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Notizie Varie

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Dipendenze digitali: a Borgotaro i giovani si mettono…in gioco

borgotaro

Contro le dipendenze da tecnologia, gioco d’azzardo e videogames, gli studenti  dello
Zappa-Fermi hanno realizzato un gioco in scatola  grazie al progetto “Second life: quando la vita reale diventa virtuale”

Contrastare  le dipendenze comportamentali? E’ un gioco da ragazzi! Si è infatti concluso nei giorni scorsi,  con la presentazione di un video e del Gioco dell’oca delle dipendenze realizzati dagli studenti durante l’anno scolastico appena concluso, il percorso formativo “Second life: quando la vita reale diventa virtuale”.

Si tratta di un progetto, realizzato dal Servizio dipendenze patologiche (SerDp) del distretto Valli Taro e Ceno dell’Azienda Usl, che ha coinvolto la classe 2°D (indirizzo scienze umane) dell’Istituto superiore Zappa-Fermi di Borgotaro. Il percorso, ideato insieme all’Ufficio di Piano distrettuale e alla Cooperativa Fantasia, ha avuto l’obiettivo di rendere più consapevoli i giovani sui rischi delle dipendenze comportamentali che derivano da un utilizzo eccessivo di sistemi e dispositivi digitali: internet, videogames, social network o gioco d’azzardo: “L’utilizzo dei devices elettronici - ha spiegato Lorenzo De Donno, direttore dell’ Unità operativa complessa Salute mentale adulti e Dipendenze patologiche  del distretto Ausl Valli Taro e Ceno - può passare da una dimensione ludico-ricreativa ad un consumo problematico, con una iniziale modifica del funzionamento sociale, relazionale e scolastico, fino ad assumere le caratteristiche – ha proseguito De Donno -  di una vera dipendenza patologica , con grave compromissione della sfera cognitiva, affettiva  e comportamentale”.
Nei giorni scorsi, nella sala consiliare dell’Unione dei Comuni  Valli Taro e Ceno si è svolta la giornata conclusiva del progetto, che ha accompagnato per tutto l’anno scolastico la classe attraverso incontri con professionisti e attraverso una formazione peer-to-peer, in cui alcuni studenti sono stati formatori dei loro stessi compagni.

Nella foto, il gruppo degli studenti dello Zappa-Fermi di Borgotaro coinvolto nel progetto.

Pubblicato il 9 giugno 2023

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Dalla Cattolica un progetto per l’Africa: «Il cambiamento parte dal basso»

pag 2 ajmone

Otto miliardi di persone abitano il mondo, una varietà di caratteristiche, situazioni, opportunità. Ciò che è sostenibile per noi europei spesso non lo è a livello globale: un caso su tutti è quello degli allevamenti. “Se in Occidente la produzione animale cala, crescerà in altre zone dove l’efficienza è minore, con conseguenze anche disastrose per l’ambiente come, ad esempio, la deforestazione in Amazzonia”.
Paolo Ajmone Marsan è professore ordinario di Miglioramento genetico animale presso la Facoltà di Agraria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, coordinatore della scuola di dottorato “Agrisystem” e del Centro di ricerca “Romeo ed Enrica Invernizzi” per le produzioni lattiero-casearie sostenibili (Crei) dell’Università Cattolica.

“Non si può abbandonare l’agricoltura intensiva”

Le parole chiave di Agrisystem sono “sostenibilità” ed “efficienza” delle produzioni, con una visione globale sul problema dell’alimentazione: l’obiettivo è ridurre la fame nel mondo, oggi e per le generazioni future. “L’agricoltura – dice Ajmone Marsan – ha di fronte sfide epocali: dobbiamo dare da mangiare a tantissima gente e rendere più equo il diritto a un’alimentazione sufficiente ed equilibrata, che vuol dire favorire uno sviluppo umano e cognitivo adeguato”. In questa direzione si muove Agrisystem. “Il nostro impegno – afferma – va nella stessa direzione della «Laudato Si’», ma da un punto di vista tecnico e pragmatico, la necessità è sfamare miliardi di persone. Per questo, non è pensabile abbandonare l’agricoltura intensiva, piuttosto, trasformarla in un’intensificazione sostenibile. Un punto, questo, su cui anche la Fao è d’accordo. Dunque, ci saranno più agricolture: una, intensiva, che sfama il mondo, e un’altra, estensiva, che avrà il compito di conservare la biodiversità anche nel settore agricolo e zootecnico. L’autarchia alimentare, cioè la teoria secondo cui ognuno debba produrre il cibo di cui ha bisogno, è un’utopia: può essere applicabile in zone ricche e scarsamente popolate, ma non è un modello esportabile ovunque”.

Sostenibilità globale

“Diminuire la quantità da noi, a fronte di una richiesta del mercato, determinerà che molti animali verranno comunque prodotti in altre zone del mondo, in maniera non efficiente. In Europa, grazie alle tecnologie avanzate, una vacca può arrivare a produrre 60 litri di latte al giorno. In Etiopia, un animale ne produce tre o quattro. La carne verrà prodotta ad esempio in Brasile, deforestando ancora di più l’Amazzonia. Spesso le soluzioni che noi percepiamo come sostenibili non sono sostenibili per il pianeta”. La domanda di prodotti animali, dice il prof. Ajmone Marsan, è in forte crescita nel mondo. “Una prima causa è l’aumento della popolazione, e poi lo sviluppo economico, che fa schizzare la richiesta: quando la disponibilità di denaro aumenta, la prima cosa che accade è un cambiamento della dieta”.

Come si cambia il modello africano? “Sono andato a osservare i progetti dei centri di ricerca della Cgiar per valutare la progettazione – riferisce Ajmone Marsan – molti progetti finanziati in Africa, nel tempo, sono falliti: quando termina il finanziamento e la collaborazione con le popolazioni locali gli occidentali tornano a casa e i progetti governativi restano nelle aziende governative. Un programma di miglioramento genetico di animali o piante viene fatto a livello del governo ma poi non arriva ad allevatori e agricoltori”.

Il progresso parte dal basso

Un occhio di riguardo non può non essere dedicato all’Africa, “il continente che subirà più seriamente gli effetti dei cambiamenti climatici”: l’obiettivo, dice Ajmone Marsan, è arrivare a una “intensificazione sostenibile dell’agricoltura”, seguendo le indicazioni della Fao. Una soluzione può essere il “community-based breeding”, un programma di miglioramento genetico fatto dalla comunità. “Sarà necessaria anche una trasformazione sociale – afferma il docente – ma non possiamo esportare il nostro modello. Bisognerà trovare una soluzione insieme alle popolazioni locali”.

Il rischio per la sostenibilità è dato dal fatto che “nel mondo, appena c’è una maggiore disponibilità economica, le persone cambiano la propria dieta, prediligendo prodotti di origine animale”. Il modello virtuoso citato da Ajmone Marsan è stato applicato in due zone dell’Etiopia con le pecore Menz e Bonga. “Prima, le famiglie allevavano due o tre animali per poi vendere il migliore, che rendeva di più a livello economico. Questo dimostra la totale assenza di un programma di miglioramento genetico. Con una strategia organizzata, le persone hanno collaborato fra loro e hanno ottenuto un miglioramento delle produzioni e quindi una maggior ricchezza. Sono stati acquistati animali di alto valore genetico per ripartire con un programma di miglioramento: questo sistema ha allargato la base genetica della popolazione e ha permesso un miglioramento delle produzioni, con un conseguente aumento dei guadagni. Essendo un’iniziativa nata «dal basso», i villaggi vicini hanno iniziato a imitarla”.

Il mondo intero a Piacenza

Agrisystem è una Scuola di dottorato interdisciplinare, che abbraccia le facoltà di Agraria, Economia e Giurisprudenza, e internazionale, con corsi in inglese e docenti e studenti di diversa provenienza. “Dal 2006 – osserva Ajmone Marsan – abbiamo avuto dottorandi provenienti da 27 Paesi diversi del mondo, solo nell’ultimo anno contiamo dieci nazionalità. Quest’anno circa 30 studenti frequentano il dottorato”.

Un progetto di sviluppo con il contributo della Cei

La Conferenza episcopale italiana finanzia un progetto in collaborazione con Università Cattolica, Fondazione E4Impact e Uganda Martyrs University che prevede due dottorati “executive”: il primo corrisponde ad Agrisystem, il secondo mira alla preparazione dei giovani imprenditori. Otto docenti dell’ateneo africano sono stati affiancati per 20 giorni da due tutor di Agrisystem, con cui hanno condiviso il programma di ricerca da svolgere nel proprio Paese. “È uno scambio vicendevole: da un lato trasferiamo le nostre conoscenze scientifiche e tecniche, dall’altro riusciamo a capire meglio i problemi locali”.

L’attenzione per i Paesi in via di sviluppo

Il prof. Paolo Ajmone Marsan collabora, inoltre, col centro di ricerca C3S (Cibo sufficiente, sicuro, sostenibile), finanziato dalla Fondazione “Romeo ed Enrica Invernizzi” e coordinato da prof. Giuseppe Bertoni, che fa ricerche sulla sostenibilità dell’alimentazione umana in collaborazione con le parrocchie di Congo e India. “Due obiettivi sono: creare sistemi efficaci per la conservazione delle derrate alimentari e – spiega – aumentare la consapevolezza delle popolazioni locali sulla necessità di seguire una dieta più bilanciata possibile”.

Più produttività, meno concimi chimici

Uno studio interessante e innovativo di Agrisystem è la valutazione delle interazioni fra la pianta e tutti i microrganismi – batteri e funghi – del terreno. “Le leguminose – spiega il prof. Ajmone Marsan – hanno una sorta di simbiosi con batteri capaci di fissare l’azoto che prendono dall’aria, indispensabile al metabolismo della pianta. Il nostro studio è finalizzato all’aumento della produttività delle piante usando la microflora anziché i concimi chimici”.

Francesco Petronzio

Nella foto, il prof. Paolo Ajmone.

Pubblicato il 9 giugno 2023

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Un terreno dell'Opera Pia Alberoni alla fondazione «Amici di San Giuseppe»

Firma atto notarile per spazio a Oltre l'autiesmo

L’Opera Pia Alberoni ha concesso un terreno, situato in via Spinazzi a Piacenza, alla Fondazione Amici di San Giuseppe, che realizzerà una struttura al servizio di giovani con disturbi dello spettro autistico e delle loro famiglie. Nei giorni scorsi è arrivata l’ufficialità, con la firma dell’atto notarile, redatto da Massimo Toscani, da parte di Giorgio Braghieri, presidente del cda dell’Opera Pia Alberoni e di Maria Grazia Ballerini, presidente del cda della Fondazione Amici di San Giuseppe. L’atto costituisce il diritto di superficie a titolo gratuito per 99 anni dell’appezzamento di terreno di circa 10mila metri quadri a beneficio della Fondazione Amici di San Giuseppe, ente del terzo settore.

Il terreno, sito in località San Lazzaro e posto lungo la via Spinazzi, è qualificato nel PSC vigente come “Attrezzature Sanitarie Assistenziali” ed è destinato all’erigenda struttura al servizio di giovani con disturbi dello spettro autistico e delle loro famiglie. L’area verrà servita da una strada di accesso e dotata di un ampio parcheggio con stalli per la sosta, in parte destinati a parcheggio per le esigenze della struttura per i disabili e per la restante parte per fruitori della Galleria Alberoni e per la limitrofa scuola materna parrocchiale.
La Fondazione Amici di San Giuseppe, costituita con atto notarile in data 13 dicembre 2022, dotata di proprio statuto, approvato unitamente all’atto costitutivo, è sorta per iniziativa dell’associazione “Oltre l’Autismo o.d.v.” e del suo presidente Maria Grazia Ballerini per perseguire, senza scopo di lucro, le finalità solidaristiche e di utilità sociale tramite interventi e prestazioni socio sanitarie, di educazione, istruzione e formazione professionale, organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche e ricreative e di interesse sociale, nonché dei servizi finalizzati all’inserimento e al reinserimento nel mercato del lavoro ed altre attività, come previsto dall’articolo 4 dello statuto.

L’Opera Pia Alberoni, dal canto suo, ha sin dal lontano 2016 con successivi atti deliberativi del proprio Consiglio di Amministrazione ribadito la disponibilità a mettere a disposizione dell’associazione “Oltre l’Autismo” un’area idonea alla realizzazione di un centro riabilitativo diurno e residenziale per soggetti autistici.
Dopo l’adozione degli atti notarili prima richiamati ci sono oggi le condizioni per approvare il progetto edilizio per la realizzazione delle strutture necessarie alla creazione del centro per dare una risposta abitativa e lavorativa adeguata e qualificata sotto il profilo sociale e sanitario per arginare un problema che riguarda una categoria di soggetti disabili in costante crescita numerica.
Una prima concreta risposta l’associazione “Oltre l’Autismo” l’ha già messa in campo con un progetto della cooperativa sociale San Giuseppe nel Centro di San Bonico, istituito nell’aprile 2021, in cui un gruppo di ragazzi con disabilità, affiancati da educatori, producono oggetti destinati ad aziende piacentine che ne commissionano la fornitura. Il Centro di San Bonico ha inoltre attivato tirocini formativi con Asl e Comune per implementare il numero di occupati nelle manifatture ivi impiantate.
Sul modello della Cooperativa San Giuseppe la nuova struttura di prossima realizzazione prevede la creazione di spazi che potranno essere condivisi e partecipati dalla popolazione del quartiere al fine di favorire condizioni di reale inclusione e di autentica socialità.
Grande quindi è la soddisfazione e l’apprezzamento della Fondazione neo istituita per il gesto di liberalità disposto da Opera Pia Alberoni che ha ritenuto, mediante la messa a disposizione di un’area di dimensioni adeguate e in posizione ritenuta ottimale per una operazione di inclusione sociale di soggetti con problematiche di disabilità, meritevoli di particolare attenzione e sostegno.

Nella foto, la firma dell'atto di donazione dell'area di Via Spinazzi da parte dell'Opera pia Alberoni alla fondazione Amici di San Giuseppe: da sinistra Giorgio Braghieri e Maria Grazia Ballerini.

Pubblicato l'8 giugno 2023

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Admo Piacenza, sabato 17 congresso e cena benefica

INSIEME PER Angela loc congresso gala SI SPERA DEFINITIVO

Admo Piacenza organizza, nel ricordo di Angela Letizia Cappello, sabato 17 giugno alla Sala degli Arazzi al Collegio Alberoni un congresso che ripercorre la storia di Admo a Piacenza e, a seguire, un momento di convivialità.
ADMO Piacenza nasce dalla volontà di Angela di informare e sensibilizzare le persone rispetto alla donazione di midollo osseo ancora poco conosciuta allora ma che negli anni, grazie alla sua tenacia e caparbietà, donerà alla comunità piacentina uno dei più lusinghieri rapporti in regione tra abitanti e potenziali donatori.
I donatori di sangue, notoriamente già sensibili al tema del dono, sono stati i primi ad essere inseriti nel “registro piacentino” dei potenziali donatori di midollo grazie alla preziosa collaborazione di Avis Provinciale che ha affiancato fin da subito ADMO nella campagna di informazione presso i propri iscritti e alla raccolta delle adesioni per sottoporsi alla tipizzazione HLA.

Il Congresso Storico-Scientifico ha inizio alle ore 16: presenta Vittorio Fusco; i relatori: dottoressa Angela Rossi, dottor Daniele Vallisa, dottor Agostino Rossi e dottor Giancarlo Izzi.
Alle ore 20.30 ci sarà la cena di gala; quota di partecipazione alla cena 50 €.

Pubblicato l'8 giugno 2023

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Il valore delle parole nella narrazione degli incidenti stradali

 convegno fondazione con daniele tosi

“La sera del 1° agosto 2021 Sonia e il suo fidanzato Daniele alle 21:30 circa stavano rincasando sulla vespa di lui percorrendo un rettilineo sito a Zena di Carpaneto, alla velocità di 47 km/h. A casa però non ci sono mai arrivati perché sono stati travolti da un ragazzo di 23 anni che si era messo alla guida con un tasso alcolemico di 3.1 (sei volte il limite consentito dalla legge) e percorreva la loro stessa strada, nello stesso senso di marcia, ad una velocità di 115 km/h, in un tratto di strada dive vigeva il limite di 50 km/h. In seguito il ragazzo dirà che non li aveva visti”.
Queste le parole di Danilo Tosi, padre di Sonia, che ha raccontato, il 6 giugno, all’auditorium della Fondazione di Piacenza Vigevano la morte di sua figlia, uccisa da un giovane che correva a forte velocità sulla sua auto.
“Il mettersi alla guida - ha aggiunto - con un alto tasso alcolemico, oppure sotto l’effetto di droghe, può trasformare le auto in armi”.

Usare le parole giuste
Anche le parole sono importanti e nella notte tragica della morte di Sonia e Daniele, Danilo Tosi ha ricevuto la telefonata dei carabinieri che parlavano di un terribile incidente.
“Ma il comportamento sconsiderato di un ubriaco, è un atto illegale e non un incidente”- ha evidenziato Danilo.
“Tutti possiamo essere Sonia - ha proseguito - e l’11 giugno 2022, mia figlia è nata per la seconda volta con la costituzione dell’associazione a lei dedicata, e con lei anche Daniele, Francesco, Antonio, Andrea e tutti coloro cui è stato negato il diritto alla vita, sulla strada”.
Dopo gli interventi di Danilo Tosi, Presidente Associazione Sonia Tosi ODV e Giorgio Lambri, giornalista, consigliere regionale ODG Emilia-Romagna, la parola è stata affidata a  Stefano Guarnieri, ingegnere esperto in sicurezza stradale, autore di libri e numerosi articoli sul tema e vice-presidente dell’Associazione Lorenzo Guarnieri onlus, che ha riflettuto sul tema “Il fenomeno della violenza stradale, le caratteristiche della comunicazione attuale e l’impatto sull’opinione pubblica e le vittime”.

Fermare la violenza stradale
"Furgone investe madre e figlio." "Auto impazzita entra nello stabilimento balneare." "Ecco la curva maledetta." "Non mi sono accorto di niente." "Il ragazzo è letteralmente volato." Questi sono solo alcuni fra i numerosi esempi del linguaggio usato dai media - citati da Guarnieri - per descrivere casi di violenza stradale. Parole assurde, che tendono a giustificare chi ha comportamenti sbagliati alla guida, umanizzando le cose e spostando spesso l'attenzione sulle vittime e sulla loro presunta colpa.
“Se vogliamo fermare la violenza stradale - ha affermato Guarnieri - che ogni anno causa nel mondo un milione e trecentomila vittime, ed è la prima causa di morte fra i giovani - dobbiamo anche cambiare la narrazione che promuove l'uso delle auto e descrive gli scontri stradali chiamandoli incidenti. Partiamo quindi dal non chiamarli così, perché non c'è niente di casuale quando accadono, e iniziamo a usare parole corrette, le più aderenti possibile alla realtà, per raccontare ciò che avviene sulle nostre strade”.

La consapevolezza di un linguaggio appropriato
Cambiare il punto di vista è possibile? È l’esperienza della Polizia di Stato raccontata da Elisabetta Mancini (dirigente superiore della Polizia di Stato, capo ufficio staff del vice direttore generale della pubblica sicurezza. Curatrice delle linee guida per la gestione delle vittime di scontri stradali e ferroviari) intervenuta a distanza da Roma. È seguita poi la narrazione dei riferimenti deontologici e delle potenziali linee guida per una comunicazione corretta spiegati da Simona Bandino (giornalista, impegnata da anni nel supportare l’Associazione Lorenzo Guarnieri nelle attività di comunicazione).
Il meeting, moderato da Alberto Fermi, è stato un momento di grande riflessione ed ha portato i giornalisti ad un approfondimento, ha fatto comprendere che il linguaggio è come un vestito, deve essere cucito su misura sul tema, ed in tutta la società civile deve maturare la consapevolezza di usare termini più appropriati.

Riccardo Tonna

Nella foto, i relatori all'incontro all'Auditorium della Fondazione.

Pubblicato il 7 giugno 2023

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