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Notizie Varie

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Secondo trimestre economico in Regione, gli effetti della pandemia

 occupazione in emilia romaga, dati istat

Al termine del secondo trimestre la pandemia ha prodotto l’attesa e brusca riduzione degli occupati (-3,3 per cento) che scendono a 1.988.372. Il colpo inverte la tendenza per la media degli ultimi 12 mesi (-0,4 per cento). Ma nel trimestre la disoccupazione è scesa al 4,6 per cento e la tendenza positiva si conferma per la media del periodo da luglio 2019 a giugno 2020 (5,3 per cento) un valore non raggiunto dal quarto trimestre 2011. L’apparente contraddizione si spiega nelle variazioni contrarie delle forze di lavoro (-3,5 per cento) e delle non forze di lavoro (+3,6 per cento) indotte dalla pandemia, che ha prodotto un’ampia fuoriuscita dal mercato del lavoro con l’aumento di chi non cerca e non è disponibile a lavorare.

 I dati di Unioncamnere

Unioncamere Emilia-Romagna ha elaborato i dati Istat relativi al mercato del lavoro. L’effetto della pandemia si è manifestato interrompendo la tendenza positiva dell’occupazione e determinando una consistente uscita dal mercato del lavoro. Al termine del secondo trimestre 2020 gli occupati in Emilia-Romagna sono scesi a poco più di 1 milione e 988 mila con una brusca, ma attesa, riduzione di 68 mila unità (-3,3 per cento) sullo stesso trimestre dell’anno precedente. Nello stesso tempo, i disoccupati sono scesi a quota 95.552 (-7,9 per cento), con una forte riduzione del tasso di disoccupazione al 4,6 dal 5,5 per cento, il minimo rilevato dal terzo trimestre 2011. La spiegazione di questo movimento apparentemente contraddittorio e il segnale forte dell’effetto della pandemia sul mercato del lavoro appare dato dalla riduzione delle forze di lavoro (-3,5 per cento) e dall’aumento delle non forze di lavoro (+3,6 per cento). Questi movimenti, appena accennati nel trimestre precedente, colgono l’uscita dal mercato del lavoro imposta dal lockdown ad alcune categorie di lavoratori, non protetti dalle misure adottate a salvaguardia dell’occupazione. Costoro vanno ad accrescere il numero di chi, nella speranza di riprendere la propria attività, viene collocato nelle non forze di lavoro in età lavorativa tra coloro che non cercano e non sono disponibili a lavorare determinandone un aumento di quasi 66mila unità (-11,0 per cento).

L'occupazione in agricoltura sale

L’andamento dell’occupazione è estremamente differenziato nei principali settori economici. Rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno, l’occupazione in agricoltura continua a salire con un ritmo a due cifre (+17,9 per cento) e ha toccato quota 77mila. Invece, nell’industria fa un notevole passo indietro scendendo a quota 516 mila (-8,1 per cento), raddoppiando la velocità della discesa del trimestre precedente. Al contrario l’occupazione delle costruzioni conferma la ripresa, come solitamente avviene all’avvio di una crisi, salendo a quota 104 mila (+6,2 per cento), anche in questo caso con una notevole accelerazione. Si interrompe la serie oscillante di risultati positivi e negativi, ma con una tendenza complessiva moderatamente positiva dell’occupazione nell’insieme dei servizi, che nel trimestre è arretrata del 3,0 per cento e si è assestata a 1.291.308 unità. A determinarne il movimento è stata l’inversione in negativo della tendenza dell’occupazione negli altri settori dei servizi, risultata pari a 926.167 persone con un calo del 2,1 per cento, mentre nei settori del commercio e dell’alberghiero e ristorazione prosegue da 18 mesi la tendenza negativa che nel secondo trimestre 2020 ha ridotto gli addetti a 365.142 (-6,4 per cento).

Pubblicato il 23 settembre 2020

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Consegnata ai diciottenni di Gragnano la Costituzione

 Gragnano consegna della costituzione ai diciottenni

“Non si è potuta svolgere, come di consueto, il 17 marzo, nella giornata che ricorda la nascita del Regno d’Italia (17 marzo 1861) a causa della pandemia, ma non potevamo rinunciare a un momento tanto significativo, qual è l’ingresso, a pieno titolo, dei nostri diciottenni nella comunità degli adulti con l’assunzione di diritti e doveri conseguenti. Così abbiamo scelto di svolgere la cerimonia alla vigilia di un altro anniversario importante della storia del nostro Paese quella della breccia di Porta Pia (20 settembre del 1870)”. Così commenta Patrizia Calza, sindaco del comune di Gragnano che, nella giornata che ricorda in sostanza la fine del potere temporale del Papa con l’annessione al Regno d’Italia dei territori prima dello Stato della Chiesa e quindi la denominazione di Roma Capitale d’Italia, ha chiamato a raccolta i diciottenni del territorio per consegnare loro la Costituzione italiana. Come ricordava Pietro Calamandrei – Padre costituente - ai giovani dell’Università di Milano, in un famoso discorso sulla Costituzione del 1955, il cui sonoro è stato riproposto, in estratto, ai giovani gragnanesi, “La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità”.
Quello di Calamandrei è in sostanza l’invito alla partecipazione alla vita del proprio Paese e della propria comunità e alla cittadinanza attiva che il sindaco Patrizia Calza, che ha ripercorso in breve la storia del cammino dell’Italia verso la democrazia, con gli assessori Alessandra Tirelli, Marco Caviati e Cristiano Schiavi hanno rivolto ai ragazzi e alle ragazze presenti all’evento. Si tratta di Alessandro Bacci, Federico Beretta, Elena Bersani, Arianna Bianchi, Michele Bianchi, Lara Bocciarelli, Gaia Cassinari, Camilla Galli, Davide Guida, Francesco Lanza, Michele Repetti, Angela Sfolcini. Un invito al coinvolgimento e alla corresponsabilità è stato fatto coralmente anche dai rappresentanti delle associazioni locali: Avis, Anspi Gragnanino-Madonna del Pilastro, Polisportiva Campremoldo sopra, Pro Loco, G.S. Costa, MCL e Anspi Casaliggio. Vittorio Barbieri Ripamonti, non potendo essere presente, ha ritirato la Costituzione, davanti all’ingresso del seggio elettorale, dove avrebbe esercitato per la prima volta quel diritto di voto che i Padri Costituenti, nell’art. 48 vollero, libero, uguale, segreto e universale.

Pubblicato il 23 settembre 2020

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Paolo Calandri è il nuovo presidente del Consorzio di Bonifica

Paolo Calandri nuovo presidente del consorzio di bonica di piacenza

Paolo Calandri è il nuovo Presidente del Consorzio di Bonifica di Piacenza e traghetterà l’ente fino alle elezioni in programma il prossimo dicembre.
Ad eleggerlo è stato il Consiglio di Amministrazione (CDA) dell’Ente nella seduta di lunedì 21 settembre.
Paolo Calandri, succede a Fausto Zermani, mancato improvvisamente lo scorso 9 settembre dopo essere stato alla guida del Consorzio di Bonifica dal 2006, prima come Presidente del Consorzio di Bonifica Bacini Tidone e Trebbia e poi, dal 2010, come Presidente dell’attuale Consorzio di Bonifica di Piacenza (subentrato ai soppressi Consorzi di Bonifica Bacini Piacentini di Levante e Bacini Tidone e Trebbia).
Durante la seduta del CDA è stato anche reintegrato il Comitato Amministrativo nella sua composizione statutaria ed è stato nominato Vicepresidente Giampiero Silva.
Ora il Comitato Amministrativo è così composto: Paolo Calandri (Presidente), Alberto Bottazzi (Vicepresidente), Giampiero Silva (Vicepresidente), Stefano Riva e Giampiero Cremonesi.

Pubblicato il 22 settembre 2020

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Il senatore Alberto Bagnai in visita alla Basilica di Santa Maria di Campagna

 senatore alberto bagnai in visita alla basilica di santa maria di campagna

«Un monumento sorprendente». Sono le prime parole pronunciate dal senatore Alberto Bagnai appena sceso dalla Cupola di Santa Maria di Campagna. Il parlamentare, fino a pochi giorni fa presidente della Commissione Finanze di Palazzo Madama, dopo aver partecipato alla 30ª edizione del Coordinamento legali Confedilizia, ha percorso la Salita al Pordenone accompagnato dal parlamentare piacentino sen. Pietro Pisani e accolto dal presidente esecutivo della Banca di Piacenza Corrado Sforza Fogliani.
«Il recupero di questo camminamento - ha proseguito il sen. Bagnai - è un esempio virtuoso di come la banca locale, attraverso la valorizzazione di un monumento, porti vantaggi alla città. E di simili esempi se ne incontrano ben pochi in giro per l’Italia».
A ricordo della visita il senatore ha ricevuto in dono alcune pubblicazioni della Banca (tra le quali, il catalogo del Pordenone e il volume su Santa Maria di Campagna di padre Andrea Corna).

Pubblicato il 22 settembre 2020

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Fu Cavour a delineare la strada per la presa di Roma

Sala Panini di Palazzo galli piacenza

Ricordata dalla Banca di Piacenza la ricorrenza dei 150 anni dell’Italia unita con la presentazione del libro “Libera Chiesa in libero Stato”, curato da Corrado Sforza Fogliani, che riporta tre memorabili discorsi del grande statista. Omaggio a Prefetto, Questore e Comandante dei carabinieri, per la prima volta a Palazzo Galli

L’Italia ha appena compiuto 150 anni. Era, infatti, il 20 settembre del 1870 quando le truppe italiane entrarono a Roma attraverso Porta Pia. La storica data è stata ricordata dalla Banca di Piacenza a Palazzo Galli con la presentazione di una pubblicazione edita da Libro Aperto (“Libera Chiesa in Libero Stato - Roma capitale d’Italia”) curata da Corrado Sforza Fogliani con postfazione di Antonio Patuelli. All’incontro culturale - che si è svolto in Sala Panini, con le sale Verdi e Casaroli videocollegate - erano presenti il prefetto Daniela Lupo, il questore Filippo Guglielmino e il comandante provinciale dei Carabinieri Paolo Abrate, tutti da poco a Piacenza e per la prima volta a Palazzo Galli: una circostanza sottolineata dal presidente esecutivo Corrado Sforza Fogliani che, com’è tradizione della Banca, ha loro donato il volume dedicato proprio al palazzo di rappresentanza dell’Istituto di credito di via Mazzini.
Il libro su Roma capitale - distribuito al termine della conferenza a tutti i presenti - riporta i tre discorsi che Camillo Cavour tenne alla Camera e al Senato Regio tra il marzo e l’aprile del 1861, «discorsi - ha sottolineato l’avv. Sforza Fogliani - da (e di un) grande statista, nei quali il Presidente del Consiglio delineò lucidamente, con ferrea ed esemplare logica, mista a vivo amore patriottico, le ragioni incontrovertibili che volevano Roma capitale del nuovo Stato liberale». L’autore della pubblicazione ha spiegato come la Presa di Roma non possa considerarsi «un episodio» bensì «la conclusione di un processo di totale cambiamento dell’Europa» con la caduta di Napoleone III (1870), la nascita della Germania e il ridimensionamento degli stati francese e austriaco: «Un insieme di coincidenze che permisero il coronamento del sogno di Cavour, coltivato fin sul letto di morte (mancato, giovanissimo, appena superati i 50 anni)». A Roma - disse in buona sostanza il conte - ci si doveva andare con l’accordo della Francia («per non scatenare un conflitto internazionale»), che considerava lo Stato della Chiesa un suo protettorato; «ma ci si doveva andare - ha rimarcato l’avv. Sforza nella sua disamina della Presa di Roma dal punto di vista storico - invocando il principio di libertà. Era necessario che i cattolici italiani si convincessero che (come fu poi dimostrato con la legge della Guarentigie nel 1871) si sarebbe potuta, come si potè, conservare l’indipendenza del Papato. Il principio di libertà, spiegò Cavour, applicato alla società religiosa era un “principio nuovo”, nel quale si doveva credere e per la cui affermazione ci si doveva battere così come egli si batteva. E ciò ben sapendo, disse il conte con ironia, che se la Chiesa avesse accettato il principio di libertà, si sarebbe subito formato un partito cattolico che lo avrebbe costretto a finire la carriera sui banchi dell’opposizione». La Chiesa, come noto, non accettò («la fase diplomatica non andò a buon fine perché Pio IX non voleva consegnare ai suoi successori uno Stato Pontificio a sovranità ridotta») e per tutta risposta adottò il Sillabo contro le libertà di ogni tipo, compresa quella religiosa.
Dopo lo spostamento della capitale da Torino a Firenze - tappa di avvicinamento alla soluzione finale - dal 6 settembre del 1870 iniziarono i primi movimenti per la conquista (militare) di Roma, perché fu allora che avvenne il ritiro della guarnigione francese. Tutto avvenne senza particolari spargimenti di sangue, anche per la debole opposizione dei soldati pontifici. L’avv. Sforza ha poi posto l’accento sul discorso di Cavour del 9 aprile 1861 (“Libera Chiesa in libero Stato”): «Una lettura confortante - ha osservato - che la dice lunga sulla qualità della classe politica che aveva allora l’Italia. Più che un discorso, è un teorema matematico sul perché e sul come l’Italia doveva raggiungere Roma e possiamo dire che ci arrivò proprio nei tempi previsti dal conte». E trattando degli uomini che fecero l’Italia e della loro statura politica, l’avv. Sforza ha concluso il suo intervento facendo un parallelo con Einaudi: «Nel suo messaggio d’insediamento alla Presidenza della Repubblica espresse un concetto magnifico: “Voi mi avete eletto e io accetto volentieri, ma la cosa che più mi dispiace è che non potrò più partecipare ai dibattiti in Senato e quindi non avrò più il piacere intellettuale di cambiare idea sentendo i discorsi degli avversari politici”».
Il ten. col. Massimo Moreni del 2° Reggimento Pontieri ha trattato l’aspetto militare della Presa di Roma, spiegando che fondamentale per il via libera all’operazione fu il ritiro della guarnigione francese. «A quel punto le forze in campo erano decisamente squilibrate - ha rilevato il col. Moreni -: 60mila soldati italiani contro i 14mila dell’esercito pontificio. Fu chiesto al Papa di non opporre resistenza ma la risposta fu: “Sono risoluto di fare resistenza come m’impone l’onore e il dovere”. Per il nostro esercito l’unico vero ostacolo fu il Tevere. Ma a questo pensarono i Pontieri che in sole 8 ore costruirono un ponte che permise all’esercito di attraversare il fiume e fare breccia a Porta Pia, incontrando una resistenza inconsistente».
Il dott. Cesare Zilocchi si è infine occupato dell’aspetto sociale della presa di Roma, con la nascita di piccoli movimenti rivoluzionari (d’ispirazione mazziniana) in città di medie dimensioni, che avrebbero dovuto provocare la caduta della monarchia: il cosiddetto “Patatrac”. «Da quale città far partire il disegno insurrezionale? Da Piacenza che, in quanto città murata - ha spiegato il dott. Zilocchi - avrebbe poi richiesto l’impiego di 40mila soldati regi per riconquistarla». Di quel tentativo (fallito) d’insurrezione del 24 marzo 1870 riferiscono tutti gli storiografi piacentini, ma a chi volesse approfondire l’argomento l’oratore ha consigliato la lettura de “La storia di Piacenza” di Francesco Giarelli, ristampata in anastatica dalla Banca nel 1985.

Pubblicato il 22 settembre 2020

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