Steriltom, azienda leader nel mercato della polpa di pomodoro a livello europeo, ha aderito al progetto SpesaSospesa.org, con una donazione di 12.000 kg di polpa di pomodoro che andrà in beneficenza alle persone più bisognose. In particolare, la donazione sarà così suddivisa: 900 kg all’Associazione Opere di Giustizia e Carità Onlus-Caritas Alessandria e i rimanenti 11.100 kg all’Associazione Banco Alimentare della Lombardia “Danilo Fossati” Onlus. L’iniziativa SpesaSospesa.org, promossa e ideata dal Comitato Lab00 Onlus, è basata sull’innovativa piattaforma digitale Regusto che consente l’acquisto, la vendita e l’offerta di beni di prima necessità, garantendo massima tracciabilità e trasparenza dei flussi grazie alla tecnologia blockchain, contribuendo anche alla riduzione dello spreco alimentare. “Abbiamo aderito volentieri a questo progetto che ci permette di dare una mano concreta a chi è stato più colpito da un punto di vista economico in questo periodo di crisi. Steriltom anche durante le fasi più dure della pandemia non si è mai fermata per garantire la fornitura a mense, ospedali, case di cura e a tutti i suoi clienti. Con questa iniziativa vogliamo impegnarci ulteriormente verso il terzo settore, offrendo ciò che noi sappiamo fare meglio, ossia i nostri prodotti”. Spiega Alessandro Squeri, Direttore Generale di Steriltom. Inoltre, in previsione del Natale, la Steriltom ha donato ulteriori 2.000 kg di polpa di pomodoro alla Caritas della diocesi di Piacenza-Bobbio. La Steriltom è presente in oltre 80 paesi con un fatturato consolidato di oltre 80 milioni di euro grazie alla produzione dei suoi due stabilimenti di Piacenza e Ferrara, dove impiega oltre 100 risorse fisse durante l’anno e più di 500 stagionali per la campagna del pomodoro. “E’ con grande riconoscenza che ringrazio la Steriltom per aver aderito al progetto SpesaSospesa.org”, dichiara Francesco Lasaponara, Vice Presidente del Comitato Lab00 Onlus. “Grazie alla loro lodevole donazione, prosegue energicamente il sostegno a un’economia circolare e la lotta allo spreco alimentare”.
Giuseppe è ritenuto uomo giusto che non vuole rifiutare Maria, ma accetta di trovarsi davanti alla gravidanza misteriosa della donna che ama. Tra sé e sé Giuseppe, come Abramo, cerca di risolvere una situazione penosa: Abramo mette in discussione la condizione di sterilità della moglie per avere un figlio, Giuseppe invece interpella la colpa di Maria e ancora di più l’amaro in bocca di sentirsi ferito, tradito nella fiducia. Tante volte cerchiamo soluzioni ai nostri problemi, invochiamo ciò che ci sembra giusto fino a perdere il sonno, voltandoci e rivolandoci nel letto. Giuseppe invece dorme e nel sonno riceve la risposta. La sua soluzione non aveva escluso del tutto la possibilità dell’intervento di Dio e, infatti, egli riceve richiesta di un atto di fede e di amore assoluto, perché quel figlio in arrivo è davvero opera dello Spirito Santo. Giuseppe è un uomo e gli ci vuole tanta fede per credere a ciò che non era mai accaduto prima. Se non c’è un cuore depositato nella preghiera in un rapporto costante con Dio, è improponibile accogliere una tale richiesta. Quando pretendiamo di trovare una soluzione senza contemplare la possibile intromissione di Cristo, ci ritroviamo svuotati. La preghiera invece è la nostra arma più potente. I cristiani devono ritrovare la forza di appoggiarsi a chi può dar loro una mano e di obbedire senza tentennare.
A Giuseppe non è stato garantito nulla, gli è solo stato chiesto un “Sì”. Sul futuro di quel bambino non è stato fatto cenno, ma l’obbedienza a Cristo fa miracoli, perché si appoggia sull’amore che al cuore si affida. Giuseppe ha permesso a Dio di essere Dio e di guidare il destino dell’umanità, rendendo la sua vocazione integerrima. Ci interroghiamo sempre sulla nostra missione nella vita, ma quando si sceglie il Signore, si è già scelto la propria vocazione e sarà facile allora seguire la modalità che ci verrà chiaramente esplicitata. Giuseppe è davvero un uomo giusto, ma per essere santi non basta essere solo giusti, bisogna superare la giustizia ed entrare nel territorio più esigente della fiducia in Dio, non nel semplice buon senso o buon cuore. Un sogno ribalta ogni cosa nella vita di Giuseppe, dettaglio che fa rimanere di stucco, perché se a Maria è riservato l’incontro con un angelo, a Giuseppe tocca solo la “normale” esperienza di una visione. Giuseppe si assume la responsabilità di ciò che gli è capitato e comincia a seguire ciò che sente essere vero nonostante tutto e tutti. Destatosi dal sonno, fa come l’angelo del Signore gli aveva comandato e prende con sé sua moglie mettendo da parte l’orgoglio ferito.
Noi crediamo che Dio ci accompagni sempre nel nostro pellegrinaggio terreno, ma ci sono dei momenti, delle svolte della nostra vita, in cui questo si fa più tangibile, in cui qualcosa di misterioso e incredibile accade e sconvolge il corso ordinario e tranquillo delle nostre esistenze. Scopriremo allora che a camminare siamo in tre: noi, l’altro e in mezzo il Dio con noi, l’Emmanuele.
Estratto dalla Lectio mattutina di madre Maria Emmanuel Corradini, abbadessa del Monastero benedettino di San Raimondo, del 18 dicembre 2020, Vangelo secondo Matteo 1,18-24
Anche quest’anno la sede piacentina dell’Acisjf, associazione internazionale al servizio della giovane, in occasione della Giornata mondiale dei poveri ha accolto l’invito di papa Francesco a “tendere la mano” al povero attraverso gesti concreti. L’11 dicembre la presidente Giuseppina Schiavi ha consegnato “la valigia della speranza” con un contributo per l’affitto a due giovani donne provenienti da un difficile percorso migratorio che hanno dimostrato coraggio e volontà di integrarsi. La prima, dopo il percorso nella casa gestita dall’associazione, comincerà una nuova vita in autonomia; ha ricevuto anche servizi per la casa, la cucina e biancheria donati da benefattori. La seconda si è ricongiunta con il compagno, papà del suo bimbo, che le volontarie dell’associazione hanno visto crescere: muove così i primi passi una nuova famiglia afro-italiana. Oltre alla “valigia della speranza” sono state consegnate – spiega la presidente Schiavi – “le «borse dei poveri» con i prodotti raccolti dalle parrocchie di Santa Teresa, San Sisto, San Giovanni e Santa Brigida per le giovani ospiti che sosteniamo nella nostra casa”.
Alberto Pizzi, 42 anni, è nato a Piacenza ma vive a Bobbio. Marito e padre di due figli, è responsabile di amministrazione, finanza e controllo presso un’azienda locale del settore beverage. Nel marzo 2020, agli albori della quarantena, è uscito il suo primo libro “La resilienza di un padre”, un sogno nel cassetto diventato realtà ma anche un’occasione di solidarietà; ha infatti scelto di donare il ricavato delle vendite del libro all’associazione Heal, che si occupa di ricerca sui tumori infantili.
Come è nato il libro? Immaginava sarebbe diventato uno scrittore? Il libro è nato nel 2009, prima che nascesse mio figlio Giacomo: era un sogno nel cassetto, scritto di getto in qualche mese, poi sfortunatamente accantonato per mancanza di tempo. Un giorno, dopo tanti anni, a casa in malattia, mi è venuta l’ispirazione per il finale e sono riuscito a completarlo. Si tratta di un giallo, un libro avvincente ricco di colpi di scena. Ma non sapevo cosa farne una volta ultimato, così l’ho fatto leggere a mia sorella che ne è rimasta entusiasta e mi ha spinto a pubblicarlo. È stata una sorpresa, non immaginavo sarei diventato uno scrittore, l’ho scoperto una volta che ho iniziato a scrivere. Molte idee mi sono venute istintivamente, ma non sapevo di avere fantasia.
Può raccontarci qualcosa di più riguardo la trama? La storia ruota intorno a questo padre che purtroppo a un certo punto della sua vita deve affrontare una brutta situazione e il libro tratta proprio di come lui reagisce a questo evento. Ma non posso svelarvi tutto altrimenti si perde il gusto della lettura.
Quanto c’è di lei nel suo protagonista, Paolo? È un personaggio totalmente inventato, a parte la figura lavorativa che ricopre. Infatti, il commercialista è un lavoro in cui ho pensato di cimentarmi per un certo periodo della mia vita, anche se poi ho finito per fare altro.
È amante della letteratura gialla thriller? O preferisce altri generi? Sono appassionato di libri thriller, tra i miei preferiti Ken Follett e James Patterson, ma anche dei film sempre del genere, e ciò è stata la spinta a iniziare a scriverne uno mio. Mi piace anche leggere le biografie di persone famose che hanno avuto successo. Mi piace soprattutto leggere di chi è diventato un’eccellenza nel suo campo e scoprire la strada che ha percorso per arrivare fin lì.
Ha altre passioni oltre alla letteratura? Il calcio, a cui ho giocato a livelli dilettantistici, ma che con il passare del tempo è un po’ svanita, dovuto anche ai tanti impegni familiari; ora mi piace molto il tennis e il nuoto.
Come si descriverebbe in poche parole? Sono una persona molto semplice, attaccata alla famiglia, trasparente e genuina.
Sopra, l'autore Alberto Pizzi.
Ci parli infine di questa sua scelta solidale Insieme a mia moglie abbiamo deciso di devolvere tutto il ricavato delle vendite a una associazione benefica (Progetto Heal, con sede in provincia di Frosinone), che si occupa di ricerca sui tumori cerebrali infantili. L’estate scorsa in un paese vicino a dove abitiamo è venuto a mancare un bambino dell’età di mio figlio per un tumore al cervello. Conoscevamo la famiglia e abbiamo partecipato a un evento organizzato dall’associazione in cui le testimonianze riportate ci hanno toccato particolarmente. E abbiamo deciso di renderci utili. Al momento ho venduto più di 200 copie, tramite la pubblicità sia sui social, che sul quotidiano del paese in cui vivo e grazie anche a quella fatta dall’associazione. Togliendo le spese sostenute per la stampa, abbiamo già devoluto a Heal 1000 euro. Inoltre, in questi giorni, è partita una newsletter dell’azienda in cui lavoro con il link per acquistare il libro direttamente dall’associazione, diretta a tutti gli agenti di vendita di tutte le province italiane e gli ordini sono ripartiti. Il libro è acquistabile su sito dell’associazione Heal, https://shop.progettoheal.com/, cercando il titolo nell’apposita sezione; in alternativa si può trovare anche su Amazon.
Entra nel vivo la nuova fase, quella finale della lotta al Coronavirus. La Regione Emilia-Romagna è infatti già pronta a dare il via alla prima fase della campagna vaccinale, che partirà a inizio gennaio, non appena il primo vaccino, quello prodotto da Pfeizer, sarà consegnato sul territorio. Dal numero di medici coinvolti alla distribuzione dei centri di somministrazione, ogni procedura è stata già definita per permettere la vaccinazione di quelle che sono state ritenute - e così indicate dal ministero - le categorie alle quali è più urgente somministrare il vaccino: tutto il personale degli ospedali, pubblici e privati, e dei presidi socio-sanitari territoriali, dai sanitari ai tecnici, agli amministrativi, nonché i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta; i volontari e i dipendenti delle associazioni e delle attività di emergenza di trasporto sociale; tutto il mondo delle strutture residenziali per anziani, sia operatori che ospiti. In questa prima fase le persone che potenzialmente, dato che non c’è l’obbligatorietà, potranno essere vaccinate, sono circa 180mila, per un totale di oltre 360.000 somministrazioni; sono infatti previste due dosi per ogni vaccinazione, a partire appunto da inizio gennaio e nell’arco massimo di 46 giorni (23 per il vaccino e altrettanti per il richiamo); ma si stima che ne bastino 18 per ognuna delle operazioni. Si parla quindi di una media di circa 10.000 vaccinazioni al giorno. Una campagna vaccinale imponente, che la Regione, in accordo con le Aziende sanitarie del territorio, è già andata a definire in ogni suo aspetto. E che per ora ha riscosso una adesione massima: dai primi quesiti sulle intenzioni di vaccinazione inviati al personale sanitario, quasi la totalità, il 96%, ha espresso la propria volontà a vaccinarsi.
C'è grande attesa
“Il vaccino tanto atteso è finalmente una realtà - dichiarano il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, e Raffaele Donini, assessore alle Politiche per la salute -. L’Emilia-Romagna è pronta a partire con la vaccinazione agli operatori sanitari e agli ospiti delle residenze per anziani, le due categorie che hanno pagato un prezzo altissimo in termini di malattia, decesso e dolore nel corso delle prime due ondate epidemiche, e che devono prioritariamente essere protette ora che il vaccino è disponibile. Siamo pronti e attrezzati per mettere in campo un'organizzazione che dovrà gestire per gran parte del 2021 anche la successiva campagna vaccinale di massa, che richiederà un ulteriore sforzo organizzativo. Voglio ancora una volta ringraziare il personale sanitario per la dedizione e la professionalità dimostrati sino ad ora, e assicurare che, come istituzione, saremo al loro fianco 24 ore al giorno per l'impegno che ci aspetta per i prossimi mesi”. “Questo è davvero un passo determinante- proseguono Bonaccini e Donini- per iniziare il percorso di uscita dalla pandemia e ritrovare finalmente la quotidianità delle nostre relazioni personali e professionali, con un pensiero di grande commozione per chi non c'è più. L’avvio della vaccinazione non deve assolutamente indurci ad abbassare la guardia, dobbiamo tutti continuare ad osservare scrupolosamente le indicazioni necessarie a proteggere noi stessi e gli altri fino a quando la battaglia contro il virus non sarà vinta”. “Infine - chiudono presidente e assessore - un ringraziamento al personale sanitario che in queste ore sta rispondendo sui siti aziendali al quesito sull'intenzione alla vaccinazione contro SARS-CoV-2. Ieri, su 13.425 risposte pervenute, in 12.894, ben il 96%, si sono detti favorevoli, un elemento che ci riempie di fiducia per i tempi che ci aspettano”. Per ogni provincia è stato definito un punto unico di somministrazione, con l’eccezione della provincia di Bologna che potrà contare su due punti, a cui si deve aggiungere quello di riferimento per l’Ausl di Imola.
L'organizzazione
I centri vaccinali, che saranno definiti già nei prossimi giorni, dovranno essere posizionati al di fuori delle strutture ospedaliere, o comunque in aree dove non è previsto né in entrata né in uscita il passaggio degli utenti; sarà possibile anche attrezzare aree esterne, ad esempio con le tensostrutture fornite da Protezione civile ed esercito, ed eventualmente si potrà ricorrere a palasport o poli fieristici. Le strutture dovranno essere facilmente raggiungibili e disporre di un ampio parcheggio, in ognuna deve essere garantita la presenza di un mezzo di emergenza e saranno tutte suddivise in più spazi, uno per ogni fase della vaccinazione: una prima zona di accoglienza, seguita da quella per lo svolgimento di tutta la fase di amministrazione (l’utente non impiegherà più di 5 minuti per queste prime operazioni), poi l’area di vaccinazione vera e propria (con un tempo previsto di 5 minuti) e infine quella per l’osservazione post-vaccinale, dove si sarà trattenuti per 10 minuti. Complessivamente, per quel che riguarda la vaccinazione agli operatori sanitari, sono circa 300 le persone al momento previste per le operazioni di vaccinazione in tutta la regione tra medici, infermieri, operatori sociosanitari, amministrativi e volontari. Naturalmente sulla base di nuove esigenze il personale potrà essere incrementato. Si lavorerà per team, ognuno composto da almeno un medico, che fungerà da referente, un minimo di cinque tra infermieri e assistenti sanitari e non meno di due operatori sociosanitari, a cui si dovranno poi aggiungere un amministrativo e un minimo di quattro volontari, ad esempio della Protezione civile, che si occuperanno di tutte le operazioni pre-seduta e della gestione dell’area di osservazione post-vaccinale. Ogni centro di somministrazione potrà contare su più equipe mediche al lavoro, e alle Aziende sanitarie è lasciata anche la possibilità sia di modificare i rapporti numerici tra medici ed infermieri sia di prevedere gruppi di lavoro allargati; in caso di difficoltà a reperire volontari, le Aziende dovranno rivolgersi al proprio personale dipendente. Ciascun team lavorerà per 6 giorni a settimana, e non più di 8 ore al giorno, con un minimo di 300 persone vaccinate ogni turno; in caso di necessità, sarà possibile strutturare i turni dei diversi team sette giorni su sette, anche nel pomeriggio. Per quanto riguarda invece le vaccinazioni agli ospiti delle strutture per anziani, che sono 1.976 in regione, saranno effettuate a domicilio nelle residenze: per quelle di grandi dimensioni si muoverà un team medico, mentre per quelle più piccole il modello organizzativo di riferimento sarà quello delle Usca. Ogni team dovrebbe operare in modo tale che ciascuno operatore vaccini almeno tre persone all’ora nelle strutture con un massimo di 50 ospiti, mentre per quelle più grandi la tempistica può aumentare ad almeno 4 vaccinazioni ogni ora, considerando nei tempi anche le operazioni di spostamento e quelle di presa in carico e preparazione delle dosi. Dal punto di vista degli utenti, tutto il personale del mondo della sanità che intende vaccinarsi dovrà prenotarsi attraverso un sistema che assegnerà automaticamente due appuntamenti, uno per la prima e uno per la seconda dose; per gli ospiti delle Rsa sono in fase di definizione le modalità, con il coinvolgimento dei gestori.
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