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Mons. Dosi: «C'è bisogno di speranza operosa»

Foto 1 incontro Don Celso Cristine giubileo

“La speranza cristiana non è un lieto fine da attendere passivamente. È la promessa del Signore da accogliere qui, ora, in questa terra che soffre e che geme”. Sono parole pronunciate da Papa Francesco durante l'omelia della solennità di Natale 2024 e riprese dall'assistente ecclesiastico mons. Celso Dosi nel corso dell'incontro promosso dai Convegni di Cultura Maria Cristina di Savoia lo scorso 5 maggio. “Speranza e pace, i doni del giubileo”, questo il titolo della riflessione tenutasi nella Sala delle Colonne del Seminario Vescovile di Piacenza, pienamente rispondente alle tematiche d'analisi scelte quest'anno dal Movimento Cattolico Femminile ispirato alla Beata Maria Cristina: “ Maternità, natalità e speranza, nel futuro della civiltà dell’amore e della pace”.
È la speranza ciò che Bergoglio invoca come dono nel Giubileo 2025 per un mondo segnato dal frastuono delle armi, dalla morte, dalla distruzione - ha sottolineato Don Celso riprendendo i concetti espressi nella “Spes non confundit”, la bolla di indizione al Giubileo - . Serve speranza per un mondo inaridito dall’odio verso il prossimo, dalla fame, dal “debito ecologico”, dalla scarsa natalità”.

“Soprattutto in Occidente i nostri anni sono contraddistinti da comunità umane sempre più pessimiste, scettiche e sconfortate – spiega poi monsignor Dosi denunciando quelli che anche Papa Franceso considerava i mali del nostro tempo - . Le persone si sentono schiacciate da un presente sempre più incerto, infecondo e impossibilitato ad andare al di là della cronaca del tutto e subito, del successo effimero, della dimenticanza generalizzata e dell’organizzazione efficientista. È sorta e si è affermata un’epoca nella quale è difficile scorgere «qualche cosa in cui credere davvero», per cui la necessità di ritrovare fiducia e di alimentarla individualmente e collettivamente si fa sempre più urgente. In questa prospettiva di ricerca e riscoperta di valori da coltivare l’anno giubilare acquisisce allora particolare importanza: va considerato uno stimolo, un’opportunità rivolta a tutti i credenti per ricordarsi che la porta del cuore di Dio è sempre aperta; un invito ad approfittare di questo tempo in cui siamo spinti a chiedere perdono e a lasciare spazio alla forza di Dio, che promuove in noi un rinnovamento liberatorio di amore ordinato. A partire dall’aspetto spirituale del rapporto con Dio, questo rinnovamento, se non viene ostacolato da noi, si espande poi a tutte le altre parti della nostra vita: le relazioni personali, la famiglia, il lavoro, le attività educative, la vita comunitaria, l’economia, la comunicazione, la giustizia sociale, il rapporto con il creato e con la tecnologia; modificando il senso globale del nostro stare al mondo. Nel tempo della rarefazione, della scomparsa delle grandi narrazioni di senso sull’esistenza umana, con il giubileo ordinario del 2025 Bergoglio propone perciò ai credenti e all’umanità intera di tornare a riflettere sulla speranza”.

Ma come dobbiamo concepire la speranza? 

“Secondo i cristiani , spiega mons. Dosi, la speranza trova fondamento e finalità in Cristo. Ma sperare è anche ricordare, come ha detto Papa Francesco nell’omelia della solennità del Natale, che «Dio perdona tutto e perdona sempre»: per permetterci di immettere nella nostra esistenza individuale e di popolo la dinamica del ricominciamento, del cambiamento e della conversione, da una vita in necrosi ad una di fecondità”. Poi ricorda il filosofo Mounier e la sua opera Cristianità nella storia. Secondo il pensatore francese anche se il messaggio di Gesù «non era direttamente destinato alla felice sistemazione di questo mondo» ciò non significa che i suoi discepoli non debbano lavorare direttamente, insieme a tutti gli altri uomini, al miglioramento del mondo”.

“Il pensiero di Mounier - ha fatto quindi notare il relatore - ci introduce allora alla logica della speranza operosa avanzata dal vescovo di Roma, per il quale nostro compito è quello di scorgere la speranza nei «segni dei tempi» e di «tradurla» nelle diverse situazioni della vita. Non possiamo limitarci ad attenderla passivamente o a contemplarla ottimisticamente come una promessa che non è posta nei regni di questo mondo; abbiamo invece bisogno di una speranza legata tanto alla storia quanto a Dio, in grado di animare un rinnovamento spirituale capace di trasformare il mondo al di là dei fallimenti, dei sogni infranti e delle stanchezze. Nella bolla di indizione del giubileo intitolata Spes non confundit Francesco declina la speranza operosa attraverso alcuni segni che riguardano l’esigenza di pace per tutti i popoli; la tutela della vita in ogni fase della sua maturazione e in qualsiasi condizione sociale, culturale, etnica, politica; la vicinanza e il sostegno ai poveri, ai carcerati, agli emarginati; l’impegno per rimediare alle cause remote delle ingiustizie diffuse a livello globale. I cristiani sono perciò chiamati a percorrere sulla terra un cammino con gli uomini e le donne di questo tempo, volto a far maturare questi segni.

Tutti del resto ci ricordiamo Bergoglio all’apertura della Porta Santa presso la casa circondariale di Rebibbia  - ha osservato monsignor Dosi - , mentre parla della speranza come di un' «àncora» alla quale aggrapparsi: sia per uscire dall’infinita incertezza di questa epoca sia per operare concretamente nel mondo per il bene di tutti gli uomini. Fin dalle origini nel 1300, il percorso dei Giubilei è un tracciato che si snoda tra contesti storici molto diversi, ma un itinerario di fede orientato sempre dalla stessa bussola: quella del perdono che trova in Gesù una “Porta” sempre aperta. I Giubilei sono anni di grazia in cui le attese dell’umanità sembrano allineate sulla stessa soglia. Auspicio di Francesco per questo Anno Santo è che “per tutti”, in particolare i più sfiduciati, possa essere occasione per “rianimare la speranza”.

I segni della speranza

“Il primo segno è la «pace per il mondo, ancora una volta «immerso nella tragedia della guerra. Immemore dei drammi del passato, l’umanità è sottoposta a una nuova e difficile prova che vede tante popolazioni oppresse dalla brutalità della violenza. L’esigenza della pace interpella tutti e impone di perseguire progetti concreti. Non venga a mancare l’impegno della diplomazia per costruire con coraggio e creatività spazi di trattativa finalizzati a una pace duratura». Ciò porta a sviluppare una virtù strettamente imparentata con la speranza: la «pazienza» – fa notare Papa Francesco - . Se fossimo ancora capaci di guardare con stupore al creato, potremmo comprendere quanto decisiva sia la pazienza. Essa è frutto dello Spirito Santo, «tiene viva la speranza e la consolida come virtù e stile di vita. Pertanto, impariamo a chiedere spesso la grazia della pazienza, che è figlia della speranza e nello stesso tempo la sostiene». Secondo segno di speranza è «trasmettere la vita», in un’epoca che sembra caratterizzata dalla perdita del desiderio di farlo. «A causa dei ritmi di vita frenetici, dei timori riguardo al futuro, della mancanza di garanzie lavorative e tutele sociali adeguate, di modelli sociali in cui a dettare l’agenda è la ricerca del profitto anziché la cura delle relazioni, si assiste in vari Paesi a un «preoccupante calo della natalità». Per questo Bergoglio ha esortato a un impegno legislativo e dei credenti per sostenere la maternità: «La comunità cristiana non può essere seconda a nessuno – ha scritto - nel sostenere la necessità di un’alleanza sociale per la speranza, che sia inclusiva e non ideologica, e lavori per un avvenire segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine che vengano a riempire le ormai troppe culle vuote in molte parti del mondo».

«Nell’Anno giubilare - si legge ancora nella Bolla - saremo chiamati ad essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio e ai detenuti in particolare.
Segni di speranza andranno offerti agli ammalati, che si trovano a casa o in ospedale. E anche i giovani devono essere aiutati ad avere speranza. «L’illusione delle droghe, il rischio della trasgressione e la ricerca dell’effimero creano in loro più che in altri confusione e nascondono la bellezza e il senso della vita, facendoli scivolare in baratri oscuri e spingendoli a compiere gesti autodistruttivi. Per questo il Giubileo sia nella Chiesa occasione di slancio nei loro confronti: con una rinnovata passione prendiamoci cura dei ragazzi, degli studenti, dei fidanzati, delle giovani generazioni». Speranza anche nei confronti dei migranti. «Ai tanti esuli, profughi e rifugiati siano garantiti la sicurezza e l’accesso al lavoro e all’istruzione, strumenti necessari per il loro inserimento nel nuovo contesto sociale. Infine  segni di speranza vanno posti anche nei confronti degli anziani e dei nonni e dei milioni di poveri che spesso mancano del necessario per vivere»”.

Gli appelli alla speranza

A riguardo Francesco lancia due idee – ha osservato il sacerdote in conclusione - :  in primo luogo costituire «con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari un Fondo mondiale per eliminare finalmente la piaga della fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri, così che i loro abitanti non ricorrano a soluzioni violente o ingannevoli e non siano costretti ad abbandonare i loro Paesi per cercare una vita più dignitosa». In secondo luogo condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli. «Prima che di magnanimità, è una questione di giustizia, aggravata oggi da una nuova forma di iniquità di cui ci siamo resi consapevoli. C’è infatti un vero “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi».Un messaggio quello di Bergoglio che, oltre a coltivare una speranza attiva, invita ad una fratellanza concreta tra culture e religioni diverse. Una direzione che ora portata avanti dal nuovo pontefice, Leone XIV, con un primo messaggio costituito da un appello di « pace per tutta la Terra».

Micaela Ghisoni

Nella foto, l'incontro promosso dai Convegni di cultura Maria Cristina di Savoia.

Pubblicato il 14 maggio 2025

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
    Durante la Seconda guerra mondale, il sacerdote parte per la zona di guerra del Montenegro (Albania), dove trova la morte il 26 dicembre dello stesso anno, colpito da fuoco nemico mentre soccorreva un soldato ferito. 
    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

    Nella foto, il gruppo degli Alpini presenti in Cattedrale con il vescovo mons. Adriano Cevolotto.

    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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