«In cammino nel Presepe»: come un’usanza può diventare un atto di fede
Era la notte di Natale del 1223 quando a Greccio, un paesino sui monti reatini, all’interno di una grotta scavata nella montagna, san Francesco d’Assisi celebrò la Santa Messa. Una mangiatoia presa da una stalla nei paraggi fungeva da altare e gli abitanti, che accorrevano portando con sé persino gli animali, contribuivano a ricreare l’atmosfera che il santo umbro aveva respirato durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa. 8cento anni fa dunque, il primo presepe della storia; un presepe vivente e semplice o, per meglio dire, vivo e ridotto all’essenziale. Desideroso di celebrare un simile anniversario, l’autore de “In cammino nel Presepe” - libro edito nel mese di settembre da Romagnosi - prende per mano il lettore accompagnandolo in un viaggio alla riscoperta del significato autentico del Presepe. Un significato che si compone in realtà di una miriade di significati perché per Andrea Gobbi – classe ’67, marito e padre di due figlie di 17 e 20 anni e residente a Podenzano – nel Presepe, microcosmo del mondo e dell’umanità, non ci sono statuine ma figure, che a loro volta sono allegorie e personificazioni. Nulla è infatti lasciato al caso; ogni singolo elemento, anche le pale di un mulino o il tavolo da gioco di una locanda, piccolo o grande che sia, è importante e reca un messaggio cristiano. Questo libro vuole essere quindi un invito ad avere uno sguardo nuovo nei confronti di quella che nelle nostre case è spesso banalizzata a un’usanza annuale di festa non così diversa dall’addobbo dell’albero di natale. Un aiuto per diventare o per ritornare ad essere coscienti del Mistero racchiuso in quell’atto di fede – come l’autore stesso lo definisce – che, unico tra i vari segni natalizi e tutt’altro che infantile, è il Presepe. E allora chissà, magari quest’anno non lo guarderemo solo con gioia ma lo contempleremo con commozione, unendo allo stupore la consapevolezza e alla magia dell’atmosfera il mistero di un evento che si rinnova quotidianamente nel nostro cuore. “Il mio libro è una proposta di attribuzione di senso e di simbologia ma quel che ho a cuore – dice l’autore – è che ognuno attribuisca al Presepe il proprio senso e lo porti con sé”.
Com’è vissuto il tempo di allestimento del Presepe nella tua famiglia?
In casa mia c’è una spartizione di ruoli: mia moglie e le figlie si occupano dell’albero e io del Presepe. È una passione che ho coltivato negli anni. Preparo le scene e costruisco manualmente ambientazioni e costruzioni. Quest’anno ad esempio ho costruito il Tempio, gli anni scorsi le botteghe, la locanda, l’osteria, ecc. Per le figure invece ho sempre guardato a quelle esistenti nelle linee commerciali, ma non mi sono mai rivolto ad artigiani anche perché i prezzi sono proibitivi. Diciamo che il mio è un Presepe povero di valore monetario ma ricco sotto altri punti di vista. Comunque è già pronto! Da un po’ di anni a questa parte è posizionato all’esterno – i passanti ne sono incuriositi e i vicini lo attendono ogni anno con alte aspettative - perché di dimensioni notevoli, sotto un portico ma che guarda verso la casa in modo che sia visibile dall’interno. Cerco sempre di finirlo 10/15 giorni prima dell’inizio dell’Avvento e lo tengo almeno due mesi e mezzo, fino a fine gennaio. Lo faccio così in anticipo per dare valore all’attesa di un evento, dell’Evento.
Cosa non può mai mancare nel tuo Presepe?
Senza dubbio la Natività e il Villaggio. La prima, con tutti i vari pastori dal significato da me in parte raccolto e in parte attribuito, perché è la rappresentazione dell’incarnazione di Cristo nella natura umana e il secondo in quanto rappresentazione delle ricadute che un simile avvenimento ha avuto nel mondo. Ci sono cioè quelli che, distaccati e indifferenti, vanno avanti a fare i propri mestieri senza fare caso a quanto sta accadendo. Ci sono poi quelli che, trovandosi in una condizione di schiavitù e peccato, hanno gli occhi ovattati e vedono solo sé stessi e i propri bisogni finendo per non riconoscere la portata dell’evento e, pertanto, per rifiutarlo. Ecco l’osteria, emblema della schiavitù verso i piaceri, il mercato, segno dell’avidità umana e il Tempio, allegoria della superbia dell’uomo. Tra i pastori poi, due non possono mai essere assenti per me: quello che indica, personificazione della testimonianza cristiana, e Ciccibacco, il carrettiere che porta le botti. Quest’ultimo, figura sempre attuale e interessante da approfondire dal punto di vista filosofico, è colui che si crea falsi idoli e relativizza Dio imponendo la propria volontà. È diretto all’osteria sostenendo che sia Bacco, il suo dio, a condurglielo quando invece a portarlo lì è unicamente sé stesso. Mi piace poi sottolineare l’importanza delle figure femminili nel Presepe; spesso siamo talmente presi dai pastori e dal bestiame che ci dimentichiamo di loro e invece sono fondamentali. Le donne fanno riscoprire la tenerezza di Dio. Pensiamo alla donna che spazza, allegoria della Misericordia, alla lavandaia, la Purezza, alla donna con il bambino, segno della preghiera o alla donna con le uova, emblema della rinascita dello spirito dopo la conversione.
Come nasce l’idea di scriverci un libro e nella dedica iniziale a chi ti rivolgi?
I dedicatari principali sono mia moglie e don Paolo Camminati, con il quale sono cresciuto non solo tra i banchi di scuola ma anche nell’oratorio parrocchiale di San Paolo. È lui ad aver battezzato le mie figlie. Per quanto riguarda l’idea di scrivere un libro essa è maturata in me piano piano. Ho cominciato a pensare, per diletto, al senso della presenza di ciascuna figura all’interno del Presepe e, così, ho iniziato a fare ricerche trovandovi spesso significati paganeggianti, totalmente estranei al cristianesimo – in alcuni è rappresentato persino il carnevale o i mesi dell’anno - e anche molto diversi tra loro in quanto legati alla territorialità. Per cui, essendo per me impensabile che il Presepe non abbia un legame con il Vangelo, laddove ho trovato spunti interpretativi interessanti ho mantenuto mentre, negli altri casi, o sono andato di inventiva o ho attribuito significati più specifici, scavando a fondo, nell’ottica di disegnare un itinerario. Comunque, la novità da me apportata è stata più che altro quella di collegare ogni personaggio e ambientazione ad un brano evangelico che trattasse di quel tema specifico e poi di approfondirlo. Io, soprattutto dal lockdown in poi, leggo, rifletto e prendo abitualmente appunti sulla Parola di Dio per cui, per questo libro, ho usato i miei stessi scritti. L’idea di scrivere un libro vero e proprio mi è venuta però solo l’anno scorso mentre facevo il Presepe.
C’è una figura in cui ti identifichi più di tutte?
Il Presepe come l’ho descritto rappresenta la società umana ma anche l’uomo stesso, fatto di una sfera spirituale e di una materiale. L’uomo vive nel mondo e, nelle cose che fa, deve prima trovare un senso per darvi un valore. Poiché dunque il mio Presepe vuole raffigurare la complessità dell’animo umano, tendo ad identificarmi in esso in tutta la sua interezza. Tuttavia, riconosco di avere una predilezione particolare per la figura del viandante che, infatti, nell’arco dei due mesi, sposto da un punto all’altro. Il viandante è il personaggio in movimento, alla ricerca di Dio e disposto a farsi domande. È colui che, proprio per il fatto di ricoprire i vari momenti della vita e dell’animo dell’uomo, può essere un giovane, un adulto o un anziano e può trovarsi ora più lontano ora più vicino al “traguardo”. Il viandante è colui che sa di non potersi mai ritenere arrivato.
Nel libro parli di tre modalità con le quali predisporre un Presepe a seconda della collocazione della Natività, tu quale prediligi?
Cambio tutti gli anni senza un motivo particolare ma perché ritengo sia importante mostrare tutte le possibilità. Mi piace pensare a un ciclo. Dal momento che questo è un anno celebrativo – per via degli 8cento anni del Presepe – ho scelto la disposizione francescana, ossia quella che prevede la Natività al centro, sebbene in una posizione più ribassata rispetto al villaggio. In ogni momento vediamo che il mondo va in una direzione diversa; ecco il senso delle tre disposizioni. Ad esempio, mettiamo la Natività in disparte e il villaggio in posizione centrale quando rifiutiamo le logiche dello Spirito e seguiamo quelle del mondo, della materia, dell’egoismo.
Fare il Presepe è già in sé un accingersi a Cristo?
Assolutamente sì. Tuttavia, tanti non vanno oltre la magia dell’atmosfera e dello spettacolo visivo. Scopo del libro è infatti fare in modo che la gente torni a contemplare il Presepe. Bisogna fermarsi a riflettervi davanti almeno una volta al giorno. È bello mettersi lì a pregare, contemplarlo e sistemarlo. Io, per mia fortuna, sono costretto a prendermene cura tutti i giorni perché, usando il muschio vero, devo spruzzare acqua quotidianamente. Inoltre, essendo all’aperto, quando c’è vento cadono le statuine e quindi devo rimetterle a posto. Insomma, tutte cose che mi spingono a fermarmi ogni giorno davanti al presepe.
Nel libro ti soffermi parecchio sulla presenza del male nel presepe, cosa a cui spesso non pensiamo.
Nel Presepe c’è Satana perché nella natura umana c’è il male e, con esso, c’è quindi la possibilità di redimersi. Ecco la carità, la misericordia, il pentimento, la conversione e il valore del ringraziamento – oggi molto sottovalutato. Nel villaggio, così come nel mondo, ci sono i segni della grazia di Dio. Quando ero piccolo, io e gli altri bambini del mio quartiere – quello di San Paolo - non vedevamo l’ora di andare a vedere lo splendido Presepe della chiesa di San Carlo. Lì Satana era ben evidente; saltava fuori in tutto il suo colore rosso fuoco e noi stavamo lì, immobili e assorti, a vederlo nascondersi e poi sbucare di nuovo. Nel Presepe il male è fondamentale, sennò non avrebbe senso.
A proposito di presepi belli, cosa ne pensi delle esposizioni di presepi volte a ricercare la maggior bellezza artistica possibile?
Trovo sia solo positivo che si facciano mostre e che esistano vere e proprie scuole di presepe. Ad esempio, fino a qualche anno fa qui nel Comune di Podenzano veniva organizzata una specie di gara al presepe più bello. Il fatto che ci sia tanta voglia di creare presepi, specialmente quelli di modellismo, è una cosa buona perché può aiutare a ritrovare la spiritualità la quale, spesso, necessita di passare attraverso la bellezza.
Il libro - corredato da una prefazione di Riccardo Biella, responsabile del Punto Incontro Don Eliseo Segalini (Servizio diocesano per la cultura e il lavoro di Piacenza) e da una postfazione del direttore degli Archivi Storici Diocesani di Piacenza-Bobbio Pietro Scottini - è acquistabile presso le seguenti librerie: Romagnosi (anche dal sito online), Berti, Postumia.
Elena Iervoglini
Nelle foto, Andrea Gobbi accanto al suo presepe allestito nel portico esterno di casa; sopra, la copertina del libro.
Pubblicato il 7 dicembre 2023
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