“I Servi Inutili del Buon Pastore” è un movimento ecclesiale approvato definitivamente dalla diocesi di Assisi nel 2015 e fondato dal diacono Luca Lucchini. Quella de “I Servi Inutili” è una realtà in crescita e c’è un legame radicato tra questa realtà e la diocesi piacentina – bobbiese, che porta “I Servi Inutili” a riunirsi il 4, 5 e 6 aprile a Bedonia, per vivere il consueto ritiro di formazione. Questo legame parte proprio dal fondatore Lucchini e dalla sua storia familiare nonché dalla presenza di affiliati al movimento nel nord Italia. Lo abbiamo intervistato.
“Servi Inutili” è una chiara citazione evangelica. Perché questo nome?
Sì, il nome è preso da un passo del vangelo di Luca. Spesso c’è o sembra che ci sia un rivaleggiare tra i vari carismi, che non deve esserci dato il comune cammino di perfezione cristiana che tutti dovremmo cercare di compiere; da qui il nome «in-utile», che non ha una valenza negativa ma che rimanda all’assoluta gratuità del servizio, e che lo stesso Francesco d’Assisi, che per noi è una guida fondamentale, ha utilizzato nella Regola non bollata, come anche San Pio di Pietrelcina.
Ecco, Padre Pio ha un ruolo primario anche in quel pezzo della sua famiglia che la lega a Bedonia. Come?
Mio nonno materno, Vittorio Parmigiani, proveniva dalla zona di Bedonia e nel 1948 si ammalò gravemente. Quando le speranze erano poche egli conobbe San Pio, che lo guarì miracolosamente, donandogli ancora cinquant’anni di vita nonostante il brutto male che lo aveva colpito. Da quel momento mio nonno e la mia famiglia intrecciarono con Padre Pio un rapporto di profonda amicizia; anche io ebbi la grazia di conoscere personalmente il Santo durante la mia infanzia: mi ricordo quando da bambino giocavo con la sua lunga barba!
Il movimento che lei ha fondato compie sedici anni. Quale carisma lo accompagna e qual è la situazione attuale?
Il movimento è stato fondato, appunto, nel 2009 ed è stato approvato definitivamente dal vescovo di Assisi dieci anni fa. Quello che ci caratterizza è il fine di vivere una piena e consapevole appartenenza alla Chiesa cattolica come «colonna e sostegno della verità», come scrive anche San Paolo nella lettera a Timoteo: questo si traduce anche nell’obbedienza al Papa e ai Vescovi e attraverso lo studio e l’approfondimento del Magistero ecclesiale. Attualmente il nostro movimento è diffuso in varie diocesi italiane e in America Latina, in particolare a Buenos Aires e a Bogotà e anche nell’Asia, a Chanthaburi in Thailandia. Il movimento vive un incontro mensile di preghiera e di Adorazione Eucaristica e due incontri comunitari, uno in ottobre e un ritiro di formazione in primavera, che vivremo a Bedonia.
La santità è un'esperienza per tutti
Per il ritiro di Bedonia il movimento ha scelto di inserire come testimonianza la vita di don Giuseppe Beotti. Perché raccontare la sua santità?
Da sempre nei nostri ritiri poniamo in luce un esempio di santità contemporanea e quest’anno abbiamo scelto il beato Beotti perché ha vissuto nelle zone dell’appennino attorno a Bedonia e perché la sua testimonianza offre davvero uno sguardo sulla santità. Il messaggio che vogliamo trasmettere è quello che la santità è un’esperienza per tutti. Desideriamo, per questo, mostrare persone con storie di vita ed esperienze di Fede diverse e plurali ma che hanno raggiunto la Santità, così da farci ragionare sulle infinite vie in cui opera il Signore e rendendo chiaro che essere santi, vivere una vita di pienezza cristiana non è per pochi eletti ma può essere per ciascuno di noi.
Nel 2023, nella provincia di Piacenza, sono stati puntati sul gioco d’azzardo circa 630 milioni di euro, con una perdita di 110 milioni. Questo dato è in linea con il trend di crescita rilevato a livello regionale, dove nello stesso periodo sono stati giocati oltre 9 miliardi e mezzo di euro, con una perdita di circa un miliardo e mezzo. Il disturbo da gioco d’azzardo è una dipendenza in crescita e in evoluzione, una patologia sempre più diffusa che colpisce non solo la persona, ma l'intero nucleo familiare, con conseguenze economiche, sociali e di salute fisica e psicologica.
IL QUADRO DI PIACENZA
Lo scorso anno, l’Ausl, attraverso il Percorso diagnostico terapeutico assistenziale per il disturbo da gioco d'azzardo, guidato da Maurizio Avanzi, ha preso in carico 165 pazienti, di cui 141 uomini e 24 donne. Queste persone hanno chiesto aiuto, riconoscendo il problema e scegliendo di trovare una soluzione. Tuttavia, rappresentano solo una piccola parte di una realtà molto più ampia: la punta di un iceberg, con un sommerso ben più vasto, sia in termini di persone malate che non cercano aiuto, sia di familiari e amici coinvolti. Far emergere questo sommerso è il cuore del progetto finanziato dalla Regione Emilia-Romagna e realizzato in co-progettazione tra Ausl di Piacenza, Fondazione La Ricerca e la cooperativa L’Arco, impegnati nella lotta contro una problematica che affligge sempre più la nostra comunità. Il progetto è stato presentato dal direttore delle Attività socio-sanitarie Eleonora Corsalini affiancata dai direttori di distretto Anna Maria Andena, Evelina Cattadori e Giuseppe Magistrali e Maurizio Avanzi, responsabile del percorso diagnostico terapeutico assistenziale per il disturbo da gioco d'azzardo, con Enrico Corti, presidente Fondazione La Ricerca, Fausta Fagnoni, responsabile di progetto Iceberg e Stefano Sandalo, direttore della cooperativa L'Arco. “Il disturbo da gioco d'azzardo è stato incluso nei Livelli essenziali di assistenza nel 2017, riconoscendo ufficialmente la sua rilevanza sanitaria e sociale - ha sottolineato il direttore delle Attività socio-sanitarie Corsalini - Piacenza è stata una tra le prime realtà in Regione a dotarsi di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale già nel 2018 coordinato dal dottor Avanzi. Siamo pertanto molto sensibili e attenti al tema che affrontiamo con un sistema di rete con Terzo settore e associazioni per supportare sia i malati, sia i famigliari e amici che subiscono le conseguenze del gioco d’azzardo passivo”. “L’Azienda Usl di Piacenza è articolata con tre ambulatori dedicati dislogati a Piacenza, Borgonovo e Cortemaggiore – ha aggiunto il dottor Avanzi – che ci forniscono un punto di vista privilegiato rispetto al disturbo da gioco d’azzardo in tutte le sue forme. Nel 2024, come detto, l'Azienda Usl di Piacenza, ha preso in carico 165 pazienti, il 70% di questi casi è legato all'uso di slot machine, ma si registra una crescita costante nel gioco d’azzardo online. La pandemia di Covid-19 nel 2020 – 2021 ha, infatti, ne ha modificato le dinamiche, spingendo molti verso le piattaforme online, aumentando sia il tempo dedicato, poiché è a disposizione 24 ore su 24, sia la diversificazione del pubblico coinvolto con pochissimo o nessun limite nell’investimento del denaro. Negli anni la percentuale di persone che hanno chiesto aiuto per questa problematica è passata dal 4% del complesso delle persone prese in carico dall’Ausl nel 2020, al 16% nel 2022, fino al 20% nel 2023. Su questo fronte è utile segnalare che on line è facile trovare un filmato di autoesclusione dal gioco d’azzardo online che può essere un supporto per chi vive questo problema”.
IL PROGETTO ICEBERG
Un malato, però, non è mai solo. Dietro di lui si snodano rapporti familiari e di amicizia che vengono pesantemente colpiti. Proprio alla rete familiare della persona malata si rivolge il progetto Iceberg presentato nei suoi dettagli da Enrico Corti, presidente Fondazione La Ricerca, Fausta Fagnoni, responsabile di progetto Iceberg e Stefano Sandalo, direttore della cooperativa L'Arco. “Il nome Iceberg, scelto da un gruppo di cittadini e volontari, riflette la natura nascosta e insidiosa del gioco d'azzardo patologico – ha evidenziato Corti - Come un iceberg, il fenomeno mostra solo una piccola parte visibile, mentre la maggior parte dei danni rimane sommersa, causando gravi problemi personali, familiari e sociali. Il gioco d'azzardo, infatti, compromette il funzionamento psicologico, le relazioni familiari, la capacità economica, l'attività lavorativa e le relazioni amicali delle persone coinvolte. Per questo siamo profondamente convinti che servano azioni concrete anche da parte della politica per monitorare e arginare i danni che ne derivano”. Al direttore de L’Arco è spettato entrare nel dettaglio del progetto a partire dai in diversi ambiti di intervento in cui si articola. “Spazi ascolto, tutor dell’indebitamento, sensibilizzazione della comunità, percorsi formativi per operatori sociali, sanitari, educatori e insegnanti, interventi nelle scuole. Oltre alla presa in carico dei familiari, il senso del progetto Iceberg si sviluppa nelle azioni di sensibilizzazione della cittadinanza, delle associazioni, degli enti e istituzioni del territorio con l’obiettivo di far conoscere il fenomeno Gap, ovvero gioco d’azzardo patologico, e i rischi collegati e svilupparne la consapevolezza. In questi giorni, inoltre, è partita la campagna di sensibilizzazione "La pulce nell'orecchio", che utilizza l'immagine di una pulce per instillare il dubbio di fronte a comportamenti a rischio legati al gioco d'azzardo. La campagna fornisce numeri di telefono e contatti email a cui rivolgersi per chiedere aiuto. L'illustrazione della pulce è stata realizzata dall'illustratrice piacentina Alessandra Santelli”.
UNA PATOLOGIA DA AFFRONTARE INSIEME
Il gioco d'azzardo patologico rappresenta una minaccia significativa per il benessere della nostra comunità. Si può giocare facilmente quasi ovunque, la possibilità di giocare online è alla portata di tutti, anche dei più giovani, e vengono via via meno le norme che stabilivano le distanze di sicurezza delle sale da gioco dai centri abitati e altro ancora. Da qui l’urgenza di continuare a lavorare con le famiglie, con i ragazzi, con il territorio, dando informazioni corrette, rendendo evidenti le conseguenze della dipendenza e creando reti competenti e solidali in grado di aiutare chi è vittima di questa situazione. Con il progetto Iceberg, ci impegniamo a sensibilizzare, informare e supportare chi ne è affetto, lavorando insieme per costruire un futuro più sicuro e consapevole.
L’ÉQUIPE DI ICEBERG
Iceberg si basa su un’équipe dedicata di professionisti - psicologi, educatori, assistenti sociali - che in questi anni hanno approfondito il tema del gioco e appreso strumenti specifici per l’approccio e la presa in carico dei familiari dei giocatori come il metodo “5 Step”. Alcuni operatori de La Ricerca e dell’Arco hanno seguito il Training 5 step method (M5S) tenuto da Gill e Richard Velleman, docenti all’Università di Bath e fondatori di AFInet (Addiction and the family international network) per l’approccio e la presa in carico dei familiari dei giocatori. Segnaliamo, inoltre, la collaborazione pluriennale con l’associazione And (azzardo e nuove dipendenze), in particolare con Daniela Capitanucci e Roberta Smaniotto, e la formazione con Joel Tremblay (docente all’Université du Québec) sul metodo Icy-Pg (Integrative couple treatment for pathological gambling), utile in particolare per la terapia di coppia
Dieci milioni di euro dalla Regione per potenziare le opportunità di accesso ai Centri estivi: 3 in più rispetto agli anni precedenti, con un incremento delle risorse di oltre il 40%. Per i tre distretti sanitari del Piacentino sono, complessivamente, 618mila euro le risorse messe a disposizione. L’impegno, annunciato dall’assessora a Scuola e Welfare Isabella Conti, è confermato, e messo nero su bianco nella delibera approvata nei giorni scorsi dalla Giunta regionale. “Abbiamo voluto fortemente potenziare i Centri estivi, riconoscendone l’importanza fondamentale per le famiglie durante il periodo di sospensione delle attività scolastiche e anche il valore formativo che rivestono per i bambini e le bambine”, afferma Conti. “Con questo incremento di risorse, che passano da 7 a 10 milioni di euro, vogliamo garantire un'offerta più ampia, inclusiva e di qualità. Secondo le nostre stime, si potrà allargare la platea dei beneficiari del contributo regionale dai 26mila utenti sostenuti nel 2024 ai 36mila di quest'anno. È uno sforzo consistente ma necessario, perché i Centri estivi non rappresentano solo un sostegno concreto ai genitori che lavorano e che si trovano ad affrontare, nel lungo periodo delle vacanze estive, un problema quotidiano, ma anche un’opportunità di crescita, socializzazione e benessere con cui le ragazze e i ragazzi possono sviluppare competenze, vivere esperienze formative e divertirsi in sicurezza. Abbiamo mantenuto quanto promesso - chiude l’assessore - dimostrando che il welfare è al centro delle nostre politiche regionali”. Le famiglie residenti in Emilia-Romagna con figli tra i 3 e i 13 anni (nati dall’01/01/2012 ed entro il 31/12/2022) e i ragazzi con disabilità certificata fino ai 17 anni (nati dall’01/01/2008 ed entro il 31/12/2022) potranno beneficiare di un contributo massimo di 300 euro a figlio, nel limite di 100 euro a settimana, che concorreranno alla copertura totale o parziale, in funzione del costo effettivo, della rata di frequenza settimanale. Il “bonus retta” è destinato a genitori occupati, disoccupati in percorsi di politica attiva, o impegnati in compiti di cura, con un Isee familiare che viene alzato da 24mila a 26mila euro; nel caso di ragazzi con disabilità certificata non è previsto alcun limite rispetto all’attestazione Isee.
“Con questo investimento contiamo di allargare la platea dei beneficiari e investire più fondi nelle aree dove lo scorso anno più domande non sono state soddisfatte- aggiunge Conti-. Vogliamo ampliare la gamma delle opportunità, offrendo servizi educativi e di socializzazione, facilitando la conciliazione vita-lavoro e promuovendo un sistema sociale più forte e inclusivo. Si tratta di un tassello fondamentale nell’ambito del nostro obiettivo di sostegno alla natalità e all’istruzione, pilastri fondamentali per la crescita sociale ed economica dell’intero territorio". Le risorse, all’interno del progetto per il contrasto alle povertà educative e la conciliazione vita-lavoro finanziato dal Fondo Sociale Europeo Plus (Fse+), saranno ripartite tra i Distretti socio-sanitari della regione secondo due criteri: 70% (7 milioni di euro) in base alla popolazione residente in età 3-13 anni al 1 gennaio 2024, 30% (3 milioni di euro) in base alla domanda di accesso registrata nel 2024. La richiesta del contributo deve essere fatta al Comune/Distretto di residenza, indipendentemente dalla sede del Centro estivo: saranno infatti i Comuni/Unioni di Comuni aderenti al progetto a raccogliere le domande di accesso da parte delle famiglie residenti, a verificarne i requisiti e a concedere i contributi.
L’umanizzazione delle cure fa tanto bene ai pazienti quanto ai medici. Se infatti da un lato può migliorare l’aderenza ai trattamenti, nonché alleviare il dolore fisico e psichico di chi è in cura, dall’altro lato aiuta i medici a proteggersi dal burnout, contrastando lo stress e la frustrazione. Senza contare i benefici per una relazione medico-paziente e per un più generale rapporto tra operatori sanitari e utenti che, negli ultimi anni, è diventato sempre più difficile e complesso, fino a generare in alcuni casi episodi di aggressione, balzati agli onori della cronaca. Tutto questo parte da Piacenza, città dove il Collegio dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo) ha deciso di fondare la prima scuola italiana di “Humanities in Oncology”, tesa a creare una connessione tra l’oncologia, le scienze umane applicate in medicina e l’addestramento alla comunicazione. La scuola avviata a Piacenza, per la seconda serie di lezioni, grazie anche al sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Alla luce del gradimento rilevato e dei risultati emersi al termine della prima edizione pilota 2024 a cui hanno partecipato 21 oncologi rappresentativi delle diverse realtà regionali del Paese - afferma Luisa Fioretto, presidente Cipomo, socio fondatore della scuola, direttore del Dipartimento Oncologico dell’Azienda Sanitaria Toscana Centro –. siamo ancora più convinti di proseguire con la seconda edizione lungo la strada intrapresa. Nell’ambito dell’ampio tema dell’umanizzazione delle cure, tema ricorrente e sempre più attuale, la nostra scuola intende fornire un concreto contributo al passaggio da una concezione del malato come mero portatore di una patologia ad una concezione del malato come persona, con i suoi sentimenti, le sue conoscenze, le sue convinzioni rispetto al proprio stato di salute”. In questo contesto, imparare a umanizzare le cure è fondamentale non solo per il paziente, ma anche per il medico, che può così ridurre lo stress e il rischio di burnout. “Si tratta di un approccio all’oncologia, e alla medicina in generale, che può avere grandi vantaggi anche per il medico che impara ad adottarlo e a farlo proprio - racconta Luigi Cavanna, past president Cipomo e socio fondatore della scuola -. Umanizzare le cure, infatti, non è una dote innata ma è frutto di specifici percorsi formativi, tuttavia, in Italia, la formazione in questo ambito è ancora carente”. “Una lacuna a cui la nostra scuola vuole porre rimedio – prosegue Alberto Scanni, presidente emerito Cipomo e socio fondatore della scuola –. Il suo obiettivo è infatti quello di favorire l’apprendimento degli oncologi di quell’insieme di competenze comunicative, relazionali e umane necessarie nella professione. Sono competenze che restano spesso al di fuori dei normali percorsi formativi universitari e post-universitari”.
La scuola di Cipomo
La Scuola di Cipomo integra due ambiti solitamente distinti nella formazione sanitaria: le Medical Humanities e la Comunicazione in Oncologia. Inoltre, presenta una formazione esperienziale in cui non ci si limita a trasferire competenze o tecniche, ma si vuole allenare la capacità degli oncologi a monitorare e gestire la relazione con pazienti, familiari e colleghi. “La comprensione dell'assetto motivazionale con cui oncologo e paziente affrontano le loro interazioni plasma la loro possibilità di collaborare e perseguire obiettivi comuni – dichiara nella sua introduzione alle lezioni Fabio Monticelli, psichiatra e psicoterapeuta, presidente della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (Sitcc) –. Se il medico riesce a cogliere la motivazione di bisogno di protezione del paziente in tempo reale (tralasciando modalità a volte difensive) sarà in grado di rispondere in prima battuta alla ricerca di cura”. Con benefici anche per l’oncologo, una professione a elevato rischio burnout. “Burnout che spesso viene definito come una sorta di ‘compassion fatigue’, ovvero di affaticamento cronico da troppa compassione. In questo corso – precisa Simone Cheli, psicologo psicoterapeuta, professore della St. John's University e responsabile della progettazione didattica della scuola Cipomo – proponiamo una lettura alternativa: la compassione è per gli oncologi un antidoto al burnout nella misura in cui bilancia la presa di cura del paziente, con la presa di cura di se stessi e con un team in grado di supportarli”. “In un’ottica di formazione continua - conclude Fioretto - la Scuola è una vera e propria palestra per gli oncologi. Qui imparano e allenano competenze che vanno oltre quelle scientifiche, come la disponibilità all’ascolto, la capacità di comprendere il punto di vista soggettivo del paziente e di costruire insieme a lui un percorso nel rispetto dei suoi bisogni e della sua unicità, così come la capacità di creare insieme ai propri colleghi una rete costruttiva ed efficace di lavoro su cui il paziente possa contare”.
Comprare un gioco nuovo, per un bambino, è sempre una grande emozione. Comprare un gioco nuovo per un altro bambino, che sta vivendo un momento di difficoltà, è un gesto d’amore. L’iniziativa Gioco sospeso che abbracciata da Rossetti Market in favore della Pediatria donerà un sorriso a tanti bimbi che devono trascorrere qualche giorno in reparto, accuditi dal team guidato dal professorGiacomo Biasuccie dalla coordinatriceCarlotta Granata. Raccogliendo la proposta di Asso Giocattoli, associazione italiana delle imprese che operano nei settori giochi e giocattoli, prodotti di prima infanzia il mega store di Alseno ha raccolto oltre 1600 euro in prodotti che sono stati consegnati al reparto di Piacenza per allietare le giornate dei piccoli pazienti.
“Un altro bellissimo gesto di solidarietà a favore della nostra Pediatria – ha commentatoil professor Biasucci accogliendo il titolare del mega storeGiuseppe Rossetti eJessica Filippi, responsabile marketing – Nel segno delle linee guida date dal nostro presidente della Regione Emilia-Romagna Michele de Pascale, come Azienda abbiamo sempre puntato a mettere centro il paziente e il suo percorso di cura, privilegiando una risposta integrata ai suoi bisogni di salute puntando su umanizzazionee personalizzazionedella cura e gentilezza delle relazioni. Prestiamo grande attenzione al benessere complessivo dei nostri pazienti unendo la cura del corpo a quella emotiva attraverso percorsi sempre più umanizzati, stanze colorate, lo spazio giochi e incontri con educatori. Siamo profondamente convinti che il gioco abbia un’importante funzione terapeutica, motivo per cui lo incoraggiamo. Questa donazione si inserisce pienamente nella nostra filosofia, offrendo ai bambini e ai ragazzi ricoverati un’occasione di svago che può contribuire al loro percorso di guarigione”. Concetto ripreso da Carlotta Granata. “Il tempo che sembra passare troppo alla svelta, quando sei in ospedale non passa mai e per i bambini è importante avere momenti di svago che aiutano a distrarsi dalla loro situazione e vivere meglio la permanenza in ospedale. Questi giochi ci saranno molto utili per far star bene i nostro piccoli pazienti”.
“Quando Asso Giocattoli ci ha invitato a partecipare a questa iniziativa – hanno quindi evidenziatoGiuseppe Rossetti eJessica Filippi – abbiamo abbracciato subito l’idea. Non ci aspettavamo una risposta così entusiasta da parte della cittadinanza e della famiglia, la risposta che abbiamo ricevuto è stata ben oltre le nostre aspettative. È stato commovente vedere bambini che compravano un gioco non per se stessi ma per un altro bambino che neppure conosceva. Una grande insegnamento di altruismo e generosità di cui siamo orgogliosi di esserci fatti portavoce”.
Nella foto, da sinistra Giuseppe Rossetti, Carlotta Granata, Giacomo Biasucci e Jessica Filippi.
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