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«La pace abbia un suo Ministero per attuare politiche strutturali»

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“L’istituzione del Ministero per la pace rappresenterebbe un cambio di paradigma importante: alla geopolitica degli interessi si sostituirebbe una geopolitica dei diritti umani”. Così Laila Simoncelli, avvocata della Comunità Giovanni XXIII, ha spiegato il progetto – da cui è nato un movimento – che mira a far nascere un dicastero che si occupi di politiche strutturate per la pace, secondo il principio “si vis pacem para pacem”. Simoncelli è intervenuta a Piacenza il 29 aprile, ospite di Europe for Peace e Movimento cooperazione educativa, nell’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. L’incontro ha aperto il ciclo “Incontriamo la Pace. Formazione/informazione sulla pace e le alternative alla guerra”.

“È compito nostro costruire la pace”

“Noi contrari al riarmo e alle guerre siamo statisticamente in maggioranza ma non riusciamo ad avere la meglio”, ha detto in apertura Roberto Lovattini, coordinatore di Europe for Peace Piacenza e responsabile del Movimento cooperazione educativa per Piacenza. “Rendiamo omaggio a papa Francesco – ha proseguito – grande oppositore delle guerre. La sua frase «Disarmiamo le parole per disarmare le menti per disarmare la Terra» è un programma di governo mondiale”. “Le nostre società – ha sottolineato Lovattini – sono sempre più violente. Nemmeno la scuola, che dovrebbe prefigurare una società migliore, è immune: anzi, assistiamo alla militarizzazione della scuola col programma del governo di selezionare la classe dirigente. Il vero obiettivo della scuola dovrebbe essere formare cittadini consapevoli, per cui occorre che le esercitazioni non siano fini a sé stesse, bensì si svolgano su attività reali. Serve un coinvolgimento attivo, la pace si realizza se tutti abbiamo presente che è compito nostro costruirla”.

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Conflitti, vittime salite del 37% nel 2024

Laila Simoncelli ha ricordato che il 2024 è stato “un anno nero” per le vittime dei conflitti, “salite del 37% a livello globale e di oltre il 130% solo in Medio Oriente e Nordafrica”. “In questo momento sono attivi 56 conflitti armati nel mondo, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale. Parallelamente a questo, gli investimenti in dotazioni di armamenti sono schizzati a oltre 2mila miliardi di dollari. Questi dati oggettivi dimostrano che gli investimenti negli armamenti si sono rivelati incapaci nel risolvere situazioni di crisi ma, anzi, spesso sono state concause dei conflitti stessi. La deterrenza militare come sinonimo di sicurezza è diventato l’unico strumento, preferenziale a ogni altro. Occorre scindere le due cose”.

Leggere la storia dalla parte degli oppressi

“Cicerone diceva: «Historia magistra vitae». Ma non ci insegna niente, se la leggiamo dalla parte di chi ha il fucile puntato. Solo leggendola dalla prospettiva di chi vede la canna del fucile puntata – dice Simoncelli – riusciamo ad attuare dei cambiamenti. La non violenza, come forma di neoumanesimo, nasce dal principio che siamo tutti interconnessi e che le nostre vite valgono tutte allo stesso modo. Se ci comportiamo secondo i principi dell’«Homo homini lupus» o «Mors tua vita mea», andiamo verso l’autodistruzione”.

Una “cabina di regia” istituzionale

La campagna per l’istituzione del Ministero per la pace, nata nel 2017, si fonda sulle idee di don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Giovanni XXIII, e trova un suo caposaldo nella Dichiarazione sulla fraternità umana, firmata da trenta Premi Nobel. “Nel nostro Paese – spiegano i promotori del Ministero per la pace – vi sono diversi organi (consulte, comitati, osservatori) che in modi differenti si occupano di attività connesse alla promozione della pace e alla prevenzione della violenza. Manca una «cabina di regia istituzionale» per dar vita a un nuovo sistema nazionale per la promozione della pace. Il Ministero per la Pace potrebbe, in collaborazione con altri ministeri e gli altri organi istituiti presso amministrazioni statali, individuare azioni coordinate nazionali e finalmente dare il nome ad una politica strutturale per la pace”.

Le competenze del Ministero della pace

All’atto pratico, secondo chi promuove il progetto, il nuovo Ministero, agendo in maniera trasversale ed in collaborazione con gli altri ministeri, avrebbe competenza su: 1) Promozione di politiche di pace per la costruzione e la diffusione di una cultura della pace attraverso l’educazione e la ricerca, la promozione dei diritti umani, lo sviluppo e la solidarietà nazionale ed internazionale, il dialogo interculturale, l’integrazione; 2) Disarmo, con il monitoraggio dell’attuazione degli accordi internazionali e promuovendo studi e ricerche per la graduale razionalizzazione e riduzione delle spese per armamenti e la progressiva riconversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa; 3) Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta, con particolare riguardo ai Corpi Civili di Pace al Servizio Civile quali strumenti di intervento nonviolento della società civile, nelle situazioni di conflitto e in contesti di violenza strutturale e culturale; 4) Prevenzione e riduzione della violenza sociale e promozione di linguaggi e comportamenti liberi dall’odio; 5) Qualificazione delle politiche di istruzione rispetto all’educazione alla nonviolenza, trasformazione positiva dei conflitti, tutela dei diritti umani e mantenimento della pace; 6) Mediazione sociale, riconciliazione e giustizia riparativa, promuovendo misure concrete di “riparazione” alla società del danno commesso dal reo.

Dal Ministero agli assessorati alla pace

“Dopo la Seconda guerra mondiale – spiega Simoncelli – dal defunto Ministero della guerra sono nati i Ministeri dell’interno e della difesa. Fin da subito, sarebbe dovuto nascere anche quello per la pace”. L’avvocata sostiene che quella del Ministero per la pace non sia un’idea utopistica. “Fino al 1958 – dice – non esisteva il Ministero della salute, se ne occupava quello dell’interno secondo un concetto di salute negativa. Poi si iniziò a pensare alla salute secondo un concetto proattivo. Alcuni paesi del mondo hanno il Ministero per la pace”. Secondo Simoncelli, il nuovo ministero potrà proporre “curricula scolastici sulla trasformazione non violenta dei conflitti e sulla comunicazione non violenta”, “la possibilità di organizzare una difesa non armata, con un contingente nazionale di persone che costituiscano un corpo non violento”. O anche “promuovere politiche di pace” dato che, sostiene, finora ci ha sempre pensato il Terzo settore e “mai lo Stato”. A livello locale, il Ministero – che dovrà essere “la casa istituzionale dei costruttori di pace” – si declinerebbe negli “assessorati alla pace”.

Francesco Petronzio

Nella foto, al tavolo dei relatori Roberto Lovattini e Laila Simoncelli.

Pubblicato il 30 aprile 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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