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Notizie Varie

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Ucid: «Mons. Rini, una vita spesa per informare e scrivere la Chiesa»

rini

Giuseppe Ghittoni, presidente dell' Ucid di Piacenza, ricorda mons. Vincenzo Rini, deceduto alcuni giorni fa per coronavirus.
75 anni, prete e giornalista, storico direttore del settimanale diocesano “La Vita Cattolica” di Cremona, mons. Rini, tra gli altri incarichi, è stato presidente nazionale FISC (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) e presidente del SIR (Servizio Informazione Religiosa). Inoltre era anche consulente ecclesiastico del Gruppo lombardo Ucid.

Ogni volta che a Milano, al Consiglio Regionale di Ucid, incontravo Mons. Rini lui sorridendo mi chiedeva “come stanno i piasintein?”, dal momento che la rivalità di campanile non è solo sul campo da calcio, e subito dopo mi ricordava come la sua mamma fosse piacentina. In effetti Mons. Rini era nato a Spinadesco, in quella parte della campagna cremonese che bacia il Po e che in linea d’aria è vicinissima alla nostra provincia.
 Una vita, quella di don Vincenzo, spesa per informare e scrivere della Chiesa e del popolo dei fedeli e che lo ha portato, oltre a guidare per più di trent’anni il settimanale della diocesi di Cremona, anche a presiedere la Federazione nazionale dei settimanali cattolici (Fisc).
Lo faceva con grande cultura e con la capacità di sintetizzare in profonde  riflessioni la Parola di Dio, calandola nella vita quotidiana.
Apriva ogni Consiglio Regionale di Ucid e ci accompagnava nelle giornate di spiritualità, organizzate ogni anno in giro per la Lombardia. Il suo era sempre un messaggio di speranza e si rivelava sempre di aiuto nell’affrontare la complessità di decisioni importanti.
In uno degli ultimi consigli lesse la Parabola dell’amministratore infedele, tratta dal Vangelo di Luca. “I figli di questo mondo, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce”, diceva Gesù ricordando che ognuno di noi può amministrare la sua vita in modo onesto oppure disonesto. Il denaro usato bene, ci ricordò Mons. Rini, porta alle dimore eterne. Occorre usare i beni terreni servendo Dio nel bisogno, e nel bisogno non sono solo i poveri, ma la società stessa.
Il vuoto che lascia don Vincenzo in Ucid è quindi molto grande e segue di poche settimane la scomparsa del  Consulente Ecclesiastico Nazionale Monsignor Adriano Vincenzi.
A noi il compito di ricordare il loro prezioso messaggio e portarlo avanti nel nostro agire quotidiano.

Nella foto: mons. Vincenzo Rini (in primo piano sulla sinistra della foto); accanto a lui, l’arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini. Giuseppe Ghittoni, presidente dell’UCID piacentino, è il primo a destra, in seconda fila.

Pubblicato il 18 marzo 2020

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La fede corre sui social

 

corrado

In questi tempi di distanza, obbligata e necessaria per contrastare la diffusione del virus, i media sperimentano compiti e responsabilità diverse e forse più ampie del solito. Le tante Messe trasmesse su Facebook o in tv hanno permesso a tanti fedeli di mettersi in comunione, anche solo virtualmente, con una comunità più ampia, e le informazioni che da subito tutti i media hanno diffuso su questa crisi hanno permesso molti di sapere come comportarsi o hanno fatto riflettere. Certo, essendo dei mezzi, si possono anche usare male, molto male. “È questione di deontologia e di servizio” - spiega il direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Cei Vincenzo Corrado. “È un momento in cui il servizio è servizio, con la «s» maiuscola – ragiona –, soprattutto per chi appartiene a una comunità di fede. Il nostro dovere, che nasce dalla Costituzione, è informare correttamente rispettando le regole deontologiche. L’informazione crea comunità. Ma l’informazione è anche formazione: in questo c’è un forte richiamo alla componente etica del nostro lavoro. Per fare i giornalisti in questo tempo, oltre a dare informazioni, bisogna non alimentare paure ma senso di responsabilità, come ci spiegava il presidente Mattarella. Non si tratta solo di fare cronaca”.
E dai media diocesani o dalle pagine Facebook parrocchiali cosa ci si aspetta, quali sono i limiti da non superare? “Noi abbiamo un’appartenenza forte che crea un impegno e una spinta in più verso il bene comune. Interpretare i fatti con l’occhio della fede può fare la differenza, non perché gli altri non sono in grado, ma perché abbiamo una lettura altra e alta della realtà. Questo momento può essere di crisi profonda, (viviamo la chiusura in tanti modi) ma dobbiamo invece valorizzare il tessuto vivo di relazioni, storie e umanità che ci sono nel nostre comunità”. Comunicare al tempo del Coronavirus, quindi significa, per il direttore delle Comunicazioni Sociali della Cei “in una parola, «essere a servizio» e quindi anche trovare modalità nuove per tenere vive le comunità. In questa emergenza, si vede una creatività che è la cifra sintetica di queste giornate, a partire dall’uso sapiente delle nuove tecnologie per portare la Parola nelle vite concrete della gente. È stato sempre così, ma ora abbiamo la misura concreta di quello che può essere”.
Messe o preghiere trasmesse su varie piattaforme e una domanda debordante di fede che corre sui social caratterizzano oggi mondo delle comunicazioni sociali. E a queste richieste, come media e come Chiesa occorre rispondere: “Quella italiana è una Chiesa di popolo, occorre far ritrovare a tutti la forza di ricominciare”. Una Chiesa che pian piano sta imparando portare il suo annuncio anche sui social. Di qui l’appello di Corrado: “Usiamo i media per vivificare i rapporti, che per forza maggiore sono interdetti, anche attraverso la tecnologia. E infine, a voi che siete delle regioni più colpite, un pensiero alle famiglie, ai malati, alle persone sole, agli operatori sanitari, ai medici e alle autorità che in questo momento difficile, devono prendere decisioni per tutti”.

Daniela Verlicchi

Pubblicato il 17 marzo 2020

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Coronavirus, Arera stanzia un miliardo per bloccare i distacchi di luce, acqua e elettricità

 acqua

Tutte le eventuali procedure di sospensione delle forniture di energia elettrica, gas e acqua per morosità - di famiglie e piccole imprese - vengono rimandate dal 10 marzo scorso e fino al 3 aprile 2020. Viene inoltre istituito un conto presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali, con disponibilità fino a 1 miliardo, per garantire la sostenibilità degli attuali e futuri interventi regolatori a favore di consumatori e utenti.   Sono queste le prime disposizioni decise da Arera (l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) per contrastare le criticità legate all’epidemia COVID-19. Dovranno quindi essere interamente rialimentate le forniture di energia elettrica, gas e acqua eventualmente sospese (o limitate/disattivate) dal 10 marzo 2020. Dal 3 aprile il fornitore interessato a disalimentare/ridurre la fornitura del cliente moroso è tenuto a riavviare la relativa procedura di sospensione e procedere nuovamente alla sua costituzione in mora.
Nel dettaglio, la sospensione dei distacchi per morosità per l’elettricità riguarda tutti i clienti in bassa tensione e per il gas tutti quelli con consumo non superiore a 200.000 Smc/anno. Per il settore idrico si fa riferimento a tutte le tipologie di utenze domestiche e non domestiche. Il conto, istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali, avrà il compito di sostenere le straordinarie esigenze di immediata disponibilità di risorse finanziarie per garantire, nella fase di emergenza in corso, la sostenibilità degli interventi regolatori a favore dei clienti finali nei settori di competenza dell’Autorità. Per il suo finanziamento la Cassa potrà trasferire - transitoriamente e compatibilmente con la regolare gestione dei pagamenti relativi alle finalità per le quali i conti di gestione ordinari sono stati costituiti- un importo fino a 1 miliardo di euro, attingendo alle giacenze disponibili. Tali importi dovranno poi essere restituiti ai conti di gestione di pertinenza.
Con ulteriore delibera, l’Autorità ha anche differito una serie di termini (in particolare le scadenze più ravvicinate) per gli adempimenti di regolazione dei settori idrico, energetico e ambientale.
Viene inoltre segnalata alle competenti autorità l’opportunità di riconsiderare i termini previsti dalla normativa vigente per l’approvazione (relativi all’anno 2020) delle “tariffe della Tar in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani”, proponendo il differimento al 30 giugno 2020 del termine del 30 aprile 2020 attualmente previsto. Resta comunque salva la facoltà per l’Autorità di intervenire con ulteriori provvedimenti, anche d’urgenza, al fine di affinare o integrare le misure elencate, o di introdurne di nuove a tutela di ulteriori esigenze che dovessero emergere nel corso degli approfondimenti in corso sull’impatto nei settori di propria competenza delle misure governative di contenimento dell’epidemia da COVID-19. Le delibere sono in via di pubblicazione sul sito www.arera.it

Pubblicato il 16 marzo 2020

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Rinviato il referendum per il taglio dei parlamentari

 Camera

Via libera del Consiglio dei ministri al rinvio del referendum sul taglio dei parlamentari, previsto per il 29 marzo. Come chiesto da più parti, anche per non falsare il voto per la prevista bassa affluenza legata al coronavirus, quindi si voterà in una data ancora non definita. "Il Governo ha ritenuto opportuno rivedere la decisione circa la data del referendum che era stata fissata prima dell'emergenza sanitaria, allo scopo di assicurare a tutti i soggetti politici una campagna elettorale efficace e ai cittadini un'informazione adeguata", ha spiegato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà. "Le procedure referendarie in Italia e all'estero - aggiunge il ministro - dunque si sospendono e saranno rinnovate quando sarà fissata una nuova data per il referendum. La legge ci consente di fissare la nuova data entro il 23 marzo 2020, in una domenica compresa tra il 50° ed il 70° giorno successivo all'indizione". Il Comitato per il "no" si è detto soddisfatto del rinvio, ma chiede che il referendum sul taglio dei parlamentari non venga accorpato con le regionali e le amministrative di maggio, perché l'accavallamento delle due campagne farebbe sì che il voto sul quesito sarebbe "inquinato". Secondo gli esponenti del Comitato per il "no" "il taglio dei parlamentari va votato a sé perché quando si discute di Costituzione gli argomenti non possono essere mischiati con altri, come quelli del voto amministrativo, altrimenti il voto sarebbe inquinato" e "sulla costituzione il voto deve essere pulito". Da alcune parti si è invece chiesto di accorpare il voto del Referendum alle Elezioni Amministrative di maggio, per risparmiare su una parte dei costi.
La riforma costituzionale prevede una drastica sforbiciata ai parlamentari: 345 rappresentanti in meno a Roma, un terzo di quelli attuali non saranno più in aula nella prossima legislatura. È la proposta del Referendum del prossimo 29 marzo, su cui gli italiani si esprimeranno. Lo scorso ottobre il Parlamento italiano ha deciso di auto-tagliarsi: dai 945 parlamentari attuali si potrebbe passare a 600. Per completare questa riforma costituzionale serve però il parere referendario dei cittadini. Il referendum non avrà comunque quorum, perché non si tratta di un voto abrogativo. La consultazione popolare punta a confermare o meno la riforma già approvata dalle Camere nei mesi scorsi. Come prevede la Costituzione, “la legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi”. Per approvare il taglio dei parlamentari basterà che il «sì» alla proposta ottenga più voti del «no». Qualora vincesse il no, la legge non verrebbe promulgata dal presidente della Repubblica.
Il quesito sulla scheda era – e sarà - il seguente: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 240 del 12 ottobre 2019?». Quesito che si può tradurre più semplicemente in “volete ridurre il numero dei parlamentari di Camera e Senato di un terzo?”. I deputati passerebbero da 630 a 400. Il numero dei deputati eletti nella Circoscrizione Estero da 12 a 8. I senatori da 315 a 200. I senatori eletti all’estero da 6 a 4. Il disegno di legge sancisce anche il ridimensionamento del numero dei deputati per ogni regione (da 11 a 7). Immutato il numero di senatori eletti nei collegi uninominali (sei a livello regionale, tre per il Trentino e tre per Bolzano). Il numero minimo di senatori assegnato ad ogni regione – tranne Molise e Valle d’Aosta - si abbassa da 7 a 3. Nel nuovo testo, le due province autonome di Trento e Bolzano avranno tre senatori a testa. Rimangono invece invariati i seggi assegnati al Molise (2) e alla Valle d’Aosta (1).

Pubblicato il 15 marzo 2020

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