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Troppi ragazzi invisibili: servono risposte costruttive al disagio giovanile

relatori

 

Un triste primato italiano su scala europea testimonia l'urgenza di risposte organiche e innovative al disagio giovanile: quello dei “neet”, ragazzi che non studiano e non lavorano, e nel nostro Paese toccano quota del 25%. Il preoccupante dato arriva da Silvia Tassini di Gi-Group, uno dei principali player a livello globale nei servizi dedicati allo sviluppo del mercato del lavoro, durante il quarto incontro dedicato dall'associazione “Liberi” alle numerose e variegate sfide che la scuola odierna è chiamata ad affrontare.
“Quest'ultimo appuntamento riguarda il disagio giovanile – ha spiegato il presidente dell'associazione Massimo Trespidi all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano nella serata del 23 maggio scorso –, e nuove alleanze per nuove risposte”.
A fornire per primo cifre ed elementi di riflessione in merito è stato Mauro Monti, già dirigente scolastico e referente insieme a Trespidi dell'associazione. Il relatore ha dato sostanza ad un fondamentale fenomeno - spia del disagio giovanile, tanto allarmante quanto spesso sottovalutato: quello della dispersione scolastica.

La dispersione scolastica

“Gli abbandoni scolastici iniziano già alle medie – ha spiegato Monti–, sono 10000 i ragazzi che in Italia ogni anno lasciano la scuola prima di arrivare alle superiori. Cifra che aumenta considerevolmente durante le superiori, fino a toccare 95000. Su circa 100000 ragazzi che ogni anno nel nostro Paese abbandonano la scuola, dai 300 ai 400 sono sul territorio piacentino, per un calcolo percentuale sulla popolazione.
“Esiste poi un secondo modo di calcolare la dispersione, focalizzato sul mancato conseguimento del titolo di studio per i giovani tra i 18 e i 24 anni. Sono il 9,9% della popolazione emiliano romagnola (dati 2021, percentuali fornite dall’ufficio scolastico regionale) i ragazzi che non posseggono un diploma superiore. Una curva scesa di molto dall'inizio del secolo ad oggi, sia sul piano regionale che nazionale, ma di certo più elevata rispetto alla media europea e accentuata dalla pandemia. Solo in provincia di Piacenza sono 1600 i ragazzi che non hanno conseguito un diploma superiore, e tra questi c'è chi non ha neppure una licenza media”.
“Un altro aspetto essenziale affiora da questi dati” – fa notare Monti e co- organizzatore dell'incontro –: gli stranieri nati fuori dall'Italia sono i più a rischio di dispersione scolastica. La comprensione della lingua rappresenta per loro un arduo scoglio da superare ai fini di una piena integrazione nel percorso formativo. La mescolanza tra italiani e stranieri favorisce infatti lo sviluppo di una comunicazione della convivenza, ma non è sufficiente all'apprendimento dello studio”.
Che fare allora per allineare il trend italiano a quello europeo? “Non esistono ricette preconfezionate – ha concluso Mauro Monti –, ma un sostegno linguistico specifico e qualificato per gli stranieri è urgente per evitare l'abbandono degli studi. Così come occorre intervenire preventivamente sull'orientamento degli studenti, in modo che nel passaggio tra medie e superiori non compiano scelte poco adatte alle loro attitudini: non a caso la maggior parte degli abbandoni scolastici si verifica nel biennio delle superiori”.

 Le forme di disagio

A Paola Marcinnò dell’associazione La Ricerca è invece toccato parlare delle forme di disagio di cui oggi sono protagonisti gli adolescenti della generazione Z: “giovani che fanno quasi tutti su uno schermo di cellulare o di computer– ha osservato la psicologa –, vivono sui social e seguono i Ferragnez, immortalati perfino quando vanno dallo psicologo. Ragazzi senza privacy, vincolati all'imperativo sociale dell'apparire e alla logica di una competitività che rende vincenti. Il risultato è l'aumento marcato di stati ansiosi tra i giovani.
“A differenza del passato, quando il disagio era espresso verso l'esterno con la contestazione nelle piazze, oggi tende ad essere manifestato dagli adolescenti contro sé stessi, fino a comportamenti autolesionistici sul proprio corpo. Una forma di disagio emergente e in crescita è quella del ritiro sociale: giovani detti anche hikikomori, che vivono ritirati in casa. Schiacciati dal timore del giudizio altrui e dalla pressione circostante, scelgono l'isolamento”.
“Per fortuna chi vive chiuso in casa è una minoranza – sottolinea Marcinò–, ma i giovani a rischio ritiro sono molti. La famiglia, la scuola e i servizi territoriali devono quindi ascoltare i ragazzi, educarli, riconoscere i comportamenti anomali; senza però confondere il disagio, spesso fisiologico e transitorio,con un disturbo più persistente e strutturato”.

Il Liceo del lavoro

Innovativo e stimolante argine alla dispersione scolastica è il “liceo del lavoro” della scuola Cometa di Como. Un tentativo virtuoso di ricostruire l'identità degli studenti in relazione al loro rapporto con il mondo, illustrato dal dirigente Giovanni Beachi.
“I corsi del liceo del lavoro sono dedicati ai ragazzi in dispersione scolastica. L'obiettivo è appunto far riprendere la scuola a chi ha avuto forti difficoltà pregresse, attraverso un percorso altamente personalizzato e flessibile, che ha come scopo fondamentale il raggiuntamento di una qualifica professionale. In questo modo centinaia di studenti recuperano il gusto per un iter formativo modellato sulle proprie attitudini, diviso tra momenti in aula e attività di laboratorio professionale aperto al pubblico. Si impara facendo e confrontandosi direttamente con la realtà esterna”.

Giovani e occupazione

Una panoramica del rapporto tra giovani e occupazione è stata poi tracciata da Silvia Tassini di Gi-Group.
“Lo scollamento tra domanda e offerta di lavoro è evidente in Italia e anche a Piacenza
– ha detto – , con particolare penalizzazione per le competenze digitali e le discipline STEM (scientifico- tecnologiche): sono queste le più richieste e quelle per cui c'è più carenza di ragazzi specificamente formati, con il risultato che spesso si trovano impiegati in quest'ambito giovani che provengono da altri percorsi di studio”.
L'inversione di rotta deve quindi avvenire proprio investendo sul terreno della formazione, con approcci che siano maggiormente rispondenti alle esigenze del mondo produttivo”.
L'esempio del giovane Alessandro Fanni, ultimo ospite della serata, ha testimoniato che anche in Italia si può costruire qualcosa di ambizioso; come ha fatto lui. Giovane imprenditore, a 19 anni ha infatti fondato una start up innovativa, che adesso, dieci anni dopo, è diventata “Cshark”: un'azienda tecnologica in espansione con 15 dipendenti, conosciuta anche all'estero.
A concludere l'incontro Massimo Trespidi: Le diverse, virtuose esperienze che abbiamo conosciuto in questi quattro appuntamenti dimostrano quanto Piacenza sia ricca dal punto di vista del capitale umano, un patrimonio della nostra città spesso sottovalutato. A settembre ci saranno nuovi, importanti incontri su diverse tematiche”.

Micaela Ghisoni

Nella foto, i relatori dell'incontro sul disagio giovanile all'auditorium della Fondazione.

Pubblicato il 5 giugno 2023

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