I consiglieri del Comune di Piacenza, in merito alla situazione legata al Coronavirus, con voce unica e concorde, chiedono ai cittadini di “prestare la massima attenzione e di agire con senso di responsabilità. Non bisogna generare, in nessun modo, alcuna psicosi. Tuttavia è bene non sottovalutare e banalizzare la situazione. È importante che ognuno di noi si comporti in modo responsabile, seguendo con attenzione le restrizioni disposte dall’Autorità Sanitaria. In particolare vi chiediamo di evitare luoghi affollati, ridurre al minimo i contatti diretti e prolungati, non uscire di casa se si hanno sintomi influenzali, lavare spesso e bene le mani con acqua calda e sapone. Recatevi in Pronto Soccorso solo per situazioni di effettiva emergenza. È un momento difficile per la nostra città, ma, tutti uniti, possiamo superarlo e tornare più forti di prima. Quindi, impegniamoci insieme. La salute dei piacentini dipende da ognuno di noi. Un pensiero affettuoso alle persone risultate positive e ai nostri concittadini in isolamento domiciliare fiduciario. Il nostro grazie ai medici, agli infermieri e agli operatori sanitari che da giorni lottano senza sosta per aiutare tutte le persone che ne hanno bisogno. Aiutiamoli ad aiutarci”.
Seicento lavoratori a casa. Un intero comparto pesantemente toccato dalle disposizioni per arginare la diffusione del Coronavirus. È questo l’allarme lanciato dalle cooperative sociali aderenti a Confcooperative Piacenza che, in costante contatto con i propri associati, sta seguendo attivamente le problematiche dovute all’emergenza in atto ed alle chiusure di strutture e servizi alle persone a seguito di ordinanze emesse dalle autorità competenti. “Le nostre cooperative sociali - spiega il presidente di Confcooperative Daniel Negri - gestiscono servizi per le persone bisognose e fragili; sono quindi di fatto servizi pubblici che devono essere paragonati alla sanità ed alla scuola, ma che allo stato attuale non godono delle stesse tutele. La cooperazione sociale ha per legge una valenza di funzione pubblica che in quanto tale necessita di precise misure a tutela. I lavoratori impegnati in queste strutture e servizi non hanno oggi le stesse certezze di cui giustamente godono categorie che svolgono funzioni equiparabili e di grande valenza sociale. Tra di essi figurano educatori, assistenti sociali, insegnanti, operatori socio-sanitari, pedagogisti, psicologi, personale ausiliario”. “Anzitutto chiediamo al Governo - prosegue Negri - certezze sull’attivazione della Cassa Integrazione per i lavoratori dei servizi sospesi, insieme alla garanzia che tale provvedimento ricomprenda anche le strutture chiuse per disposizioni locali e non solo ministeriali e regionali”. Confcooperative sottolinea come la situazione provinciale sia resa peculiare dal fatto che Piacenza è terra di confine con la zona del più importante focolaio nazionale. Non è zona rossa ma in quanto centro urbano immediatamente limitrofo, vive di riflesso i disagi della zona rossa. Necessariamente lo sguardo del governo deve essere uno sguardo d’insieme e complessivo, altrimenti rischia di perdere pezzi di problematica molto importanti. I danni economici, in ogni caso, saranno rilevanti, e Confcooperative condivide le preoccupazioni dei propri associati. A livello provinciale e regionale l’associazione sta seguendo i tavoli che sulla questione si stanno aprendo, e, nel perdurare della carenza di informazioni precise, Confcooperative Piacenza è ovviamente disponibile a contribuire ad una cabina di regia territoriale al fine di, assieme alle altre associazioni di categoria e alle autorità preposte, seguire al meglio imprese, operatori e cittadini in questa delicata situazione.
L’APPELLO DEI CONSIGLIERI REGIONALI PIACENTINI
“Le nostre aziende e attività commerciali della provincia di piacenza stanno attraversando un momento di crisi profonda dovuta alle misure e al dilagare dell’emergenza relativa al coronavirus di questi giorni e settimane. Chiediamo un impegno di tutte le istituzioni per poterle inserire in misure di rimborso o agevolazione”. Questa la presa di posizione, a riguardo, dei consiglieri regionali piacentini Matteo Rancan, Valentina Stragliati, Katia Tarasconi e Giancarlo Tagliaferri che, in modo bipartisan, vogliono sollecitare le istituzioni, in particolar modo Regione e Governo, ad intervenire per tutelare il comparto produttivo di Piacenza. “Piacenza è provincia di confine e di continuo scambio con la “zona rossa” e questo ha portato e porterà inevitabilmente a crolli di entrate alle nostre aziende e pubblici esercizi. Per questo chiediamo alle istituzioni di ricomprendere la nostra zona in aiuti, agevolazioni o rimborsi (passando anche attraverso riaperture di presentazione di domande del POR-FESR regionale riguardanti il commercio) che si andranno a stanziare o a prevedere per il vicino lodigiano. Le aziende piacentine hanno bisogno di aiuto e Regione e Governo devono lavorare per garantire ciò”.
Le nuove norme che regolano la circolazione sulla strada dei monopattini sono in vigore. “Siamo favorevoli alla mobilità sostenibile – spiega Mauro Sorbi dell’Osservatorio regionale sull’educazione alla sicurezza stradale - ma in condizioni di sicurezza per tutti gli utenti del sistema strada. Le nostre perplessità vertono su più aspetti critici. In primis stigmatizziamo l’assenza di formazione per coloro che utilizzeranno i nuovi dispositivi, perché la loro gestione richiede riflessi pronti, forte senso dell’equilibrio. Chi verifica se chi acquista ha l’agilità necessaria?”. “Se non è obbligatorio – prosegue Sorbi dell’osservatorio - essere in possesso di un documento attestante l’identità, come potrà essere verificata l’età del conducente per capire se può guidarlo e se ha l’obbligo del caschetto? Solamente i minori di 18 anni avranno l’obbligo di indossare il caschetto. Non si capisce quindi se questo dispositivo garantisca la sicurezza in caso di incidente oppure no, perché se si fosse convinti della protezione del cranio in caso di impatto, si sarebbe dovuto obbligare tutti all’utilizzo. In caso di incidente, nuovamente come si potrà procedere all’identificazione e chi risponderà dei danni prodotti, visto che non è obbligatoria la sottoscrizione di una polizza di responsabilità civile? L’obbligo sussiste solo per le società scelte dai comuni per effettuare servizi di noleggio”. “Come si potrà contestare e sanzionare chi viola l’obbligo – prosegue Sorbi - di indossare il giubbotto o le bretelle retroriflettenti ad alta visibilità se non indossate mezz’ora dopo il tramonto durante il periodo dell’oscurità e di giorno, qualora le condizioni atmosferiche lo richiedono, se non si è certi di poter identificare il guidatore dei monopattini con un documento di identità? Facciamo presente che questo obbligo esiste da tempo anche per i ciclisti, ma ci risulta che sia poco rispettato e ancor meno sanzionato”. “Compresenza sulle piste ciclabili o ciclo-pedonabili di questi nuovi mezzi. Sappiamo quanto già oggi siano trafficate quelle ciclabili e quali problematiche strutturali riguardino quelle ciclo-pedonabili. Immaginiamo le difficolta nell’immediato futuro, ad esempio, delle persone disabili? E’ previsto un limite alla velocità, 6km/h, ma chi verifica e con quali mezzi se i limiti di velocità saranno rispettati?”. “In un quadro più generale e al fine di uniformare tutti gli utenti (pedoni, ciclisti, motociclisti, camionisti,…), sarebbe stato opportuno estendere l’obbligo di portare con sé un documento di identità, proprio per agevolare il compito delle Forze dell’Ordine nei controlli, nel caso dei monopattinisti. Chiediamo – conclude l’osservatorio regionale - che il tempo della proroga per l’utilizzo dei dispositivi elettrici di mobilità personale sia utilizzato per predisporre un sistema organico, completo delle norme per garantire la sicurezza sulla strada, colmando quelle lacune nate forse dalla fretta per assecondare altri tipi di necessità”.
Quando l’attenzione alle emergenze sociali e ambientali diventa un lavoro: mai come oggi, in questi giorni di incertezza e sospensione, fa piacere leggere la storia di Greta Blengino, una giovane studentessa di Torino che sta per iniziare l’Università delle Arti e delle Scienze Liberali nella città olandese di Leida.
Greta ha 19 anni e dopo la maturità classica si è presa un anno sabbatico per vedere il mondo e fare esperienze di volontariato; è al termine del suo percorso di Scout e sta per affrontare la scelta se entrare nella comunità dei capi e diventare educatrice o rimanere scout senza tale impegno. Dopo il suo recente soggiorno alla Casa della Carità a Piacenza, dove suor Teresa e suor Cristina l’hanno accolta per alcuni giorni, ci ha raccontato come cambierà la sua vita da universitaria. “Ho cercato in Italia una facoltà che unisse le discipline di legge e psicologia, ma non ho trovato nulla di simile. È stata un’amica di mamma a parlarmi dell’università di Leida che mi ha subito entusiasmato, forse anche perché sono abituata a viaggiare e il fatto di trasferirmi all’estero mi coinvolge ancora di più. Così ho inviato il curriculum e una lettera di presentazione: immagina la mia soddisfazione quando mi hanno detto di avermi accettato senza neanche fare il colloquio con i professori!” Greta ha dovuto scegliere uno dei quattro indirizzi della facoltà che rappresentano delle sfide globali, che poi andrà ad approfondire nei tre anni di studi: “tra prosperità, pace e giustizia, sostenibilità e diversità mi sono orientata sulla sostenibilità”. Alla base della scelta di questa giovane intraprendente ci sono sicuramente i valori della comunità scout di fede e servizio: anche in questi mesi invernali infatti Greta è impegnata nella casa delle suore di S. Luisa di Torino, dove va tutte le mattine per servire la colazione ai senzatetto: “molto mi chiedono chi me la faccia fare una tale fatica, uscire presto e con il freddo, ma io sento qualcosa che mi spinge a soccorrere e aiutare quando vedo delle disuguaglianze e delle ingiustizie, come una volontà innata di agire – spiega Greta. Ma sono sicuramente anche i suoi studi classici ad aver fatto la differenza, Ulisse accolto sulla spiaggia del re dei Feaci Alcinoo da sua figlia Nausicaa insegna: “dagli antichi ho imparato e interiorizzato il valore dell’ospitalità, di accogliere lo straniero e in generale le persone in difficoltà. Il liceo classico poi è una scuola tosta dove impari a studiare e maturi la volontà di apprendere, di affrontare quello che ancora è sconosciuto”. In futuro Greta si vede impegnata in qualche organizzazione internazionale, forse una Ong che si occupa di minoranze e migrazione: “nulla però è deciso, infatti la prima regola dell’università che frequenterò è tenere la mente aperta”. Camilla Quagliaroli
Nella foto, Greta Blengino, con la divisa scout, alla Casa della Carità di Piacenza insieme a suor Teresa Cristina Cavaletti e al neodiacono Giuseppe Porcari.
La storia della viticoltura nella nostra provincia arriva da molto lontano, ma nel corso degli anni si è incappati più volte in errori ed equivoci che non ci hanno permesso di sviluppare al massimo le nostre capacità, e questo lo spiega benissimo Vittorio Barbieri nel suo Atlante del vino piacentino. Nel libro edito da Edizioni Officine Gutenberg, l’enologo, produttore diretto e collaboratore di diverse realtà tra le quali la Guida Vini d’Italia di Slow Food/Gamberorosso e Slowine; racconta da un lato le grandi possibilità del nostro territorio e dall’altro le difficoltà di farlo conoscere non solo agli operatori del settore, ma anche agli stessi piacentini. Come e quando nasce l’Atlante del vino piacentino? L’idea dell’Atlante nasce a inizio 2017 dall’esigenza di mettere a disposizione degli appassionati e degli operatori uno strumento di lavoro per raccontare il territorio vitivinicolo piacentino. Alle fiere, nazionali e non, Piacenza è ancora un grosso punto di domanda. Il visitatore, ma anche il collega produttore di altre aree, spesso non sa nemmeno collocare geograficamente i colli piacentini. Non sa quali vini vengano prodotti qui. Molti conoscono il Gutturnio, ma altrettanti vengono a chiederti un “Gotturnio” o un “Gutturnino”. Come si trova scritto nella quarta di copertina "Un Atlante serve ad orientare". Questo presuppone che nel mondo del vino piacentino si rischia un po' di perdere la rotta? Sì, ed è una situazione complessa. Anzi, confusa. I motivi vanno ricercati in una serie di fattori storico-culturali che ci hanno portato a essere quello che siamo oggi: un territorio che in parte vive, e ha vissuto, di equivoci. Molto del vino prodotto è frizzante, per esempio, ma i suoli, l’attuale clima e i vitigni, sarebbero forse più adatti a produrre vini fermi da invecchiamento o vini Passiti. Il frizzante spesso diventa una forzatura in queste condizioni. Abbiamo un grande vitigno come la Malvasia di Candia Aromatica ma l’abbiamo svilito puntando sull’Ortrugo, varietà degna ma con molte meno risorse da offrire. Il nostro è un territorio poco conosciuto, che però riserva diverse sorprese... Certamente, quando mi capita di far assaggiare bottiglie locali a non piacentini, soprattutto vini passiti e Vin Santi, o Malvasia e Gutturnio fermi con qualche anno sulle spalle, le persone che assaggiano, dal semplice appassionato al produttore di vino, dal sommelier al giornalista, restano a bocca aperta. Qual è l'errore più grave quando si parla del vino piacentino? Pensare che sia tutto vino da due soldi che viene svenduto al supermercato. O che sia tutto una brutta copia dei Lambrusco o dei Prosecco. Da produttore ormai affronto quotidianamente questi problemi. Siamo ancora a questi livelli, all’ABC, nonostante non manchino i premi e i riconoscimenti della critica. Per un operatore come te, qual è l'idea che c'è al di fuori di Piacenza sulla nostra produzione vinicola? Oltre ai preconcetti di cui ti ho parlato prima, per fortuna in ambiti magari ristretti ma attenti e curiosi – in Italia come all’estero - i colli piacentini hanno da tempo iniziato a farsi conoscere come zona di grandi potenzialità e dai mille tesori nascosti. Ma è un processo iniziato di recente, ci vorrà ancora tempo. Sappiamo che la competizione sul mercato del vino è molto alta, qual è la strada che devono percorrere le nostre aziende per competere a livello mondiale? Facile a dirsi, difficile a farsi: identificare sempre meglio la propria produzione, concentrandosi su una viticoltura eco-compatibile che valorizzi i vitigni locali e, più in generale, i caratteri irripetibili che il nostro territorio ci mette a disposizione. Ogni vallata e ogni terra ha peculiarità (umane e pedo-climatiche) che, attraverso scelte consapevoli, possono originare risultati unici e originali, nulla che sia ripetibile altrove. Una ricchezza immensa.
L’autore: Vittorio Barbieri Ex formatore professionale in ambito enogastronomico, ha collaborato con la Guida Vini d’Italia di Slow Food/Gamberorosso dal 2003 al 2009 ed è stato tra i principali collaboratori di Slowine (la Guida dei vini di Slow Food) fino al 2012. Nel 2013 ha creato rieslingarten.blogspot.it, l’unico blog in lingua italiana dedicato al Riesling Renano, ed è diventato produttore di vino nei colli piacentini con l’azienda Cascinotta di Rizzolo. La prefazione a cura di una grande firma del giornalismo italiano: Michele Serra Una delle penne più sottili del giornalismo italiano ha deciso di aprire questo Atlante del vino piacentino con una sua prefazione, stiamo parlando di Michele Serra. Per lui, nato a Roma ma divenuto milanese già nel 1959, una carriera partita nel 1975 all’Unità e che lo vede nel tempo diventare redattore, poi inviato sportivo, fino a farlo arrivare a scrivere di spettacolo. Un percorso che lo porta prima alla satira, poi al teatro e alla televisione, e ai libri. Oggi collabora con la Repubblica, L'Espresso e il Venerdì di Repubblica.
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