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A XNL il 22 la proiezione di «Portobello» del regista Bellocchio

 

Portobello regia Marco Bellocchio ph Anna Camerlingo ep1 DSC0179 copia 

 

Sabato 22 novembre alle ore 20.30, XNL Piacenza ospita la proiezione di Portobello (episodi 1 e 2) di Marco Bellocchio, seguita da un incontro-dibattito con il regista, il Maestro Bellocchio e Fabrizio Gifuni, l’attore che nella serie interpreta Enzo Tortora. L’ingresso all’evento è gratuito previa prenotazione sui siti web fondazionefarecinema.it e xnlpiacenza.it.

La proiezione-incontro è un evento d’eccezione, organizzato per Piacenza da XNL Cinema e Fondazione Fare Cinema, di cui Marco Bellocchio è presidente, subito dopo la presentazione alla 82a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia della serie, che sarà visibile sulla nuova piattaforma streaming HBO Max soltanto nel 2026.

Portobello racconta uno dei più clamorosi errori giudiziari italiani: la vicenda del presentatore televisivo Enzo Tortora, la parabola tragica della caduta di un uomo innocente.

Nel 1982 Enzo Tortora è all’apice del successo: conduce Portobello, raggiungendo 28 milioni di spettatori in prima serata, tutti in attesa del concorrente che riuscirà a far parlare il pappagallo, ospite d’onore della trasmissione. Tortora è il re della Tv anni Ottanta e il suo programma racconta e conforta il Paese. Pertini lo nomina Commendatore della Repubblica.

In quegli stessi anni il terremoto dell’Irpinia dà l’ultima scossa agli equilibri già fragili della Nuova Camorra Organizzata. Giovanni Pandico, uomo di fiducia del boss Raffaele Cutolo e spettatore assiduo di Portobello dalla sua cella, decide di pentirsi. Interrogato dai giudici fa un nome inatteso: Enzo Tortora.

Quando il 17 giugno 1983 i carabinieri bussano alla sua stanza d’albergo Tortora pensa a un errore. Ma è solo l’inizio di un’odissea che lo trascinerà dalla vetta al baratro.

Portobello regia Marco Bellocchio ph Anna Camerlingo ep1 DSC4012

Così commenta Marco Bellocchio nelle note di regia che accompagnano il film:

«Portobello è una storia drammatica (tragica per come è finita) di un’Italia che stava cambiando in tante direzioni (la fine degli anni 70 e 80 del secolo scorso). La politica, con l’assassinio di Moro, la fine del terrorismo, e i grandi partiti che entrano in crisi e non si riprenderanno più. Partiti che non controlleranno più la televisione pubblica. Nascono le prime televisioni private e Berlusconi, contro la Rai, contro il canone. La pubblicità, le interruzioni pubblicitarie, le grandi utopie si riducono fino a scomparire. La grande Rai (mamma Rai) non ha più il monopolio in questa nuova realtà sempre più disimpegnata, sempre meno ideologica, e Tortora si trova a suo agio, prende il suo spazio, il liberale Enzo Tortora (partito che contava poco o niente) del suo essere libero fa la sua arma, la sua bandiera, il suo stile, lo ripeterà sempre: non sono ricattabile (non dimentichiamo le sue battaglie contro la loggia P2), dando spazio e parola a chi non ha nessun potere, permetterà così agli umili, ai bizzarri, a chi vuole giustizia, di parlare, ai più strani inventori di proporre agli italiani le più strane invenzioni. Il mercato di Portobello. Il sogno della ricchezza e della fama per tutti.

Un pubblico sempre più grande (fino a 28 milioni) che a lui si rivolge per denunciare le grandi e le piccole ingiustizie subite ogni giorno. Più le piccole che le grandi (per esempio la sparizione degli orinatoi nelle grandi città...).

Questa Italia di chi conta poco o niente trova in Enzo Tortora un formidabile laico sostenitore che per una sera, un minuto, permette di parlare con tutta l’Italia, un minuto di celebrità.

Enzo Tortora è l’Italia di quegli anni, un vincitore, vittima di un inspiegabile errore compiuto da giudici onesti, in buona fede, che combattevano la criminalità, la camorra, rischiando la vita tutti i giorni (a Napoli più di un omicidio al giorno), ma che non vollero vedere, accecati da un’idea missionaria di giustizia, e che, ancora più inspiegabilmente, non vollero riconoscere il proprio errore... La Giustizia Divina che non può sbagliare.

Per una serie di coincidenze assurde, di falsi pentimenti Enzo Tortora viene arrestato, processato, condannato e solo alla fine assolto. Dissero certi giornalisti che la via Crucis di Enzo Tortora non fu solo per sfortuna: Enzo Tortora era antipatico a una potente classe intellettuale che vedeva con disprezzo e grande invidia questa sua enorme popolarità, di un liberale che non veniva dal popolo e che era un borghese molto presuntuoso. Il fatto poi che non avesse padrini, non era protetto né dalla DC né dal PCI, le due grandi chiese di allora, non appartenesse a logge massoniche, era laico e perciò anche la Chiesa diffidava di lui, insomma non godeva di nessuna protezione, lo danneggiò. Lo condannò.

Tortora alla fine viene assolto anche se per ingiustizia morirà. Resta il mistero della cecità di certi giudici oltre ogni umana immaginazione. E la perseveranza nel loro errore».

La serie è stata scritta dallo stesso Marco Bellocchio insieme a Stefano Bises, Giordana Mari e Peppe Fiore.

Nel cast, oltre a Gifuni, Lino Musella, Barbora Bobulova, Romana Maggiora Vergano, Davide Mancini, Federica Fracassi, Carlotta Gamba, Giada Fortini, Massimiliano Rossi, Pier Giorgio Bellocchio, Gianfranco Gallo nel ruolo di Raffaele Cutolo e con la partecipazione di Alessandro Preziosi.

La fotografia è di Francesco Di Giacomo, la scenografia di Andrea Castorina, i costumi di Daria Calvelli, il montaggio di Francesca Calvelli, le musiche di Teho Teardo.

Nelle foto, il regista Marco Bellocchio e l'attore Fabrizio Gifuni che nel film Portobello interpreta Enzo Tortora. ( foto Anna Camerlingo)

Pubblicato il 16 novembre 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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