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Tutela minori. Linda Ghisoni: «la lotta agli abusi interpella tutti»

 Linda Ghisoni

 

 

Sette stelle polari - da analizzare, approfondire e sviluppare - contenute in un’unica galassia. La “Magna Carta di ogni protocollo, di ogni azione intrapresa dalla Chiesa da tre anni a questa parte in materia di tutela dagli abusi dei minori e delle persone vulnerabili”. A parlare, con riferimento alla “Lettera del Santo Padre Francesco al Popolo di Dio”, è la piacentina Linda Ghisoni, sottosegretario al Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, intervenuta nella relazione d’apertura del convegno “Accountability e tutela nella Chiesa. Proteggere i minori dagli abusi oggi”, organizzato all’Università Cattolica di Piacenza nella mattinata del 19 novembre, nell’ambito delle iniziative diocesane per la prima “Giornata nazionale di preghiera e sensibilizzazione per le vittime e i sopravvissuti di abusi”.

Ascolto prima di tutto”

Il testo di papa Francesco del 2018 è stato il fil rouge dell’intera riflessione di Ghisoni che, procedendo per punti, in tutto sette, ha provato ad inquadrare il problema tracciando, al contempo, la strada per le azioni presenti e future a cui sono chiamate la Chiesa, le istituzioni e tutta la società civile. Il primo punto riguarda direttamente la “Lettera al Popolo di Dio”, da intendere, secondo Ghisoni, come “navigatore, strumento affidato a ciascuno di noi per approcciarci alla tutela dei minori e di coloro che il diritto equipara a loro. È un testo attualissimo, che offre alcuni criteri di base utili non solo per chi ha responsabilità all’interno della Chiesa, ma anche per le altre agenzie che entrano in gioco in questo tema”.

Altro elemento chiave è “l’ascolto come incipit, sempre. Nel febbraio del 2019 papa Francesco ha convocato in Vaticano tutti i presidenti della Conferenze Episcopali della Chiesa Universale e i rappresentati dei religiosi di tutto il mondo per parlare della tutela dei minori - ha ricordato la relatrice -. Di quell’evento, una delle cose fondamentali che mi porto a casa è l’ascolto: ogni incontro si apriva con un lungo momento di ascolto di una vittima di abusi sessuali, seguito dall’ascolto della Parola di Dio e da lunghissimi minuti di assoluto silenzio. Era impressionante per me osservare quella assemblea composita, fatta di cardinali, arcivescovi, vescovi, religiosi, religiose, che rappresentava la Chiesa universale raccolta nel completo silenzio, disarmata da quelle testimonianze senza offrire alcun paternalistico incoraggiamento”.

“L’ascolto viene prima di tutto - ha rimarcato Ghisoni -, non per alimentare una curiosità morbosa, ma perché permette di mettere sempre al centro la persona, la quale viene prima del buon nome di ogni istituzione, ecclesiastica o civile che sia. Non abbiamo ancora ascoltato abbastanza e non potremo mai smettere di ascoltare”.

Accountability, un tema che riguarda tutti

Il passaggio successivo dell’intervento è stato dedicato al concetto di accountability. “Un termine - ha spiegato Ghisoni - utilizzato prevalentemente in economia e finanza, ma applicabile a molti ambiti della vita civile e sociale. In senso generale significa l’obbligo di dover dare ragione del proprio comportamento, dei criteri individuati ed utilizzati e delle conseguenti attuazioni di qualsiasi attività spiegandone le motivazioni. In contesto ecclesiale - ha aggiunto - il termine è stato proposto nella riflessione sugli abusi: nello specifico, si vuol dire che l’appartenenza alla Chiesa come una comunità di persone battezzate, come a un corpo vivo, richiede a chi ricopre incarichi di responsabilità di rendere conto dei criteri adottati per prevenire e contrastare ogni sorta di abuso”.

“Bisogna precisare, però, che nessuno di noi è esonerato da questo compito, che riguarda istituzioni, genitori, enti, movimenti ecclesiali, educatori, allenatori, parroci, vice parroci, catechisti: siamo tutti interpellati ad ascoltare e a rendere conto della responsabilità che quell’ascolto comporta. L’accountability nel campo della tutela dei minori chiama in causa tutti, nessuno escluso, ciascuno con il suo ruolo. Ne va del benessere della nostra società, della sicurezza e della salute delle nostre relazioni e dei contesti nei quali vivono e crescono i nostri figli”.

“La Chiesa è un unico corpo”

A questa idea si collega il seguente punto affrontato dalla relatrice, ovvero quello che vede la “Chiesa come un corpo unitario. Ogni tipologia di relazione abusiva - ha specificato -, infligge delle ferite al corpo ecclesiale, spacca e deturpa la comunione e l’unità a cui siamo chiamati. Dunque è benefico, oltre che doveroso, che si faccia riferimento alla Chiesa come a un corpo. Qui si rivela la nostra identità, il nostro compito: inclusa la missione di denunciare coraggiosamente il male. Riscopriamo questa consapevolezza battesimale e comunionale, volta a farci prendere cura in modo competente e responsabile delle persone coinvolte, affinché la prevenzione non si esaurisca in buone intenzioni, ma costituisca un atteggiamento pastorale ordinario”.

“Alleanze per sradicare una cultura di morte”

L’approccio al problema deve essere quindi trasversale ed olistico. “La multilateralità è la via ineludibile - ha commentato Ghisoni -. La “Lettera al Popolo di Dio” ci chiede di farci carico in maniera globale e comunitaria degli abusi perpetrati. Le componenti in gioco nelle relazioni abusive e nel loro contrasto sono infatti molteplici, coinvolgono il contesto sociale, il mondo digitale, l’apporto delle scienze umane, della psicologia, della medicina. Coinvolgono le forze dell’ordine e i giuristi. Proprio a causa di ciò, sappiamo che non usciremo da soli da questa piaga, ma solo stabilendo alleanze per unire saperi e progetti di intervento, per coordinarli e sradicare questa cultura di morte: solo tutti insieme si potrà promuovere una cultura della vita, emergendo dal silenzio”.

“Investire in educazione e formazione”

“L’approccio multilaterale - ha continuato Ghisoni nel punto successivo del suo intervento -, esige che si investa in educazione e formazione. La vittima è ridotta al silenzio, colpevolizzata, minacciata: in preda alla vergogna ritiene che nessuno mai la comprenderà. Spesso addirittura non riesce a capire che quello che sta subendo è un abuso, poiché gli viene presentato come un privilegio. Queste situazioni aberranti ci spingono ad educare i nostri bambini e ragazzi affinché siano sensibili a dinamiche relazionali distorte. Perciò bisogna investire in progetti educativi e formativi, che potranno contribuire a costruire una cultura improntata a relazioni sane, all’ascolto, al dialogo, alla schiettezza, alla trasparenza e alla cura. La vera prevenzione si fa con l’educazione mettendo al centro la persona”.

“Abuso è dinamica di potere”

Quindi un’avvertenza. “L’abuso - ha evidenziato Linda Ghisoni - è una dinamica di potere e di dominio verso una o più persone che si trovano in una situazione di fragilità esistenziale o di dipendenza, per l’età o altre circostanze di vita, per bisogni affettivi o personali. L’abuso sessuale è solo la punta di un iceberg di un sistema di abusi di potere: dobbiamo per questo indagare le dinamiche relazionali che instauriamo nei contesti ecclesiali e sociali in genere. Sia uno stile autoritario e restrittivo, che uno dove mancano norme e regole definite, rischiano di creare situazioni dove possono verificarsi abusi. Se per la vittima è già difficile ammettere l’abuso sessuale - ha aggiunto -, ancora più complessa è l’individuazione degli abusi di potere, per non parlare di quelli spirituali e di coscienza, spesso perpetrati in maniera subdola. Queste modalità vanno sradicate, non devono stabilirsi”.

“Uno stile di servizio per prevenire gli abusi”

Ghisoni immagina una società e una Chiesa sempre più capaci di integrare e coinvolgere. “L’attitudine del servizio e dell’ascolto sincero preserva da tentazioni di potere ed autocompiacimento, nonché dallo sfruttamento degli altri per il proprio tornaconto o piacere a qualsiasi livello - ha concluso -. Nei contesti ecclesiali animati dal servizio sarà molto naturale stabilire procedure di accountability per prevenire ed affrontare ogni tipo di abuso. Procedure che dovranno coinvolgere tutti - laici, religiosi, sacerdoti - secondo quella dinamica comunionale di Chiesa nella quale tutte le membra sono chiamate ad agire in modo coordinato”.

Federico Tanzi

Pubblicato il 21 novembre 2021

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