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La casa: luogo per Dio o per l’uomo?

 collegiata panorama

L’ultimo incontro del percorso biblico della parrocchia di San Giovanni Battista si è tenuto a Castel San Giovanni, in Collegiata, martedì 18 febbraio.
Don Lorenzo Flori, dalla diocesi di Bergamo, è stato il relatore che ha trattato il tema della casa come luogo del divino e dell’umano. Grande studioso del Vangelo di Giovanni, è partito proprio da alcuni passi del quarto evangelista per introdurre la sua lectio: nel quarto Vangelo infatti, la parola “casa” ricorre poche volte, ma il tema della dimora è ben presente e fondamentale. In Giovanni 2, viene narrato che la prima “casa” di Gesù è il tempio, in cui Lui compie un gesto scandaloso: scacciare i mercanti, dicendo inoltre ai Giudei di distruggere quel luogo. Cristo, come prima di lui aveva fatto il profeta Geremia, ama il tempio e, per amore, deve dire che esso va distrutto, perché ormai gli uomini lo usano solo per i loro interessi. Ma questo tempio non è fatto solo di muri: è il corpo di Gesù, la sua vita. Infatti Dio non abita entro alte mura, ma è tensione: come si legge nell’ottavo capitolo del primo libro dei Re, il Signore è un mistero d’amore che non può essere ingabbiato da un tempio concreto, ma allo stesso tempo vuole anche vivere in mezzo a noi. Il tempio quindi diventa il luogo dove si può incontrare Dio, dove Dio ci tocca: la casa dove Dio si rivela. Spesso però, con il peccato, gli uomini rovinano la casa che Dio ha donato loro: il profeta Ezechiele racconta della Gloria di Dio, mobile, che esce dal tempio e se ne va da Gerusalemme perché la città è ormai corrotta dalla violenza.
“Casa” però non è solo il tempio, ma anche e soprattutto famiglia. Nel libro dell’Esodo, vediamo come il rito della Pasqua nasca come rito familiare, dentro la famiglia, tra le mura di casa. Questa è una dimensione del tempio intima: Dio viene ad abitare nella famiglia. La casa però, è vera solo se è aperta: non può mai essere chiusa. In Giovanni 8, Gesù annuncia che con il Suo sacrificio d’amore, ci porterà là dove Dio abita: cioè ci darà la vera libertà, la libertà di amare. In Giovanni 14 poi, Cristo insegna ai discepoli a costruire una dimora che è l’amore. Gesù costruisce e prepara una casa, ma non in senso fisico: quella casa è l’amore, ottenuto tramite la Croce e il sacrificio insegnato ai discepoli. Per andare alla casa del Padre, quindi, l’unica via è la Croce, il sacrificio: in Giovanni 11, Gesù resuscita Lazzaro davanti a una folla e così facendo, si condanna a morte, esponendosi ai capi dei sacerdoti. Inoltre, vedendo quanti si convertivano grazie a Lazzaro, i sacerdoti decideranno di uccidere anche lui, rendendo “inutile” il miracolo di Gesù. Tuttavia, in realtà quel miracolo non è stato inutile: Lui l’ha fatto per amore, per amicizia, e l’amore non è mai inutile. In Giovanni 12, l’unica persona ad aver capito che, salvando Lazzaro, Gesù ha sacrificato se stesso per amore, è Maria di Betania. Mentre si trovano a casa sua, lei usa un intero vasetto di olio preziosissimo per ungergli i piedi. Solo lei ha capito che per raggiungere Dio dobbiamo sacrificare la nostra vita e dare ciò che abbiamo di più prezioso. Maria ha trovato il modo di vivere davvero l’amore con il sacrificio: la “casa” quindi è la via per raggiungere il Signore e la costruiamo da ora, amando. “È una tensione: deve farci vivere l’affetto che ci porta alla dimora che Gesù ci ha preparato” ha concluso don Flori.

Paolo Prazzoli

Pubblicato il 19 febbraio 2020

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
    Durante la Seconda guerra mondale, il sacerdote parte per la zona di guerra del Montenegro (Albania), dove trova la morte il 26 dicembre dello stesso anno, colpito da fuoco nemico mentre soccorreva un soldato ferito. 
    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

    Nella foto, il gruppo degli Alpini presenti in Cattedrale con il vescovo mons. Adriano Cevolotto.

    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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