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Africa Mission, in Uganda continua il cammino

L’ultimo viaggio nel novembre 2019

AfricaMission Paraboschi Sfulcini Ruspantini

Condividere, creare relazioni, formare. Sono queste le parole chiave alla base dei progetti promossi da Africa Mission Cooperazione e Sviluppo in Uganda e, in particolare, nella regione del Karamoja; ed è di questo che hanno parlato il 17 gennaio il direttore del movimento Carlo Ruspantini e la giornalista di “Libertà” Elisabetta Paraboschi nell’incontro intitolato “Viaggio in Uganda alla scoperta delle sorgenti della gioia” che si è tenuto al Circolo dell’Unione alla presenza del presidente Stefano Sfulcini (nella foto, da sinistra, la giornalista Paraboschi, il dott. Sfulcini, e il direttore Ruspantini).
Carlo Ruspantini ed Elisabetta Paraboschi hanno raccontato la loro ultima esperienza sul campo vissuta nel novembre scorso insieme al presidente di Africa Mission don Maurizio Noberini, al vicepresidente Giuseppe Ciambriello, al presidente di Cooperazione e Sviluppo Carlo Antonello, al giornalista e cameramen Gianni Cravedi e sua madre Angela Terzoni, ai professori dell’Università Cattolica Vincenzo Tabaglio e Giuseppe Bertoni e al ricercatore Andrea Minardi.

Da soli non si fa niente

Dal 16 al 29 novembre scorso, il gruppo guidato da Carlo Ruspantini, è partito per l’Uganda per supervisionare i progetti in atto e celebrare il venticinquesimo anniversario della scomparsa di don Vittorio Pastori, don Vittorione, il sacerdote originario di Varese che nel 1972 ha dato vita, proprio a Piacenza, al movimento di Africa Mission.
“L’incontro con l’Africa ha segnato fortemente don Vittorione - dice Carlo Ruspantini - gli ha fatto capire la sua vera vocazione, lo ha trasformato in un imprenditore capace di portare sviluppo in una terra particolarmente difficile. Il merito di don Vittorione è stato quello di aver compreso che la popolazione dell’Uganda non aveva solo bisogno di aiuti materiali, ma di creare relazioni, di condividere; ha capito che bisognava sostenere uno sviluppo nel senso latino del termine, bisognava cioè sciogliere i lacci, rendere libere le persone, libere dalla fame e dalla malattia, ma anche dalla chiusura in se stesse”.
“Viaggiando sul campo - aggiunge Elisabetta Paraboschi - mi sono resa conto di come in Africa non si possa realmente fare niente da soli. Da soli non si va da nessuna parte. E questo Africa Mission lo ha ben chiaro, così ha deciso di concentrarsi sull’Uganda abitando veramente quella terra, offrendo servizi, creando relazioni e adattando i servizi ai tempi e ai bisogni: inizialmente la gente moriva di fame, quindi era necessario sopperire ai bisogni primari, poi, mano a mano, sono stati offerti sempre più servizi e sempre più nuovi, è diventato importante formare la popolazione, dare gli strumenti perché la regione potesse stare a galla nel mondo globalizzato”.

Progetti per formare

Tra i progetti per formare la popolazione ci sono quelli legati all’agricoltura: Africa Mission, insieme all’Università Cattolica, cerca di aiutare i pastori ugandesi a diventare agricoltori qualificati. Particolarmente innovativo è il progetto “Agribusiness” che ha lo scopo di aiutare la popolazione a lavorare al meglio con quello che possiede, con una strumentazione migliore. Si cerca anche di formare, per ogni villaggio, un agricoltore modello che possa poi insegnare al resto degli abitanti. Significativo è il progetto degli orti di villaggio “Nutrire di cibo e conoscenze le comunità di Moroto e Napak” finanziato da AICS, Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.
Il lavoro dei volontari è instancabile: attualmente, spiega Carlo Ruspantini, ci sono 15 volontari ancora sul campo e numerosissimi altri che collaborano a distanza. Il prossimo progetto è quello di scavare un nuovo pozzo la cui realizzazione sarà possibile grazie al generoso contributo di un socio del Circolo dell’Unione che ha donato 10mila euro. I pozzi, oggi se ne contano 1200, sono una delle necessità primarie dell’Uganda perché durante la stagione calda l’acqua non c’è.
Il contributo di Africa Mission in Uganda è stato, ed è, fondamentale per il miglioramento della qualità di vita della popolazione. Oggi purtroppo, commenta il direttore Ruspantini, restano grossi problemi soprattutto dal punto di vista sociale: le tribù sono spesso in lotta tra loro e le persone si uccidono.
Inoltre, sono stati scoperti dei giacimenti di petrolio vicino al Congo e questo ha fatto diventare l’Uganda un Paese emergente privandola di molti aiuti a livello internazionale. C’è una parte della popolazione, il 20%, che sta piuttosto bene economicamente, e un 80% che vive in condizioni di miseria. Per quell’80% Africa Mission si spende quotidianamente e continuerà a spendersi.

Mariachiara Lunati

Pubblicato il 21 gennaio 2020

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