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Food Production Management, i primi laureati in Cattolica

Neolaureati all'università cattolica di Piacenza


Sono otto i primi laureati del corso di laurea triennale in Food Production Management dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Piacenza. Promossa dalla Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, questa è la prima e unica laurea triennale in Italia in ambito agrario completamente in inglese, che si propone di insegnare il modello dell’agro-alimentare del nostro paese con una prospettiva internazionale, offrendo ai laureati sbocchi occupazionali che superino i confini nazionali.
Una studentessa libanese, una cingalese (che hanno discusso la tesi da remoto), cinque studenti italiani, e uno ucraino i dottori proclamati nella mattina di martedì 21 luglio, prime corone d’alloro del corso partito tre anni fa.
A coordinare il programma il prof. Stefano Poni, che ci ha parlato delle caratteristiche e i vantaggi del corso.

Il professor Stefano Poni

Sopra, il professor Stefano Poni.


Prof. Poni, quale valore aggiunto si è dimostrato il corso in Food Production Management per l’ateneo piacentino?
Questo corso è stato, in Italia, la prima laurea triennale in ambito agrario ad essere erogata totalmente in inglese. Abbiamo deciso di farlo a nostro rischio: sono molte le magistrali in lingua, ma poche le triennali, perché il ragazzo arriva in università con un inglese scolastico e può avere più difficoltà. Tuttavia, abbiamo ricevuto risposte positive da parte degli iscritti: il primo anno siamo partiti con 18 studenti, che sono diventati 24 il secondo e 42 il terzo. L’incremento è stato notevole, e sui corsi abbiamo una buona metà di iscrizioni da parte di stranieri. Il contatto con ragazzi di altre nazionalità permette agli italiani di migliorare ulteriormente l’inglese, e amplia le loro vedute. In questo campo non è importante solo quello che si studia, ma anche la cultura che si raggiunge: parlando di agro-alimentare il made in Italy è un marchio fortissimo, e conoscerlo meglio proiettandolo nell’internazionale può servire sia agli studenti stranieri che a quelli italiani.

Quanto ha contribuito il corso ad allargare gli orizzonti della facoltà e dell’ateneo?
Quella di Piacenza è una sede piccola, e ha un bacino di utenze ridotto: generalmente le iscrizioni ci arrivano da territori limitrofi, e non abbiamo molti studenti, ad esempio, da Bologna o Milano. Con un corso in inglese allarghiamo la nostra offerta su un piano internazionale, con ragazzi che arrivano da ogni parte del mondo: non c’è un paese che prevale sugli altri e sono tutti abbastanza distribuiti fra Est Europa, Canada, U.S.A., Turchia, India e Cina. Inoltre, anche nel resto d’Italia cominciano ad accorgersi che esistiamo, e la Facoltà di Agraria di Piacenza acquista più spazio sul territorio nazionale.

Quanto è conosciuto l’agro-alimentare italiano all’estero, e quanto interesse c’è per i nostri prodotti?
Molto interesse, ma, purtroppo, poca conoscenza. È sempre difficile che gli stranieri abbiamo una conoscenza pregressa dei nostri prodotti e abbiano le idee precise quando si parla di Made in Italy. Nel nostro corso ci siamo concentrati su cinque filiere: pane e pasta, salumi, formaggi, vino, e lavorazione del pomodoro. Si tratta di prodotti che, o vengono studiati bene in
Italia, o si fa fatica a comprendere le loro peculiarità. Ci auguriamo che gli stranieri che frequentano i nostri corsi, una volta tornati a casa, si facciano ambasciatori delle conoscenze che hanno ottenuto qui.


Possiamo dire che il corso in Food Production Management sia utile anche per noi italiani a conoscere meglio e tutelare i nostri prodotti?
Sicuramente sì: uno dei corsi che teniamo, ad esempio, è sulla tracciabilità, per monitorare (appunto, tracciare) la provenienza delle materie prime, così da certificare l’autenticità di un prodotto, come un salume o un formaggio, e potersi difendere meglio dalle tante imitazioni che circolano sul mercato internazionale.

Le produzioni del nostro territorio trovano spazio nel vostro programma di studi?
Abbiamo scelto di analizzare filiere di prodotti in cui Piacenza è fra i primi posti in Italia, come la produzione di salumi, o l’industria del pomodoro, che da noi è molto attiva. La prospettiva di riferimento rimane sempre territoriale o regionale.


Pensate di potenziare o ampliare il programma per i prossimi anni?
Il corso rimane a numero chiuso con un tetto di 50 posti per garantire la qualità dell’insegnamento, ma la Facoltà sta già investendo per la creazione di una magistrale in inglese che continui il percorso triennale.
Abbiamo già un corso magistrale in Agricultural and Food Economics e uno in Food Processing nella sede di Cremona. Fra un anno e mezzo dovrebbe partire un corso magistrale in inglese anche a Piacenza in Viticultura ed Enologia. Questo ci permetterà di non perdere gli studenti che abbiamo iniziato a formare con la triennale in Food Production Management.

Alberto Gabbiani

Pubblicato il 22 luglio 2020

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