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Notizie Varie

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Viaggi d’estate: Borgonovo

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Borgonovo nasce come insediamento fortificato, fondato nel 1196 per fungere da scudo contro scorrerie ostili nel territorio del Comune di Piacenza.
Gli fu dato nome “Borgus Novus”, con chiara derivazione dal tedesco “burg”, che significa “castello”.

La pianta originaria era rettangolare, con vie ad angolo retto e due porte, una a nord e una a sud, un impianto che può ancora essere indovinato nella forma del paese.
Dopo solo tre anni, tuttavia, le milizie pavesi misero l’insediamento a ferro e fuoco, così che la ricostruzione coincise con la costruzione della rocca, indispensabile come potenziamento delle difese.

Nella prima metà del XIII secolo la fortezza fu poi abbattuta dagli stessi piacentini, perché non cadesse nelle mani di Federico II che, insediatosi a Pavia, aveva mire su Piacenza.
Nel corso del XIV secolo Borgonovo passò alla famiglia Arcelli che nel 1412 ricevette da Filippo Maria Visconti alcuni territori della “Contea Valtidone”.
Anni più tardi, gli Arcelli i rapporti fra Arcelli e Visconti si deteriorarono e Filippo Maria inviò contro il paese l’esercito del Carmagnola il quale, uccisi Bartolomeo e Giovanni Arcelli, costrinse Filippo Arcelli a consegnare i suoi possedimenti al duca di Milano e a fuggire a Venezia.
Divenuto marchesato, il centro passò di mano altre volte, andando prima ai Piccinino e poi agli Sforza e ai marchesi Zandemaria, che vi governarono fino agli inizi del XIX secolo.

Borgonovo ha visto la propria popolazione crescere in anni recenti: il censimento del 2011 ha registrato 7600 persone, in netto aumento rispetto alle 6800 del 2001.
Il Comune vanta la presenza della Cantina Valtidone, la più grande azienda vinicola della provincia di Piacenza e una fra le 100 maggiori cantine d’Italia.

La parrocchia di Borgonovo costituisce il centro dell’Unità pastorale 3 del vicariato della Val Tidone, e include Ziano, Albareto, Bilegno, Breno, Castelnovo V.T., Corano, Fabbiano, Fornello, Mottaziana, Seminò, Vicobarone e Vicomarino.
In questi paesi si segnalano antiche chiese, che qui menzioniamo.

Santa Maria Assunta, nel centro abitato di Borgonovo, è una chiesa in stile neogotico costruita nel XIII secolo e poi, dopo danneggiamenti e devastazioni che colpirono il paese, ricostruita e ristrutturata per essere infine riconsacrata da monsignor Campesio il 21 settembre 1455.
La torre campanaria, in stile romanico, risale al XIII secolo ed è quindi probabilmente parte dell’edificio originario.

Fra il 1998 e il 2000 la chiesa è stata arricchita con le vetrate realizzate dal prof. Franco Corradini, artista piacentino. I disegni raccontano episodi della vita di Maria.
Al 1998 risalgono anche la mensa in marmo con paliotto scolpito a bassorilievo, sull’altar maggiore, e l’ambone in marmo con frontale a bassorilievo, entrambi opera dello scultore Paolo Perotti.

Sant’Antonino Martire è la chiesa di Corano, e la tradizione vuole che sorga su un luogo di culto antichissimo, risalente agli anni costantiniani dell’impero romano. La prima evidenza documentale che riguardi la chiesa è però del 1346.
Il campanile fu aggiunto solo nel 1883.
La chiesa ha avuto ripetuti problemi strutturali e di conservazione, risolti finalmente con il grande restauro del 2005.

La facciata a capanna, decorata ai lati con lesene binate in leggero aggetto con cornice modanata che chiude il frontone triangolare, ha un unico portale rettangolare in posizione centrale.
La chiesa sorge nel centro dell’abitato ed affaccia su un ampio sagrato.

Sant’Ilario Vescovo a Breno è una chiesa con origini che risalgono al XII secolo.
Più volte rimaneggiata nel corso degli anni, è stata restaurata fra 1998 e 2002.
La facciata è realizzata in mattoni a vista ed a vento, mono cuspidata, rinserrata agli angoli da contrafforti a tutta altezza.
C’è un unico portale d’accesso, centrale e sormontato da arco a tutto sesto, strombato. La lunetta al di sopra del portale è decorata con mattonelle in cotto poste a spina di pesce.

San Martino Vescovo, chiesa di Castelnovo, è stata costruita negli anni '50 malgrado l’autorizzazione del consiglio comunale di Borgonovo fosse arrivata già nel 1899.
L’edificio fu finalmente consacrato il 24 agosto 1958 da mons. Antonio Samorè.
La chiesa ha una facciata a capanna con grande portale centrale e internamente si presenta ad aula unica, con quattro piccole cappelle laterali.
Le volte interne hanno forma neogotica.
Negli anni 60’ l'abside fu affrescato dal prof. Luciano Ricchetti con la rappresentazione del "Trionfo della Croce, mentre il portale d'ingresso venne scolpito da Paolo Maserati.

San Giorgio, chiesa di Bilegno, è un edificio risalente al XVIII secolo ma l’esistenza di una importante plebana è documentata fin dal 1279.
La chiesa sorge in centro al paese, affacciata su ampio sagrato in ciottoli.
La facciata a capanna in conci di pietra a vista presenta due nicchie che ospitano le statue di San Pietro a sinistra e San Giovanni Battista, con l’unico portale, rettangolare, in posizione centrale.

San Paolo Apostolo, chiesa di Ziano, risale al XVIII secolo ma sorge su quello che era un luogo di culto segnalato già in documenti del 1373.
Al suo interno custodisce l’ottocentesca Via Crucis del pittore borgonovese Luigi Achille.
La facciata è in stile neoclassico, su due ordini, con due nicchie a tutto sesto che ospitano le statue di San Pietro e San Paolo.
Una finestra cieca rettangolare, sormontata da frontoncino triangolare, sovrasta il singolo portale rettangolare in posizione centrale.

Santi Nabore e Felice, ad Albareto, ha una facciata in stile barocco decorata da una nicchia centinata centrale che accoglie l'affresco raffigurante la Madonna con Bambino, mentre altre due nicchie, più in basso e sui due lati dell’unico portale centrale, accolgono gli affreschi raffiguranti San Nabore e San Felice, rispettivamente a destra e a sinistra.
La data di edificazione non è conosciuta, ma l’edificio fu consacrato dal vescovo mons. Scappi nel 1632.

Visitazione della Beata Vergine, sorge a Fornello.
Non ci sono notizie sul periodo di costruzione ma c’è menzione di un oratorio in documenti pastorali del 1776.
Fornello è diventata parrocchia solo durante il XX secolo.
Fra il 1970 e il 1980 gli interni sono stati arricchiti con una mensa in marmo bianco su pilastro centrale a forma di clessidra con decorazione centrale in marmo policromo a forma di libro sacro aperto.
Esternamente l’edificio si presenta in mattoni a vista, con una facciata a capanna con rampanti e cuspide curvilinea.

San Colombano Abate, in Vicobarone, sorge all'interno del centro abitato, preceduta da un profondo sagrato, sopraelevato rispetto la piazza da una scalinata di quaranta gradini in pietra.
La facciata è neoclassica, con campanile a filo, addossato sul lato destro.
Fu edificata con lavori che si protrassero dal 1854 al 1857, su progetti dall'ingegnere Garzotti di Borgonovo.
Risulta essere stata in precedenza una dipendenza della pieve di Castel San Giovanni, con menzioni documentarie risalenti al 1345.

Santi Quirico e Giulitta, di Vicomarino, ha facciata barocca in mattoni a vista, a vento su due ordini tripartiti e rinserrati agli angoli da lesene tuscaniche.
La data di costruzione è sconosciuta, ma si situa probabilmente nei primi anni del 1600.

San Miniato martire, in Seminò, risale al XV-XVI secolo.
Ѐ costituito da un'aula unica con una cappella dedicata alla Madonna del Carmelo.
All'interno è presente un dipinto raffigurante san Giovanni Battista, donato da Ranuccio Scotti nel 1722.
La mensa in marmo bianco, aggiunta negli anni 1980’ ha un paliotto scolpito a bassorilievo, con figure di Cristo tra i Santi Pietro e Paolo.
La terminazione “a cipollone” del campanile risale al restauro del 1994 curato dall'architetto Enrico Panelli.

Gabriele Molinelli

Pubblicato il 27 luglio 2019

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Viaggio alla scoperta della Val Tidone: Pianello e dintorni

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Pianello, come la Val Tidone di cui è parte, è un luogo denso di stratificazioni storiche e culturali.
Esistono tracce archeologiche di insediamenti umani in tutte le epoche, dalla preistoria ad oggi.
Il suo nome probabilmente rimanda alla sua posizione, in una zona pianeggiante stretta fra il fiume Tidone e il torrente Chiarone.
Importanti reperti archeologici sono stati rinvenuti nell’area e sono conservati nel museo Archeologico della Val Tidone, all’interno della rocca municipale.
I resti dell’abitato di età romana sono stati parzialmente riportati alla luce e sono visibili in due piccoli scavi nell’area del cimitero locale.

Nel territorio comunale, sulla piana di San Martino, un crinale che separa le valli del torrente Chiarone e del Rio Tinello, è stato rinvenuto un intero insediamento, anche questo stratificato a testimoniarne la continuata esistenza fino nell’alto medioevo.
Sito in una posizione facilmente difendibile, questo insediamento era abitato nei turbolenti tempi delle invasioni barbariche e della missione di san Colombano.

Pianello fece parte dei possedimenti dell’abbazia colombaniana di Bobbio durante il VII secolo.
Celle monastiche documentate esistevano ad Arcello, Azzano, Casanova, Gabbiano, Rocca Pulzana e Monte Aldone.
Ai monaci era passato anche il possesso della maestosa Rocca d’Olgisio, imprendibile fortificazione con sei ordini di mura che tuttora domina dall’alto la vallata con la sua sagoma inconfondibile.
La rocca risale almeno al IX secolo, ma secondo alcune leggende l’originario fortilizio sarebbe molto più antico e la sua fondazione sarebbe dovuta a Giovannato Miles, padre delle sante Liberata e Faustina.
Nella sua lunga storia è stata testimone di importanti fatti d’armi.
Ripetutamente assediata dagli eserciti che si contesero la Val Tidone, agli inizi del 1500, mentre era, come tutta l’area di Pianello, parte dello stato della famiglia Dal Verme, dovette resistere all’assalto dell’esercito francese che in otto giorni la bersagliò con oltre 1000 colpi di cannone, abbattendo solo un torrione.
L’imprendibile fortilizio cadde soltanto a seguito del tradimento di parte della sua guarnigione.

Nella seconda guerra mondiale fu una base per la divisione partigiana Giustizia e Libertà di Piacenza. Per questo motivo, subì due attacchi tedeschi. Entrambi videro come protagonista il leggendario Giovanni Lazzetti, partigiano conosciuto in zona come Ballonaio, il quale riuscì a respingere i nemici solo al loro primo attacco. La seconda volta, i tedeschi scacciarono i partigiani e demolirono con gli esplosivi alcune parti della fortezza.
Dal 1979, il complesso è di proprietà della famiglia Bengalli, che con notevoli sforzi, un continuo impegno e un attento restauro è riuscita a salvare quello che viene oggi definito il più leggendario e bel castello della provincia, aprendolo alle visite.

Il castello sorge su uno sperone roccioso ricco di grotte che combinano interessi archeologici, dovuti alla presenza umana in età neolitica, a quello naturalistico.

Sulla piazza centrale del paese si affaccia la rocca municipale, oggi sede del Comune e del Museo Archeologico.
Fu fatta costruire nel XIV secolo dai Dal Verme, sulle rovine di un castello pre-esistente distrutto dalle armate dell’imperatore Federico Barbarossa nel 1164.

La chiesa parrocchiale risale al 1250, ma le ricche decorazioni interne sono molto più recenti e la facciata in stile barocco fu edificata nel 1712.
Degni di nota il coro ligneo, risalente al 1777, e l’organo.
L’altare maggiore risale a sua volta al 1777 ed è una pregevole realizzazione in marmi policromi.
Si segnala anche una statua lignea della Madonna del Carmine, nella cappella del coro a sinistra dell’altare, che è di scuola fiamminga del 1607.
Il campanile è del 1683 e con i suoi 45 metri, con la sua sfera dorata in cima, svetta più alto di tutti gli altri campanili della valle.

Il santuario mariano della frazione di Strà, eretto nel 1958 per iniziativa del compianto parroco Andrea Mutti, sorge sul luogo dell’eccidio di nove civili inermi, assassinati brutalmente il 30 luglio 1944 da truppe tedesche di ritorno da un fallito assalto alla rocca d’Olgisio tenuta dai partigiani.
Una cripta sotto al santuario conserva i loro nomi e quelli di tutti gli altri caduti piacentini.

Di recente il santuario si è arricchito di una pregevole scultura bronzea di san Giovanni Paolo II e il tempio custodisce ora una reliquia dell’amato pontefice: una ciocca di capelli concessa dall’autorità vaticana.

Gabriele Molinelli

Pubblicato il 26 luglio 2019

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Tempo di Grest: dedicare le proprie vacanze al servizio dell'altro

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L’estate: tempo di cortili in cemento bollenti, campi di grano dorati e bambini sudati che pedalano veloci sotto il Sole, ma non solo: per le parrocchie, è anche e soprattutto tempo di Grest. Ogni anno, in questi mesi caldi e pigri, tante famiglie affidano i loro bambini e ragazzi alle cure degli educatori e animatori degli oratori italiani.
Il Grest quindi non è solo fatto di bambini, ma anche e soprattutto di adolescenti che scelgono di dedicare le proprie vacanze al servizio dell’altro.
Per raccontare e “assaggiare” un briciolo di questa esperienza, ci affidiamo alle parole di un educatore dell’Oratorio San Filippo Neri di Castel San Giovanni: “Mi chiamo Mattia Bossi e sono educatore nell’oratorio di Castel San Giovanni dal 2014. Sono nell’ambiente dell’oratorio sin da piccolo, ho frequentato il Grest da ragazzo e quando si è presentata l’occasione, mi sono proposto per fare l’educatore. Questo ruolo permette di osservare il Grest da un nuovo punto di vista, scoprendo tutto un altro mondo rispetto a quello che sembra, quando lo si vive da ragazzo: ci sono privilegi da un lato, ma anche molte responsabilità dall’altro. In particolare ricordo che quando ero educatore i primi anni, c’erano tantissimi bambini e mille cose da fare".
"È stato un ambiente stimolante: non mi sono mai trovato senza cose da fare, ogni giorno bisognava preparare i giochi, far partecipare i bambini, gestire le criticità. Però da educatore giovane ho sempre potuto contare sui miei responsabili, figure di riferimento che mi hanno guidato e indirizzato verso le scelte giuste. Poi, dopo due o tre anni mi è stato proposto di assumere il ruolo di responsabile. Così mi si è aperto un altro mondo ancora: i doveri si moltiplicano a dismisura ed è molto più difficile, perché spesso ti trovi a dover richiamare anche chi ha la tua stessa età.".
“L’esperienza da educatore è da provare, perché ti dona una diversa chiave di lettura sulle cose, ti dona molta più responsabilità di quanta tu non abbia a quell’età e ti aiuta a capire se il tuo futuro è stare coi bambini. Non è facile, ma può portare anche molte soddisfazioni sul lato organizzativo, sociale e affettivo. Può farti capire molte cose su di te che prima non sapevi".

Paolo Prazzoli

Pubblicato il 25 luglio 2019

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Fino al 30 settembre ecobonus per sostituire i mezzi più inquinanti

Riaperto il bando: domande online fino al 30 settembre 2019. Contributi fino a 3000 euro per chi cambia la vecchia auto fino alla classe euro 2 a benzina ed euro 4 a diesel e ne acquista una elettrica, ibrida, a metano o gpl

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Riapre il bando regionale per richiedere gli ecobonus e dare la possibilità ai cittadini dell’Emilia-Romagna di ottenere un rimborso per sostituire una vecchia auto con un mezzo più ecologico.
C’è tempo fino al 30 settembre 2019 per fare richiesta del contributo.
Fino a 3 mila euro per chi deciderà di sostituire la propria auto, compresi i diesel euro 4, e acquistare un nuovo modello a basso impatto ambientale o a zero emissioni, come nel caso delle auto elettriche.
I contributi sono concessi indipendentemente dal reddito o dall’Isee del richiedente.
A questa misura di contrasto per smog e polveri sottili che verrà finanziata con 4 milioni di euro dalla Regione, potranno essere abbinate altre iniziative per incentivare la mobilità sostenibile, tra cui lo sconto di almeno il 15% sul prezzo di listino da parte dei concessionari, che hanno aderito al protocollo approvato dalla Regione con Anfia, Unrae e Federauto.

Potranno richiedere il contributo i cittadini che risiedono in un comune dell’Emilia-Romagna e rottamano, o hanno rottamato a far data dal 1° gennaio 2019, un’autovettura, di propria proprietà o di un cittadino residente in Emilia-Romagna (che abbia dato il consenso): fino alla classe euro 2 per le auto a benzina e fino alla classe euro 4 per le diesel.
Gli incentivi riguardano l’acquisto di un’autovettura nuova di prima immatricolazione a esclusivo uso privato, ad alimentazione elettrica, ibrida (benzina/elettrica), a metano (mono e bifuel benzina), gpl (mono e bifuel benzina).
Queste ultime tre categorie – ibride, metano e gpl – devono essere di classe ambientale euro 6.
La procedura per la richiesta di contributo si articola in tre fasi tutte online: prenotazione del contributo, invio dell’ordine di acquisto e rendicontazione attraverso un applicativo regionale disponibile dall’8 luglio.
Per accedere è necessario ottenere le credenziali informatiche attraverso i sistemi di identità digitale Federa (www.federazione.lepida.it) oppure Spid (www.spid.gov.it/richiedi-spid).
La graduatoria dei soggetti beneficiari sarà stilata secondo l’ordine di arrivo delle prenotazioni on line, fino ad esaurimento del plafond disponibile.

La richiesta dell’ecobonus può essere fatta nella sezione dedicata del portale della Regione: www.regione.emilia-romagna.it/mobilitasostenibile.

Pubblicato il 26 luglio 2019

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Come si misura la felicità

Dal reddito alla rete di amici all’alimentazione: un libro di Luciano Canova

lucianocanova
È in libreria “Il metro della felicità”, opera di 160 pagine di Luciano Canova, ricercatore e docente di Economia Comportamentale alla scuola “Enrico Mattei” di Milano.
Il libro è stato presentato a Piacenza per iniziativa dell’Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti).

Ma come si misura la felicità?
“Nel libro - dice l’autore - preciso che non c’è una sola risposta. Alla fine prevale l’idea che sia molto difficile fornire una risposta univoca al quesito, ma che piuttosto sia utile porsi alcune domande fondamentali. Gli economisti quando provano a misurare il benessere di una persona, una comunità o un’impresa hanno a cuore la felicità. Per far ciò io parto descrivendo la metrica con cui tradizionalmente l’economia misura il benessere, ovvero il reddito. Questo è un fattore fondamentale nella qualità della vita”.

“Il denaro – sottolinea Canova - è fondamentale per garantire una vita dignitosa. Tuttavia a livello individuale credo che le persone si accorgano bene che la felicità non dipende solo dai soldi ma anche da altri fattori, come le relazioni sociali o il lavoro. C’è una certa saggezza nella vita pratica, il difficile è poi comunicarla. Ci siamo abituati all’immediatezza, alla sintesi, alla velocità di comunicazione, ma ci sono cose che necessitano di tempo e di risposte non univoche”.

Nel misurare la felicità – emerge nel libro – c’è una componente istantanea e contingente, legata a quello che ci succede, e c’è una componente più strutturale, più legata al reddito, alla nostra rete amicale, al lavoro, al nostro regime alimentare...
“Il prodotto interno lordo – afferma Canova - ci dà un’istantanea della salute del processo produttivo di un Paese. Sarebbe opportuno però mettere sul tavolo più misure per capire lo stato di benessere delle persone. Molti governi in realtà lo stanno capendo, anche se il problema diventa veicolare un messaggio così complesso alla gente comune. È fondamentale, perché se riesci a farlo tanti fenomeni che a prima vista non sembrerebbero spiegabili cominciano ad avere un’interpretazione”.

Pubblicato il 24 luglio 2019

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