Mons. Cevolotto: «Ripartiamo con fiducia»
“In questa diocesi ho incontrato molte risorse personali e di Chiesa che sono garanzia per la nascita di una stagione nuova in questo tornante della storia”. Sono le parole del vescovo mons. Adriano Cevolotto alla due giorni di aggiornamento del clero il 25 settembre al Collegio Alberoni nel quale ha presentato gli orientamenti pastorali del nuovo anno. L’inizio ufficiale del percorso 2021-22 è fissato per il pomeriggio del 14 ottobre alle 17.30 nella basilica di San Francesco a Piacenza, cui seguirà la messa alle 20.30 in Cattedrale col cardinal Zuppi.
Mons. Cevolotto ha chiesto però alla comunità ecclesiale piacentina un salto di qualità: non ripetiamo più in modo stanco e sterile le cose che abbiamo sempre fatto ma cerchiamo di riuscire a cogliere, grazie alla virtù dell’ascolto, la direzione in cui lo Spirito Santo ci vuole condurre in questo tempo.
Nel bel mezzo di questa pandemia, che non sembra per nulla conclusa, l’atteggiamento richiesto è proprio quello dell’ascolto; è la disposizione interiore che permette di vivere lo stile della sinodalità su cui si sta incamminando la Chiesa italiana su invito di papa Francesco e in linea con il percorso della Chiesa a livello mondiale attesa dal Sinodo dei vescovi proprio su questo tema.
Le Comunità pastorali
Solo così - ha aggiunto - potremo riprendere il cammino della strutturazione delle Comunità pastorali non solo come un fatto tecnico-organizzativa, ma come un’occasione che ci è data per cambiare. Anche gli storici anniversari dei 900 anni della Cattedrale e della Collegiata di Castell’Arquato e dei 500 anni della basilica Santa Maria di Campagna ci proiettano nel futuro come custodi fecondi di una fede che abbiamo ricevuto.
Non dare l’ascolto per scontato
L’ascolto nella Chiesa è un atteggiamento spirituale da capire e da imparare a vivere, non si può dare per scontato. Non si esaurisce semplicemente nella messa in comune delle opinioni dei singoli su un problema per rendersi conto di che cosa vuole la maggioranza e non è neppure una forma di populismo per mietere consensi. Papa Francesco ha messo in luce che è innanzitutto ascolto delio Spirito Santo: “Ascoltatelo, ascoltandovi”, ha esemplificato il Pontefice argentino.
Se non si ascolta la voce dello Spirito è molto facile attribuire a Dio qualcosa che però è solo nelle nostre menti. Si può partire dall’ascolto delle opinioni di tutti, ma occorre poi scendere in profondità e attraverso un discernimento personale e comunitario capire dove dirigerci.
L’opera degli insegnanti di religione
In questa operazione di ascolto è fondamentale l’aiuto degli insegnanti di religione che vengono a contatto con la quasi totalità dei ragazzi e dei giovani in un tempo decisivo per la vita delle nuove generazioni come sono gli anni della scuola. Ascoltare i ragazzi è però anche una responsabilità: dobbiamo poi tener conto di quanto emergerà.
Camminatori come ai tempi dell’esodo
Mons. Cevolotto ha indicato nell’esperienza biblica dell’esodo una via da percorrere: “gli israeliti - ha detto - di fronte alle difficoltà si rifugiavano nel lamento, nella mormorazione, nella protesta. Sono queste - ha precisato - le reazioni più immediate nei momenti di crisi. Si pensa subito a quello che manca, che non c’è più e che certamente creava un senso di sicurezza. Anche noi - ha aggiunto - come sacerdoti e diaconi a volte siamo portati a voler ripristinare quello che non c’è più, e cioè l’organizzazione ecclesiale di questi ultimi decenni, ma la ripetizione rassicurante del passato purtroppo è sterile. Siamo diminuiti di numero come sacerdoti ma continuiamo a voler offrire lo stesso servizio pastorale non riducendo, ad esempio, il numero delle messe nelle parrocchie. Tutto ciò non è di per sé un fatto negativo ma il restare agganciati a un passato che non si può più sostenere ci impedisce di cogliere le novità che in questo tempo stanno emergendo. «Dal lamento all’appello» è perciò il senso del percorso diocesano in questo anno; anche noi, come per gli ebrei dell’esodo al tempo di Mosè, andiamo verso strade nuove, verso la terra promessa.
Cominciare ma non più come un tempo
L’inizio dell’Anno pastorale con un certo ritardo rispetto ai soliti ritmi può essere provvidenziale. Ci fa riflettere, infatti, sulla questione-chiave: la pandemia ha cambiato la realtà in cui viviamo, le persone, ha cambiato noi stessi. Non è stato semplicemente un indicente di percorso da cui ripartire come se nulla fosse accaduto. Che cosa deve cambiare nel nostro modo di procedere? Se prima eravamo abituati, come accadeva in ogni diocesi, a partire presentando un percorso da attuare con un calendario di iniziative da vivere, oggi come possiamo portare, in un contesto nuovo, l’annuncio di Gesù?
Dare nuovo vigore ai Consigli pastorali
La strada nuova si individua insieme, dice mons. Cevolotto, ascoltando insieme lo Spirito anche grazie agli organismi di partecipazione che però da anni risentono, in molti casi, di un senso di demotivazione. Serve un metodo di lavoro, con obiettivi chiari, altrimenti in chi vi partecipa si forma ben presto la sensazione di perdere tempo e di non concludere niente. La conseguenza è che il Consiglio pastorale resta sulla carta e non si convoca più; si parla dei problemi solo con alcuni e si decide in pochi.
Tutto ciò, per il Vescovo, non nasce da opposizioni coscienti, ma dalla mancanza di metodo. Come possiamo pretendere di chiedere un parere ai laici che arrivano a quell’incontro ignari di tutta la problematica che vogliamo sottoporre loro? Un incontro va preparato e deve poter iniziare in clima di ascolto creato dalla Parola di Dio, altrimenti ci si limita al dibattito delle opinioni. L’ascolto, invece, conduce, secondo l’espressione del libro biblico dell’Apocalisse, a mettere a fuoco ciò che lo Spirito dice alle Chiese per arrivare alla convergenza di decisioni da maturare insieme. E poi, c’è il difetto cronico della mancanza di verifica di quanto si è deciso di vivere.
Che fare? - si è chiesto il Vescovo. Non possiamo che ripartire insieme con fiducia e con uno stile nuovo, altrimenti tutte le buone intenzioni restano sulla carta e si prosegue a fare le solite cose al solito modo. Insieme potremo individuare proposte per giungere alle persone in modo nuovo per scaldare i loro cuori.
Fatti, non parole
Prima di ogni “fare”, però, ha concluso, viene il nostro “essere”. Se nulla cambierà è segno che non lasciamo agire in noi la forza pasquale di Cristo risorto. Di lui parliamo continuamente, ma non lasciamo che la sua Pasqua operi in noi. Come potremo allora essere credibili se siamo la fotocopia di ieri sempre più sbiadita?
D. M.
Pubblicato il 25 settembre 2021
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