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Notizie Varie

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Studenti universitari stranieri si incontrano nella Casa delle Scalabriniane

studenti

Studenti universitari stranieri, che a Piacenza sono parecchie centinaia, in festa per conoscersi per celebrare insieme le rispettive identità nazionali e scambiarsi le ricchezze culturali. Ma anche per conoscere i luoghi che li ospiteranno per il tempo degli studi, la lingua, la storia, le bellezze e quale luogo ideale per l’incontro se non la Casa delle Missionarie scalabriniane di via Alberoni, per sentirsi, comunque, “a casa”. Giovani di vari continenti iscritti alle facoltà piacentine delle università Cattolica, Politecnico di Milano e degli Studi di Parma, che a loro volta avevano invitato connazionali dell’università Milano Bicocca. Ragazze e ragazzi che già frequentano lo speciale corso di lingua italiana avviato dalle religiose proprio per loro, giovani arrivati con le borse di studio o grazie ai sacrifici dei loro genitori e animati da tanti sogni.
Ideatore ed organizzatore dell’evento, “Giornata degli studenti internazionali”, è stato un giovane filippino aiutato da suor Antoinette, scalabriniana e sua connazionale.

Il messaggio di padre Toffari

Un po’ di musica, danze folcloristiche, canti e un coro sulle note di “We are the world”, buon cibo delle rispettive tradizioni e una preghiera comune, indipendentemente dalla fede professata, un auspicio di un mondo più giusto, un mondo dove ciascuno possa avere la propria casa in pace, possa sviluppare le proprie aspirazioni, secondo le parole di padre Mario Toffari intervenuto al raccoglimento. Il missionario scalabriniano ha colto l’occasione per ricordare il pensiero e l’auspicio di papa Francesco di saper creare “una cultura dell’incontro capace di trascendere le nostre differenze e divisioni”. Una festa da ripetere perché ha attivato nuovi contatti, ha ampliato le vie dell’amicizia in una sorta di linguaggio com’è quello della speranza nutrita dai giovani che si affacciano pieni di stupore alle nuove sfide della vita.

Maria Vittoria Gazzola

Pubblicato il 19 dicembre 2024

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Santa Lucia fa visita ai bambini e al centro diurno di Gragnano

Santa Lucia a Gragnano 24 

Anche quest’anno Santa Lucia ha fatto tappa nel Comune di Gragnano per portare doni ai bambini del paese e agli anziani del locale Centro Diurno. È questa infatti la quarta volta in cui Santa Lucia ha bussato alle porte delle case di Gragnano incontrando personalmente grandi e piccini. Una volta passava di notte, alla chetichella: le uniche tracce del suo passaggio erano i doni che i bambini ritrovavano al mattino e quel che restava del fieno e dell’acqua con cui si ristorava l’asinello. C’è poi stata l’epoca in cui incontrava i bambini che lo desideravano nel salone don Bosco della Parrocchia della Madonna del Pilastro, dove arrivava con un calesse carico di doni e trainato da un asinello. Ultimamente invece la Santa ha deciso di incontrare direttamente a casa loro i bimbi desiderosi di vederla.

Quest’anno però deve aver pensato che sarebbe stato meglio attrezzarsi per non far attendere troppo i tanti bimbi che hanno chiesto di incontrarla. Così ha "abbandonato" l’asinello è si è presentata in macchina. Ovviamente non un veicolo normale ma straordinario, pieno di luci e decorazioni, come si addice ad una creatura celeste. Nella serata di giovedì accompagnata dal fido Castaldo e dai volontari di Anspi-Madonna del Pilastro, Santa Lucia ha fatto visita a oltre 50 famiglie.

Visita anche agli ospiti del Centro Diurno. «Si sa che invecchiando si ritorna bambini», avrà pensato la Santa che così ha deciso di portare doni anche agli ospiti della struttura. L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla disponibilità di Paola Molinari, Luigi ed Elisa Montanari, Monica Coatti e Fabio Maserati, Silvia Bergonti e Valerio De Bortoli, Giovanni Sgorbiati, il sindaco del Consiglio comunale dei ragazzi dello scorso anno - Emma Bracchi - nonché dei vari volontari del Circolo Anspi. Santa Lucia è da sempre venerata al Santuario della Madonna del Pilastro, dove tutti gli anni si celebra una messa a lei dedicata; anche quest’anno si è rispettata la tradizione.

Pubblicato il 19 dicembre 2024

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Coldiretti e Confartigianato, donata al Vescovo una nuova statuina del presepe

 Consegna al Vescovo

Anche quest’anno Coldiretti e Confartigianato consegnano alle Diocesi un personaggio del presepe con l’obiettivo di aggiungere figure che ci parlino del presente ma anche del futuro, diffondendo la straordinaria attualità e forza di questa narrazione gentile.

Alla consegna al Vescovo di Piacenza monsignor Adriano Cevolotto erano presenti Roberto Gallizioli, direttore della Coldiretti di Piacenza e per Upa Federimpresa di Confartigianato il vicepresidente Giancarlo Gerosa.
In questa edizione dell’iniziativa, condivisa da Symbola, Confartigianato e Coldiretti,vengono messi in evidenza i valori rappresentati dalle imprese del territorio e dell’artigianato strettamente collegati a quelli della tradizione più consolidata del Presepe.
Ed in linea con questi principi alla base della scelta
, il tema rappresentato è quello della qualità delle nostre produzioni fiore all’occhiello del Made in Italy che incarnano la ricerca della materia prima, la cura particolare all’interno delle filiere, la certificazione e tracciabilità dei prodotti, il riconoscimento di un valore aggiunto che l’artigianalità esprime convintamente.
Il Presepe è la rappresentazione della nascita di Gesù, ma attraverso i suoi personaggi serve anche a raccontare la realtà della vita di tutti i giorni per rappresentare la multiforme dimensione del Creato e della Natura che parte proprio dalla terra che ci ospita e della quale dobbiamo prenderci cura. Quest’anno, la realizzazione del manufatto che rappresenta una giovane casara, esperta nella lavorazione del latte alla base delle filiere di indiscusso pregio e tradizione, è stata affidata al Maestro artigiano leccese Claudio Riso, un’eccellenza nella produzione artistica in cartapesta.

Nella foto, il vescovo Adriano Cevolotto con Roberto Gallizioli e Giancarlo Gerosa.

Pubblicato il 18 dicembre 2024

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«Andiamo a cercare i giovani»

uniti esternoRicerca
Da sempre la linea che accompagna la Fondazione La Ricerca ETS nella relazione con le nuove generazioni. L’attività dell’Area Consulenza e Ascolto

“I giovani hanno bisogno di essere ascoltati. Andiamoli a cercare, dialoghiamo con loro, impegniamoci a capire”. È un mantra che accompagna la storia de “La Ricerca” fin dalla sua costituzione, 44 anni fa. E che trova concretezza in tanti sguardi, tanti volti, tante braccia, professionalità e sensibilità: operatori, educatori, counselor, psicoterapeuti e psicologi in forze a questa Fondazione si prendono cura di ragazzi, ragazze (ma anche giovani adulti, intere famiglie), li accolgono facendo cerchio intorno, cioè squadra tra “specialisti dell’ascolto”, con lo sforzo di fornire risposte a tutto tondo, guardando alla persona nella sua interezza.

Una solitudine diffusa

Ogni richiesta di aiuto che è pervenuta (e perviene) nella storica sede, al numero civico 96 dello Stradone Farnese, ha generato (e genera) una diversificazione di servizi e progetti che da alcuni anni sono stati convogliati in un settore operativo denominato AR.C.A. che sta per Area Consulenza e Ascolto.
L’attuale responsabile e coordinatrice è la psicoterapeuta e psicologa sistemica relazionale Lucia Catino, la specialista - per intenderci - che in questi ultimi mesi ha lanciato le “provocazioni” di speed-date e social-date per favorire l’incontro tra i giovani adulti che hanno bisogno di una spinta in più per relazionarsi con gli altri. Provocazioni riuscite: hanno aderito in tantissimi.
“Perché è anche di questo, di relazionarsi con gli altri, che c’è bisogno per contrastare una crescente tendenza all’isolamento più o meno cercato e non solo fra ragazzi e ragazze”, sostengono gli operatori che “La Ricerca” mette in campo sul fronte giovani. Al di là delle problematiche legate a forme di dipendenza vecchie e nuove (sostanze, psicofarmaci, alcol, gioco d’azzardo, internet e social...) viene riscontrato un diffuso mal di solitudine: gli operatori parlano di mali dell’indifferenza, nel senso di mancanza di attenzione - “quasi che la vita degli altri non ci riguardi” -, di incapacità a relazionarsi - “Tra noi, figuriamoci i nostri figli” - e dell’urgenza di “una comunità che sia educante”.

Investire sulla prevenzione

Premesso - anche se scontato - che i ragazzi problematici non rappresentano certo la maggioranza della Generazione Z, resta un dato di fatto: le richieste di aiuto sono in costante aumento. “Noi lo leggiamo anche come un dato positivo almeno per quel che riguarda gli sportelli d’ascolto nelle scuole: significa che non si sono ancora arresi all’isolamento. Cercare aiuto significa cercare qualcuno”. Lo sguardo copre un’utenza che supera il migliaio di persone, compresi anche insegnanti e genitori sia nelle medie sia nelle superiori.
“Stiamo vivendo una situazione di fragilità diffusa, con genitori in crisi e di conseguenza adolescenti e preadolescenti confusi. Questa è una generazione che non urla più la propria rabbia come invece avveniva in passato, tacciono fino ad implodere, spesso la loro preoccupazione diventa quella di rendere felici i genitori o comunque di non creare loro problemi, si sentono inadeguati, incapaci di rispondere alle aspettative del mondo adulto. Di qui le manifestazioni di violenza, l’autoisolamento, il ritiro sociale. Bisogna investire di più nella prevenzione, partendo da noi adulti, dobbiamo porci delle domande, ad esempio, sul modo di crescere i nostri figli, su questo nostro pretendere un’accelerazione della loro crescita: se non rispettiamo le tappe evolutive necessarie al loro sviluppo, li cresciamo con l’illusione che possono avere tutto, non li educhiamo al fallimento, allo stare nel conflitto”.

I progetti

“Tre i nuovi percorsi che stiamo sperimentando, due in progetti del Comune di Piacenza: Progetto Exit (di contrasto al fenomeno degli Hikikomori, giovani autoreclusi) che ci vede impegnati da due anni in tandem con la cooperativa educativa «L’Arco», e Progetto A-Tempo (in affiancamento a giovani fragili a rischio di inattività) avviato in squadra con cooperativa «L’Arco», Officine Gutenberg, Consorzio Sol.Co Piacenza, Associazione culturale Crisalidi, Giano APS, Cosmonauti APS, Pc Network APS, CSV Emilia”.
“E, legato alla nostra quarantennale esperienza dell’Auto-Mutuo-Aiuto, due nuovi percorsi di Gruppi di Parola rivolti ai giovani tra i14 ai 18 anni e un gruppo per giovani adulti dai 24 ai 30 anni. Il confronto, il rispecchiarsi negli altri, li aiuta a conoscere meglio se stessi e ad accettarsi di più, a ragionare su di sé e sulle proprie problematiche e di conseguenza anche a relazionarsi”.

Tiziana Pisati

Come e dove AR.C.A. entra in azione tra i giovani

AR.C.A. entra in azione tra i giovani attraverso sportelli scolastici; colloqui individuali e familiari; gruppi AMA di auto aiuto (genitori con figli adolescenti, caregiver, lutto, genitori con figli tossicodipendenti); “Spazio per dirlo” (gruppo rivolto ai ragazzi tra i 14 e i 18 anni e gruppi di parola psico-educativo con momenti di incontro e riflessione uniti a momenti di aggregazione); Open Wor(l)d, gruppo per giovani adulti 24-30 anni, in cui conoscersi anche attraverso il racconto e la storia dell’altro; #Orizzonti, contest fotografico in cui i ragazzi dovranno esprimere come percepiscono il futuro; laboratorio di scrittura creativa autobiografica, Exit (progetto di contrasto al fenomeno del ritiro sociale (in rete con cooperativa Ar.co e Comune di Piacenza); “A-Tempo”, progetto di rete con vari partner rivolto ai “neet”, giovani inattivi o a rischio inattività (in rete con varie partner e Comune di Piacenza); Evento escape Wor(l)d per giovani adulti 24-30 anni (per sperimentare il corpo e l’imbarazzo e connettersi agli altri attraverso noi stessi).
Per contatti e informazioni: 346.6747670.

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Pubblicato il 19 dicembre 2024

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Il progetto «Fata» cresce e ora coinvolge 800 studenti

Progetto Fata

La scuola non è solo a scuola. Ed è davvero emozionante vedere le bambine e i bambini muoversi tra le opere d’arte, nei luoghi espositivi, nei teatri, con la curiosità e l’entusiasmo che contraddistingue quella meravigliosa fase della vita”. Commenta così l’assessore comunale alla Scuola Mario Dadati che l’altro giorno ci ha tenuto ad essere presente di persona durante una delle mattinate di lezione che le ragazze e i ragazzi delle primarie e delle secondarie di secondo grado di Piacenza svolgono in luoghi diversi dalle rispettive classi. Parliamo della Galleria d’arte Ricci Oddi, dello spazio espositivo Xnl, del Teatro Manicomics e del Teatro Trieste 34. Luoghi d’arte, di cultura, di creatività che hanno aderito al Progetto "Fata - Scuola diffusa" promosso dal Comune di Piacenza e attuato "sul campo" dai professionisti di Coopselios. Il progetto, alla sua seconda edizione piacentina, si ispira all’esperienza di "Scuola diffusa" messa in atto dal Comune di Reggio Emilia nel periodo Covid: per dare la possibilità agli studenti di essere a lezione in presenza, erano state coinvolte realtà che mettessero a disposizione luoghi in grado di rispettare le disposizioni sul distanziamento e al contempo stimolassero l’apprendimento. A Piacenza il progetto Fata - che sta per Formazione, Aria, Terra, Acqua - si svolge da novembre ad aprile e coinvolge circa 800 studenti di 32 classi tra primarie (terze, quarte e quinte) e secondarie di secondo grado.

L’obiettivo è stimolare l’apprendimento degli alunni portandoli per una settimana a fare lezioni speciali all’interno di luoghi altrettanto speciali. Già dallo scorso anno avevano aderito all’iniziativa la Galleria Ricci Oddi e Xnl e una ventina di classi delle scuole piacentine; quest’anno le classi sono 32 e, oltre a Ricci Oddi e Xnl, si sono aggiunti il Teatro Manicomics e il Teatro Trieste 34. Gli alunni hanno dunque la possibilità di fare scuola insieme ad atelieriesti e operatori teatrali esplorandone gli specifici linguaggi e collegandoli alle varie materie. La settimana si articola in un primo momento in classe di conoscenza e "attivazione" durante il quale gli studenti sono chiamati a interrogarsi sul significato di fare scuola fuori da scuola e iniziano a costruire il loro strumento, il taccuino, che servirà ad annotare con le parole o con il disegno tutto ciò che stimola la loro curiosità e che desiderano approfondire. Dal martedì al venerdì le classi sono ospitate nei luoghi specifici e “possono esplorarli – come spiega Claudia Molinaroli di Coopselios – immergendovisi e godendo di un tempo lento che rispetta e dà spazio anche alle individualità di ogni alunno. Inoltre – prosegue Molinaroli – le insegnanti seguono il percorso passo per passo avendo così l’opportunità di vivere l’esperienza con i propri studenti e conoscerli anche sotto una nuova luce”.

Pubblicato il 18 dicembre 2024

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