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Nuove scoperte nel cimitero ipogeo di Santa Maria di Campagna

Giovanni Rivaroli e Cristina Mezzadri hanno ricevuto la Medaglia della Banca dalling. Tagliaferri

Si arricchisce di nuove scoperte la campagna di studio e di sopralluoghi reiterati promossi dalla Banca di Piacenza nei sotterranei di Santa Maria di Campagna. Dopo l’individuazione del cimitero ipogeo, il ritrovamento del pozzo dei martiri e la definitiva acquisizione che la salma del duca Pierluigi Farnese venne portata in Basilica (tutte cose di cui parla Elena Montanari nel libro edito dalla Banca “Le sepolture in Santa Maria di Campagna e il cimitero ipogeo – Il ritrovamento del pozzo dei martiri”), è ora la volta della riscoperta di una cripta sotto la pavimentazione del Coro. I lavori di scavo e i rilievi strutturali del citato ipogeo (lavori autorizzati dalla Soprintendenza di Parma e Piacenza) sono stati illustrati nel corso di un incontro (rientrante nelle celebrazioni per i 500 anni della santuario mariano) che si è svolto nella Biblioteca del Convento. I relatori (l’antropologa Laura Donato e gli archeologi dello Studio Malena Cristina Mezzadri e Giovanni Rivaroli) sono stati introdotti da Roberto Tagliaferri, responsabile dell’Ufficio Economato e sicurezza del popolare Istituto di credito, che ha ripercorso le tappe del progetto («al quale il presidente Sforza teneva molto») di valorizzazione del cimitero ipogeo di Santa Maria di Campagna.

Il dott. Rivaroli ha descritto i lavori di rimozione stratigrafica del materiale accumulato all’interno della tomba ipogeo sotto al Coro, con la separazione dei resti ossei (in corso di valutazione da parte della dott. Donato), dei manufatti ad essi associati e dei numerosi campioni di resti umani, lignei e vegetali. L’ipogeo svuotato è stato quindi oggetto di una pulizia accurata e rispettosa della sua integrità strutturale e di una completa campagna fotografica, utilizzando anche immagini in 3D. «Nel complesso - ha specificato l’archeologo - sono stati campionati una settantina di reperti».

Reperti che sono stati illustrati nel dettaglio dalla dott. Mezzadri. Si tratta di crocefissi, rosari e medaglie devozionali che necessitano di interventi di restauro e che al momento sono stati solo ripuliti. «Gli oggetti più numerosi rinvenuti - ha spiegato la relatrice - sono le medaglie, molto comuni dal XV secolo con il diffondersi delle indulgenze e divenute simbolo dei viaggi devozionali». Sono state ritrovate la medaglia della Madonna dei 7 dolori, la medaglia di san Venanzio, martire cristiano del III secolo protettore delle cadute materiali (collegate quindi ai pellegrini) e immateriali, la medaglia di san Benedetto, che raffigura nel retro diverse forme di esorcismo. Tutti questi oggetti risalgono al XVII-XVIII secolo.

La dott. Donato (del Dipartimento di Medicina e chirurgia, sezione di Medicina legale di Parma), videocollegata, ha dal canto suo fatto il punto dell’indagine compiuta sui resti scheletrici e sulle modalità di sepoltura. Con ogni probabilità le salme erano in casse di legno sovrapposte (il cui numero non può essere al momento stabilito), poi collassate. Una lettura che nasce dalla constatazione dell’antropologa che nella parte superiore della tomba ipogea i resti scheletrici sono sparsi e senza un ordine anatomico, mentre man mano che si scende si iniziano a vedere elementi ossei in connessione anatomica. Ad esempio, è stato rinvenuto un unico scheletro supino e disteso con il cranio e le braccia lungo i fianchi. Questo sarebbe frutto dello schiacciamento provocato dal collassamento delle casse, schiacciamento che ha permesso la cristallizzazione della colonna vertebrale. La dott. Donato ha infine specificato che sono stati isolati 9 elementi ossei maschili e 5 femminili con età della morte ricompresa tra i 25 e i 55 anni, con 6 individui fra i 30 e i 45 anni.

Al termine degli interventi è stato proiettato un filmato sulla cripta riscoperta girato dal giovane regista piacentino Giacomo Brogni.

Agli intervenuti è stata consegnata copia del volume di Elena Montanari.

Nella foto, Giovanni Rivaroli e Cristina Mezzadri hanno ricevuto la medaglia della Banca di Piacenza dall'ing. Tagliaferri.

Pubblicato il 21 aprile 2023

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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