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Padre Roch, il primo francescano nella storia del Congo

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Padre Roch Ekouerembahe è stato il primo frate francescano nella storia della Repubblica del Congo.
Era il 1991 quando questo ragazzo di 18 anni incontrò per la prima volta i frati di san Francesco che mai avevano messo piede nel Congo-Bazzaville, o Repubblica del Congo, piccolo Stato confinante con la ben più estesa Repubblica Democratica del Congo.

“Avevo già conosciuto l’ordine delle Francescane missionarie di Maria nella mia parrocchia nella città di Bungi - racconta -; mi hanno fatto scoprire i Fioretti di san Francesco e approfondire il carisma francescano: ero affascinato da quella vita comunitaria e avevo addirittura chiesto di poter rimanere con loro! Mi hanno risposto divertite che non si poteva, ma grazie alla Provvidenza sono arrivati anche i frati francescani e mi ci sono legato subito: è stato veramente un dono del cielo”.
Padre Roch inizia a seguire i corsi di francescanesimo e lettura della Bibbia dal ’92, senza nemmeno aspettare che i frati si siano insediati del tutto, tanto è grande il suo entusiasmo.
“È stato un apprendimento reciproco - continua -, perché intanto io insegnavo loro il francese e il lingala, una delle lingue nazionali. Il cammino nello studio e si è concluso il 28 agosto 2004 quando sono stato ordinato sacerdote: il primo francescano della Repubblica del Congo!”.

Dal 2007 i confratelli hanno chiesto che padre Roch approfondisse alcuni temi legati alla formazione studiando ancora a Roma, e l’ultima fatica accademica è stata sostenuta nel 2015, quando ha ottenuto il dottorato in Teologia Morale all’Accademia Alfonsiana.
Gli studi sono stati sostenuti dalla Fraternità dei Francescani Secolari di Santa Maria di Campagna a Piacenza - con assistente spirituale padre Secondo Ballati -, con cui è nata una grande amicizia: “Ho un legame spirituale e umano con loro - ci dice -, e ogni volta che sono in Italia non perdo occasione per vederli”.

Cosa può raccontare un francescano congolese a noi europei della terra in cui vive?
“Per quello che ho potuto osservare - ci spiega - uno dei problemi principali nella Repubblica del Congo è relativo alla politica e alla formazione: da 32 anni abbiamo lo stesso presidente, salito al potere anche grazie all’appoggio di paesi forti, come la Francia, e questo ha generato una situazione molto statica per lo sviluppo e, appunto, la formazione. Si investe molto più sull’esercito che sull’educazione delle nuove generazioni, e un giovane congolese vede come strada più sicura arruolarsi piuttosto che studiare (il presidente stesso ha una milizia personale)”.

“I ragazzi - continua - sono come abbandonati a loro stessi, e anche dopo l’università non riescono comunque a trovare lavoro, nonostante non manchino le risorse per il paese, come petrolio o carbone. Per il resto, il fenomeno migratorio, almeno da noi, non è molto forte, per cui mi sento di dire che il problema principale è un mancato sviluppo per investimento sulle nuove generazioni a causa di una politica statica, debole e asservita a poteri forti”.
“Per questo - continua padre Roch -, l’attività principale del mio ordine è il lavoro della terra e il recupero dei ragazzi di strada. Il fenomeno dell’abbandono è aumentato negli ultimi decenni, e molti minori crescono per strada dandosi alla microcriminalità. I francescani di Brazzaville, capitale dello Stato, hanno una comunità di recupero in cui aiutano i ragazzi di strada pagando i loro studi e insegnandogli un mestiere, spesso nell’agricoltura”.

“Quello che, personalmente, mi sta più a cuore in questo progetto - continua - è l’educazione: i ragazzi devono imparare e diventare responsabili. Due della mia parrocchia, ad esempio, venivano spesso a chiedere soldi; un giorno ho detto loro «venite con me, così vedete come faccio a guadagnarli». Li ho portati nell’orto del mio convento e gli ho fatto vedere come coltivare ananas, mais e maioca: ora lo tengono quasi da soli".
"In tutto questo devo continuare a ringraziare la Fraternità dei Francescani Secolari di Santa Maria di Campagna: grazie a loro abbiamo potuto anche finanziare le cisterne per le nostre coltivazioni”.

Alberto Gabbiani

Pubblicato il 29 luglio 2019

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