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Momento conclusivo della mostra «La Piacenza che era»

la piacenza che era, pubblico evento di chiusura

Una riflessione sull’avvenire urbanistico-edilizio della nostra città prendendo spunto dal tema proposto dalla mostra “La Piacenza che era”: questo il filo conduttore della tavola rotonda che si è tenuta al PalabancaEventi (in Sala Panini, con Sala Verdi videocollegata, seguita da un pubblico attento e collaborativo con interventi e domande rivolte ai relatori) quale evento conclusivo della rassegna di quadri e fotografie testimonianti scorci di città che non ci sono più, terminata ieri, domenica 23 gennaio, dopo la proroga decisa dalla Banca di Piacenza per venire incontro alle tante richieste. «Una mostra molto apprezzata che ha fatto registrare migliaia di visitatori», ha sottolineato Corrado Sforza Fogliani, ringraziando la curatrice Laura Bonfanti e tutti gli altri collaboratori per l’impegno profuso per la buona riuscita dell’iniziativa.

Il presidente esecutivo del popolare Istituto di credito, chiedendosi quali siano i limiti alla conservazione dei beni immobili rispetto alle esigenze da soddisfare, ha proposto un primo motivo di riflessione: «Non c’è crescita senza mutamento. E’ inevitabile che certe trasformazioni stonino con l’ambiente circostante, mentre altre ben si inseriscano nel contesto edilizio esistente. Anche le cose belle che abbiamo - ha aggiunto l’avv. Sforza Fogliani ripensando alla storia di Piacenza - hanno comportato delle demolizioni: Palazzo Gotico, il Duomo, lo Stradone Farnese. Ma un conto è demolire consapevolmente, altra cosa farlo senza ragion d’essere». Il presidente Sforza ha concluso il suo intervento citando Einaudi, il quale sosteneva che “esiste un punto critico tra quello che è opportuno o non opportuno demolire, da individuare volta per volta”. «La cosa utile da fare - ha osservato - è vedere di determinare questo punto critico».

Valeria Poli ha quindi compiuto un viaggio a ritroso nel tempo documentando le trasformazioni subite dalla città, iniziando da Piazza Cavalli (con gli sventramenti, nel 1281, per la costruzione di Palazzo Gotico, fino ad arrivare alla costruzione del primo, secondo e terzo Lotto) e Piazza Duomo (con la demolizione, siamo nel 1543, del Battistero antico, delle chiese di San Giovanni de Domo e Santa Giustina). «A partire dall’800 - ha spiegato l’arch. Poli - la città si trasforma: si alzano gli edifici, si allargano le strade arretrando le case, nasce il grande asse viale Risorgimento-via Cavour-Corso Vittorio Emanuele. Guardando oggi le foto aeree - ha concluso - si nota come lo sviluppo dei quartieri esterni abbia fatto perdere forma alla città».

«Un approccio più meditato ed equilibrato» quando si parla di edilizia ed urbanistica è stato auspicato Domenico Ferrari Cesena, che ha rivendicato la bellezza di Piacenza «snobbata dai piacentini ed elogiata dai turisti, che si sorprendono come le nostre meraviglie siano così poco conosciute».

Carlo Ponzini ha dal canto suo passato in rassegna le varie norme che nel tempo hanno cambiato l’aspetto urbanistico delle città, chiudendo il suo intervento con una proposta di sviluppo che preveda di «ridare vigore all’artigianato con un polo in grado di ospitare laboratori e botteghe con affitti a prezzi calmierati».

Dal dibattito è emerso poi come a volte le normative non siano chiare, lo stesso dicasi per le gare d’appalto.

Parole critiche per la situazione normativa generale ha avuto il presidente Sforza dicendo: «Credo nello Stato di diritto rappresentato dallo Stato liberale, con normative chiare ed uguali per tutti e per tutti predeterminate. Oggi, invece, si è alla contrattazione, prevista per legge, fra Enti pubblici e proprietario-costruttore. Con tutto quel che ne deriva e ne può derivare...».

Pubblicato il 24 gennaio 2022

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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