’onore del vicino castello, mentre la campana originaria di “magister Antonius” e una formella in cotto con la Flagellazione, tratta da un marmo dell’Amedeo (1481-84), offrono piacevoli inquadrature tra le armoniose arcate del perimetro quadrangolare. Qui, un passo dopo l’altro, si può sbirciare negli ambienti che le pareti lasciano intuire: tra essi, un piccolo oratorio impreziosito con affresco raffigurante la Madonna col Bambino in Mandorla.
Piacenza
I 700 anni dalla morte di Dante forniscono lo spunto per una visita all’Abbazia di Chiaravalle della Colomba, inserita nei due Itinerari Culturali del Consiglio d'Europa "Via Francigena" e "Route Européenne des Abbayes Cicterciennes" e fondata all’incirca nel 1136 nei pressi di Alseno dallo stesso San Bernardo, che del Sommo Poeta fu l’ultima guida in Paradiso. L’integrità mantenuta dal trecentesco chiostro quadrato che costituisce il cuore della struttura – il cui nome deriva dalla leggenda secondo la quale fu una bianca colomba a delineare con delle pagliuzze depositate davanti ai monaci il perimetro della futura costruzione - permette di apprezzarne la qualità architettonica, decorativa e mistico-simbolica tipica del medioevo e soprattutto l’affascinante armonia delle parti. Magistrali sono i raccordi e i ritmi contrappuntati di elementi che si moltiplicano per combinarsi in un tutt’uno di sublime coerenza: le simbologie cifrate si insinuano nelle 24 partizioni a quadrifora, così come nelle 96 arcatelle ogivali, nelle 130 colonnine binate in marmo rosa di Verona, nei 20 speroni a contrafforte avanzati e nella cornice ad archetti e tortiglione. Specie alla luce di alcune precise ore del giorno, una passeggiata lungo i 40 metri dell’anello claustrale evoca un passato di meditazione monastica favorita dal contrasto tra rigore esistenziale e splendore artistico, qui sintetizzato in dettagli come le colonne ofitiche, i capitelli figurati o le figure telamoniche agli angoli interni del portico.
In questo itinerario alla ricerca dei luoghi del raccoglimento, una menzione meritano poi i chiostri della Chiesa di San Sisto a Piacenza - carissima ai Farnese e custode tra l’altro del monumento funebre a Margherita d’Austria e di una copia della celeberrima Madonna Sistina di Raffaello, il cui originale venne venduto nel 1754 ad Augusto III re di Polonia. Insigne tempio rinascimentale e opera prima di Alessio Tramello, il chiostro si presenta allo sguardo dei visitatori che attraversano il portone di ingresso come un ampio triportico con ventuno arcate a pieno centro sostenute da colonne in granito; sopra le arcate sono ancora visibili antichi medaglioni affrescati, che raffigurano diciotto immagini di imperatori e abati. Addentrandosi in Val Trebbia merita poi una visita il complesso dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio, nota soprattutto come fonte d’ispirazione - con il suo Scriptorium, oggi purtroppo in gran parte disperso - per “Il nome della Rosa” di Umberto Eco. Fu uno dei più importanti centri monastici d'Europa durante il Medioevo, l'ultimo fondato in Italia da San Colombano nel 614 e ancora oggi cuore pulsante, dal punto di vista culturale, del borgo.
Reggio Emilia
C’è la mano inconfondibile di Giulio Romano in quel meraviglioso esempio di complesso monumentale del Rinascimento che sono i Chiostri di San Pietro, nel centro storico di Reggio Emilia. Nel cuore dell’antico monastero, colpiscono per la complessità progettuale e l’eterogeneità del disegno. Dei due chiostri, recentemente magistralmente restaurati, attorno ai quali si articola la struttura, il più piccolo – forse ideato da Alessio Tramello - è un trionfo di volte a botte e cupolette angolari, bifore, timpani e lesene scanalate. Le colonnine binate in marmo rosso e bianco del Clemente e le decorazioni murarie del Moresino completano il colpo d’occhio di questa oasi di pace che favorisce un senso di estrema lontananza dall’incombente caos cittadino. Alla sua raffinatezza da miniatura emiliana, si contrappone armoniosamente l’imponenza scultorea tardo manierista del chiostro grande. La cifra stilistica di Giulio Romano permea un ambiente perimetrato popolato da colonne ioniche alternate da aperture archivoltate a bugnato, finestre timpanate e nicchie con statue secentesche di santi dell’ordine benedettino. Oggi un percorso poliedrico, uno spazio espositivo, un centro culturale di rilievo internazionale e luogo di partecipazione e confronto, di socialità e innovazione aperta; luogo anche di co-Work con comode postazioni progettate per fornire spazio e servizi informatici, tecnologici e momenti di pause con uno spazio food e caffetteria.
Tra i più antichi luoghi di devozione della città, il convento di San Domenico venne costruito tra il 1233 e il 1236 sull’onda dell’entusiasmo suscitato nella popolazione dalla predicazione di fra Giacomino da Reggio. Adibito già nel tempo a caserma, poi a Deposito Stalloni, e a istituto per l’incremento ippico dell’esercito, il complesso cela nel proprio ventre due chiostri che conservano nel loro aspetto l’aura di una storia originalissima. Sul più grande, edificato nel corso del XVI secolo, si affacciavano le celle dei frati, mentre nel chiostro piccolo, dominato dalla fiancata dell’antica chiesa dominicana, il passato si incontra col contemporaneo della scultura “Less Than” di Robert Morris. Nel passaggio fra il primo e il secondo cortile, due lunette lasciano intuire la presenza di dipinti a fresco seicenteschi raffiguranti “Cristo e una santa Domenicana” e “la Madonna con alcune Domenicane”. L’ala sud dei chiostri è oggi adibita a spazio espositivo, mentre il primo piano è sede dell’Istituto Musicale A. Peri, le cui note rendono ancora più suggestiva l’atmosfera che accoglie chi entra nel chiostro.
Servono volontari per la fase 2 di sperimentazione del primo vaccino italiano. Su 26 centri coinvolti a livello nazionale, tre sono in Emilia-Romagna: si tratta delle Aziende ospedaliero-universitarie di Parma e Ferrara, e dell’Azienda Usl di Piacenza. Lo studio è promosso da ReiThera, azienda biotecnologica che ha sviluppato e produce il vaccino, in collaborazione con l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”. Dopo la conclusione della fase 1, le tre Aziende emiliano-romagnole parteciperanno alla successiva con l’obiettivo di valutare la sicurezza e l’efficacia del prodotto. “Anche in questa sperimentazione l’Emilia-Romagna è in prima fila- commenta l’assessore regionale alle Politiche per la Salute, Raffaele Donini-. Il fatto che tre centri della nostra regione, e tre nostri valenti professionisti, siano stati individuati e coinvolti ci riempie di orgoglio. Allo stesso tempo- prosegue l’assessore- questa nuova opzione di prevenzione contro il Covid, per di più tutta italiana, è un’ulteriore speranza di chiudere i conti definitivamente con questo virus, il più presto possibile. Nel frattempo, continuiamo ad impegnarci al massimo per procedere con i vaccini di cui già disponiamo”. Lo studio sarà condotto a Parma dall’infettivologo Gabriele Missale (Unità Operativa Malattie Infettive ed Epatologia dell’Ospedale Maggiore), a Ferrara da Marco Libanore (direttore Unità Operativa di Malattie Infettive dell’Azienda ospedaliero-universitaria) e a Piacenza da Mauro Codeluppi (direttore Unità Operativa complessa di Malattie Infettive dell’Azienda Usl).
Possono partecipare al progetto volontari - in buona salute o con una patologia cronica pregressa stabile -, maschi e femmine, di età maggiore di 18 anni. Ognuna delle tre Aziende “arruolerà” tra i 30 e i 40 pazienti. Non possono invece partecipare persone che hanno contratto un’infezione da SARS-CoV-2 confermata da test molecolare, individui affetti da malattie gravi, donne in stato di gravidanza o in allattamento, persone che hanno donato più di 450 ml di sangue nei 3 mesi precedenti e chi ha ricevuto un qualunque altro vaccino, ad eccezione di quello influenzale, nei 30 giorni precedenti. Ulteriori valutazioni sui criteri di inclusione ed esclusione dallo studio saranno effettuate insieme a un medico dello staff. La partecipazione alla sperimentazione clinica durerà circa 2 anni; ai partecipanti sarà richiesto di presentarsi al centro clinico almeno 7 volte durante questo periodo. Nella fase 2 la sperimentazione è divisa in tre “bracci ciechi”: questo significa che i volontari non sanno cosa verrà loro somministrato. A un terzo di loro sarà inoculato il vaccino in due dosi (come avviene con Pfizer), a un altro terzo il vaccino in un’unica somministrazione (più una dose placebo per la seconda somministrazione) e a un terzo ancora solo il placebo. “Anche Piacenza parteciperà a quest’importante sperimentazione che ha lo scopo di arrivare alla registrazione del vaccino italiano- aggiunge Mauro Codeluppi, direttore Unità Operativa complessa di Malattie Infettive dell’Azienda Usl-. Il grande sforzo profuso dal nostro personale sanitario nella prima ondata, in grado di sostenere il peso assistenziale e insieme l’attività di ricerca, ha costituito la premessa per essere tra i centri sperimentatori. Ringrazio sin da ora i volontari, tutto il personale aziendale coinvolto nello studio e la direzione tutta per il supporto al nostro lavoro. Possa essere questa un’occasione di impegno e di meritato orgoglio per quanto fatto e per i progetti attuali e futuri”.
“Dalla scultura greca all’architettura gotica”: questo il tema del secondo ciclo di dieci lezioni del corso on line di storia dell’arte tenuto dal prof. Alessandro Malinverni e riservato ai Soci della Banca di Piacenza. Le lezioni - visibili attraverso la piattaforma gratuita Skype - si terranno sempre il martedì dalle 18 alle 19 a partire dal 13 aprile e si concluderanno il 15 giugno. Il primo ciclo, iniziato il 2 febbraio con un’ottima adesione, avrà invece termine il 6 aprile.
Il prezzo riservato ai soli Soci della Banca è di 90 euro.
Per informazioni e iscrizioni rivolgersi all’Ufficio relazioni Soci (0523 542267; ).
Anche il Comune di Gragnano Trebbiense sostiene e condivide le finalità della “Settimana della Legalità 2021” che si sta svolgendo proprio in questi giorni. A pochi giorni dalla Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, quest'anno, in una edizione esclusivamente online, la Settimana della Legalità, curata da Giunta regionale e Assemblea legislativa con Anci e Upi Emilia-Romagna ha visto sette giorni di incontri dove si è parlato di cittadinanza attiva, esperienze e buone pratiche per riconoscere e contrastare le mafie, con ospiti del mondo dell'Università, della magistratura e delle istituzioni.
“Da sempre il Comune di Gragnano si è dimostrato attento al tema della legalità. Crediamo infatti che uno dei mezzi più importanti per combattere le mafie sia quello di contribuire a promuovere una sempre più diffusa cultura della legalità - afferma il sindaco Patrizia Calza insieme ai consiglieri comunali Andrea Capellini e Matteo Provini -. Proprio per questo, cogliamo l'occasione per ricordare a tutti i nostri concittadini gragnanesi che, nella nostra biblioteca comunale, è da nove anni attivo lo «scaffale della legalità», che ogni anno viene arricchito di nuovi volumi. Nel nostro piccolo, vogliamo perciò contribuire a costruire una memoria collettiva a partire dalle storie contenute in questi libri, di persone esemplari, che hanno sacrificato la loro vita per tutti noi. Non dimentichiamo l’esempio di chi ha combattuto le mafie a viso aperto e non ha ceduto alle minacce e ai ricatti che gli imponevano di venir meno ai propri doveri professionali e civili. Persone che ogni giorno si sono battute per la giustizia sociale e la legalità, esempi ai quali ci sentiamo di guardare con rispetto e riconoscenza. Ad esempio, l'anno scorso avevamo presentato un progetto come Comune insieme al Comune di Calendasco e Libera Piacenza grazie all'impegno dei Consiglieri Capellini e Provini - interrotto causa Covid - il cui obiettivo era quello di formare i ragazzi partecipanti sui temi dell’antimafia sociale e sulla conoscenza dei territori coinvolti per imparare la cultura della legalità vivendo direttamente l’esperienza di un campo estivo di «E!State Liberi!» che speriamo di poter riprendere al più presto”.
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