Associazione Liberi: «Smettiamola di leggere i giovani col filtro degli adulti, la politica deve cambiare»
“Recuperare uno sguardo puro sui giovani, togliendo il filtro «triste» di noi adulti”. Per questo motivo l’associazione Liberi ha organizzato un convegno, tenutosi nella serata di giovedì 30 novembre all’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in cui cinque ragazzi e ragazze dai 21 ai 31 anni hanno raccontato la propria esperienza di studio e lavoro e le difficoltà che hanno trovato lungo il percorso. “Giovani che raccontano i giovani” è stato il tema dell’incontro. Fra gli aspetti emersi, quello della difficoltà di comunicazione fra le generazioni per via dei cambiamenti repentini della società di oggi, la conciliabilità fra famiglia e lavoro e soprattutto l’importanza di non abbattersi di fronte agli ostacoli. A coordinare i lavori Mauro Monti, insegnante e dirigente scolastico ora in pensione, mentre Massimo Trespidi, docente e consigliere comunale, ha concluso l’incontro.
“Rischiamo di leggere i giovani col filtro degli adulti”
“I giovani non hanno futuro e non credo servirà aspettare le scadenze fissate dalla politica al 2030 e 2050, visto che ci stiamo avviando alla fine del mondo. Loro vivono nel presente e anestetizzano l’angoscia”. Da quest’affermazione forse un po’ catastrofica del filosofo Umberto Galimberti prende il via l’incontro. “L’impressione che noi abbiamo come associazione – afferma Monti in avvio – è che quest’immagine dei giovani sia filtrata da un pensiero che gli adulti hanno su loro stessi. Noi leggiamo la situazione giovanile attraverso il filtro degli adulti, chiuso su sé stesso e disilluso. Rischiamo di leggere i giovani con categorie proprie del mondo adulto: questo vuol dire che il problema sono gli adulti, non i giovani. Il tentativo è recuperare uno sguardo puro sui giovani, togliendo il filtro «triste» di noi adulti”. L’intento della serata non è stato “fare un’analisi sociologica per trarre una tesi sui giovani”, spiega Monti. “Non siamo andati alla ricerca di giovani esemplari – prosegue – diamo spazio a una curiosità come tentativo di conoscere meglio alcuni di loro, che per vari motivi avevamo incontrato e ci avevano colpito”.
A prendere la parola Linda Pellegrino, 24 anni, studentessa di biotecnologia del farmaco e lavoratrice; Filippo Ghelfi, 29 anni, imprenditore e direttore tecnico di 40Factory srl; Agnese Bearesi, 31 anni, consulente di sostenibilità sociale; Laura Balestrieri, 31 anni, coordinatrice della qualità in Tgr srl; Edoardo Fumi, 21 anni, studente di economia e lavoratore nel settore motociclistico.
Linda Pellegrino: “In Erasmus ho imparato il punto di vista degli stranieri”
“Per cercare il proprio talento non bisogna mai mollare ma credere sempre in sé stessi. La mia idea era quella di diventare un medico – racconta Linda Pellegrino –. Quando ho scoperto di non aver passato il test, in una settimana ho dovuto scegliere un’altra università. Un compito difficile per me che avevo in testa solo l’idea di fare il medico, sono stata costretta a ricreare un’idea nuova del mio futuro. Grazie all’aiuto di alcuni amici, mi sono iscritta alla facoltà di Biotecnologie dell’Università di Ferrara e nel 2021 mi sono laureata. Seneca diceva che «la fortuna non esiste, esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità»: grazie a chi mi ha supportato sono riuscita finalmente a capire quale fosse il mio talento. Dopo la laurea mi sono iscritta a Biotecnologia del farmaco e sono partita per l’Erasmus in Finlandia, a Helsinki. Un’esperienza che mi ha cambiato la vita: da straniera, ho capito le difficoltà delle persone straniere che vivono in Italia, ho imparato che il processo di integrazione è lungo e non bisogna giudicare. E poi ho constatato che all’estero c’è una buona considerazione nei confronti degli italiani: i finlandesi sanno che gli italiani, quando vogliono fare una cosa, vogliono farla bene; sanno che sappiamo mettere passione nel lavoro che facciamo. Stando in laboratorio con persone provenienti da tutto il mondo ho capito quanto siamo diversi e quanto siamo simili. Passo dopo passo ho capito che quando si trova il proprio talento le occasioni arrivano. Senza che io mi mettessi alla ricerca, un’azienda di Milano mi ha contattato per offrirmi il mio primo lavoro”.
Come sono i ragazzi in Finlandia?
“La Finlandia ha due primati – aggiunge Pellegrino rispondendo alla domanda di Mauro Monti –: il maggior numero di suicidi e di persone felici in Europa. Sembra un ossimoro, ma descrive come vivono. Oltre al rispetto delle regole, c’è un senso di comunità maggiore rispetto a noi: più posti comuni, le persone si sentono libere di andare a leggere i libri in biblioteca senza scarpe. Credo che i giovani siano molto simili a noi, ci accomuna il fatto di voler conoscere. I finlandesi sono curiosi di capire come vivere. Hanno tutti gli stessi obiettivi: crescere ed essere felici. Una cosa che però ho notato poco negli adulti, temo sia una cosa che col tempo vada svanendo”.
Filippo Ghelfi: dal “Gioia” all’imprenditoria
“Dopo il diploma scientifico al Gioia mi sono iscritto a Ingegneria dei materiali e poi a Ingegneria fisica al Politecnico di Milano – racconta Filippo Ghelfi –. Durante una mia esperienza all’estero, mio fratello ha aperto insieme a un suo amico una società a Piacenza che si occupa di aiuto industriale. Tornato in Italia e finiti gli studi, mi sono aggregato anch’io. All’inizio non è stato facile attirare talenti da coinvolgere nella nostra attività, abbiamo chiamato i nostri ex compagni del liceo per proporre loro un posto in azienda. Oggi siamo una ventina di persone, abbiamo aperto una sede commerciale in Germania e da poco un gruppo di nuovi soci ha fatto un round di investimento per far crescere l’azienda. I nostri clienti ci danno fiducia perché, essendo tematiche innovative, per loro è normale che i giovani ne capiscano”. Qual è il rapporto fra il mondo accademico e quello del lavoro in Italia? “Spesso ci troviamo davanti persone laureate che sono sprovviste di nozioni sul mondo del lavoro. Molte cose io le ho imparate attraverso video trovati in rete. Penso che i corsi universitari siano molto nozionistici e poco pratici. Anche per i docenti credo sia difficile stare al passo e cambiare ciò che insegnano, soprattutto per quanto riguarda discipline tecniche che cambiano rapidamente. Forse gli Its (istituti tecnici superiori, nda) sono più legati al mondo del lavoro rispetto all’università; tuttavia, sono snobbati all’uscita dalle superiori. È un peccato. Dovrebbero essere più sponsorizzati, non per forza tutti devono fare l’università”.
Agnese Bearesi: “Ho incontrato persone che mi hanno lasciata sbagliare e imparare”
“Ho frequentato il liceo scientifico a Cremona – dice Agnese Bearesi – poi mi sono iscritta a Economia: avevo voglia di approfondire qualche materia nuova. Mi ha subito incuriosito l’opportunità della «doppia laurea» offerta dall’Università Cattolica di Piacenza, che permetteva di svolgere alcuni anni in sede e altri all’estero. A 20 anni mi sono trasferita in Olanda, all’inizio ero titubante ma poi ho deciso di prolungare il mio soggiorno. È stata l’occasione per comprendere cosa volevo fare: lavoravo occupandomi di startup per farle crescere, tra queste ho incontrato le «startup a impatto», nate non necessariamente con la finalità del profitto, bensì con l’intenzione di risolvere problemi sociali o ambientali. Una volta tornata in Italia, ho iniziato a lavorare in un’impresa sociale che affiancava aziende in progetti con altre realtà locali, istituzioni, associazioni per far fiorire la comunità. Ho approfondito la parte di rendicontazione”. Gli adulti non sempre sono un ostacolo. “Nella mia vita ho incontrato persone che mi hanno dato responsabilità, lasciandomi sbagliare e imparare. Nessuno mi ha mai spianato la strada”. Agnese Bearesi ha un bambino di quasi sei mesi. “Non vedo la maternità come un ostacolo per il mio lavoro – dice, rispondendo alla domanda di Massimo Trespidi –: quando sono rimasta incinta il mio capo, inglese, non mi ha creato problemi; anzi, mi ha concesso più flessibilità”.
Laura Balestrieri: il sogno di lavorare in officina e una carriera all’interno dell’azienda
Diplomata nel 2011 come perito meccanico all’Isii Marconi, Laura Balestrieri ha iniziato subito a lavorare in un’azienda di Casoni di Gariga di Podenzano, dove aveva svolto l’alternanza scuola-lavoro. “Ho iniziato a imparare il processo che trasforma la materia prima in prodotto finito. Mi piaceva, ma l’azienda era distante da casa. Quindi iniziai a sondare il terreno per cercare aziende più vicine a Castel San Giovanni, dove vivo, e feci un colloquio a Tgr, l’azienda per cui lavoro da 12 anni. Il mio desiderio era lavorare in officina, ma il titolare mi propose un posto in ufficio commerciale. Lì imparai l’importanza di tenere il contatto col cliente. Ma sulla scrivania io non ci riuscivo a stare e, quando mancava il magazziniere, «fuggivo» e andavo a fare i pacchi. E così via, una spedizione, una fornitura, eccetera. Chiesi poi di essere trasferita in magazzino e titolare accettò. Mi passavano fra le mani oggetti di tante forme diverse e la mia curiosità cresceva. Avevo il vantaggio di fare un lavoro più dinamico ma non ero soddisfatta, non mi sentivo a posto. Non era lì che volevo arrivare. Le discussioni con i colleghi di magazzino e i malumori mi convinsero a cambiare: la responsabile delle risorse umane mi offrì il ruolo di collaudatrice di materiali. In officina il mio compito era verificare la linea di produzione, non l’avevo mai fatto ma accettai la sfida. Per fortuna, direi oggi: sono riuscita a dare il meglio di me stessa, a tirare fuori tutta la precisione che ho dentro. Dopo cinque anni, nel 2022, la responsabile del personale mi fece una nuova proposta: andare a lavorare a fianco del responsabile tecnico-commerciale dell’azienda. Significava andare a studiare il ciclo di un prodotto nuovo, dalla materia prima al prodotto finale. Poco dopo rimasi incinta. Ero spaventatissima, ma per fortuna il titolare fu comprensivo e mi rassicurò. A marzo è nato il mio bimbo. Mentre ero a casa in maternità, in azienda ci sono stati dei cambiamenti: il responsabile della qualità era uscito dall’azienda e, al mio rientro, mi offrirono il suo posto”. Anche a Balestrieri la maternità appare conciliabile con il lavoro. “Non ho trovato alcun ostacolo – afferma – mi hanno garantito la flessibilità, riconoscendo che mio figlio fosse la mia priorità. Oggi quasi tutte le aziende si stanno rendendo conto che il calo demografico, in prospettiva, arrecherà problemi al territorio. Per cui, le aziende che sostengono la famiglia sono quelle che guardano al futuro”.
Edoardo Fumi: l’università, la passione per le moto e l’impegno politico
Proiettato verso il lavoro “pratico”, Edoardo Fumi cambia tutti i piani e si iscrive all’università. “Ho frequentato l’Isii Marconi a indirizzo meccanico – racconta – sono una persona pratica, la mia idea era di lavorare subito in officina. Durante il triennio ho svolto due stage: dato che mi piaceva molto disegnare sono andato in un ufficio tecnico ma lì ho scoperto che non faceva per me. Nel secondo ho lavorato in un’officina: in quell’occasione è nata in me l’idea di fare il meccanico di motociclette per poi, un domani, aprire la mia officina. In quinta ho smesso di studiare, già proiettato verso un lavoro pratico ho deciso che i libri non mi sarebbero più serviti. Ma, due giorni prima della maturità, mi si è accesa una lampadina: provare l’università. Mi sono iscritto a Economia alla «Cattolica», una facoltà che non c’entrava niente col mio percorso fino a quel momento. Adesso sono al terzo anno, a fine anno mi laureo e poi vorrei continuare con la magistrale”. La passione per le moto però non è svanita. “Don Silvio (Pasquali, nda), quando era parroco di San Lazzaro, mi ha fatto scattare la scintilla. Per dieci anni ho corso in bici su strada. Già alle superiori ho iniziato a lavorare in una pizzeria per mettere da parte i soldi, così ho comprato la mia prima moto. Durante il primo anno di università ho lavorato di notte in una pasticceria: preparavo le brioches da consegnare poi al mattino ai bar. È stato un periodo faticoso. Poi ho cominciato Enduro (una disciplina motociclistica di resistenza su strade sterrate, nda), lavorando a Grazzano Visconti in una scuola che insegna ad andare in moto. Ho partecipato al campionato italiano di Motorally. Quest’anno dovremmo riuscire a fare una squadra per andare a correre, mi hanno chiesto di fare il responsabile”. Quello sugli stage e sull’alternanza scuola-lavoro è un dibattito aperto. “Penso che siano importanti – dice Fumi – nell’ufficio tecnico in due settimane ho capito che disegnare non era il lavoro per me. Provare prima di iniziare a lavorare aiuta a non perdere tempo. Non capisco chi si schiera contro gli stage considerandoli uno sfruttamento da parte delle aziende”. E poi l’impegno politico: Edoardo Fumi si è candidato alle elezioni comunali 2022 a Piacenza nella lista “Patrizia Barbieri Sindaco-Trespidi con Liberi”. “La passione c’è sempre stata fin da piccolo – commenta –. L’anno scorso persone a me vicine mi hanno indirizzato verso il gruppo di «Liberi», un’esperienza che non si esaurisce con le elezioni ma continua con un impegno costante verso gli altri. È questa la mia idea di politica”.
I giovani non hanno futuro? Parola ai giovani
Al termine della presentazione delle esperienze dei giovani, Mauro Monti ha precisato che l’obiettivo del convegno non è generalizzare, “i problemi nel rapporto fra lavoro e maternità esistono e non vogliamo negarli”. I cinque ragazzi hanno commentato l’affermazione iniziale di Galimberti. “Non sono d’accordo – sostiene Laura Balestrieri – oggi qui ci sono persone che ogni giorno tirano fuori il meglio di sé stesse. Ai giovani do un consiglio: diamoci valore e applichiamo al meglio ciò che abbiamo, ascoltiamoci, così abbiamo la possibilità di farci valere e dare voce alla nostra passione”. Sul non avere futuro, Agnese Bearesi commenta che “magari non per tutti la strada è chiara, ma non fossilizziamoci su un piano già definito. Non abbiamo paura, il futuro c’è e va costruito dal presente”. Laura Pellegrino evidenzia come il suo percorso l’abbia portata a inseguire ciò che la rendeva felice. Sul futuro, dice, “non sappiamo dove o quando, ma possiamo decidere come”. Dello stesso avviso Edoardo Fumi, mentre Filippo Ghelfi si sofferma sui luoghi comuni che portano a puntare il dito contro i giovani. “Succedeva già ai tempi di Platone nei confronti della più giovane generazione di Aristotele. La nostra generazione ha sfide diverse da quella precedente, che richiedono strumenti diversi. Il consiglio che do ai giovanissimi è di usare gli strumenti a disposizione, c’è un mondo di informazioni a portata di mano, basta avere buona volontà”.
“La politica pensa più alle pensioni che alle questioni dei giovani”
Al termine dell’incontro, Massimo Trespidi ha tirato le somme degli interventi dei giovani. “Credo che dobbiamo dare più occasioni ai giovani di raccontarsi – dice –. Spesso sentiamo adulti che parlano di giovani, che analizzano i giovani, fanno sociologia sui giovani. Per questo motivo, in controtendenza, abbiamo organizzato questa serata. Il cambiamento avviene ascoltando l’esperienza umana di un altro, non si cambia di fronte a teorie, non si investe nel futuro pensando alle teorie, ma solo sentendo che un’esperienza umana è possibile. I giovani vengono anche sfruttati, le difficoltà ci sono, e c’è una politica che perde tempo a parlare delle pensioni trascurando i giovani e non valorizzando i talenti in modo adeguato. La politica deve intraprendere un cambiamento, che non è un problema giovanile. Anche a ottant’anni si può essere protagonisti del cambiamento, vedere che un altro si è messo al lavoro aiuta a mettersi in gioco. Quello che ha aiutato tutti i ragazzi che sono intervenuti è stato avere accanto persone con cui parlare, a cui chiedere un parere e a cui far vedere il futuro che immaginiamo. E poi, ascoltarsi. Il mondo degli adulti di oggi non sa più trasmettere, gli adulti hanno smesso di insegnare ad ascoltare le vibrazioni dentro sé stessi. Mi piace questo dialogo fra le generazioni: i cambiamenti nella società di oggi sono così repentini che il dialogo non dobbiamo darlo per scontato, lavoriamo perché questo avvenga perché è un elemento che costruisce. Gli adulti possono svolgere un ruolo importante di sussidiarietà: creare condizioni perché la libertà di una persona possa essere sviluppata. Basta con le protezioni ossessive degli adulti nei confronti dei giovani, sono una cappa asfissiante che li opprime”.
Francesco Petronzio
Nella foto, da sinistra: Mauro Monti, Linda Pellegrino, Laura Balestrieri, Massimo Trespidi, Edoardo Fumi, Filippo Ghelfi, Agnese Bearesi.
Pubblicato il 2 dicembre 2023
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