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In un docufilm gli ultimi giorni dell’alpinista Wanda Rutkiewicz

film


 
È un mistero tuttora irrisolto quello della scomparsa di Wanda Rutkiewicz, l’alpinista polacca considerata una delle migliori di tutti i tempi. Nel maggio del 1992, durante una spedizione sull’Himalaya che sarebbe stata la nona sopra gli ottomila metri, si persero per sempre le sue tracce. Sebbene il suo corpo non fu mai ritrovato, la corte polacca nel 1996 la dichiarò morta il 13 maggio 1992. Anni dopo, la regista (e alpinista a sua volta) Eliza Kubarska è andata alla ricerca di Wanda, seguendone l’ultima spedizione in Tibet e attraversando le vette più alte fino al Kanchenjunga per scoprire cosa sia realmente accaduto. Si intitola proprio “L’ultima spedizione” il docufilm uscito nelle sale nel 2024, che arriverà in Italia nei prossimi giorni. Le prime proiezioni saranno a Piacenza, all’Uci Cinemas, il 3, 4 e 5 febbraio alle ore 21, nell’82esimo anniversario dalla sua nascita. La pellicola ha ottenuto il patrocinio del Cai.

I destini intrecciati di Wanda Rutkiewicz e Karol Wojtyła
Wanda Rutkiewicz è stata la prima donna al mondo a raggiungere la vetta del K2, considerata la montagna più difficile del mondo, e la prima donna europea a conquistare il monte Everest, la vetta più alta della Terra. Ci riuscì il 16 ottobre 1978, nello stesso giorno in cui, in Vaticano, un altro polacco stava scrivendo la storia. Quel giorno Karol Wojtyła divenne papa Giovanni Paolo II. I due si incontrarono l’anno successivo, durante un pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Polonia: Wanda regalò al pontefice una pietra dell’Everest, tutt’oggi custodita nel museo del Centro di documentazione e studio del pontificato di Giovanni Paolo II a Roma, e il papa le disse: “Il buon Dio ha voluto che salissimo così in alto nello stesso giorno”. I destini dei due polacchi si incrociarono un’altra volta, l’ultima, il 13 maggio 1992: Wanda scomparve sull’Himalaya e Wojtyła subì l’attentato da parte di Mehmet Ali Ağca in piazza San Pietro.

Poster grande

La speranza che fosse ancora viva
Nata il 4 febbraio 1943 a Plungė, in Lituania, dopo la fine della Seconda guerra mondiale la sua famiglia fu rimpatriata in Polonia. Visse a Łańcut e infine a Wrocław (Breslavia). Poco prima della sua ultima spedizione, a sua madre disse che, nel caso in cui non sarebbe tornata, avrebbe voluto dire che sarebbe diventata una monaca buddista e sarebbe rimasta sulle montagne, avendo raggiunto la pace che le era mancata così tanto nella sua vita. Per anni la madre di Wanda, Maria Błaszkiewicz, ha creduto che sua figlia fosse viva. Nel 1995, un gruppo di alpinisti italiani che scalavano il Kanchenjunga si imbatterono in un cadavere di donna. L’ipotesi che potesse trattarsi di Wanda Rutkiewicz fu smentita dalle indagini: il corpo era dell’alpinista bulgara Yordanka Dimitrova. Un’ipotesi, avanzata da Eliza Kubarska nel docufilm “L’ultima spedizione”, vuole che Wanda Rutkiewicz sia ancora viva e che risieda in un monastero tibetano. Kubarska, seguendo gli ultimi passi della celebre alpinista, cerca di trovare una risposta su cosa accadde in quei giorni di maggio 1992.

Il racconto dei testimoni nel docufilm “L’ultima spedizione”
La narrazione del film utilizza il diario audio dell’alpinista, registrato sei mesi prima della sua scomparsa. Questo, integrato con materiali video provenienti dalle sue spedizioni e archivi televisivi, costruisce il ritratto di una donna che era in anticipo sui tempi e ruppe le barriere – tradizionali e psicologiche – in un mondo e uno sport dominati dagli uomini. Kubarska parla con i testimoni di quegli eventi e le persone più le vicine: la sorella Janina Fies, Reinhold Messner, Krzysztof Wielicki, Carlos Carsolio (l’ultima persona che vide Wanda viva), e li confronta con le teorie popolari sulla scomparsa di Wanda. Il ricordo di quella notte gelida apre il documentario dedicato all’ultima spedizione della polacca. “L’ultima spedizione” non è la risposta definitiva, e forse lascia più interrogativi di prima. È un punto di partenza per una riflessione più approfondita sulla forza e determinazione femminile, sulla parità di diritti e sulla parità di trattamento delle donne nella vita e nello sport. Il docufilm ha due obiettivi: da un lato traccia un ritratto di una personalità passata alla storia, dall’altro offre un’immagine universale di valori, passione, amore per la libertà.


Francesco Petronzio

Nelle foto, l'incontro dell'apinista con papa Giovanni Paolo II e il poster del film "L'ultima spedizione”

 Pubblicato il 1°febbraio 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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