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Siamo chiamati ad essere coraggiosi e umili testimoni di speranza

manisistringono

“Non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva di Israele; io vengo in tuo aiuto. Ecco, ti rendo come una trebbia acuminata, nuova, munita di molte punte; tu trebbierai i monti e li stritolerai, ridurrai i colli in pula”.
L’uomo però si scandalizza di esser chiamato verme; eppure la condizione di oggi ci dice quanto possiamo venir facilmente calpestati nei nostri diritti umani e nella nostra fede, quanto facilmente ci può essere sottratta la libertà e noi non ci riteniamo così piccoli e così fragili pensando di poter fare senza l’aiuto di Dio.
Quando invece la nostra pochezza prevale e grida dentro di noi, ci rendiamo conto che nessuno è così appassionato a noi come Cristo e nessuno viene a noi con la sua dolcezza e delicatezza.

 

Perché per noi è così difficile riconoscerci come figli amati, cercati, curati?
Quante volte Israele è andato per la sua strada come noi e ha rigettato il Signore?
Il Signore per tutta risposta recupera ciascuno di noi.
Se siamo lontani del Signore, non abbiamo più nulla da sperare, senza una proiezione al futuro. E invece tutti abbiamo bisogno del conforto di un domani fatto apposta per noi sapendo che c’è qualcuno disposto a morire per noi senza che diamo niente.
Tutto quello che abbiamo accade perché il Signore ci mantiene in vita. Non è la scienza o un vaccino ma è un Dio che alimenta in noi la vita.
Quando il Signore ci dice di non temere, lo dice con un amore di padre.
La forza dell’amore è quella in grado di farci vivere e vivere davvero, facendoci entrare a far parte del Regno di Dio. Gesù è venuto proprio per questo, per tenderci la mano e spalancarci le porte del Paradiso.

Il Santo Padre ci ricorda che anche oggi i discepoli di Gesù sono chiamati a essere suoi umili, ma coraggiosi testimoni per riaccendere la speranza, per far comprendere che, nonostante tutto, il regno di Dio continua a costruirsi giorno per giorno con la potenza dello Spirito Santo.
Gesù non rimane nel deserto come il Battista aspettando che la gente vada da lui, ma va incontro a ogni uomo misericordiosamente ancora prima che esprima pentimento e impegno di cambiamento di vita.
Gesù annuncia il volto di Dio che si immerge nell’umano per venirgli incontro, e che prende su di sé l’umanità per guarirla e salvarla accettando di apparire Dio povero e troppo mite. Accogliere un Dio che si presenta in questa veste, è entrare di fatto nel Regno, ma per entrarvi bisogna essere piccoli, è necessario accogliere una grazia immeritata e vivere di gratitudine.

Estratto dalla Lectio mattutina
di madre Maria Emmanuel Corradini,
abbadessa del Monastero benedettino di San Raimondo,
del 10 dicembre 2020, Libro del profeta Isaia 41,13-20

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