Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

Hammouda a Mondialità Consapevole: «gli ucraini devono essere aiutati»

ANASTASIA OXANA NATALIYA HAMMOUDA RITA PARENTI

“Trasformo in racconti le storie di vita delle donne ucraine, così le aiuto a superare la morte dei mariti in guerra”. La passione per la scrittura di Nataliya Hammouda nasce all’età di dieci anni, all’epoca mai avrebbe pensato di scrivere sulla guerra. Dalla sua Ucraina è partita appena dopo le scuole superiori per andare a Mosca a studiare psicologia, poi dieci anni in Jacuzia – nella Russia orientale – e altri dieci in Tunisia prima di approdare in Italia, nelle Marche. Oggi vive a Piacenza insieme al marito e a due dei tre figli. Sabato 20 maggio è stata l’ultima ospite della decima edizione del Laboratorio di Mondialità Consapevole. Il progetto “Assolo di corde spezzate” è nato nel 2014, anno dell’invasione della Crimea da parte della Russia di Putin, con l’intenzione di raccogliere in venticinque libri venticinque storie di vita – tante quante le regioni dell’Ucraina – di donne ucraine che hanno salutato i mariti, partiti per la guerra. “In quasi dieci anni sono riuscita a pubblicare quattro volumi – dice la scrittrice – contattando più di mille persone. Si è creata una rete: partendo dalla prima donna, la voce si è sparsa e sono arrivata a tutte le altre. Tante, rileggendo la propria storia di vita, l’hanno accettata e sono riuscite a ripartire. Le storie vengono mandate anche ai militari al fronte come sostegno psicologico”.

L’importanza della lingua

Intervistata dalla coordinatrice del Laboratorio Rita Parenti, Hammouda ha portato all’attenzione la questione della lingua ucraina che, “dall’occupazione dell’Unione sovietica, è sempre stata sottomessa a quella russa. Con lo scioglimento dell’Urss, abbiamo provato a ripristinarla, ma è stato impossibile. Molti ormai erano abituati a parlare russo. E, di conseguenza, i giovani, potendo scegliere, hanno iniziato a seguire la moda della lingua russa, declassando in modo dispregiativo l’ucraino a «lingua della campagna». È un errore, perché l’ucraino è la lingua della tradizione e andrebbe riscoperto”. In Ucraina, Oxana era un’insegnante. A causa delle politiche ingannevoli dei governanti, “bravi in campagna elettorale, quando promettono un progresso, ma inconsistenti quando si tratta di mettere in pratica le intenzioni”, “non riusciva a garantire economicamente una vita degna ai propri figli”. Vent’anni fa, quando si trasferì in Italia, “il primo pensiero fu imparare la lingua e la cultura italiana”.

“Non siamo padroni della nostra terra”

Secondo Oxana “è impossibile far ragionare un pazzo con le buone intenzioni”, e ribadisce che “gli ucraini devono essere aiutati: il nostro popolo è disperso in tutto il mondo per cercare una vita migliore, amiamo la nostra terra, ma non siamo padroni della nostra terra”. Anastasia ha 28 anni e da 18 vive in Italia. “Rappresento i figli delle donne emigrate in Italia – osserva – ricordo che, fino al 2014, periodicamente tornavamo a casa. Poi, dato che il mio paese è vicino alle zone invase da Putin, non sono più andata in Ucraina”. La ragazza ha infine evidenziato la difficoltà degli anziani negli spostamenti forzati per abbandonare le proprie case. “I treni sono lenti, non efficienti, da Donetsk alla Polonia (quasi 1.300 chilometri, ndr) hanno impiegato quasi una settimana”. E conclude: “Le notizie ci portano ad apprezzare quello che abbiamo: ho capito che, tutto sommato, qui in Italia stiamo bene”. Dopo la consegna dei diplomi, il “gruppo consapevoli”, con l’aiuto di Aisha, ha offerto a tutti una cena tipica dell’Africa occidentale.

Francesco Petronzio

Nella foto: da sinistra, Anastasia, Oxana, Nataliya Hammouda, Rita Parenti.

Pubblicato il 23 maggio 2023

Ascolta l'audio

Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

    Ascolta l'audio

    Conteggio articoli:
    5

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente