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Notizie Varie

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Oltre 67mila le persone affette da demenza in Emilia-Romagna

 demenza

I primi sintomi sono spesso erroneamente attribuiti all’invecchiamento, o allo stress. E invece, in modo più o meno veloce, portano alla perdita dell’autonomia, dell’autosufficienza, e al dover dipendere dagli altri. Sono oltre 67mila le persone affette da demenza in Emilia-Romagna, il 60% con la forma più nota e grave, l’Alzheimer. Lo scorso anno sono state valutate come prima visita 27.553 persone ed effettuate 13.109 nuove diagnosi di demenza. Una fotografia, quella del 2019 presentata in Commissione assembleare, che conferma anche la presenza in tutta la regione di una rete territoriale e ospedaliera capace di fornire un’assistenza qualificata: sono 63 i Centri per i disturbi cognitivi e le demenze, 13 i Nuclei residenziali nelle Cra per l’assistenza temporanea e 9 i Centri diurni specialistici presenti da Piacenza a Rimini. Da un punto di vista economico, inoltre, anche lo scorso anno più di 1 milione dal Fondo regionale per la non autosufficienza è andato a supportare la formazione dei familiari, i gruppi di sostegno e i Caffè Alzheimer/Centri di incontro. E un percorso specifico percorso è stato avviato dalla Regione per la cura dei casi, ad esordio atipico e più aggressivo, che si verificano prima dei 65 anni: la cosiddetta demenza giovanile (o “Early Onset Dementia”), che il miglioramento della capacità diagnostica e tecnologica del sistema sanitario permette di far emergere sempre più tempestivamente. “La demenza rappresenta una delle principali cause di disabilità per le persone anziane, e i numeri purtroppo sono in crescita anche in Emilia-Romagna- commenta l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini-. Come Regione siamo impegnati da tempo a sostenere i pazienti e le famiglie e ad avviare azioni di prevenzione. Sicuramente, occorre sempre più intercettare con anticipo i casi di demenza, prima di arrivare a una fase avanzata, favorendo soprattutto interventi di tipo domiciliare. Grande attenzione- aggiunge l’assessore- va posta alla situazione attuale, segnata dalla pandemia: le persone con demenza devono essere protette e supportate in modo mirato”. Proprio per questo la Regione sta lavorando, a partire da un documento ad hoc redatto dall’Istituto superiore di sanità, per fornire ai professionisti sanitari e sociosanitari e ai caregiver indicazioni precise per gestire queste persone a livello ambulatoriale, domiciliare e in contesti semiresidenziali e residenziali.

"Comunità Amica delle persone con demenza"

Il fenomeno delle demenze, in linea con le previsioni epidemiologiche legate all’invecchiamento della popolazione, non risparmia l’Emilia-Romagna, territorio in cui il 22% della popolazione ha più di 65 anni. La demenza, infatti (causata da più di cento patologie diverse di natura degenerativa, vascolare o traumatica) rappresenta una delle principali cause di disabilità per le persone anziane. Fondamentale è combattere lo stigma ancora elevato che contribuisce all’isolamento e alla mancata richiesta di auto da parte delle famiglie. Occorre pertanto una forte azione di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini e delle comunità, attraverso lo sviluppo di progetti come quelli della “Comunità Amica delle persone con demenza” (o Dementia Friendly Community), già avviati su scala internazionale. L’obiettivo è permettere alla persona con demenza di rimanere nella propria casa il più a lungo possibile, offrendo ai familiari maggiori risorse e opportunità per sostenere il loro lavoro di cura. Sul territorio regionale sono state avviate alcune sperimentazioni, come quella di Formigine (Mo) che ha aderito al progetto proposto da Alzheimer’s Disease International. In fase di avvio le proposte di Nonantola (Mo), Bologna (alcuni quartieri), San Pietro in Casale (Bo), Imola (Bo), San Prospero e Mirandola (Mo) che stanno formalizzando i tavoli promotori grazie all’impegno delle associazioni dei familiari locali.

 Alcuni dati

Al 31 dicembre 2019, i pazienti con demenza in Emilia-Romagna in carico al Servizio sanitario regionale risultano essere 67.658. Il 49,9% è affetto da forme di grado medio-grave (pari a 33.760 persone). La prevalenza è di 24,5 per 1.000 abitanti; la percentuale rispetto alla popolazione residente (4.474.292) è dell’1,46%; quella delle persone rispetto alla popolazione ultra65enne (1.077.026) è del 6,14%. Rapportando i dati di un recente studio epidemiologico svolto in provincia di Modena alla popolazione dell’Emilia-Romagna, è ipotizzabile inoltre stimare la presenza di circa 1.600 persone con demenza ad esordio giovanile in regione, con una prevalenza nella popolazione complessiva di 36.4/100.000 abitanti. Sul totale, la percentuale di malati di Alzheimer è del 60%. Le percentuali dei pazienti che fanno ricorso all’Assistenza domiciliare integrata (20%, corrispondente a 13.531 persone con demenza) e quelle assistite in Cra (29%, ovvero 19.620 persone con demenza) e in Hospice (0,9%, corrispondenti a 609 persone) rappresentano la fascia di popolazione affetta da forme di gravità maggiore (non autosufficienti).

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Pubblicato il 18 novembre 2020

Come sopravvivere al Covid tra scienza e fake news

ucid

Viviamo in un mondo governato dalla tecnologia, rigurgitante d’informazioni, carico di scienza eppure le fake news, ovvero l’elegante veste che diamo alle “balle”, dominano i social ma anche le pagine dei giornali e le reti televisive. Il 2020 poi, in ragione della pandemia da Covid, è stato un tripudio di false e discordanti informazioni, creando ora panico ed ora diffidenza nel cittadino comune. Invitato dalla sezione UCID di Piacenza presieduta da Giuseppe Ghittoni, il dott. Davide Ederle, presidente dell’associazione nazionale dei biotecnologi italiani, ha spiegato con chiarezza ciò che stiamo affrontando, affinché le persone possano davvero responsabilizzarsi, poiché è proprio la consapevolezza l’unico strumento a nostra disposizione per combattere il virus. La conferenza dal titolo “Navigare l’incertezza, manuale di sopravvivenza per il covid 19 : tra scienza e fake news” ha voluto mettere un po’ di chiarezza su questo tema scottante, perché di covid se ne parla quotidianamente ma i pareri discordanti non aiutano a fornire una corretta informazione. Ecco cosa ci ha raccontato Il biotecnologo.

Le fake della scienza

“È successo qualcosa d’inedito dal punto di vista scientifico con la pandemia da covid, ci sono state sino ad oggi oltre 170.000 pubblicazioni “scientifiche”, molte delle quali prive di fondamento e senza nessuna ricerca approfondita. Parliamo di articoli spazzatura e approssimativi, non ultimo quello della rivista dell’istituto nazionale sulla ricerca dei tumori, che ha dichiarato che il covid 19 girava in Italia già da agosto 2019. Per fare simili affermazioni devi fornire tante e solide prove, in condizioni normali un simile articolo non sarebbe mai stato preso in considerazione. Tra questa massa di pubblicazioni ne salverei solo 300-400, pare infatti che i ricercatori siano diventati i primi produttori di fake news, diffondendo opinioni senza nessuna base scientifica e dando in pasto all’opinione pubblica tesi che si sono rilevate poi del tutto infondate poiché non sostenibili, ed usando la loro credibilità per diffondere confusione, trasformando così la sana paura in panico. Il dibattito scientifico è sempre stato acceso nella storia, ma nel rispetto del contesto, qualunque tipo di dialogo deve tenere in considerazione i dati, altrimenti si rischia di pagare un conto molto salato”.

Una banale influenza?

“La prima bufala è stata quella di definire il covid solo una banale influenza, ma se guardiamo i dati da subito si era capito che non poteva essere vero, i ricoveri in terapia intensiva ed il numero dei decessi, più del doppio della peggiore influenza degli ultimi dieci anni, parlavano chiaro. Bisognava da subito dire che il virus era sconosciuto ed era necessario contenere il contagio per evitare di riempire gli ospedali. La pressione sul sistema sanitario è stata pesantissima impedendo di curare la gente per le normali patologie e di fare screening preventivi. Abbiamo a che fare con un virus sconosciuto e l’unico modo per evitare i contagi è quello di prevenirlo con i distanziamenti e le mascherine, altrimenti si commette una grave imprudenza. Non conosciamo inoltre ancora bene gli strascichi che questa malattia provocherà, al momento si evidenziano miocarditi, problemi respiratori e neuronali”.

Molte teorie infondate

“Si è parlato poi di un virus creato in laboratorio, ma anche per questa ipotesi non abbiamo nessuna prova, nè a favore nè contraria e probabilmente non lo sapremo mai. Molti camici bianchi hanno dichiarato con grave imprudenza che il virus mutando aveva perso aggressività, inoltre ogni settimana si proponeva un nuovo farmaco senza prove sufficienti sulla sua reale efficacia. Per il momento sappiamo che i migliori risultati su casi non gravi si sono ottenuti con gli anticorpi monoclonali (la cura del presidente Trump) che però non sono in commercio e che dovremo aspettare ancora per la distribuzione. Altra bufala è quella che gli asintomatici non sono contagiosi, ma va detto che se così fosse non si spiegherebbe la diffusione esponenziale del virus. Inoltre la definizione di asintomatico viene fatta al momento del tampone senza considerare che nei giorni successivi i sintomi potrebbero comparire”.

Seconda ondata 

“La mancanza di precauzioni durante l’estate appena trascorsa è stata una delle cause della seconda ondata, per questo è più che mai necessario adottare tutte le misure precauzionali, bastava guardare il trend della malattia per non trovarsi in una situazione analoga a quella di marzo. Occorreva adottare comportamenti responsabili, non farsi trovare impreparati, non prestare ascolto ai messaggi contraddittori, quelli dei negazionisti e quelli che creavano panico ed angoscia. Questa influenza ha portato ad una mortalità doppia rispetto a quella già pesante del 2017, abbiamo bisogno di razionalità e di seguire ordini precisi. La politica, sia il governo che l’opposizione, non è stata troppo chiara e gli scienziati non hanno comunicato al meglio le loro conoscenze, per questo è necessaria maggior trasparenza, evitare sensazionalismi seguendo i dati disponibili, rifiutare la faziosità e prendere i provvedimenti necessari”.

Stefania Micheli

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Pubblicato il 18 novembre 2020

Impariamo a tendere la mano

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San Paolo ci aiuta a rendere grazie soprattutto per la nostra povertà, nel punto in cui mai avremmo immaginato di trovarci ma dove si sperimenta la viva presenza di Dio e dei fratelli.
C’è un Paolo nuovo e molto umile in questa Lettura, cambiato rispetto ai tempi della gioventù in cui si mostrava fiero di veder massacrare i cristiani; ora riconosce di essere stato soccorso e sa di non bastare a se stesso.
Il nuovo Paolo ha imparato a ricevere bontà dai fratelli e ne gioisce, non si considera più un superuomo.
Così capita anche noi quando impariamo a tendere la mano e a riconoscerci bisognosi, mentre la società ci vorrebbe maestri e giudici di noi stessi.
Non ci chiediamo dove ci pone la grazia di Dio in un certo momento oppure dove ci chiederebbe di restare, ma pretendiamo di esaudirci da soli, anche nella vita spirituale.
Invece noi possiamo incidere sulla vita dell’altro, con una parola buona anche in una situazione di povertà. 

 

Paolo ha imparato a riprendere e riconsiderare daccapo vecchie situazioni e per questo ci vuole umiltà.
Paolo come Pietro rappresenta figure della gratitudine, che sanno consegnarsi al volere di Dio.
Il messaggio è imparare ad accogliere l’altro e vedere che il Signore è in tutte le cose e in tutti noi.
Quando noi realmente opponiamo resistenza all’aiuto fraterno?
In quali circostanze rifiutiamo una mano tesa verso di noi?
Permettere a qualcuno di aiutarci è questione di umiltà. Chiedere aiuto nelle varie situazioni della vita vuol dire sopportare di manifestare il proprio limite, la propria mancanza.
Dio ci dà la forza anche di chiedere.
Siamo nelle mani di Dio e così acconsentiamo che quelle mani si manifestino anche nei fratelli.
È la storia che decide la nostra santità nella misura in cui sappiamo pacificarci e riconciliarci con Dio, grazie al nostro prossimo.
Il Signore ci riconosce la forza di accettare le nostre debolezze e far sì che diventino un tramite per la comunione con gli altri.
Quante volte i nostri rapporti s’intensificano proprio nelle situazioni di fatica o di malattia, diventando solidi e profondi se ci lasciamo penetrare dall’aiuto di un altro. Nasce così una vera vicinanza profonda, solo se siamo capaci di spogliarci e di donarci.
Dio si consegna a noi in ogni Eucaristia.
Chi c’è di più debole del Signore, chi più di lui mendica il nostro amore?
Infatti, chi più di lui è umile?
Sosteniamoci un esame di coscienza per ogni volta che abbiamo avuto la possibilità di chinare il capo e invece con il nostro orgoglio abbiamo allontanato chi ci cercava.
Infinite volte abbiamo respinto gli altri perché abbiamo voluto fare da soli.
Proviamo a vedere se abbiamo saputo vivere la debolezza come una grazia e non come un impedimento al nostro vivere.
Il Signore ci chiede di vivere per lui, tutto il resto sarà dato in aggiunta.

Estratto dalla Lectio mattutina
di madre Maria Emmanuel Corradini,
abbadessa del Monastero benedettino di San Raimondo,
del 7 novembre 2020, Lettera di san Paolo ap. ai Filippesi 4,10-19

Pubblicato il 17 novembre 2020

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Green economy, online una sfida per le scuole superiori

 concorso scuole

Un gioco on line per le scuole, per far conoscere ai ragazzi come la Regione Emilia-Romagna sostenga la green economy e quali siano le opportunità di lavoro in questo settore, sempre più importante per un futuro sostenibile. Parte il torneo P.E.R. Gioco, rivolto alle scuole secondarie di secondo grado dell’Emilia-Romagna, promosso dall’Assessorato Scuola, università, ricerca, agenda digitale e da quello allo Sviluppo economico e green economy, lavoro, formazione, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna e finanziato con Fondi europei Por Fesr. Obiettivo del torneo è quello di sensibilizzare i giovani sui temi dello sviluppo sostenibile e dell’economia circolare, far loro acquisire familiarità con le strategie e gli interventi messi in atto dalla Regione ed essere informati sui percorsi di formazione superiore a carattere tecnico-scientifico organizzati sul territorio. Azioni che la Regione promuove attraverso i Fondi europei: dal sostegno ai progetti di ricerca innovativi ai percorsi di formazione per lavorare nella green economy, dagli incentivi per la nascita di nuove imprese sostenibili alle startup innovative, in attuazione del Piano energetico regionale.
“Sappiamo che i ragazzi sono molto attenti al futuro del pianeta e tocca a noi adulti impegnarci per consegnare loro un mondo migliore- commenta Vincenzo Colla, assessore regionale allo Sviluppo economico e Green economy-. La nostra Regione, attraverso il Patto per il lavoro e per il clima, ha confermato di voler investire sulle nuove conoscenze per sostenere uno sviluppo che sia in grado di preservare l’ambiente creando lavoro. Attraverso questa piccola competizione vogliamo dire ai giovani che in Emilia-Romagna si aprono nuove opportunità ‘green’ e dare loro tutte le informazioni utili per appropriarsi del loro futuro, ambientalmente e socialmente sostenibile”.
“Le studentesse e gli studenti sono potenti agenti di cambiamento per la forte capacità di influenzare positivamente il mondo degli adulti attraverso la loro creatività, passione e capacità di innovazione tecnologica- afferma l’assessore regionale alla Scuola, Paola Salomoni-. Questa competizione, anche se a distanza, speriamo possa essere per loro fonte di insegnamento e di divertimento per imparare le azioni che la Regione, attraverso i Fondi europei, mette in campo: dal sostegno ai progetti di ricerca innovativi ai percorsi di formazione per lavorare nella Green economy, dagli incentivi per la nascita di nuove imprese sostenibili alle startup innovative”.

Una sfida online a squadre
“Il gioco è strumento di relazione, comunicazione, apprendimento senza tempo- dichiara Stefano Versari, direttore generale per l’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia-Romagna -. Nell’attuale difficile contesto, in cui la realtà può risultare faticosa da affrontare, il gioco può realizzare occasioni intelligenti di apprendimento in relazione”.
Sarà una sfida on line, a squadre, a livello regionale, che permetterà di individuare la classe vincitrice tramite una serie di prove, attività e quiz in diverse manche e a difficoltà crescente. Per partecipare al torneo, in modalità on line, le scuole devono compilare il modulo di iscrizione, disponibile sulla pagina dedicata del sito Por Fesr, entro il 30 novembre 2020. La sfida tra le classi iscritte partirà a dicembre e la finalissima, con premiazione, si terrà entro il 19 dicembre 2020. Alla scuola della classe vincitrice verrà assegnato un buono di 1000 euro, da spendere per l’acquisto di materiale didattico; gli alunni delle classi seconda, terza e quarta classificata riceveranno in premio zainetti realizzati all’interno del carcere di Bologna. Le classi iscritte potranno anche partecipare a un concorso di idee che prevede un’attività creativa, con la realizzazione di un elaborato (video, infografica, presentazione multimediale, ecc.) dedicato a uno o più progetti realizzati nel proprio territorio grazie ai Fondi europei Por Fesr.
Per questo è previsto un ulteriore premio di 500 euro, sempre per l’acquisto di materiale didattico per la scuola di appartenenza. Il torneo è realizzato nell’ambito del Festival della cultura tecnica 2020, promosso dalla Città metropolitana di Bologna e si realizza all’interno delle “Operazioni orientative per il successo formativo” promosse dalla Regione Emilia-Romagna e cofinanziate dal Fondo sociale europeo PO 2014-2020. Focus tematico dell’edizione del festival, in programma fino al 19 dicembre 2020 e progettata sulla base delle più attuali risorse tecnologiche e secondo un approccio ancor più innovativo, sarà “Sviluppo sostenibile e Resilienza”.

Pubblicato il 17 novembre 2020

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Le imprese femminili resistono ancora all’effetto Covid

 imprese femminili

A fine settembre erano 84.456. Si conferma il ritmo della flessione rispetto a un anno prima (-0,6 per cento), ma le imprese femminili tengono meglio delle altre (-0,7 per cento). Il calo del commercio al dettaglio (-2,7 per cento) e della ristorazione (-1,6 per cento) determinano la flessione delle imprese dei servizi (-0,4 per cento), nonostante la crescita delle attività immobiliari e di quelle professionali, scientifiche e tecniche. Contrazione in agricoltura e calo nella manifattura. Al 30 settembre scorso in Emilia-Romagna, le imprese attive femminili erano 84.456, pari al 21,2 per cento del totale delle imprese regionali, con una leggera flessione rispetto alla stessa data del 2019 (-510 unità, pari a un -0,6 per cento). È quanto risulta dai dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio elaborati da Unioncamere Emilia-Romagna. In Italia, le imprese femminili sono aumentate in cinque regioni (Trentino-Alto Adige, Campania, Sicilia, Lazio e Puglia) e nel complesso sono lievemente diminuite (-0,2 per cento).
L’incremento è stato più rapido in. Nelle regioni con le quali l’Emilia-Romagna più spesso si confronta, le imprese femminili risultano in lieve diminuzione in Lombardia (-0,3 per cento) e Veneto (-0,6 per cento), mentre subiscono una flessione in Piemonte (-0,7 per cento) e in Toscana (-0,8 per cento). La dinamica delle imprese femminili dipende, tra l’altro, dall’incidenza delle esigenze di auto-impiego, quindi dal livello del tasso di occupazione femminile, e dalla composizione settoriale dell’imprenditoria. In merito al primo fattore, l’esercizio dell’attività imprenditoriale come forma di auto-impiego tende a essere più consistente nelle aree dove il mercato del lavoro stenta ad assorbire l’offerta di manodopera. Sotto questo profilo, l’Emilia-Romagna si caratterizza per avere uno dei più elevati tassi di occupazione del Paese. Riguardo alla seconda causa, in un sistema economico particolarmente sviluppato come quello regionale, alcuni ambiti in cui è tradizionalmente presente una quota elevata di imprese femminili hanno un ruolo meno importante rispetto a quello che assumono per l’imprenditoria nazionale.
Si tratta di alcuni settori di attività, quali il piccolo commercio al dettaglio e i servizi tradizionali, e tra le forme giuridiche delle imprese, delle ditte individuali.
La flessione delle imprese femminili deriva dalla composizione di tendenze divergenti. Da un lato, quella leggermente positiva dell’insieme degli altri servizi escluso il commercio (+158 unità, +0,4 per cento) e delle costruzioni (+61 unità, +2,0 per cento), dall’altro, quella negativa derivante soprattutto dalla riduzione della base imprenditoriale nel commercio al dettaglio (-440 unità, -2,7 per cento), nell’agricoltura (-228 unità, -1,9 per cento) e, in misura decisamente minore, nell’industria (-1,1 per cento, -85 unità). Oltre che sul commercio, lo scotto della pandemia si riflette in particolare sulla ristorazione e sull’industria della moda, quindi sulle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento e sui servizi alla persona. Nonostante la leggera flessione delle imprese femminili, le società di capitale sono di nuovo notevolmente aumentate (+402 unità, pari a un +2,6 per cento), anche per effetto dell’attrattività della normativa delle società a responsabilità limitata semplificata. A fare da contraltare sono state una altrettanto rapida riduzione delle società di persone (-313 unità, -2,6 per cento) e una più lenta, ma più ampia, flessione delle ditte individuali (-1,1 per cento, -590 unità). Le cooperative e i consorzi fanno registrare una leggera contrazione (-0,7 per cento).

Pubblicato il 17 novembre 2020

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