Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

Amnesty Piacenza compie 60 anni: una mostra racconta la sua storia

pannello
 

Siamo nel 1963, l'insegnante e attivista piacentina Livia Cagnani fonda il gruppo Amnesty Piacenza ben dodici anni prima della nascita di Amnesty Italia. È l'inizio di una storia appassionante lunga sessant'anni ricordata alla biblioteca Passerini Landi. Sono infatti gli ultimi giorni della variegata mostra che racconta attività e volti di Amnesty Piacenza, inaugurata lo scorso 24 ottobre e visitabile fino al prossimo 4 novembre: un avvincente viaggio nel tempo tra articoli giornale, fotografie, manifesti e locandine tutto da scoprire.
Noi lo abbiamo fatto in compagnia di Luigi Ferrari, curatore della mostra e attivista piacentino di Amnesty.

Una storia dal 1980 ad oggi

“Il materiale d'archivio a nostra disposizione era davvero tanto, concentrato dal 1980 ad oggi – ha spiegato Ferrari -. Non potevamo mettere tutto in mostra, tra articoli di giornale, manifesti, fotografie e locandine delle varie attività del gruppo: abbiamo quindi selezionato il materiale da esporre scegliendo anno per anno il più significativo, mentre un' interessante rassegna stampa consultabile dai visitatori raccoglie il resto della documentazione. Poco avevamo invece di scritto e conservato dal 1963 all'80. Quello che sappiamo, anche riguardo alla fondatrice di Amnesty Piacenza, è stato tramandato oralmente dai vari attivisti che si sono succeduti”.

Livia Cagnani, una donna dalla parte degli ultimi

“Una donna sempre dalla parte degli oppressi, contro le ingiustizie, fuori dal coro - sottolinea il curatore a proposito di Livia Cagnani, facendo riferimento ad uno scritto presente in mostra. Solidale con la resistenza algerina, questa maestra elementare anni '40 di Bettola attenta alle vicende nazionali e internazionali e già amica di un gruppo di slavi all'epoca malvisti, viene arrestata durante un viaggio in Francia negli anni 50' per le sue posizioni vicine ai ribelli. È quindi naturale che quando nel 1961 l'avvocato e attivista londinese Peter Benenson decide di fondare Amnesty International nella capitale inglese chiedendo la liberazione di due prigionieri portoghesi ingiustamente incarcerati, la Cagnani sia sensibile alla causa: solo due anni anni dopo fonderà infatti il gruppo piacentino di Amnesty”. Inizia così, grazie alla tenacia di una donna sempre dalla parte degli ultimi, la lotta piacentina alla tutela dei diritti umani.
“In mostra abbiamo cercato di raccontare il gruppo, il suo mutamento nel tempo, le diverse campagne perseguite - ha spiegato Ferrari – , ma soprattutto il sostegno della cittadinanza alle nostre istanze. Si tratta di un aspetto fondamentale: senza le firme di adesione agli appelli dei cittadini e il sostegno alle diverse iniziative il gruppo da solo potrebbe fare ben poco”.

Le battaglie del gruppo piacentino

Richiesta di liberazione dei prigionieri incarcerati per aver espresso opinioni diverse da quelle governative senza aver commesso violenza. Questo il principale mandato dei diversi gruppi Amnesty nati negli anni '60, prima della fondazione delle varie sedi nazionali (Amnesty Italia nasce negli anni '70 e solo da allora i diversi gruppi presenti nel nostro Paese si coordinano con la sede nazionale, che a sua volta risponde ad Amnesty International). Una battaglia quella della scarcerazione dei detenuti nelle varie parti del mondo portata avanti fino agli anni '90 sulla scia dell'operato di Benenson, cui si aggiunge la richiesta della non violenza nei confronti di chi resta in carcere. “Come testimonia la mostra – osserva il curatore - ogni anno ciascun gruppo prendeva in carico almeno due prigionieri e ne chiedeva la liberazione, con ripetuti appelli firmati dai cittadini. Il gruppo piacentino è riuscito a liberare più di 20 detenuti”.
Dagli anni 90 cominciano le grandi campagne di Amnesty Piacenza, a difesa di una categoria di persone o di singoli individui: contro la pena di morte, contro la tortura, in Italia considerata reato solo dal 2017 nonostante la Convenzione Onu in materia risalga al 1984; contro i maltrattamenti su minori e contro la violenza sulle donne.
“A Piacenza siamo stati i primi a manifestare per i diritti delle donne iraniane – ha detto Ferrari -, era il 2013 e ancora la questione iraniana non occupava le prime pagine delle cronache. Per i minori abbiamo condotto una grande campagna insieme ad Emergency e Croce Rossa”.

Le iniziative

Iniziative possibili solo grazie ad una larga comunione di energie ed intenti, andata ben oltre le firme degli appelli: visione di film, spettacoli teatrali, conferenze, di cui restano ad una ad una le locandine esposte a ricordare quanto sia importante una sensibilizzazione condivisa e costante sul tema della violazione dei diritti. Palazzo Farnese illuminato di rosso contro la pena di morte, il Comune di Podenzano tinto di giallo per richiedere la liberazione di Patrick Zaki, bambini delle scuole medie pronti, grazie ad una mostra promossa da Amnesty Piacenza che li ha resi spettatori interattivi delle immagini, a vestire i panni di migranti impossibilitati a comprendere la lingua e perciò espulsi.
“Tutte esperienze qui presenti, che attestano la centrale partecipazione di istituzioni e scuole alla nostra causa – ha fatto notare Ferrari - , ma soprattutto l'importanza di un'educazione precoce e graduale ai diritti umani”.

“E poi ci sono i cittadini che hanno voluto metterci la faccia, letteralmente. Durante la pandemia da Covid - 19 non si potevano allestire banchetti per la raccolta firme, così molti hanno aderito agli appelli fotografando i loro volti. Quello che preferisco è il manifesto per “Control Arms” visibile nella parte finale dell'esposizione, dove un puzzle sorridente e variegato di espressioni dichiara la propria partecipazione alla campagna per la regolamentazione del commercio delle armi leggere lanciata dall'Onu. Tantissimi i piacentini aderenti, tra cui l'allora sindaco Roberto Reggi e il presidente della Provincia”.
Le ultime immagini sono dedicate agli attivisti di Amnesty Piacenza che si sono succeduti in questi anni, tra cui l'attuale presidente Lidia Gardella e lo stesso Luigi Ferrari. Con loro si chiude la mostra, il messaggio è chiaro: solo insieme si riescono a combattere le violazioni umanitarie e un piccolo gesto può fare tanto.
Restano pochi giorni per compiere questo viaggio emozionante, poi dal 25 novembre ne inizierà un altro, con una nuova esposizione: ai 60 “Human Rights Portraits” dell'artista e attivista Gianluca Costantini si affiancherà un'affascinante collezione di manifesti creata da Amnesty Piacenza nel corso dei suoi sessant'anni di vita.

Micaela Ghisoni

Pubblicato il 31 ottobre 2023

Ascolta l'audio

Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

    Ascolta l'audio

    Conteggio articoli:
    5

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente