«Nuove scuole o scuole nuove»? Le sfide della scuola di domani
“Recentissima la pubblicazione dei dati del Miur (Ministero dell'istruzione e del merito) relativa alla previsione di decremento demografico della popolazione italiana fra i 3 e 18 anni: oggi sono circa 8 milioni gli italiani appartenenti a questa fascia d'età; ma nel 2031 saranno scesi a 7 milioni. Significative differenze poi, secondo le stime della Fondazione Agnelli, tra le diverse aree del Paese e d'Europa, con una decrescita più accentuata nel Sud Italia rispetto al Nord e in Italia rispetto al Nord Europa. Tale scenario demografico proiettato su Piacenza implica la presenza di circa 300 bambini in meno alle scuole elementari tra 3 anni e di altri 300 in meno alle scuole medie fra 8 anni; con un conseguente fabbisogno di 30 – 35 classi in meno in città e di 100 in meno in provincia nel 2031”.
Queste le prime considerazioni fondamentali di Mauro Monti, già dirigente scolastico all’Isii Marconi, in merito alla situazione demografica e alle prospettive dell’edilizia scolastica a Piacenza. Il suo intervento è stato parte dell'incontro: “La scuola domani – nuovi ambienti per apprendere, Pnrr ed enti locali”, organizzato dall'associazione politico-culturale Liberi lo scorso primo dicembre all’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano.
Edifici rinnovati a favore di una didattica cambiata
“I fondi europei del PNRR - ha spiegato l'ex dirigente - permetteranno a Piacenza di realizzare a breve cinque o sei nuove scuole distribuite in diverse aree della città: da Borgotrebbia, all'ex Manifattura Tabacchi dell’Infrangibile, passando per l'ex Laboratorio Pontieri e arrivando a sostituire l'attuale scuola d'infanzia di Viale Dante”.
“Una domanda sorge allora legittima: servono nuove scuole o scuole nuove? Il bisogno di scuole deve essere capace di progettare edifici rinnovati, non certo per rispondere ad una pressione demografica inesistente, ma per soddisfare le esigenze di una didattica e di una società profondamente cambiate”.
Favari: occorre una scuola in sintonia con i bisogni del Terzo Millenio
Sulle nuove frontiere dell’apprendimento, bisognose di adeguate metodologie pedagogiche e di una gestione innovativa degli spazi fisici, è poi intervenuta Simona Favari, dirigente del Polo Volta di Castelsangiovanni e del quarto circolo didattico a Piacenza. È urgente - ha detto la dirigente - passare da una scuola italiana di stampo ancora ottocentesco (aule standardizzate con file di banchi tutte uguali, delimitate da porte e affacciate su ampi corridoi, divise per classi d'età) ad una scuola finalmente moderna, sincronizzata con i bisogni del Terzo Millennio”.
“Svariate ricerche - ha osservato - comprovano in misura sempre maggiore il valore delle esperienze nei processi d'apprendimento e la centralità della componente emotiva, per cui cognizione ed emozione sono elementi strettamente legati e la promozione di un apprendimento significativo necessita di un ambiente che suscita benessere. Tutto questo mentre il concetto di competenza si arricchisce sempre più di elementi trasversali: una combinazione di abilità cognitive, meta-cognitive, interpersonali, intellettuali e pratiche accanto a valori etici (soft skills), che si affiancano alle tradizionali competente cognitive. Oggi sappiamo quindi che l'istruzione passa per la strada dell'educazione e che la scuola deve occuparsi anche della dimensione valoriale per favorire il superamento delle diverse sfide della vita”.
“A fronte di tali consapevolezze - continua Favari - appare prioritario superare il tradizionale modello scolastico di tipo trasmissivo- valutativo, focalizzato sull'insegnamento del docente e la conseguente valutazione della perfomance dello studente, a vantaggio di un metodo pedagogico responsabilizzante – comunitario: centrato su apprendimento, didattica e strategie adottate per acquisire obiettivi di padronanza. Un modello che mira a sviluppare competenze attraverso la co – costruzione del sapere da parte degli alunni, mediante coinvolgimento e partecipazione attiva.”
Per fare questo - ha concluso- è però necessaria una trasformazione innovativa degli spazi e dei tempi scolastici come richiesta dal PNRR, in una logica di ecosistema d'apprendimento che investa studenti e intero personale scolastico e consenta di costruire un paesaggio didattico personalizzato da sperimentare. Solo così lo spazio potrà trasformarsi in luogo vissuto di creatività, esplorazione, riflessione, rappresentazione e condivisione, che renda la scuola e i suoi attori protagonisti del proprio presente proiettati verso il futuro.
Architetto Femia: portare la scuola al centro della città
All'architetto italiano Alfonso Femia è quindi toccato evidenziare l'esigenza di riportare la scuola al “centro della città”, rendendola capace di dialogare con il quartiere e il contesto urbano. “Come testimoniano numerosi esempi di spazi scolastici realizzati in Italia e in Francia – ha spiegato – , in quest'ottica la scuola non è più un semplice edificio, ma diventa il fulcro di un sistema dinamico e pluricellulare di relazioni il cui impatto sociale e ambientale (dal trasporto pubblico, alla didattica, fino al recupero di aree verdi) si riverbera su tutto il territorio circostante.” Un circolo virtuoso che però richiede – sottolinea – responsabilità e interesse da parte delle amministrazioni pubbliche, su cui poi si possono innestare interventi privati”.
Proprio per questo a fine serata Massimo Trespidi, docente e consigliere comunale, ha invitato a partecipare ad un incontro successivo sul tema, che si terrà a inizio 2023. A parlare stavolta saranno i protagonisti interni ed esterni al mondo della scuola – ha ricordato – : amministratori locali, docenti, genitori studenti destinatari degli stimoli raccolti in questo primo intervento: perché queste sollecitazioni si possano concretamente avvicinare alla nostra esperienza quotidiana”.
Micaela Ghisoni
Pubblicato il 6 dicembre 2022
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