Prenderà il via venerdì 11 novembre, con due tappe a Vigolzone e a Ponte dell’Olio, l’annunciata serie di appuntamenti sul territorio che Monica Patelli, presidente della Provincia di Piacenza, ha deciso di avviare incontrando i sindaci nei rispettivi Comuni. L’obiettivo dell’iniziativa è fare il punto sulle esigenze di ciascun Comune rispetto alle competenze dell’Ente di Corso Garibaldi, rafforzando così la comunicazione e la collaborazione tra le istituzioni locali. La presidente Patelli sarà accompagnata dal direttore generale della Provincia, Vittorio Silva, e dal dirigente del servizio Viabilità, Davide Marenghi. Agli incontri con i Comuni al di sotto dei cinquemila abitanti prenderà parte anche la consigliera provinciale Claudia Ferrari, sindaco di Sarmato, in qualità di Coordinatrice Piccoli Comuni ANCI Emilia-Romagna.
Venerdì 11 il prof. Marangi parlerà di comunicazione nell’era digitale - Martedì 29 conferenza del prof. Lizzola sull’urgenza di creare relazioni
Solitudine, origine di tanti mali. Specie se frutto dell’incomunicabilità. Il bisogno di vicinanza, di creare incontro tra le persone sarà al centro di due momenti formativi (e aperti al pubblico) che l’associazione La Ricerca propone per l’11 e il 29 novembre nell’ambito del progetto “CON.TE – CONsulenza scolastica e Terapia” sostenuto dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano. Il primo appuntamento, quello di questo venerdì, 11 novembre, sarà con il prof. Michele Marangi, media educator dell’Università Cattolica di Milano che si soffermerà sulla comunicazione intergenerazionale: “Giovani e adulti nell’era digitale – Prospettive di azione”. Rivolto in particolare a insegnanti, educatori e volontari, ma a ingresso libero (per partecipare occorre prenotare: l’iscrizione è gratuita, ma obbligatoria, scrivere a laricerca [AT] laricerca [DOT] net), l’incontro si svolgerà a Palazzo Rota Pisaroni, sede della Fondazione (via Sant’Eufemia13) con inizio alle 17,30. Stessa sede e stessa ora l’appuntamento, martedì 29 novembre, con il prof. Ivo Lizzola, docente di pedagogia sociale della marginalità dell’Università di Bergamo. Il titolo della conferenza suona come un’esortazione: “Occorre cercarsi”. Sottotitolo: “Le povertà relazionali nelle diverse età della vita”. Giunto ormai alla fase conclusiva, il progetto CON.TE è rivolto al mondo della scuola e alle famiglie. In un anno ha coinvolto più di 350 adolescenti, un migliaio i colloqui effettuati, offrendo supporto psico-educativo, psicoterapia, counseling, percorsi dedicati, gruppi di Auto-Muto-Aiuto, ed entrando in contatto con le famiglie, affiancandole: “Abbiamo cercato di dare ai genitori, come pure agli insegnanti strumenti di comprensione, per aprire nuove occasioni di dialogo con i loro figli e studenti – spiega il referente, lo psicologo Carlo Grassi -. Una maggior presenza dei nostri operatori negli sportelli dell’ascolto ha reso possibili momenti di approfondimento e l’organizzazione di occasioni di incontro extrascolastiche offrendo colloqui con psicologi, un sostegno specialistico che altrimenti avrebbe richiesto esborsi economici notevoli”. INFO 338.316 7200 – www.laricerca.net
Uno sguardo critico sulla politica internazionale all’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano insieme a Cives e al giornalista ed analista geopolitico Dario Fabbri. Fabbri ha collaborato con la rivista Limes ed è stato curatore della rivista Scenari, inoltre è editorialista del quotidiano Domani, collaboratore di Open e fondatore di “Domino. Rivista sul mondo che cambia”. È partita dunque la prima lezione dell’edizione Cives 2022/2023 dal titolo “Zona franca”, la prima lezione aperta alla cittadinanza è stata anche l’occasione per presentare al pubblico l’importante lavoro degli organizzatori che da oltre 20 anni sono impegnati a realizzare lo spazio di educazione civica voluto dalla diocesi di Piacenza e Bobbio in collaborazione con l’Universita Cattolica e la Fondazione. Nel primo incontro Dario Fabbri ha svolto un’approfondita indagine sul conflitto russo-ucraino, addentrandosi in modo semplice ma approfondito in un’analisi sui popoli e sul loro spazio vitale. Queste le considerazioni.
Ma come siamo arrivati alla guerra in Europa
“Uno sbaglio frequente è quello di considerare le guerre motivate solo da ragioni economiche, ma non è così e la guerra russo-Ucraina ne è una dimostrazione. I popoli sono artefici del loro destino e delle loro espressioni politiche, i russi hanno creato Putin e non viceversa, le popolazioni fanno sempre ciò che vogliono anche quando si dotano di regimi crudeli. Per capire questa guerra bisogna calarsi nel pensiero russo e nella loro psicologia collettiva. Per la popolazione russa, gli ucraini sono parenti stretti parte della loro famiglia, sicuramente con un’importanza minore e che da sempre fanno ciò che vogliono i russi. Per questo era intollerabile un avvicinamento agli Stati Uniti e alla Nato da parte dell’Ucraina, i russi hanno interpretato una simile aspirazione come un vero e proprio tradimento. Quello tra Russia e Ucraina è un rapporto patologico, reso ancora più intollerabile da recenti leggi che declassavano la lingua russa, parlata peraltro da molta parte della popolazione, a favore dell’idioma ucraino. Da questi elementi culturali distorti nasce l’esigenza di un conflitto. Dal punto di vista strategico inoltre l’Ucraina rappresenta uno stato cuscinetto per la Russia, una barriera naturale a protezione dell’Occidente europeo. Vivere in un enorme altopiano senza barriere sviluppa una profonda insicurezza nelle popolazioni residenti. In Ucraina ci sono stati storicamente vaghi momenti di resistenza, ma è mancata la formazione di uno stato nazionale”. “La Russia al contrario - dice Fabbri - ha sempre sviluppato valori imperialistici. Probabilmente i russi non avevano intenzione da subito d’invadere l’Ucraina, ma di ottenere un riconoscimento della Crimea, l’autonomia del Donbas e l’accettazione della lingua russa oltre ad un immediato allontanamento dalla Nato. Il governo russo ha pensato di trattare queste soluzioni in prima battuta con gli Stati Uniti che, sordi e forse impotenti a prendere simili decisioni, hanno impedito anche agli ucraini di trovare soluzioni mediate dando per certa una imminente invasione da parte di Putin, che aveva già schierato sul confine ucraino importanti forze militari. A questo punto la Russia invade l’Ucraina, dando sfogo alla più classica delle espressioni umane: la guerra.
La Guerra strategica e tattica
“Dunque un fraintendimento culturale e antropologico dei russi spinge un governo che schiera 170 mila uomini male addestrati ad invadere un paese che conta 40 milioni di abitanti, senza dubbio pensando di non trovare alcuna resistenza e credendo di essere accolti, poiché entrambi i popoli appartengono allo stesso ceppo e parlano la stessa lingua. Ad oggi possiamo affermare che sul piano tattico la Russia sta vincendo questa guerra, i russi hanno infatti annesso circa il 20% del territorio ucraino, la parte che era la più produttiva del paese. Sul piano strategico invece la Russia sta sicuramente perdendo e molto male questa guerra. Oggi la Russia non appare più come una super potenza militare, se non a livello di arsenale bellico. Inoltre ha perso la forte influenza che esercitava sul proprio stato cuscinetto, ed anche la paura dei suoi vicini più prossimi, Finlandia e Svezia, di avvicinarsi alla Nato, tornata in buona salute, è crollata. Infine, l’Europa le ha chiuso le porte economiche. La Russia a questo punto dovrà trovare altri canali commerciali e ovviamente non potrà che rivolgersi alla vicina Cina, probabilmente in un rapporto di sudditanza con un paese che non le è mai stato amico”.
Chi sta vincendo questa guerra
“La Cina è sicuramente soddisfatta di come si stanno mettendo le cose, in una prima fase era forse preoccupata per i suoi molteplici interessi nella regione Ucraina e per le sanzioni secondarie minacciate, ora vede invece svilupparsi notevoli possibilità economiche. I cinesi non sono alleati dei russi, anzi li vedono come una popolazione europea ai confini asiatici e il fatto che il governo russo si stia impantanando in una guerra molto più lunga del previsto le può stare solo bene. Gli europei dal canto loro vedono ridimensionata la potenza Russa, anche se paesi come la Francia non vedono di buon occhio il rafforzarsi della Nato in Europa, desiderando manifestare una loro maggior influenza”. “La Germania - prosegue il giornalista - come l’Italia dipendevano moltissimo dagli idrocarburi russi e questa collaborazione tra la tecnologia tedesca e la potenza energetica russa non era sempre gradita agli Stati Uniti. In Italia inoltre è sempre esistito un certo atteggiamento anti americano, anche perché la Russia è lontana e non spaventava poi tanto. La Gran Brettagna, dal canto suo, ha sempre considerato nemica la Russia e come gli Stati Uniti, che combattono una guerra per procura, sono soddisfatti dell’indebolimento della potenza russa e dal ritorno in auge della Nato, anche se c’è una certa preoccupazione per la prossima sfida globale, quella con la Cina”.
Perché i russi non si ribellano
“Prima di tutto dobbiamo smetterla di pensare che tutto il mondo la pensi come noi occidentali, ci sono popoli fortemente imperialisti per i quali la gloria nazionale è ancora importantissima. I russi da sempre fanno la rivoluzione in situazioni specifiche, ovvero quando percepiscono che il loro paese è stato umiliato e sconfitto. Putin rischierà davvero un dissenso interno solo se perderà questa guerra, perdendo anche il prestigio internazionale. Gli americani sanno benissimo questo e sanno di rischiare molto spingendo il leader russo sino al punto di non ritorno e dunque stanno cercando di scongiurare il rischio di una guerra molto più devastante, valutando la possibilità di aprire spiragli alla Russia per poi utilizzare questa relazione contro il loro acerrimo nemico economico: la Cina”.
Stefania Micheli
Nella foto, Dario Fabbri durante il suo intervento a Cives.
La lotta alla violenza sulle donne corre anche sugli autobus: dall’8 novembre e fino ai primi mesi del 2023 per iniziativa del Centro Antiviolenza di Piacenza “La Città delle Donne Odv” - nell’ambito del Progetto Pe.Tra. (Percorsi Trasversali) approvato e sostenuto dalla Regione - sugli autobus cittadini e provinciali sono affissi “cartelli volanti” dotati di QR Cod con informazioni su come riconoscere la violenza di genere, in quali forme si può manifestare e a chi rivolgersi per chiedere aiuto. Il territorio pedemontano della provincia di Piacenza, offre possibilità di “sacche” nascoste dove possono prolificare sopraffazione e abusi sulle donne: il Centro antiviolenza si è posto l’intento di comunicare anche con queste donne che soffrono l’isolamento territoriale, attraverso una modalità immediata e semplice, che bypassa eventuali controlli e limitazioni ai contatti sociali tipici nelle relazioni violente. L’idea è quella di far circolare tramite gli autobus urbani ed extraurbani la capillare campagna informativa, in più lingue. L’autobus diventa quindi il mezzo portatore di conoscenza, solidarietà e sostegno contro la violenza sulle donne. Potranno così essere raggiunte anche le zone più impervie della nostra provincia a beneficio di donne, anche straniere, che utilizzano il bus come mezzo di trasporto per raggiungere il lavoro, portare a scuola i figli, oltre a fornire alla cittadinanza tutta un’occasione di riflessione.
Già grazie al precedente Progetto "Altri Passi- Formazione in movimento" finanziato dalla Regione Emilia-Romagna nel 2019, il Centro Antiviolenza ha raggiunto l'obiettivo primario di sensibilizzare e formare personale professionale come medici di medicina generale, infermieri, farmacisti, assistenti sociali, attivi nei Comuni di provincia, che possono fungere da “porte di accesso” all'accoglienza di isolamento, disagio, discriminazioni e violenza. Questa attuale iniziativa rappresenta per il Centro antiviolenza di Piacenza un ulteriore tassello all'attività pluridecennale votata al sostegno di tutte le donne che vivono situazioni di violenza di genere.
Che ci sia una relazione, anche stretta, tra qualità dell’aria e buona salute, è vicenda nota da tempo. Ma il tema è molto più complesso di quanto possa apparire perché, ad esempio, potrebbero esserci inquinanti non convenzionali meritevoli di essere monitorati, per comprendere se sono concausa di sviluppo di patologie. Allo stesso tempo ci sono esiti di salute meno indagati in epidemiologia ambientale, come ad esempio il diabete o le malattie neurodegenerative, la cui correlazione con l’inquinamento non è pienamente compresa. Proprio per trovare conferma ad alcune di queste ipotesi e individuare modelli efficaci da condividere con la comunità scientifica, la Regione Emilia-Romagna si è candidata come capofila di un progetto per un bando del ministero della Salute, piazzandosi al primo posto davanti a una ventina di altri candidati e ottenendo un finanziamento pari 2,1 milioni di euro. Il progetto ha l’obiettivo di realizzare un atlante territoriale dei dati di qualità dell'aria e degli esiti di salute, in grado di fornire cioè un quadro trasparente e aggiornato sulle relazioni tra questi aspetti, rafforzando gli impegni e gli strumenti del progetto quadriennale di studio su qualità dell’aria e salute già approvato dalla Giunta regionale lo scorso aprile. Della squadra fanno parte 8 Regioni (a partire da quelle del Bacino Padano, con cui l’Emilia-Romagna collabora su questo fronte già da tempo) con una ventina di diverse unità operative e il determinante coinvolgimento delle strutture di Epidemiologia dell’Ausl Irccs di Reggio Emilia e Ambiente Prevenzione e Salute di Arpae.
L’atlante sarà costruito attingendo ai dati delle centraline di misurazione degli inquinanti, ai dati satellitari, dell’assistenza sanitaria e dei registri di patologia. Si prenderanno in considerazione anche le variabili socioeconomiche, e quando possibile gli stili di vita. Il risultato atteso è quello di avere strumenti efficaci per coordinare l'elaborazione, l'interpretazione e la fruizione dei dati disponibili, ovvero algoritmi, codici e mappe che individuino la qualità dell’aria e il numero di malattie e decessi zona per zona. L’atlante metterà a disposizione dei tecnici del settore, dei decisori e più in generale della popolazione le informazioni più dettagliate e le elaborazioni più utili sui possibili effetti di diverse strategie di miglioramento della qualità dell’aria, seguendo un metodo scientifico rigoroso e con gli strumenti di rilevazione e di calcolo più aggiornati che le diverse Regioni hanno a disposizione. Un punto di partenza anche per un’attività di formazione specifica rivolta a medici e pediatri su come ridurre l’esposizione individuale, in caso di picco di inquinamento, con particolare attenzione alle categorie più vulnerabili.
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