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Notizie Varie

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Le cure palliative, il dolore e le domande dell’uomo

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L’11 novembre, festa di San Martino, ricorreva la Giornata delle cure palliative. Il termine “palliativo” prende il nome da “pallium”, cioè mantello, e si riferisce al famoso “mantello di San Martino”, di cui il Santo si sarebbe privato per “rivestire” un povero, sofferente, incontrato per strada. Le cure palliative hanno proprio il significato di “ricoprire”, “prendersi cura” della persona sofferente, accogliendo tutti i suoi bisogni, fisici, psicologici, sociali, spirituali. Più che curare la malattia, le Cure Palliative si prendono cura della “persona malata”, nella sua globalità, accogliendo entro questo ampio mantello anche la sua famiglia, altrettanto ferita e malata.

La pandemia e lo scontro tragico con la malattia
Durante la pandemia abbiamo avuto modo di vedere, purtroppo in maniera tragica, cosa significhi curare la malattia e non la persona. C’è stata, e c’è tuttora, un’emergenza straordinaria, ma nella gestione di questo tempo le Cure Palliative sono state lasciate da parte, hanno avuto, tranne che in pochi casi, un ruolo marginale. Ci si è attrezzati e si è gestita l’organizzazione sanitaria con l’obiettivo di curare la malattia, non la persona malata. Per questo la pandemia sta lasciando dietro di sé una sofferenza enorme, che ha bisogno di consolazione, una consolazione che è mancata sia durante che dopo il percorso di malattia di tantissime persone.

Tenere la mano del malato
Mi hanno colpito, in questi giorni, le parole di un componente del complesso dei Pooh, che hanno recentemente perso il loro batterista, Stefano D’Orazio, a causa del COVID. Il dolore più grande, diceva, è il pensiero che Stefano se ne sia andato da solo, senza nessuno che gli potesse stare vicino, tenergli la mano, “accompagnarlo” in questo suo ultimo viaggio. Ecco, le cure palliative sono questo accompagnamento, sono questo “tenere la mano”, sono questa presenza, questa vicinanza. Il palliativista “vede”, riesce a cogliere la sofferenza del malato, apre le porte della relazione, della consolazione, vede prima di tutto la persona malata, e se ne fa carico.

Le cure palliative nella Lettera “Samaritanus Bonus”
Come riporta la recente e bellissima Lettera “Samaritanus Bonus” della Congregazione per la Dottrina della fede, “le cosiddette cure palliative sono l’espressione più autentica dell’azione umana e cristiana del prendersi cura, il simbolo tangibile del compassionevole stare accanto a chi soffre. Esse hanno l’obiettivo di alleviare le sofferenze nella fase finale di malattia e di assicurare al tempo stesso al paziente un adeguato accompagnamento umano, dignitoso, migliorando, per quanto possibile, la qualità della vita e il benessere complessivo”.


Il ruolo della famiglia e gli hospice
Nella cura della persona in fase avanzata di malattia è centrale il ruolo della famiglia, che va sostenuta ed aiutata, perché anch’essa profondamente sofferente. La famiglia, nelle cure palliative, costituisce un’unica “Unità di cura” con il malato. E, quando la famiglia non ce la fa più, sia per motivi sanitari, a causa di sintomi difficilmente gestibili a domicilio, sia per motivi sociali, per il gravoso carico assistenziale, ecco la necessità degli “Hospice”, luoghi dove accogliere i malati nella fase finale della vita assicurando loro una cura e un’attenzione dignitosa fino alla morte. Tali strutture, recita la “Samaritanus Bonus”, “si pongono come un esempio di umanità nella società, santuari di un dolore vissuto con pienezza di senso”.

Gli hospice e la Londra degli anni ‘60
Il movimento Hospice inizia a Londra, negli anni ’60, per l’illuminazione di una persona straordinaria, Dame Cicely Saunders, con una forte motivazione cristiana che sollecita una presenza che si fa carico del dolore, lo accompagna e lo apre ad una speranza affidabile. Nel primo Hospice aperto a Londra, il “Saint Christopher Hospice”, tutte le stanze erano progettate in modo circolare, e al centro c’era la Cappella, con la perenne presenza del Santissimo, come a significare che in questa Presenza, nel Mistero di Cristo morto e Risorto, era racchiuso il senso dell’umana sofferenza.

Le parole del cardinal Bassetti: l’eucaristia al centro della vita
A questo proposito mi ha colpito la lettera che il card. Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha inviato alla sua diocesi di Perugia poco prima di essere trasferito presso l’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, dove si trova attualmente ricoverato per aver contratto il COVID.
In questa lettera il Cardinale afferma: “Era necessaria questa esperienza di malattia per rendermi conto di quanto siano vere le parole dell’Apocalisse in cui Gesù dice all’angelo della Chiesa di Laodicea: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap3, 20). L’eucarestia, soprattutto in questo periodo difficile, non può essere lasciata ai margini delle nostre esistenze ma dev’essere rimessa, con ancora più forza, al centro della vita dei cristiani. Nell’eucarestia Gesù rinnova e riattualizza il suo sacrificio pasquale di morte e risurrezione, ma la Sua presenza non si limita a un piccolo pezzo di pane consacrato. Quel pane consacrato trascende dallo stesso altare, abbraccia tutto l’universo e stringe a sé tutti i problemi dell’umanità, perché il corpo di Gesù è strettamente unito al corpo mistico che è tutta la Chiesa. Non c’è situazione umana a cui non possa essere ricondotta l’Eucarestia…”

Le domande di fronte alla malattia
Un Hospice che si ispira ai valori cristiani deve avere un’attenzione costante al sostegno, alla cura, non solo dei sintomi fisici o psicologici, ma anche alla sofferenza spirituale, alla domanda di senso che sempre la malattia, e specialmente una malattia ad evoluzione infausta, porta con sé: “Perché a me?” Cosa ho fatto di male?” Che senso ha la vita? Perché esiste il dolore, la malattia, la morte?”
Ancora la “Samaritanus Bonus” dice: “di fronte alla sfida della malattia e in presenza di disagi emotivi e spirituali in colui che vive l’esperienza del dolore emerge, in maniera inesorabile, la necessità di saper dire una parola di conforto, attinta alla compassione piena di speranza di Gesù sulla Croce […] nella Croce di Cristo sono concentrati e riassunti tutti i mali e le sofferenze del mondo, male fisico, psicologico, morale, spirituale”. Coloro che “stanno” attorno al malato non sono, né “devono” essere solo testimoni, ma “segno vivente” di quegli affetti, di quei legami che permettono al sofferente di trovare su di sé uno sguardo umano capace di dare senso al tempo della malattia; perché, nell’esperienza del sentirsi amati, tutta la vita trova la sua giustificazione. L’esperienza “vivente” del Cristo sofferente significa consegnare agli uomini d’oggi una “speranza” che sappia dare senso al tempo della malattia e della morte, contro la “disperazione” che può assalire le persone sofferenti che si trovano davanti ad una prova così grande.

Il dolore è sopportabile se c’è la speranza
Il dolore è sopportabile esistenzialmente soltanto laddove c’è la speranza. Quindi, per quanto così importanti e cariche di valore, le cure palliative non bastano se non c’è nessuno capace di “stare” accanto al malato testimoniandogli questa speranza che egli ha profondamente maturato dentro di sé.
Dice infine ancora questa bellissima Lettera: “anche quando sembra che non ci sia più nulla da fare c’è ancora molto da fare, perché lo «stare» è uno dei segni dell’amore e della speranza che porta con sé. L’annuncio della vita dopo la morte non è un’illusione o una consolazione, ma una certezza che sta al centro dell’amore, che non si consuma con la morte”.
Per questo gli Hospice che si ispirano ai valori cristiani devono avere operatori capaci di essere testimoni “credibili” dell’amore che sa dare una speranza e un significato anche all’esperienza più terribile che un uomo possa fare, quella di una sofferenza di un dolore a cui non riesce ad attribuire un significato.

Roberto Franchi

Medico palliativista e componente dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute

Pubblicato il 16 novembre 2020

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La paura: un’emozione negata. Incontro della Comunità pastorale 1

francesca Scotti

 

“Spesso la paura di ogni educatore, che sente forte la sua responsabilità nei confronti degli altri, è quella di sbagliare”. Sono le parole di Francesca Scotti, pedagogista della Cooperativa Aurora Domus, che hanno introdotto l’incontro online per giovani e adulti della Comunità Pastorale 1 di Piacenza. È stato il primo degli appuntamenti in programma, svoltosi venerdì 13 novembre, sul tema: “Dar diritto di cittadinanza alle emozioni: la paura un’emozione negata, riconoscere l’errore per crescere resilienti”.
“Bisogna educare alla sconfitta: crescere bambini resilienti - ha affermato Francesca Scotti - e capire che: caduta, limite, scoraggiamento, resa, solitudine, errore e fallimento vanno guardati con un occhio diverso”. Per la pedagogista la parola francese débâcle, oggi spesso usata, significa disgelo e rivela qualcosa di nuovo. Infatti dopo ogni disgelo si scoprono novità che erano nascoste”.

IL PAESE DEGLI ERRORI

“Non era meglio se si fermava in un posto qualunque, e di tutti quegli errori ne correggeva un po’?”. È la conclusione della filastrocca di Gianni Rodari “Il paese degli errori”, citata dalla pedagogista, in cui si racconta del viaggio di un uomo che, per terra e per mare, cercava un paese senza errori.
“A volte sarebbe meglio fermarsi e guardare l’errore che abbiamo - ha esplicitato Scotti - e magari correggerlo”. Esempio di un errore diventato famoso è quello - sottolineato dalla pedagogista- nella favola di Cerentola di Charles Perrault, dove un copista invece di tradurre scarpetta di pelliccia (verre) scrisse di cristallo (vair) e questo ha fatto la fortuna della favola in cui la scarpetta di cristallo è diventata l’emblema del racconto.

NON SIGNIFICA CHE SIA PERDUTO

Anche la musica con i Coldplay, band britannica, è stata al centro della riflessione di Francesca Scotti: “Just because I'm losing Doesn't mean I'm lost (Solo perché sto perdendo Non significa che io sia perduto)”. È un testo del famoso gruppo musicale. “Quindi emozioni come rabbia e paura hanno diritto di esistere e non vanno confuse con la persona che le prova”. Si tratta dunque di comprendere - per Scotti - il significato di resilienza che in tecnologia significa un oggetto che resiste, si adatta e si autoripara. Così è in psicologia e pedagogia dove vuol dire non lasciarsi spezzare, adattare le proprie risorse alle nuove situazioni che la vita presenta e vedere i cambiamenti come una opportunità.

LA SCALA DELLA RESILIENZA

Spesso passiamo - secondo Scotti - da un sentimento all’altro con facilità ed esiste una scala, definita della resilienza, che permette di salire verso l’alto. Il primo scalino è :”non lo faccio”, poi “non posso farlo”, “voglio farlo”, “come lo faccio?”, “provo a farlo”, “lo posso fare, “lo faccio”, “si, l’ho fatto!”. Si arriva così a superare se stessi e i tratti delle persone resilienti sono:

- l’impegno: la tendenza a non farsi spaventare dalla fatica, a non mollare anche nelle situazioni più difficili;

- il controllo: la convinzione di avere potere su ciò che accade piuttosto che sentirsi in “balia degli eventi”;

- la capacità di adattarsi ai cambiamenti: vivere il cambiamento come un’occasione per crescere.

STRATEGIE

Per promuovere la resilienza bisogna avere - a parere della pedagogista - un atteggiamento costruttivo, saper imparare dagli errori e accettare i propri limiti. Sviluppare la resilienza per dei bambini significa inoltre creare una rete, mantenere una routine, incoraggiare i piccoli ad aiutare gli altri, fissare obiettivi ragionevoli, elogiare i bambini e mantenere lo sguardo aperto sul futuro.

PRENDERSI UNA PAUSA

In mezzo alle giornate spesso caotiche - ha concluso Francesca Scotti - dove tanti pensieri e tante preoccupazioni invadono la mente, è importante ogni tanto prendersi un momento di pausa sia fisica che mentale. “Questo momento ci aiuta a stare nella spensieratezza, a ricaricarci per poter ripartire”.

R.T.

Pubblicato il 16 novembre 2020

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Migranti, la pandemia non ferma le tragedie del Mediterraneo

“L’ennesima tragedia nel Mediterraneo con 6 migranti morti è l’ennesimo segnale dato ai Governi d’Europa e del Mondo che le crisi del pianeta non si sono fermate per l’emergenza Covid e che è opportuno intervenire. E’ grazie alle Ong che sono stati salvati in 100 e l’impegno di Open Arms è stato provvidenziale ed essenziale”.
A parlare è suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo/Scalabriniane, congregazione che sin dalla sua fondazione, 125 anni fa, presta il suo servizio a sostegno dei migranti. “I volontari impegnati nelle organizzazioni non governative in tutto il Mediterraneo si confermano fondamentali – spiega suor Neusa – Bambini, donne, uomini in cerca di speranza fanno di tutto per fuggire dalle loro condizioni di crisi, miseria, dove sono vittime di violenza. In un momento critico per la loro vita trovano donne e uomini che hanno scelto di essere loro accanto. Questa è una delle espressioni più alte e belle della solidarietà e della misericordia. Preghiamo per le vittime, ennesime persone condannate a un tormento terreno per un reato commesso, quello di sognare”.

Pubblicato il 13 novembre 2020

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La fiera meccanica agricola “Eima” anticipa l’edizione 2021 online

Eima

Un quarto della produzione nazionale e dell’export totale di trattori e macchine agricole, società che valgono 5,4 miliardi di fatturato e oltre 2 mila ditte costruttrici nazionali che hanno contribuito nel 2019 a un fatturato complessivo di circa 7,9 miliardi di euro e a un export pari a 5,2 miliardi di euro. Il settore delle macchine agricole in Emilia-Romagna è uno dei cuori del comparto meccanico nazionali e il primo polo produttivo di attrezzature agricole in Italia e tra i principali a livello europeo. Con questi numeri l’Emilia-Romagna si prepara ad ospitare la 44ma edizione di Eima. Posticipata al 3 febbraio 2021, a seguito della pandemia, la fiera internazionale sulla produzione di macchine e componenti agricole, sbarca sul web, con un’anteprima.
Da oggi al 15 novembre 2020 FederUnacoma presenta Eima Digital Preview online per offrire a visitatori un aggiornamento sulle tecnologie meccanico-agricole disponibili. “Durante la pandemia- ha affermato l’assessore regionale all’Agricoltura Alessio Mammi intervenendo all’apertura dei lavori- la produzione agricola di fatto non si è mai interrotta. L’Emilia-Romagna ha fatto il modo che le sue eccellenze continuassero ad arrivare sulle tavole di tutti. Malgrado le difficoltà negli scambi commerciali, con il blocco dei canali Horeca e le restrizioni imposte alle esportazioni e nel reperimento di manodopera”. “Per superare questo momento- prosegue l’assessore- dobbiamo seguire tre obiettivi: fare in modo che le imprese ritornino ad essere competitive, supportandole negli investimenti in tecnologia, in infrastrutture, nella riduzione dei costi energetici; fare ricerca, arrivando a individuare le necessità e le possibili risposte utili al sistema produttivo e scegliere quali di queste innovazioni possono essere diffuse. E infine, puntare sempre più sull’internazionalizzazione e la promozione dei prodotti di qualità del Made in Italy”. Da tempo uno degli appuntamenti di riferimento per la meccanica agricola, con quasi 2mila espositori (671 esteri) e circa 318mila visitatori (51.121 stranieri), Eima si rivolge agli operatori di un settore chiave dell’economia emiliano-romagnola. Il cuore del comparto è costituito da 135 imprese produttrici e oltre 1000 che esportano macchinari agricoli verso Paesi partner dell’Unione Europea, ma anche Canada, Cile e Africa.
La regione è capofila in Italia, con il 21,4% del totale delle aziende nazionali e il 27,4% degli addetti. Il distretto di riferimento è tra Reggio Emilia, Modena e Bologna, dove si concentra il 31% delle imprese. L’Emilia-Romagna accoglie il primo polo produttivo italiano e uno dei maggiori in Europa, con 5,4 miliardi di fatturato (su un totale di 7,9 miliardi a livello nazionale). È la Regione che ha investito di più, attraverso il Programma di sviluppo rurale 2014-2020, in ricerca e innovazione in agricoltura sia in termini assoluti, stanziando 51 milioni di euro, sia in termini percentuali, destinando a questa finalità il 4,8% della sua programmazione complessiva. Il modello dei Gruppi operativi per l’innovazione, con la collaborazione tra imprese, università e istituti di ricerca, ha consentito di dare risposte a esigenze e problemi concreti, assicurando una buona circolazione di dati e informazioni.

Pubblicato il 16 novembre 2020

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Da sabato 14 novembre in Emilia-Romagna in vigore la nuova ordinanza

 regione emilia

Mascherina indossata sempre, fin dal momento in cui si esce di casa. Nei giorni prefestivi e festivi chiuse le medie e grandi aree di vendita, compresi tutti i complessi commerciali, con l’aggiunta, nei festivi, dello stop ad ogni attività di vendita, anche gli esercizi di vicinato (farmacie, parafarmacie, generi alimentari, tabaccherie e edicole le sole eccezioni previste, e rimangono aperti gli esercizi di ristorazione pur nei limiti previsti dal DPCM in vigore). Sempre, invece, nei negozi e in qualsia esercizio di vendita potrà entrare un solo componente per nucleo familiare, fatta salva la necessità di accompagnare persone con difficoltà o minori di 14 anni. Niente mercati in area pubblica o privata a meno che non vi siano Piani dei Comuni che prevedano regole di specifiche (perimetrazione, varchi di accesso e uscita distinti, sorveglianza pubblica e privata sull’applicazione delle regole di distanziamento e sicurezza). E ancora: la consumazione di alimenti e bevande è sempre vietata in area pubblica o aperta al pubblico, mentre dalle 15 alle 18 la somministrazione e consumazione può avvenire solo da seduti fuori e dentro i locali, e in posti “regolarmente collocati” (va ricordato che dalle 18 alle 5 di mattina l’attività è sospesa in base all’attuale DPCM del Governo). La vendita con consegna a domicilio è invece sempre consentita e viene “fortemente raccomandata”. L’attività sportiva e motoria dovrà avvenire preferibilmente nelle aree verdi e periferiche, e comunque non si potrà fare nei centri storici delle città e nelle aree affollate, ad esempio le vie e le piazze centrali o i lungomare, rimanendo sempre distanziati. Spetterà naturalmente ai sindaci fissare ulteriori specifiche limitazioni. Infine, nelle scuole primarie e secondarie di secondo grado vengono sospese le lezioni di ginnastica, di canto e con strumenti a fiato, considerate a rischio elevato. Misura prudenzialmente inserita in attesa di ulteriori indicazioni dal Comitato tecnico scientifico nazionale. L’ordinanza prevede poi che al di là dell’attività di formazione già normata dal Dpcm, tutte le restanti dovranno essere svolte a distanza (esempio: corsi di lingua, di teatro, fotografia, ecc.).

Sono le misure previste nell’ordinanza firmata dal presidente della Regione, Stefano Bonaccinivalida in Emilia-Romagna da sabato 14 novembre e fino al 3 dicembre. Contiene provvedimenti ulteriormente restrittivi, che si aggiungono a quelli nazionali già in vigore sulla base dell’ultimo DPCM del Governo e previsti per le aree in fascia gialla, che hanno l’obiettivo di frenare la diffusione del contagio, a tutela della salute pubblica e per garantire la piena operatività delle strutture sanitarie regionali. L’ordinanza viene presa in accordo con i presidenti di Veneto e Friuli Venezia Giulia, rispettivamente Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, d’intesa con il ministro alla Salute, Roberto Speranza. Per limitare ulteriormente situazioni a rischio, gli spostamenti e, soprattutto, gli assembramenti e la concentrazione di persone che si sono visti anche lo scorso fine settimana. L’ordinanza è stata condivisa anche coi prefetti, per sottolineare la necessità di controlli più stringenti, e conseguenti sanzioni, insieme alle amministrazioni locali. “Abbiamo davanti un obiettivo che deve essere di tutti: frenare il contagio e invertire la curva della pandemia- afferma il presidente Bonaccini-. E’ la priorità. E possiamo centrarlo rispettando le regole, con senso di responsabilità e senza panico. Servono unità e condivisione, recuperando lo spirito comune che aveva caratterizzato la prima fase dell’emergenza sanitaria, per tutelare la salute delle persone, garantire la possibilità per le strutture sanitarie di garantire servizi di assistenza e cura, non penalizzare in maniera indiscriminata il lavoro, le attività economiche e la scuola. Per questo, insieme ai presidenti di Veneto e Friuli Venezia Giulia, Zaia e Fedriga, due regioni vicine e in fascia gialla come la nostra, abbiamo concordato ordinanze regionali con misure ulteriormente restrittive, per evitare gli assembramenti, situazioni a rischio che non ci possiamo assolutamente permettere, per non favorire la diffusione del contagio. Ogni misura presa, a livello nazionale e regionale, è a tutela della collettività, non ci sono pagelle o colori punitivi o premiali- chiude Bonaccini-, ma solo lo sforzo del Paese di gestire la crisi ed uscirne definitivamente quando sarà disponibile il vaccino chiesto al Governo

Di seguito, nel dettaglio, le misure previste

-Mascherine obbligatorie sempre non appena fuori di casa
Fuori dall’abitazione, l’uso della mascherina è sempre obbligatorio. Fanno eccezione i bambini con età inferiore a sei anni, i soggetti che stanno svolgendo attività sportiva e quelli con patologie o disabilità incompatibili con l'uso della mascherina stessa, nonché per coloro che per interagire con questi soggetti si ritrovino nella stessa incompatibilità. Nel caso poi di momentaneo abbassamento della mascherina per consumare cibo o bevande o per il fumo, dovrà in ogni caso essere rispettata la distanza minima di un metro, salvo quanto disposto da protocolli o specifiche previsioni maggiormente restrittive.

-Attività sportiva nelle aree verdi, no nei centri storici e nelle aree affollate
E’ consentito svolgere attività sportiva e motoria all’aperto, preferibilmente presso parchi pubblici, aree verdi, rurali e periferiche, se accessibili, rispettando però sempre la distanza di sicurezza interpersonale di almeno 2 metri per l’attività sportiva e di almeno un metro per ogni altra attività. In ogni caso, non sono possibili tali attività nelle strade e nelle piazze del centro storico delle città, né nelle aree solitamente affollate.

-Consumazione alimenti e bevande vietata in area pubblica o aperta al pubblico, dalle 15 alle 18 la somministrazione e consumazione solo da seduti fuori e dentro i locali
Dalle 15 alle 18, l’attività di somministrazione di alimenti e bevande può essere svolta esclusivamente con consumazione da seduti sia all’interno che all’esterno dei locali, in posti regolarmente collocati. La consumazione di alimenti e bevande è poi vietata su area pubblica o aperta al pubblico, salvo che, come al punto precedente, seduti in posti regolarmente collocati sia all’interno che all’esterno dei locali.

-Nei negozi ed esercizi di vendita una sola persona per nucleo familiare
Negli esercizi di vendita l’accesso è consentito ad una sola persona per nucleo familiare, fatta salva la necessità di accompagnare persone con difficoltà o minori di età inferiore a 14 anni.

-Stop ai mercati in assenza di regole precise fissate dai Comuni
E’ vietata l’attività di commercio nella forma del mercato all'aperto su area pubblica o privata se non nei Comuni nei quali sia stato adottato dai sindaci un piano apposito piano, consegnato ai commercianti, che preveda le seguenti condizioni di minima:
a) una perimetrazione nel caso di mercati all'aperto;
b) presenza di un unico varco di accesso separato da quello di uscita;
c) sorveglianza pubblica o privata che verifichi distanze sociali e il rispetto del divieto di assembramento nonché il controllo dell'accesso all'area di vendita;
d) applicazione della scheda relativa al commercio al dettaglio su aree pubbliche contenuta nell’allegato 9 del DPCM del 3 novembre 2020. Il riferimento è naturalmente ai soli mercati comunali settimanali, essendo ogni altra attività già sospesa.

-Grandi e medie strutture di vendita e complessi commerciali chiusi nei prefestivi, nei festivi stop anche a qualsia attività di vendita
Nei giorni prefestivi e festivi, le grandi e medie strutture di vendita, sia con un esercizio unico, sia con più esercizi, comunque collegati, ivi compresi i complessi commerciali, sono chiuse al pubblico, salvo che per la vendita di generi alimentari, le farmacie, le parafarmacie, le tabaccherie e le edicole. Inoltre, nei giorni festivi si aggiunge il divieto di ogni tipo di vendita, anche in esercizi di vicinato, al chiuso o su area pubblica, fatta eccezione per le farmacie, le parafarmacie, le tabaccherie, le edicole e la vendita di generi alimentari. Rimangono aperti gli esercizi di ristorazione pur nei limiti previsti dal DPCM in vigore.

-Consegne a domicilio sempre consentite e fortemente raccomandate
La vendita con consegna a domicilio è sempre consentita e fortemente raccomandata.

-Scuole, sospese ginnastica, lezioni di canto e strumenti a fiato
Nelle scuole del primo ciclo scolastico (primarie e secondarie di primo grado) sono sospesi i seguenti insegnamento (a rischio elevato): educazione fisica, lezioni di canto e lezioni di strumenti a fiato. Tale misure viene prudenzialmente introdotta nell’attesa di nuove e ulteriori indicazioni da parte del Comitato tecnico scientifico nazionale.

Pubblicato il 12 novembre 2020

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