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A Bobbio il progetto «Doniamo(ci) alle nostre scuole»: inclusione, comunità e memoria

 Mostra 4

Documenti e oggetti non sono semplici reliquie del passato; custodiscono, invece, la memoria storica di un territorio. Anche i ricordi individuali, se accostati tra di loro, possono diventare tessere di un mosaico che disegna, attraverso le storie dei singoli, la Storia più grande. Qualcosa di importante per una comunità, soprattutto se a tenere insieme i frammenti è il collante luminoso della solidarietà. Da settembre a novembre, a Bobbio, “Tartarughini”, bambini e volontari sono stati protagonisti di un progetto di inclusione, comunità e memoria promosso dall’associazione “Nuovi Viaggiatori“ e dal Centro Socio Occupazionale La Tartaruga” - Eureka, assieme alla Scuola primaria e a numerose realtà locali.
“Doniamo(ci) alle nostre scuole
”, questo il titolo dell’iniziativa consistente nella raccolta di materiale didattico per la scuola e di ricordi scolastici, un’esperienza che, nell’arco di tre mesi, ha coinvolto 37 bambini della Scuola primaria, tutti i “Tartarughini”, 35 donatori di materiale didattico e oltre 40 donatori di ricordi scolastici: testi, foto, oggetti vari. Una partecipazione inaspettata, che ha trasformato il gesto del donare in un’occasione di apprendimento e di crescita e che ha visto molte persone diventare custodi di memoria: quella, ancora viva e grata, delle scuole del nostro Appennino, dagli anni Quaranta a quelli dello spopolamento post-bellico.
Una mostra inaugurata nel cuore della città di San Colombano ha ospitato, dal 5 al 12 dicembre, le testimonianze raccolte e riferite a un mondo, quello della scuola, che ancora accomuna le generazioni e apre al
dialogo perché ricorda come anche gli adulti siano stati, un tempo, scolari con timori e speranze proprie. Quanto alle differenze, esse sono valori e proprio la diversità ci arricchisce, come è avvenuto nei tre mesi di attività.

Un piccolo compendio di umanità: questo è stato il progetto: una somma di storie belle nate al suo interno. Come quella dei “Tartarughini”, che, presso il loro Centro, hanno accolto i donatori, catalogato e custodito il materiale didattico in vista della consegna alla scuola, avvenuta puntualmente il 15 ottobre. Una risorsa per tutta la comunità, che ci ricorda il valore della cura dello sguardo in una società segnata da quello che il poeta ed ex-maestro Franco Arminio chiama autismo corale, in cui l’uomo è sempre più connesso ma sempre più solo.

Taglio nastro

“Doniamo(ci)” è anche la storia di alunni e insegnanti che hanno abbracciato con entusiasmo ogni fase dell’iniziativa, testimoniando quanto la scuola possa essere protagonista nel territorio, anche al di fuori delle aule. È la storia, infine, di volontari che hanno creduto in un’idea, coltivandola con dedizione, ispirati dalle parole di Marino - amico dei “Tartarughini” che ci ha lasciati tempo fa - che ci esortava così: «La speranza, a volte, fa avverare le cose». Dalla speranza è nata così una mostra che ci restituisce uno spaccato della società e della storia del secolo scorso. Tra gli oggetti, oltre a quaderni e pennini, anche pagelle, come quella della signora Maria, anno scolastico 1940-41: un pieghevole con le immagini del regime fascista e materie come “lavori donneschi e manuali” o “igiene e cura della persona”. Accanto, le foto delle pluriclassi delle scuole d’Appennino, affollate prima che lo spopolamento ne decretasse la chiusura. Ogni paese, anche i più piccoli, ne aveva una. Sono immagini che raccontano insieme la tragedia del regime e della guerra, e la speranza di generazioni che vedevano nella scuola un’occasione di riscatto. Ora, la speranza è che questo progetto, nato come edizione pilota, possa proseguire e divenire, perché no?, itinerante sui crinali d’Appennino dove resistono ancora le scuole pluriclasse, preziosi baluardi contro lo spopolamento. Un bel controcanto, in un territorio definito marginale che può, invece, rivelarsi laboratorio di innovazione. In un mondo che va di fretta e che rischia di dimenticare le proprie radici, iniziative come questa - che coniugano inclusione e memoria condivisa – sono preziose. Perché la memoria, come la scuola, è un bene comune. E noi possiamo diventare custodi di entrambe.

Anna Leonida

Nelle foto: dall'alto, uno scorcio della mostra e il taglio del nastro all'inaugurazione con il sindaco di Bobbio Roberto Pasquali.

Pubblicato il 16 dicembre 2025

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Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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