Anche quest’anno, come da consolidata tradizione, a Podenzano l’apertura dell’anno sociale e catechistico è stata scandita dal Meeting d’autunno, una giornata, in questo caso domenica 6 ottobre, di giochi e riflessioni dedicate ai bambini dalla terza elementare alla terza media. Quest’anno oltre 160 bambini hanno aderito al meeting, con grande soddisfazione degli educatori che raramente avevano visto una tale affluenza. Il Meeting vuole rappresentare una sorta di “ponte” tra le attività estive e l’avvio del catechismo e dei gruppi giovani che si susseguiranno da qui a giugno. I giovani organizzatori hanno scelto come “titolo” della giornata “Servire è Regnare” e partendo dalla citazione evangelica “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” e dall’esempio di tre Santi (San Tarcisio, Don Bosco e Madre Teresa di Calcutta) gli educatori hanno cercato di delineare il concetto di servizio in parrocchia, anche e soprattutto attraverso la propria personale testimonianza, per mostrare ai ragazzi come e in quanti modi si possa servire Cristo, e come sia possibile attraverso la parrocchia, a partire dall’impegno nel catechismo, o attraverso piccoli gesti, come le collette alimentari, che possono rappresentare aiuti concreti per le persone in difficoltà. Il fine era quello di dimostrare come tutti possano servire Dio, servendo il prossimo, anche nei gesti più semplici della nostra vita, perché amare il prossimo deve essere centrale nella vita di un cristiano.
Come tutti gli anni la giornata è terminata con la messa, momento fondamentale per ringraziare il Signore delle meravigliose ore vissute insieme e con la tradizionale processione in onore della Madonna del Rosario, che vede formarsi, in modo molto suggestivo, una comunità in cammino unita nella fede e nella preghiera, che quest’anno è stata rivolta specialmente alla pace, accogliendo l’invito di papa Francesco. Il meeting è stata, quindi, l’occasione per l’intera comunità parrocchiale di iniziare insieme il percorso di quest’anno, rinnovandosi sempre e non dimenticando l’importanza fondamentale dell’impegno giovanile e dell’attenzione ai più piccoli.
“Abbiate l’umiltà di chiedere quello che non conoscete, perché c’è sempre qualcuno pronto a tendervi la mano”. È questo il messaggio di Giulia Ghiretti, campionessa paralimpica, oro nei 100 rana sb4 a Parigi 2024. Insieme a Efrem Morelli, anch’egli nuotatore, argento nei 50 rana sb3 alle ultime Paralimpiadi, sono intervenuti venerdì 4 ottobre all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza per l’evento conclusivo della Settimana del Dono. Forte e chiaro anche Morelli, che ha detto: “Non dobbiamo essere considerati come atleti disabili, ma come atleti. Lavoriamo duro, così come gli atleti olimpici".
Parigi, un passo avanti per il movimento paralimpico
A margine dell’incontro all’Auditorium Mazzocchi, introdotto dal preside della Facoltà di Economia e Giurisprudenza Marco Allena e moderato dal docente Sebastiano Grandi, Giulia ed Efrem hanno risposto alle domande dei cronisti. “Siamo qui per dare il nostro contributo allo sport paralimpico – le parole di Efrem Morelli – e dare visibilità a quello che stiamo realizzando. Il fatto che questa paralimpiade si sia disputata in Europa ha permesso a tanti di seguirla in diretta a orari consoni con i ritmi di vita. Abbiamo fatto un gran lavoro a livello promozionale e bisogna continuare su questa strada. Sono soddisfatto del mio risultato”. Dopo il meritato riposo, Efrem annuncia che il prossimo obiettivo sarà il Mondiale di Singapore, che si svolgerà a ottobre 2025.
Oro paralimpico, un’altalena di emozioni
Alle Paralimpiadi di Parigi Giulia Ghiretti è arrivata sul gradino più alto del podio. “Sono state qualcosa di unico – dice – soprattutto grazie alle 150 persone che mi hanno accompagnato e supportato. La gara è un attimo in confronto al percorso di tutti questi anni. Eravamo in quattro sulla stessa linea, tutte potevamo vincere: a questo giro è toccato a me. Sono uscita dall’acqua senza emozioni, completamente svuotata. Dopo, dall’inno in poi, quel vuoto si è riempito di qualsiasi cosa. Lì (alle Paralimpiadi, nda) l’esperienza si vive insieme a tutti gli altri atleti provenienti da tutto il mondo, in quei quindici giorni si ferma tutto e non vorremmo mai tornare nella vita reale. Il messaggio per i ragazzi è non mollare mai ed essere curiosi, fuori c’è tantissimo e molte volte quello che non si conosce può spaventare. Dico loro di avere l’umiltà di chiedere quello che non si conosce perché c'è sempre qualcuno pronto a tendere la mano”.
Nella foto, da sinistra Sebastiano Grandi, Giulia Ghiretti, Efrem Morelli, Marco Allena.
Le prime Paralimpiadi a Roma nel 1960
Nell’aula magna della “Cattolica”, davanti a un folto pubblico di studenti, Marco Allena ha introdotto l’incontro dicendo che “i giochi paralimpici sono uno dei più fulgidi esempi da seguire per i ragazzi per i valori del Comitato paralimpico, come determinazione, eguaglianza, ispirazione e coraggio. Ne aggiungo un altro: la speranza. L’Università Cattolica ha deciso di dedicare la Settimana del Dono di quest’anno al tema della speranza, che oggi è ben rappresentata. Il nostro Paese è particolarmente legato ai giochi paralimpici, che hanno avuto origine nei giorni appena successivi alla Seconda Guerra Mondiale, un periodo di grande crescita e rivoluzioni positive. Con l’afflato di voler ricostruire, c’è stata la spinta ai giochi paralimpici, che per la prima volta si sono svolti a Roma nel 1960”.
Lo sport nel sangue
Efrem Morelli racconta: “Ho sempre fatto sport, fin da ragazzino, poi negli anni successivi l’ho intensificato con l’agonismo. Man mano ho imparato a regolare la mia vita, ponendomi obiettivi e cercando di organizzarmi per raggiungerli e di trovare la costanza per continuare a inseguirli. Il percorso per arrivare all’obiettivo è sempre segnato da varie problematiche che fanno parte della vita, la cosa importante che ho imparato è che, avendo ben chiara la visione dell’obiettivo, si possono trovare anche motivazioni che pensavamo di non avere per arrivare in cima”. Aveva sedici anni Giulia Ghiretti al momento del grave infortunio, durante un allenamento di trampolino elastico, che le ha causato la paralisi degli arti inferiori. Poi la scoperta di una nuova opportunità: il nuoto. “Anche per me lo sport c’è sempre stato, ha sempre fatto parte della mia quotidianità e l’ho sempre visto come agonismo. Lo sport mi ha dato tanto, ha formato la persona che sono e mi ha insegnato a darmi degli obiettivi e a raggiungerli. Il percorso non sempre è lineare, la strada non è già asfaltata, dobbiamo costruirla noi. La cosa più bella è condividere l'obiettivo con le persone incontrate durante il percorso”.
Comunicare la disabilità con ironia, la svolta di Parigi 2024
I Giochi Paralimpici di Parigi 2024 sono stati diversi dal solito, a partire dalla comunicazione. Sui canali ufficiali la disabilità è stata trattata con ironia, nell’ottica di abbattere gli stereotipi e considerare (finalmente) gli atleti paralimpici alla stregua dei colleghi che hanno gareggiato qualche settimana prima negli stessi impianti parigini. “Quando partecipai alla mia prima Paralimpiade (a Pechino nel 2008, nda) non c’era copertura televisiva – spiega Efrem Morelli, che ha partecipato a cinque paralimpiadi – la gente neanche sapeva che fossimo partiti. Negli anni sono stati fatti dei passi avanti, e ancora oggi c'è bisogno di un gran lavoro affinché lo sport paralimpico si diffonda nel migliore dei modi”. Giulia Ghiretti riconosce che “a Parigi è stato fatto un gran passo avanti: la Rai ha coperto benissimo l’evento, è passato il messaggio dello sport, non della disabilità. Sta cambiando il modo di comunicare”. Efrem e Giulia hanno mostrato le loro medaglie, che al loro interno contengono un pezzo della Tour Eiffel (parte del ferro eliminato con la costruzione dell'ascensore, nda). “A Parigi per la prima volta il logo era uguale per Olimpiadi e Paralimpiadi”, ha evidenziato Ghiretti.
“Volevo smettere, poi è tornata la voglia”
Dieci anni fa, Efrem Morelli ha pensato si smettere. “Subii un brutto infortunio al collo e pensai di ritirarmi al termine del Campionato europeo (disputato nel 2014 a Eindhoven, nei Paesi Bassi, nda). Poi è tornata la voglia di rimettermi in gioco e ho capito che non potevo non continuare”. Giulia Ghiretti, anche lei in gara in quella competizione, ricorda che “quando ha detto che avrebbe smesso (Efrem, nda) per me è stato traumatico, tornai a casa con la sensazione di aver perso il mio punto di riferimento”. Un messaggio che Morelli ha tenuto a lanciare è che “anche se si ha talento, bisogna sempre lavorare tantissimo per ottenere risultati. La fatica può durare un attimo, la gloria per un risultato conseguito dura tutta la vita”.
Un punto di riferimento
Efrem Morelli è il capitano della Nazionale di nuoto paralimpico. “È un ruolo che mi hanno dato gli altri atleti che mi vedevano come la figura più vecchia - scherza - un riferimento per l'aspetto sportivo. In realtà ho a che fare con persone che sanno già cosa devono fare, sono già bravi e preparati, poche volte c’è da correggere qualcosa. Metto a disposizione la mia esperienza per curiosità e dubbi. È una responsabilità perché devo dare il giusto esempio e il giusto modo di vedere”. Per Giulia, Efrem è “sempre stato un riferimento, fin da quando ho iniziato. Esserci è importante, la sua presenza mette tranquillità a tutta la squadra. Non solo parole, ma fatti: è un riferimento e tutti sanno che c’è”.
Non si vive solo di sport
Ad aprile di quest’anno, Giulia Ghiretti ha conseguito la laurea magistrale in Ingegneria biomedica al Politecnico di Milano. “Lo sport è un momento della vita, il corpo non risponde sempre allo stesso modo. Ho studiato per costruirmi un futuro. La cosa più difficile è stata conciliare tutto nelle ventiquattro ore di una giornata: si va in piscina mattina e pomeriggio, più il tempo del viaggio, i pasti e il sonno, che è fondamentale nell’allenamento. Ho impiegato tanti anni a laurearmi, e questa cosa mi ha turbato molto: da un lato, razionalmente, sapevo che stavo facendo altre cose, ma dall’altro ho sempre pensato di essere in ritardo”. Gli atleti paralimpici non riescono a mantenersi economicamente solo con lo sport. “Solo da poco possiamo entrare nei gruppi sportivi delle forze dell'ordine”, dice Giulia. Ma, nonostante gli sforzi del Comitato paralimpico, “lo sport non basta per vivere”, evidenzia Efrem. Dunque, c’è sempre bisogno di un piano B per garantirsi il futuro. “La medaglia è bellissima – dice Giulia – ma la laurea è un’altra cosa. È una sensazione diversa, mi ha aperto a un nuovo mondo: è un punto di partenza. Ad aprile mi sono laureata, e dopo una settimana ero in gara all'Europeo (a Funchal, Madeira, nda) e ho disputato la mia gara migliore. Credo che sport e studio siano percorsi simili: da una parte ci sono le gare, dall’altra gli esami: entrambi hanno bisogno di costanza e disciplina”. Efrem conduce da anni un’attività commerciale nel settore del vending. “Sto cercando di portarla avanti nel migliore dei modi”, dice.
Il futuro: obiettivo Singapore 2025
L’obiettivo, sia per Giulia che per Efrem, sono i Mondiali di Singapore, che si disputeranno a ottobre 2025. “Quello che ho vissuto a Parigi è stato qualcosa di intenso, bellissimo. Non sono pronta a dire di no a quelle emozioni”, afferma Giulia. Ma non c’è solo lo sport. "Ho suonato l’arpa per quattro anni – dice – mi piacerebbe tornare a farlo”.
Francesco Petronzio
Nella foto, in alto, da sinistra Giulia Ghiretti ed Efrem Morelli.
L'infermiere di famiglia e comunità è un professionista che sta assumendo un ruolo sempre più importante nell’assistenza territoriale. Benessere, salute della persona, della famiglia e, quindi, della comunità dipendono da programmi di prevenzione, cura e di sinergia con la natura ed ecosistema nella sua interezza; in questa logica il professionista è chiamato ad agire la professione. Il suo approccio assistenziale segna un cambiamento importante: non si limita a intervenire quando la malattia è cronica o comunque è già in corso, ma si attiva per identificare precocemente i bisogni sociosanitari delle persone, intervenendo sui determinanti di salute prima che la situazione si aggravi, per prevenire interventi più intensivi. Per rafforzare questa rete di assistenza già presente sul nostro territorio e rendere sempre più efficace l’azione dell’infermiere di famiglia e comunità, l’Azienda Usl di Piacenza sta mettendo a punto un percorso formativo dedicato. “Siamo consapevoli della centralità di questi professionisti – evidenzia Andrea Contini, direttore assistenziale dell’Azienda Usl di Piacenza – e abbiamo quindi voluto creare delle opportunità concrete di sviluppo in ambito provinciale. Siamo partiti dalle indicazioni del DM77 del 2022 e dal documento dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), che indica le specifiche caratteristiche e le competenze che l’infermiere di famiglia e comunità deve possedere”.
“Nella nostra provincia – aggiunge Contini – ci sono già delle esperienze significative in essere, che hanno fatto da apripista al progetto. Gli infermieri di famiglia e comunità sono al momento attivi a Vernasca, Morfasso, Bettola, Farini, Ferriere e Ponte dell’Olio; di recente si è aggiunta anche la zona delle “aree golenali” di Sarmato, Calendasco e Fontana Pradosa. In queste aree, e anche nei Comuni dell’Unione Val Chero, è in corso una sperimentazione per una presa in carico anticipata degli eventuali bisogni di salute delle persone con più di 65 anni che vengono dimesse dall’ospedale”: l’obiettivo è quello di proporre sostegno e affiancamento in caso di nuove necessità conseguenti al ricovero. “Dopo queste prime esperienze – continua il direttore assistenziale – è arrivato il momento di investire anche sulla formazione. Le potenzialità di questi professionisti sono molteplici e il percorso che stiamo mettendo a punto fornirà conoscenze, competenze e strumenti per un'assistenza sempre più di prossimità e proattiva”. L’infermiere di famiglia e di comunità già inserito nella rete territoriale sarà sempre più chiamato ad agire all'interno di team integrati e multiprofessionali. “Collabora con i medici di famiglia, gli assistenti sociali, il volontariato e altri colleghi che già sono presenti sul territorio. Rete e relazioni sono due parole chiave, che permettono di garantire sempre maggior attenzione alla cura, nell’ottica di prevenire e identificare i bisogni di salute prima che diventino più gravi o cronici. Oltre all’assistenza, questa figura è strategica per la promozione della salute e la prevenzione”. Il corso di formazione per infermieri di famiglia e di comunità sarà attivato entro la fine dell’anno e prevede una combinazione di lezioni in aula e a distanza, tirocini pratici e un progetto finale per mettere in pratica quanto appreso. “Al momento i professionisti interessati a sviluppare questa competenza hanno due opportunità: un master universitario di primo livello o un percorso come quello che si sta creando qui a Piacenza, percorso riconosciuto dalla Regione”. Il board organizzativo del corso include, oltre al direttore Contini, i dirigenti delle professioni sanitarie Fabio Mozzarelli, Ursula Corvi e Adonella Visconti, nonché Maria Gaetana Droghi, responsabile Innovazione e sviluppo organizzativo e professionale della direzione assistenziale.
Elettrodomestici ad alta efficienza energetica per gli alloggi e le strutture abitative di accoglienza gestiti dalla Caritas, a sostegno di famiglie in situazioni di povertà energetica e disagio abitativo transitorio. A fornirli è Iren, che entra nel progetto “Energia in Comune”, nato nel 2023 grazie alla “rete” costituita da diversi enti, società e istituzioni del territorio. La società multiservizi investe 100mila euro nel progetto: la metà è destinata a un’integrazione al fondo solidale di “Energia in Comune” e destinato al pagamento delle bollette energetiche di persone e famiglie vulnerabili, emesse da qualunque operatore; l’altra metà del contributo è invece destinata all’acquisto di elettrodomestici.
La conferenza stampa
La novità è stata presentata lunedì mattina, 7 ottobre, a Palazzo Rota Pisaroni. Sono intervenuti in conferenza stampa il presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Roberto Reggi, il direttore di Caritas diocesana Mario Idda, il direttore della comunicazione e delle relazioni esterne di Iren Francesco Castellone, la responsabile del Banco dell’energia Silvia Pedrotti e l’assessora comunale al welfare Nicoletta Corvi.
Educazione ai consumi
Il contrasto alla povertà energetica comprende anche una un evento formativo per gli operatori del progetto che dovranno diventare Ted (Tutor per l’energia domestica) e l’avvio di un percorso di educazione e consapevolezza dell’utilizzo dell’energia che permetta ai beneficiari di ridurre i propri consumi energetici risparmiando sulle spese per le utenze domestiche, salvaguardando l’ambiente e migliorando al tempo stesso il proprio livello di benessere generale. La nuova iniziativa, che prende il nome di “Energia, elettrodomestici in Comune”, durerà 12 mesi e darà sostegno a circa cento famiglie nel Comune di Piacenza.
Energia in Comune: 500mila euro per le famiglie
“Energia, Elettrodomestici in comune” si inserisce quindi nell’ambito di due ulteriori progetti realizzati nel territorio piacentino. “Energia in Comune”, promosso da Banco dell’energia, Fondazione di Piacenza e Vigevano, Diocesi di Piacenza-Bobbio, Comune di Piacenza, Provincia di Piacenza, Camera di Commercio dell’Emilia, Federconsumatori Piacenza, Banca di Piacenza e Crédit Agricole Italia attraverso la creazione di un fondo di 500mila euro – 300mila dei quali destinati alle famiglie e i restanti per altre azioni a contrasto della povertà energetica – che ha permesso di aiutare circa mille nuclei familiari in difficoltà nel Comune e nella provincia di Piacenza, e “Casa tra le Case” avviato nel 2016 per offrire un sostegno abitativo transitorio e un percorso di educazione e reinserimento sociale a persone e famiglie fragili messe in ulteriore difficoltà e in sofferenza dalla pandemia. La povertà energetica in Italia tocca circa 2 milioni di persone, corrispondenti al 7,7% del totale. In Emilia-Romagna, nello specifico, siamo al 6,5% del totale (dati 2022), un dato leggermente più basso ma ugualmente preoccupante.
Tarasconi e Corvi: “Aiuto concreto e progetto formativo”
“Non dobbiamo considerare quest’aiuto come un contributo a perdere – ha precisato l’assessora al welfare Nicoletta Corvi – perché dietro c’è un progetto formativo, di accompagnamento alle famiglie. È sicuramente un sollievo che dà ossigeno alla famiglia, ma dentro un processo già in atto, che comprende anche un percorso di orientamento ai consumi. Auspico che la rete si allarghi. Ogni giorno incontriamo una molteplicità di richieste in crescendo: la povertà a Piacenza esiste ed è tangibile”. La sindaca Katia Tarasconi, assente alla conferenza stampa, ha detto in una nota che “l’attenzione alle nuove povertà richiede l’impegno congiunto di tutte le istituzioni del territorio, a tutela delle fasce più fragili della nostra comunità. L’iniziativa presentata oggi è un passo ulteriore verso la sostenibilità intesa come rispetto dell’ambiente e nella sua accezione di inclusività, accessibilità delle risorse e dei servizi. Grazie alla sinergia tra tutti i partner coinvolti, cui voglio ribadire la piena adesione e la riconoscenza del Comune di Piacenza, si sta portando avanti un lavoro di fondamentale importanza, che traduce in un aiuto concreto la sensibilità condivisa su questi temi”.
Aziende competitor insieme contro la povertà
“È un onore ed un orgoglio constatare come l’impegno profuso nel corso degli anni dal Banco dell'energia e dai suoi partner stia producendo i risultati prefissati – ha commentato la responsabile del Banco dell’energia Silvia Pedrotti –. La nostra mission è il contrasto alla povertà energetica, che mette insieme aziende energetiche che sono competitor sul mercato. Siamo riuniti nuovamente a Piacenza per presentare e dare il via ad una nuova fase del progetto nato per supportare i nuclei familiari in gravi difficoltà, specialmente a seguito degli effetti della pandemia. Ringrazio Iren e la Caritas per la loro preziosa collaborazione”.
Idda (Caritas): “Tante situazioni di difficoltà intercettate ogni giorno”
“Il nuovo progetto – ha aggiunto il direttore di Caritas diocesana Mario Idda – si pone in continuità con Energia in comune e rappresenta una prassi virtuosa di come un territorio può dare risposte corali a problemi comuni. Il coinvolgimento di tanti attori esprime una corresponsabilità verso questioni, come quella della povertà energetica, che richiedono l’aiuto di tutti per poter essere affrontate e gestite. Le tante situazioni di difficoltà che intercettiamo ogni giorno richiedono un forte impegno sia sul versante della risposta materiale ai bisogni ma anche e soprattutto nell’accompagnare i nuclei familiari in percorsi verso l’autonomia. La sfida messa in campo da Energia in Comune e da Energia, Elettrodomestici in comune sta proprio nel tentativo di superare la logica, pur necessaria, assistenziale per investire sulla formazione e la crescita delle persone”.
Iren: “Collaborazione per creare opportunità e risultati”
“Il progetto presentato oggi è il primo supportato da Iren nell’ambito delle azioni promosse dal Banco dell’energia – ha commentato il direttore della comunicazione e delle relazioni esterne di Iren Francesco Castellone –. Abbiamo deciso di prendere parte a questa iniziativa non solo perché focalizzata sul territorio di Piacenza, uno dei nostri territori storici, ma anche perché fondata sulla cooperazione tra diversi attori, una collaborazione capace di creare importanti opportunità e risultati. Il tutto in favore delle famiglie vulnerabili, cui siamo lieti di offrire un supporto non solo economico ma anche formativo, grazie ai percorsi educativi sull’utilizzo dell’energia, che consentiranno loro di ridurre i propri consumi energetici risparmiando sulle spese”.
Reggi (Fondazione): “Presto una comunità energetica solidale”
“Definire un’area di intervento precisa e rilevante, come il contrasto alla povertà energetica, e porla al centro dell’azione congiunta di una rete solida di istituzioni e soggetti del territorio è la chiave della riuscita di «Energia in comune» – ha sottolineato il presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Roberto Reggi -; partito con un fondo iniziale di 500mila euro, il progetto ha saputo catalizzare ulteriori impegno e risorse, prima con l’ingresso di 12 comuni della provincia (oltre a Piacenza, hanno aderito Agazzano, Alta Val Tidone, Borgonovo Val Tidone, Cadeo, Calendasco, Gossolengo, Gragnano Trebbiense, Lugagnano Val d’Arda, Pianello Val Tidone, Pontenure, Sarmato e Ziano Piacentino, nda) e, ora con questo nuovo tassello relativo alla sostituzione degli elettrodomestici, realizzato grazie a Iren. Il mio ringraziamento va a tutti i soggetti di questa rete, nessuno escluso, perché solo lavorando insieme, uniti, si possono realizzare azioni realmente incisive e significative a favore delle fasce più fragili della popolazione e per il nostro territorio”. Reggi ha inoltre annunciato che a breve verrà presentato un nuovo progetto, sempre nell’ambito di “Energia in comune”, che prevedrà la realizzazione di una comunità energetica solidale.
Banco dell’energia: aziende contro la povertà energetica
Fondazione Banco dell’energia è un ente senza scopo di lucro che ha l’obiettivo di raccogliere fondi per sostenere, attraverso il meccanismo della solidarietà indiretta, persone e famiglie in situazione di vulnerabilità economica e sociale, ponendo particolare attenzione al tema della povertà energetica. Dal 2016 Banco dell’energia ha raccolto e donato oltre 12 milioni di euro e aiutato più di 13mila famiglie, operando attraverso interventi in sostegno di persone in difficoltà e iniziative formative e di sensibilizzazione per aumentare la cultura e la consapevolezza sui consumi e l'efficientamento energetico. Tra queste, il Manifesto “Insieme per contrastare la povertà energetica”, a cui hanno aderito oltre 80 stakeholder tra aziende, organizzazioni del terzo settore, associazioni e istituti di ricerca, network che garantisce la realizzazione di numerosi progetti di solidarietà su tutto i territori nazionale. Fanno parte del Board della Fondazione Banco dell’energia, oltre ai Soci Fondatori A2A e le sue Fondazioni AEM, ASM e LGH, anche Edison, Eni Plenitude e Iren.
Casalasco S.p.A., prima filiera integrata del pomodoro da industria in Italia, ha avviato un progetto sperimentale per la realizzazione del primo parco agrivoltaico per la coltivazione del pomodoro, in collaborazione con la facoltà di Agraria dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Questo progetto, ideato da Casalasco, si pone come un’importante iniziativa per promuovere la sostenibilità e migliorare l’efficienza energetica lungo tutta la filiera produttiva. L’impianto, che ha comportato un investimento di circa 2 milioni di euro, è compreso in un più ampio piano di interventi programmati nei vari stabilimenti del Gruppo a sostegno dell’ambiente e del valore complessivo di 24,5 milioni di euro. Si estenderà su una superficie di circa 2 ettari in area industriale, nei pressi dello stabilimento di Casalasco a Fontanellato (Parma). I pannelli fotovoltaici saranno posizionati su strutture metalliche alte circa 5 metri, consentendo il regolare svolgimento delle attività agricole sottostanti. Grazie a un software, sviluppato in collaborazione con l’Università Cattolica di Piacenza, che raccoglierà e analizzerà costantemente i dati in ingresso, i pannelli saranno in grado di orientarsi per massimizzare l'assorbimento di energia solare e garantire la giusta quantità di luce alle coltivazioni.
Il parco agrivoltaico avrà una capacità produttiva annua di circa 1600 MWh che, insieme all’energia prodotta dall’impianto di cogenerazione installato nel 2023 all’interno dello stesso sito di Fontanellato, sarà sufficiente a coprire oltre il 90% del fabbisogno energetico dello stabilimento. Questo progetto rappresenta un passo avanti verso l’autosufficienza energetica e la riduzione dell’impatto ambientale di Casalasco, che attraverso il parco agrivoltaico ridurrà le emissioni di CO2 di 680 tons l’anno. Con l’energia prodotta dal parco agrivoltaico verrà inoltre alimentato anche il nuovo Innovation Center di Casalasco, progetto del Gruppo in fase di realizzazione, sempre a Fontanellato, in un edificio attiguo alla palazzina uffici. L’iniziativa non si limita ai benefici energetici, ma mira a offrire un modello replicabile per tutte le aziende agricole conferenti. La sperimentazione sulla coltivazione di pomodori sotto i pannelli solari permetterà, infatti, di identificare le varietà più adatte a questo tipo di coltura e ottimizzare il bilanciamento tra ombra e luce, migliorando così la qualità e la resa delle produzioni. La partnership con l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, riconosciuta tra le eccellenze nel settore delle scienze agrarie, conferisce al progetto una solida base scientifica e innovativa. L’interazione tra ricerca accademica e industria sottolinea l’impegno di Casalasco nel promuovere un’agricoltura sostenibile e tecnologicamente avanzata. La realizzazione del parco agrivoltaico richiederà circa un anno. Al termine dei lavori, Casalasco procederà con la valutazione dei risultati ottenuti per considerare la possibile applicazione della tecnologia a più ampie estensioni.
“Il parco agrivoltaico rappresenta un ulteriore importante passo verso un’agricoltura più sostenibile, integrata e innovativa – ha dichiarato Costantino Vaia, ceo del Gruppo Casalasco -. La combinazione tra coltivazioni e impianti fotovoltaici offre nuove opportunità non solo per migliorare l'efficienza energetica e ridurre l'impatto ambientale, ma anche per massimizzare i risultati delle produzioni. Siamo certi che questo progetto sperimentale possa fornire benefici significativi, per Casalasco, ma sicuramente anche per l’intera filiera del pomodoro che rappresentiamo, favorendo uno sviluppo più equilibrato e sostenibile del settore”. “Casalasco ha scelto di installare un sistema agrivoltaico avanzato che garantisce la massima flessibilità sia nella gestione dell'impianto che delle colture agrarie - ha dichiarato Stefano Amaducci, professore ordinario di Agronomia e Coltivazioni Erbacee presso il Dipartimento di Produzioni Vegetali Sostenibili dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e coordinatore del progetto -. Utilizzando la piattaforma informatica e i sistemi di monitoraggio sviluppati in anni di ricerca presso l'Università Cattolica, potremo ottimizzare il sistema agrivoltaico perché sia uno strumento efficace a sostengo della transizione energetica e della decarbonizzazione della filiera del pomodoro da industria e che al contempo preservi la resa e la qualità del prodotto agricolo”.
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