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A XNL il film “Chiara”. Mons. Viganò: «Le grandi figure non sono esenti dalle passioni umane»

pedrazzini

Silenzio in sala. Per una sera - la terza in meno di una settimana - palazzo XNL si trasforma in cinema: ad andare in scena è Chiara, film del 2022 di Susanna Nicchiarelli che racconta, con un taglio inedito, la vita della santa di Assisi. Quando le luci si riaccendono, a prendere la parola è un ospite d’eccezione, mons. Dario Viganò, critico cinematografico vicecancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, per anni presidente della Commissione nazionale valutazione film della Cei e autore di numerosi studi dedicati all’analisi del rapporto tra i media e il mondo cattolico. Il sacerdote ha raccolto le impressioni del pubblico per poi restituire un suo commento sulla pellicola appena terminata. L'iniziativa è promossa da Bottega XNL, la sezione di Cinema e Teatro diretta da Paola Pedrazzini di XNL Piacenza, il Centro dedicato alle arti contempranee della Fondazione di Piacenza e Vigevano.

Lontano dagli stereotipi

Un film che, a detta del critico Viganò, “si distanzia dalle narrazioni oleografiche dei santi che la televisione ci ha propinato per anni, con stilemi narrativi sempre uguali”. Già il racconto che fa Roberto Faenza di padre Pino Puglisi, “un santo di oggi”, nel film Alla luce del sole (2005) è diverso, fino ad arrivare a Chiara, dove c’è “un grande livello di attenzione – dice mons. Viganò – e aderenza al contesto socioculturale dell’epoca, impreziosita dalle canzoni d’amore e dai balli tipici del 1200: il tentativo della regista è stato raccontare Chiara (interpretata da Margherita Mazzucco, nda) in quel contesto”. D’impatto anche l’immagine che Nicchiarelli restituisce di papa Gregorio IX, raffigurato mentre consuma fragorosamente il pranzo. “È la mondanizzazione del potere papale: la scena del papa a tavola, enfatizzata e sottolineata, è volutamente imbarazzante”. Ma l’unico momento di contemporaneità, osserva Viganò, è quello finale: la zoomata di Chiara che, in primo piano, sorride “in segno di speranza” accompagnata, in netto contrasto con le melodie duecentesche dominanti, dalla canzone “Le cose più rare” di Cosmo.

La santità non è rinunciare a una vita normale

“Da non credente – prosegue Viganò – la regista riesce a mettere in evidenza questioni cruciali della religione cristiana: ne è un esempio la scena finale del pane (in cui si ripete il miracolo della moltiplicazione, nda): emerge la risposta di Chiara che dice alla sorella di iniziare a credere che nel poco ci sia tutto”. È un messaggio pungente, che “sottopone, nel contemporaneo, una critica al sistema credente, impregnato di ricchezza e autopercezione”. Emerge, forte, nel film anche il tema della femminilità. “Chiara non è una sottoposta di Francesco. È una donna grintosa, che sa entrare in collisione con Francesco. Non abbiamo la restituzione di un santino”. E poi, una particolare visione della santità, che a detta del critico è “vivere tutta l’esperienza del mondo, ma al modo di Dio”. Le grandi figure “non sono esenti dalle passioni umane: noi siamo redenti tutti, nella nostra totalità, come persone integre”. Nel secolo della Controriforma, analizza, “la Chiesa, in risposta al tentativo di rispolvero culturale di Lutero e Ignazio di Loyola, è stata profondamente mondana, staccata da terra. E, stando sulle nuvole, non poteva toccare l’uomo. Per questo la nostra fede cristiana ha avuto un grande nemico: la Chiesa stessa”.

Francesco Petronzio

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Nelle foto, in alto, Mario Magnelli, vicepresidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano, Paola Pedrazzini, direttrice di Bottega XNL, e mons. Dario Viganò; sopra, da sinistra, don Umberto Ciullo, parroco di Roveleto, mons. Dario Viganò, l'architetto Manuel Ferrari, direttore dell'Ufficio Beni culturali ecclesiastici della diocesi di Piacenza-Bobbio, e don Davide Maloberti. (foto Mauro Del Papa)

Pubblicato il 20 aprile 2023

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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