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Notizie Varie

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Incontro formativo a Lugagnano con la cooperativa L'Arco

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E’ previsto per mercoledì 22 maggio a partire dalle ore 18 presso l’Oratorio Don Bosco di Lugagnano Val d’Arda, un importante evento formativo promosso dalla Cooperativa sociale L’Arco in collaborazione con le Suore FMA, rivolto a tutti i ragazzi e ragazze dai 14 ai 17 anni che quest’anno si sono resi disponibili a offrire un po’ del loro tempo di vacanza a favore dei più piccoli, a titolo gratuito.
Si tratta di giovani che frequentano centri educativi e di aggregazione che L’Arco gestisce in provincia per conto di Unioni o Comuni e in collaborazione con parrocchie, i quali per l’estate sono coinvolti nei centri estivi, come animatori di supporto agli educatori professionali. Sono oltre un centinaio e arriveranno da Carpaneto Piacentino, Gropparello, Morfasso e Roveleto di Cadeo per unirsi ai ragazzi di Lugagnano e partecipare a una giornata di formazione che ha l’obiettivo fornire loro strumenti e competenze.

Il programma della giornata:

17.45 – ritrovo e accoglienza

18.00 – incontro con Enrico Carosio, formatore e docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Università degli Studi di Perugia

19.45 – intervento di Suor Fiorella e don Marco

20.00 - pizzata

21.00 – ripresa lavori

22.00 – saluti.

L’iniziativa formativa è gratuita. Per informazioni e iscrizioni: paola [DOT] bersani [AT] arcopiacenza [DOT] it, www.arcopiacenza.it.

Pubblicato il 21 maggio 2019

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Musica barocca per la Mensa dei poveri di S. Maria di Campagna

MusicaBarocca

Gian Andrea Guerra (violino barocco), Donata Zaghis (soprano), Luigi Accardo (clavicembalo) e Nicola Brovelli (violoncello barocco) sono i protagonisti de "I colori della musica barocca", concerto in programma venerdì 24 maggio alle ore 20 nella basilica di San Sisto (Piacenza, via San Sisto).
L'ingresso è a offerta e il ricavato verrà donato alla mensa dei poveri della chiesa di Santa Maria di Campagna, gestita dai frati francescani.

L'evento è organizzato da Lions Club Valli Trebbia e Luretta.
Saranno proposte musiche e arie di Dario Castello, Girolamo Frescobaldi, Henry Purcell, Michele Mascitti, Antonio Vivaldi, Claudio Monteverdi e George Frederic Handel.

Pubblicato il 21 maggio 2019

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A Borgonovo un incontro sulle origini cristiane dell'Europa

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Si è svolto a Borgonovo un evento per celebrare la festa dell'Europa e ricordare le origini cristiane che hanno unito il nostro continente attraverso l'analisi di un fenomeno come il monachesimo che davvero ha dato un impulso oltre che religioso anche culturale ed economico all'Europa.  
Promosso dal circolo culturale "Alfonso Testa" con il patrocinio del Comune di Borgonovo, il dibattito si è svolto nell'oratorio Renzo Salvi ed ha visto come relatore Giancarlo Baruffi, esperto di storia medioevale.

Al momento della caduta dell'Impero Romano d'Occidente - ha detto Baruffi - esso di fatto già non esisteva più da anni, occupato in gran parte popolazioni barbare con il potere Imperiale limitato alla sola Italia a parte della ex Jugoslavia. Quello d'Oriente invece era forte e e Prospero legato all'Asia grazie ai fiorenti commerci e con una Chiesa forte e ben organizzata sostenuta dallo Stato in cui vi era un acceso dibattito teologico. 
I primi monaci si trovano in Egitto (Antonio, Paolo, Atanasio), poi il fenomeno si diffonde in Oriente e in seguito in Occidente.
In Occidente nel caos generale seguito al crollo dell'impero la chiesa è l'unico punto fermo; in particolare l'Italia è terra di conquiste spopolata da decenni di razzie e pestilenze totalmente distrutta e con l'economia a pezzi. Anche dal punto di vista religioso c'è un grande caos perché i barbari che si convertono al cristianesimo spesso aderiscono a forme eretiche come l'arianesimo.
In questa situazione, prosegue il relatore, nasce Benedetto che dopo avere fatto l'esperienza eremitica fonda 12 monasteri in Lazio e poi Montecassino. 
La sua regola si basa su preghiera studio ed altre attività lavorative come l'orto, l'infermeria o l'ospizio per i pellegrini e naturalmente il lavoro agricolo. 

In questa epoca nonostante le incertezze cominciano anche i primi pellegrinaggi ed i monasteri sono un punto fermo ed una tappa sicura per i pellegrini che sono in cammino verso Roma o verso i luoghi santi.
Le donazioni dei Pellegrini specie quelli benestanti ed i lasciti fanno sì che in breve tempo i monasteri diventino ricchi, d'altra parte le risorse servivano non solo per l'approvvigionamento dei monaci ma anche per l'acquisto dei libri, per il sostentamento delle pecore da cui si traevano le pelli per le pergamene e per acquisto di paramenti ed oggetti liturgici.

Con la predicazione di San Patrizio l'esperienza monastica arriva anche in Irlanda al di fuori di quello che era il territorio dell'impero romano e di questo territorio viene accolta subito con grande successo; in breve tempo ad esempio a Bangor si riuniscono 1500 monaci.
In questa forte esperienza nasce Colombano. Partito con 12 compagni attraversa la Francia e la Svizzera per arrivare in Italia. 

Durante il suo pellegrinaggio Colombano fonda diversi monasteri che presto diventano dei poli di cultura e dei modelli di sviluppo economico e parte la rievangelizzazione dell'Europa.
L'ultimo monastero da lui fondato è quello di Bobbio in un territorio strategico al confine del regno Longobardo ed è alle porte delle terre bizantine: in poco tempo  diventa la più grande esperienza monastica del nord Italia composta da 150 monaci in parte provenienti dall'estero come dimostrano i nomi dei premi abati che erano di etnia irlandese, germanica o francese.
Alla serata hanno partecipato  anche i parroci don Gianni Bergomi e don Paolo Buscarini.

Pubblicato il 17 maggio 2019

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«Piacenza, storie di una città», presentato il libro di Bissi

Presentato a Palazzo Galli  il libro sulle camminate di Archistorica edito dalla Banca di Piacenza

Bissi sforza

«Piacenza non è quella città triste e sonnacchiosa che viene dipinta. L’interesse culturale dei piacentini è vivo, ma spesso è un aspetto che le Istituzioni non colgono. Vogliamo crescere e aprire al turismo? Se sì, rimbocchiamoci tutti le maniche per avere una città più bella e più comunicativa».
Questo, in sintesi, il pensiero di Manrico Bissi, espresso nel corso della presentazione del suo libro “Piacenza, Storie di una città” (volume II) e condiviso dal numeroso pubblico che ha affollato il Salone dei Depositanti di Palazzo Galli.
L’opera - edita dalla Banca di Piacenza - raccoglie 35 scritti (nel primo volume erano 34) che raccontano le camminate organizzate dall’associazione Archistorica per le vie del centro cittadino, alla riscoperta del nostro patrimonio storico, artistico e archeologico.

«Ammiro sempre - ha detto il presidente del Comitato esecutivo dell’Istituto di credito di via Mazzini Corrado Sforza Fogliani presentando l’autore - la capacità di essere concisi ma esaustivi e di saper trattare con rigore scientifico tanto il passato quanto il presente. Nella prefazione l’arch. Bissi invoca che ci sia una nuova interpretazione e una nuova valorizzazione dei luoghi della nostra Piacenza. Come Banca qualcosa abbiamo fatto: penso alla scopertura delle lapidi a ricordo dei piacentini illustri; alle targhe sui palazzi storici. E ci siamo sentiti in dovere di farlo in quanto teniamo al territorio dove siamo insediati, unica Banca locale rimasta che trattiene qui le risorse che produce. Differentemente il territorio - e ciascuno di noi - si impoverisce. Bissi è un esempio di piacentino che valorizza le nostre risorse».

Bissi salaIl presidente di Archistorica ha ringraziato la Banca per il sostegno che dà all’associazione, che dalla sua costituzione, nel 2014, ha organizzato 70 camminate, 23 gite culturali e 30 conferenze.
Un’attività che ha dato modo a tanti piacentini di riscoprire, ogni volta con occhi nuovi, l’identità del nostro centro storico, attraverso la storia, l’archeologia, l’arte, le tradizioni, i miti (citati ad esempio le “Case dei Visconti” di via Mandelli, l’ex chiesa di Sant'Agata in via Poggiali, il cimitero ebraico di via Chiapponi).
«Piacenza è una città turistica?», si è chiesto l’autore rispondendo affermativamente: «Ne ha i numeri, purché li spenda bene. È tempo che Piacenza disseppellisca i suoi talenti e li usi come Dio comanda».
L’arch. Bissi ha suggerito alcuni interventi per migliorare la qualità urbana e dare quindi impulso ad un turismo «moderno, rispettoso e consapevole»: favorire la frequentazione pedonale del centro storico decongestionandolo dal traffico; diminuire la concentrazioni di parcheggi in centro; uniformare le pavimentazioni, oggi incongruenti, creando percorsi ben definiti che si richiamino alla Via Francigena; togliere inserimenti incompatibili con il paesaggio della città storica (segnaletica, centraline tecniche, bidoni) che creano caos e degrado.

Il presidente Sforza Fogliani nel ringraziare l’arch. Bissi ha osservato come Palazzo Galli possa essere considerato un itinerario, visto i diversi periodi storici che le sua mura raccontano.

A ricordo della serata, all’ospite è stato fatto dono del volume di Vittorio Sgarbi “Tesori d’Italia” (pubblicato in occasione dell’Expo), che ha in copertina il capolavoro di Gaspare Landi “La famiglia del marchese Giambattista Landi con autoritratto”, di proprietà della Banca ed esposto nel salone della sede centrale.

Pubblicato il 21 maggio 2019

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Il grande business del gioco d’azzardo

BassiFagnoniAvanzi

Quali dinamiche scattano in una persona con il gioco d’azzardo? Se lo è chiesto il dott. Maurizio Avanzi, responsabile della cura del disturbo da gioco d’azzardo dell’AUSL di Piacenza, nell’incontro del 13 maggio nella sede dell’Associazione “La Ricerca” a Piacenza sul tema “Quando la solitudine diventa vergogna: l’esperienza dei familiari del gioco d’azzardo”.
Chi gioca – ha detto – sono persone di tutte le età e non facili da curare. Il gioco d’azzardo crea dipendenza ed è l’unico che non fa vincere per l’abilità del giocatore, ma solo per il caso e la fortuna. All’inizio si prova a giocare per curiosità e divertimento e la cosa più pericolosa è proprio la vincita che fa cambiare il modo di pensare e la modalità di giocare. Si continua a giocare, ma non si acquisiscono capacità e competenze, si accumulano solo debiti e chi vince è sempre l’ideatore del gioco: il banco.
“Nel 2016 - ha sottolineato il dott. Avanzi - il fatturato complessivo del comparto enologico in Italia è stato di 10 miliardi, il gioco d’azzardo invece, nello stesso anno, è stato di 96 miliardi di euro e pensare che, nel 2017, per tutte le spese sanitarie si sono spesi 107 miliardi di euro. Si gioca dappertutto e oggi ci sono 51 tipi diversi di gioco d’azzardo. In passato c’erano solo Totocalcio, Totip e quattro casinò in tutta Italia. Adesso, oltre ai vari Superenalotto, Gioca e Vinci, slot machine, c’è anche la possibilità di giocare online. Sono dati che fanno rabbrividire…”.

Le ripercussioni sui familiari. La parola è poi passata a Fausta Fagnoni e Alessandra Bassi, counsellors professioniste, responsabili per i progetti sul gioco d’azzardo dell’Associazione La Ricerca e della Cooperativa L’Arco, che hanno portato l’accento sull’esperienza drammatica dei familiari del gioco d’azzardo. Entrambe hanno sottolineato come un giocatore d’azzardo patologico provoca di solito problemi gravi per sé e per altre due, tre, dieci persone a lui legate: le ricerche parlano di almeno 5-10 familiari sofferenti per ciascun giocatore. Si arriva così a conseguenze serie per il 10 % della popolazione. La famiglia viene a trovarsi in una in una situazione di vergogna, isolamento e solitudine e nasce la paura del giudizio degli altri. I familiari dei giocatori d’azzardo, secondo le due professioniste, sono un gruppo senza voce e la loro vita è colpita soprattutto nelle tre aree delle finanze, delle relazioni familiari e della salute (emotiva e fisica). In famiglia nascono liti e discussioni anche violente e la perdita della fiducia nell’altro è praticamente inevitabile. I bambini sono intrappolati nel mezzo delle tensioni familiari, devono sperimentare la delusione delle promesse tradite, si sentono tristi, feriti, arrabbiati, depressi, confusi e si vergognano. Si sentono anche in colpa per le difficoltà che la famiglia sta vivendo

Perché le famiglie non ne parlano. Il gioco d’azzardo eccessivo in una famiglia è, per le counsellors, un po’ come un elefante in salotto: qualcosa di enorme, che però non si nomina e nemmeno si vede. Le famiglie spontaneamente non ne parlano, sono terrorizzate dall’idea di affrontare i fatti e le emozioni, che sono peraltro ingombranti e schiacciano e comprimono tutto il resto. Quindi le menzogne e le difficoltà con il denaro provocano vergogna e isolamento sociale.

Dalla menzogna all’isolamento. La catena è questa: menzogna - denaro - vergogna - isolamento. Bisogna quindi aiutare la famiglia a superare la vergogna che si cerca di nascondere e resta muta… Il momento decisivo è quello di passare dalla vergogna che distrugge a quella che salva. Significa invertire il senso della vergogna attraverso la condivisione in positivo della propria esperienza.
“Il racconto di sé - hanno affermato le due responsabili - crea un ponte con le parole che si osano dire e che qualcuno osa ascoltare. Confidarsi con qualcuno fa stare meglio. La rappresentazione del proprio io ferito modifica le emozioni e la comprensione, permettendo alla persona di ritrovare sé stessa e riprendere in mano la vita”.

Il passaggio fondamentale per i giocatori d’azzardo malati è dal senso di colpa al senso di responsabilità. L’ultimo appello delle counsellors è stato quello di, se si ha in famiglia un giocatore d’azzardo eccessivo, uscire allo scoperto, da soli non se ne viene fuori, è un’esperienza troppo impegnativa: “Chiedete aiuto se pensate di avere questo problema, date sostegno se vi accorgete che qualcun altro lo ha. Continuate a chiedere aiuto: vale la pena di superare la vergogna e il pudore per creare reti di supporto e di amicizia. Insieme è meglio!”

Riccardo Tonna

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Pubblicato il 16 maggio 2019

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