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Stranieri, a tutti garantire la dignità

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“Garantire vuol dire «dare per certo», far sì che sia normale”. Gli ostacoli legali e burocratici, però, non mancano sulla strada che porta uno straniero al riconoscimento della sua dignità in Italia. È stato questo il tema centrale della conferenza di sabato 5 febbraio, organizzata dall’Azione Cattolica dal titolo “Garantire la dignità di ogni uomo della nostra comunità, anche se straniero”.

Gli stranieri hanno difficoltà a ottenere una casa

Al tavolo dell’auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, moderato da Alessandro Fermi, dell’Azione Cattolica di Fiorenzuola, si sono intrecciati tre punti di vista diversi sul tema. “Accogliere vuol dire dare i beni di prima necessità”, dice Daniela Sartori, assistente sociale. “Il bene più urgente - spiega - è un tetto sotto il quale dormire. Si può ottenere una casa o cercandola sul mercato privato o accedendo alle cosiddette «case popolari». Per chi non ha la cittadinanza italiana è difficile avere le garanzie necessarie richieste dai proprietari per affittare una casa, prima fra tutte un lavoro a tempo indeterminato. È difficile anche ricongiungere la famiglia, «farla arrivare» dai Paesi d’origine. Il diritto è assicurato solo al coniuge, ai figli minori e a genitori e figli maggiorenni diversamente abili”.

I “quattro verbi” di papa Francesco

A Piacenza il fenomeno dell’immigrazione ha conosciuto, negli ultimi dieci anni, un’impennata esponenziale. “La maggior parte dei richiedenti asilo arriva dai Paesi nordafricani e dal corridoio balcanico”, spiega Francesco Millione, responsabile dell’area promozione mondialità della Caritas diocesana. “Per garantire dignità a un individuo, bisogna riconoscerne l’umanità. Papa Francesco suggerisce quattro verbi chiave. Il primo è «accogliere», che significa aprire le menti, abbattere le barriere. È importante capire che quell’uomo o quella donna ha sofferto, ha vissuto un distacco. «Proteggere» è il secondo, che non può prescindere dalla volontà di incontrare l’altro, per poi tutelare la sua storia, composta spesso da violenze, abusi e traumi. E poi bisogna «promuovere», credere in un futuro insieme e nelle loro risorse. Le esperienze forti incidono sulla capacità di adattamento. Sul nostro territorio mancano gli spazi di partecipazione alla vita pubblica, politica e culturale, e ciò dipende molto anche dal travagliato accesso alla cittadinanza italiana. Infine, il Papa parla di «integrare». Io credo più nell’interazione che nell’integrazione, che richiede a uno straniero di adeguarsi a noi, mentre interagendo con loro anche noi possiamo cambiare e migliorarci”.

La comunità è in continua evoluzione

“La «comunità» non è un concetto statico, cambia a causa di diversi fattori, fra cui le migrazioni. Anche noi italiani siamo stati un popolo di emigranti: oggi 5,6 milioni di cittadini italiani risiedono all’estero, e questo fenomeno, secondo i demografi, rende necessario l’ingresso nella comunità della componente straniera”.

Il tema del lavoro

Luigi Gazzola, funzionario del Tribunale di Piacenza e già assessore comunale, ricostruisce la storia del fenomeno migratorio e delle leggi studiate per regolarlo, che hanno di fatto complicato la vita agli immigrati. “Il requisito fondamentale per la permanenza di uno straniero in Italia è dunque il lavoro. Se per ottenere un permesso di soggiorno e una casa c’è bisogno di un lavoro, si tende ad accettare qualsiasi offerta, anche quelle lesive della dignità. La retribuzione media di un lavoratore straniero in Italia è del 35% in meno rispetto a un lavoratore italiano, e ciò è accentuato dalla presenza del «caporalato» agricolo e tecnologico, un fenomeno presente in tutta Italia, in cui spesso si insinua la criminalità organizzata”.

Ottenere la cittadinanza italiana

Il prof. Alessandro Candido, docente di diritto pubblico all’Università “Bicocca” di Milano, presidente del MEIC e delle ACLI, conclude spiegando il lato normativo. “La legge italiana considera «stranieri» i cittadini dei Paesi che non fanno parte dell’UE e gli apolidi. Esistono tre modi per acquisire la cittadinanza italiana: per nascita, per matrimonio o per naturalizzazione. Chi nasce da genitori non cittadini italiani, al compimento dei diciotto anni ha un anno di tempo per richiedere la cittadinanza italiana, chi sposa un italiano deve aspettare due anni, chi invece si trasferisce in Italia da maggiorenne deve dimostrare una residenza continuativa di dieci anni sul territorio italiano, durante i quali ha percepito redditi sufficienti al proprio sostentamento”.

Francesco Petronzio

Nella foto, in alto, da sinistra: Francesco Millione, Alessandro Candido, Alessandro Fermi, Luigi Gazzola e Daniela Sartori.

Pubblicto il 6 febbraio 2022

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