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Notizie Varie

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Inaugurato il Centro sociale S.Giuseppe: un grande impegno per i più fragili

centro

Dalla realizzazione di spugne colorate al lavoro nei campi, fianco a fianco con artigiani “veri” e educatori, per gestire insieme le commesse provenienti da varie aziende del territorio. È il modo con cui nove ragazzi tra i 19 e 21 anni - 5 in formazione presso il Centro e 4 impegnati in tirocini esterni - affetti da una forma grave di disturbo dello spettro autistico, imparano un mestiere. A portare avanti questo progetto pilota di inserimento socio-lavorativo è il Centro sociale “San Giuseppe”, attivo da giugno 2020 a San Bonico.
Il Centro è stato inaugurato alla presenza della presidente della struttura “San Giuseppe” e dell’associazione “Oltre l’Autismo”, Maria Grazia Ballerini, del presidente della Regione, Stefano Bonaccini, della  prefetta di Piacenza Daniela Lupo,della vicesindaco di Piacenza, Elena Baio, del vicepresidente nazionale Confapi (Confederazione italiana della piccola e media industria privata), Cristian Camisa; presenta anche il vescovo di Piacenza-Bobbio, monsignor Adriano Cevolotto. Al termine della visita, nello spazio antistante il centro sono stati piantati tre ulivi a simboleggiare i concetti di pace, forza e vittoria.

ulivo

Nelle foto di Del Papa, alcuni momenti dell'inaugurazione del centro San Giuseppe a San Bonico.

“Siamo di fronte a un bellissimo esempio di impegno e dedizione verso i più fragili, una di quelle realtà che testimoniano la capacità di lavorare insieme della nostra comunità- ha sottolineato il presidente Bonaccini-. Quanto continua a essere fatto qui per garantire anche in questi durissimi mesi un supporto concreto ai ragazzi è straordinario. L’associazione ‘Oltre l’Autismo’, da cui è nato questo Centro, è quanto mai importante, a maggior ragione ora che sono proprio i più fragili a pagare il prezzo più alto alla pandemia. Il Terzo settore nella nostra regione non solo è prezioso, ma continua a dare prova di altissimo valore, anche grazie al personale, agli operatori e ai volontari che ogni giorno garantiscono il loro impegno, e noi continueremo a sostenerlo”. Per il 2021, la Regione ha stanziato due milioni di euro per la cura delle persone con disturbo dello spettro autistico, che sono in aumento rispetto agli anni passati anche grazie a una più precoce capacità di diagnosi e presa in carico da parte dei servizi sociosanitari regionali.

La struttura
La struttura, nata nel giugno del 2020 per volere delle famiglie aderenti all’Associazione “Oltre l’Autismo”, opera nel campo dell’inserimento socio-lavorativo di persone affette da diverse disabilità, soprattutto autismo, e offre loro opportunità di socializzazione e formazione, con il preciso obiettivo di inserirle in un reale contesto lavorativo. Inoltre, collabora con artigiani per sviluppare nuove competenze e trasmettere conoscenze e abilità che andrebbero perdute, e con aziende del territorio per incrementare ed offrire vere esperienze lavorative a ragazzi che hanno terminato il percorso scolastico. Il loro graduale inserimento lavorativo avviene sempre rispettando modalità, tempi e predisposizioni più confacenti ad ogni singola persona.
I ragazzi impegnati nell’attività formativa frequentano il centro dalle 9 alle 12 per cinque giorni alla settimana, dal lunedì al venerdì, con la possibilità di fare merenda e riposarsi, in base alle proprie esigenze, negli spazi allestiti anche grazie all’aiuto degli Alpini. 

Pubblicato il 24 aprile 2021

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Via alle vaccinazioni dei genitori di minori patologici vulnerabili e disabili

Genitori vulnerabili

Via alle vaccinazioni per i genitori (o tutori o affidatari) di minori patologici estremamente vulnerabili e minori con disabilità gravi che non possono essere immunizzati contro il Covid-19, perché di età inferiore ai 16 anni. Mentre in tutta la regione vanno avanti le somministrazioni alle persone con disabilità gravi ospiti di strutture, centri diurni e in assistenza domiciliare, e ai patologici estremamente vulnerabili – due categorie considerate prioritarie, assieme alle persone più anziane, dal Piano vaccinale nazionale – in Emilia-Romagna iniziano le prenotazioni e le vaccinazioni anche per questo segmento di popolazione, la cui tutela è essenziale. Le persone interessate da questa tornata di vaccinazioni non dovranno fare nulla: saranno chiamate direttamente dalle Aziende Usl o dei rispettivi Centri di riferimento. Uniche eccezioni l’Azienda Usl Romagna e l'Azienda Usl di Modena, dove i cittadini interessati devono prenotarsi attraverso i consueti canali, previa presentazione di autocertificazione che attesti il proprio stato di genitore/tutore/affidatario e la patologia del minore rientrante nella categoria di “estremamente vulnerabile”, scaricabile dal sito di Ausl Romagna e dal sito di Ausl Modena.

In maggio, poi – se saranno confermati i quantitativi di vaccino previsti – sarà la volta dei conviventi delle persone estremamente vulnerabili e degli altri disabili non in struttura o assistenza domiciliare e non ancora contattati, nonché dei loro conviventi o caregiver; prima non è possibile, perché la disponibilità attuale di dosi non lo consente. Tutte indicazioni messe nero su bianco nelle Linee guida elaborate dagli assessorati regionali alle Politiche per la salute e al Welfare e oggetto di un proficuo confronto che ha portato alla loro totale condivisione con le associazioni regionali aderenti alle federazioni Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) e Fand (Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità), per stabilire insieme le modalità di accesso più agevoli alla campagna vaccinale delle persone ad elevata fragilità. Linee guida che sono già state inviate a tutte le Aziende sanitarie e ospedaliere e agli Irccs dell’Emilia-Romagna.

“C’è chi, in questa pandemia, ha sofferto doppiamente: sono le persone più fragili, più deboli, fisicamente e psichicamente- sottolineano la vicepresidente della Regione con delega al Welfare, Elly Schlein, e l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini-. Motivo per cui il nostro impegno è garantire a loro, ai genitori, ai conviventi e a chi se ne prende quotidianamente cura la massima sicurezza e protezione, nei tempi più veloci possibili. Le modalità per accelerare il percorso e renderlo più agevole- proseguono vicepresidente e assessore- le abbiamo pensate e ‘costruite’ a partire da un confronto, collaborativo e costruttivo, proprio con le associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari. Le ringraziamo, per la disponibilità, la competenza, l’energia che hanno messo ancora una volta a disposizione di tutti”. Occorre poi ricordare che chiunque venga vaccinato può scaricare direttamente il certificato vaccinale completo dal proprio Fascicolo sanitario elettronico. La somministrazione del vaccino anti-Covid viene infatti immediatamente registrata sul Fse personale e il certificato può appunto essere consultato, archiviato o stampato in qualsiasi momento. Peraltro, alla persona vaccinata viene rilasciato subito direttamente anche il certificato cartaceo. Le Aziende Usl o i Centri specialistici che hanno in cura pazienti minori che non possono essere vaccinati, perché di età inferiore ai 16 anni, e che rientrano in due categorie – patologici estremamente vulnerabili o disabili gravi – provvederanno rapidamente, già in questi giorni, a chiamare i genitori, tutori o affidatari per inserirli nei percorsi di vaccinazione. Gli interessati, dunque (ad eccezione di quelli dell’Ausl Romagna e dell'Ausl di Modena) in prima battuta non devono fare nulla per prenotarsi, perché appunto saranno contattati; solo se entro la fine di aprile non verranno chiamati, potranno comunicare la loro mancata presa in carico al proprio medico di medicina generale per l’opportuna segnalazione all’Azienda Usl di competenza.

Secondo quanto stabilito dal Piano nazionale, hanno diritto alla vaccinazione i conviventi delle persone affette da patologie che le rendono estremamente vulnerabili (il cui elenco è già stato inviato dalla Regione alle Aziende e le cui vaccinazioni sono già partite) e, per le persone con disabilità gravi, sia i conviventi che i caregiver. Per caregiver si intende la persona, anche non familiare o non convivente (incluse quindi le assistenti familiari) che – in forma gratuita o a contratto – assiste e cura in modo continuativo e in stretta relazione la persona e il suo ambiente domestico, la supporta nella vita di relazione, concorre al suo benessere psicofisico, l’aiuta nella mobilità e nel disbrigo delle pratiche amministrative. Se saranno rispettate le consegne delle dosi vaccinali del mese di maggio, i familiari conviventi e i caregiver che non abbiano già avuto accesso alla vaccinazione (ad esempio, per fascia di età), potranno rivolgersi al proprio medico di medicina generale o a quello della persona assistita per la somministrazione del vaccino. Il medico di medicina generale, una volta contattato, verificata la “natura” di convivente o caregiver in base alla relazione di fiducia e conoscenza che caratterizza il rapporto medico di famiglia e paziente, vaccina le persone così individuate presso il proprio ambulatorio. Le Aziende Usl di competenza, sulla base dei vaccini disponibili, possono decidere di vaccinare il convivente o il caregiver che accompagna l’avente diritto al punto vaccinale.

Quanto più è accentuato, tanto più l’eccessivo peso corporeo è un fattore di rischio per il decorso di Covid-19. Per questo la Regione ha stretto un accordo, il primo a livello nazionale di questo tipo, con le associazioni dei farmacisti che già in questi giorni consente alle persone gravemente sovrappeso di eseguire in farmacia il test per l’indice di massa corporea; qualora il risultato li configuri tra coloro che sono inseriti tra gli estremamente vulnerabili e quindi tra i prioritari nella vaccinazione, il farmacista provvederà direttamente ad effettuare la prenotazione della vaccinazione per il cittadino. Chi, dunque, ritiene di far parte di questa categoria e non è già stato chiamato dall’Ausl, potrà rivolgersi in farmacia per fare il test. Questa procedura è stata scelta perché, a fronte di ricerche che stimano 350mila persone in Emilia-Romagna tra i 16 e i 69 anni classificabili come gravemente sovrappeso, non è possibile sapere con precisione chi rientri nella fascia di rischio che dà accesso alla vaccinazione prioritaria: molti tra loro non ricorrono con frequenza a prestazioni mediche, a partire dalla visita al medico di famiglia, e non sono quindi stati certificati. Ciò rende così impossibile convocarli direttamente.

Pubblicato il 23 aprile 2021

Don Borea, ancora viva la sua memoria nell'Appennino piacentino

BOREA

“Don Giuseppe Borea è una figura a cui siamo molto legati. Un giovanissimo parroco, amato dalla popolazione, volitivo ed entusiasta, di cui è ancora viva la sua memoria nell’alto Appennino Piacentino”. Così tratteggia il sacerdote, nato a Piacenza il 4 luglio 1910, Alessandro Pigazzini del Museo della Resistenza Piacentina, che ha ripercorso la vita e la morte del religioso, e i progetti di public history che, negli ultimi anni, sono stati attivati a partire dalla sua storia.

“Il sacrificio di don Borea. La vita, la Resistenza, i carnefici” è stato il tema dell’incontro del 19 aprile, trasmesso in diretta sulle pagine Facebook del Museo della Resistenza Piacentina, del Complesso Monumentale della Cattedrale di Piacenza e sul canale Youtube dello stesso Museo.

L’evento è stato è stato coordinato da Valentina Rimondi, operatrice del Museo Cattedrale di Piacenza e socia di “CoolTour”, cooperativa culturale che si occupa di valorizzazione territoriale.

L’iniziativa è nata grazie al sostegno della diocesi di Piacenza-Bobbio e dell’Associazione “Oltre la Storia”.

Ad introdurre i lavori Il professor Gianluca Fulvetti, docente di storia contemporanea presso l’Università di Pisa, che ha allargato il quadro al ruolo dei religiosi nella Resistenza in tutto il territorio italiano.

La storia di don Borea

“Una maggiore attenzione alla figura di don Borea è scaturita - ha sottolineato Alessandro Pigazzini, è scaturita grazie al settimanale diocesano Il Nuovo Giornale e all’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani di Piacenza che hanno portato alla stampa il libro “Giuseppe Borea. Quando l’amore è più forte dell’odio”, edito da "Il Duomo" nel 2018, scritto dalla giornalista Lucia Romiti”. La pubblicazione, che ha avuto anche il sostegno della Banca di Piacenza, è stato presentato a Palazzo Galli e in diverse altre sedi. 
In questi ultimi anni, grazie anche all’impegno di Giuseppe Borea, nipote del sacerdote defunto, è nato un gruppo di lavoro per farne conoscere e prerarare il terreno, a Dio piacendo, a un possibile processo di beatificazione del prete piacentino.

“Nasce in una famiglia - ha affermato Pigazzani - dove esistono sia l’afflato religioso e che quello patriottico. Infatti don Giuseppe ha, da un lato, uno zio prete e due sorelle suore e dall’altro uno dei nonni membro della spedizione dei “Mille” al seguito di Garibaldi.
A 14 anni, don Borea entra nel Seminario di Bedonia, diventa sacerdote nel 1936 e poco più di un anno dopo l’ordinazione, è chiamato, nel 1937, a reggere la parrocchia di Obolo, piccolo paese, frazione del Comune di Gropparello. Si impegna nell’ abbellimento della canonica e della chiesa. Vuole migliorare le condizioni di vita dei poveri contadini di montagna e la sua insistenza si traduce nel far arrivare ad Obolo la luce elettrica. Manifesta anche il suo ideale di libertà e si contrappone ad un fascismo aggressivo come quello del territorio di Gropparello che lo porta, nel 1942, ad una denuncia come sovversivo. Poi nella Resistenza diventa cappellano dei partigiani della Val d’Arda, porta l’assistenza religiosa ai feriti e conforta anche i prigionieri dei partigiani.

Nel rastrellamento invernale del 1944-45, - ha continuato Pigazzini - le forze nazifasciste, con battaglie pesantissime, spazzano via la resistenza delle montagne piacentine. Don Borea viene arrestato in parrocchia e portato a Piacenza dove è accusato di violenza sui prigionieri, profanazione di cadaveri e comportamenti immorali nei confronti di parrocchiane. Tutte accuse ignobili e vergognose, create da una falsa giustizia che serviva per colpire gli oppositori e il 9 febbraio 1945, a soli 34 anni, don Borea viene fucilato”.

Colpevoli ma liberi

Un processo farsa, accuse ingiuste ed infamanti. Tutto ciò avrà una giustizia? A questo interrogativo ha cercato di rispondere Iara Meloni, storica e scrittrice, che ha sviluppato il discorso sul dopoguerra e sui processi celebrati alla Corte di Assise Straordinaria (CAS) di Piacenza nei confronti dei colpevoli dell’uccisione di don Borea.

“Venti persone di altissime cariche - ha affermato Meloni - sono processate dalla CAS di Piacenza. Molti rispondono difendendosi che facevano parte di una catena di ingranaggio che rispondeva direttamente ai tedeschi. Alcune carte spariscono, quindi si deve procedere con testimonianze orali e addirittura i fucilatori dicono di aver sparato in aria ed il colpevole dell’uccisione di don Borea risulta latitante”.

Dai documenti esaminati dalla Meloni, ora consultabili ed "oro" per gli storici, emergono però decine di lettere di parrocchiani di Obolo che chiedono di voler testimoniare, mettendo in luce la bontà di don Borea e l’attenzione per il patrimonio artistico delle parrocchie a lui affidate. Il punto dolente è che questi processi vengono fermati dall’amnistia Togliatti del 1946, per cui venti persone tra il giugno e luglio di quell’anno escono dal carcere.

La giustizia umana, quindi per don Giuseppe non arriverà mai e prende le vesti subdole di una vaga responsabilità collettiva che non si può punire, perché non coinvolge l’effettiva volontà del singolo. La Corte di Assise, che emette quattro sentenze, in tempi successivi, è accomunata dal teorema: gli indagati sono colpevoli, ma liberi perché “i reati ad essi attribuiti sono estinti a causa di amnistia”. Un finale amaro che però attesta ancor di più la santità di un uomo innocente.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 21 aprile 2021

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«Un protocollo di civiltà per i malati di Alzheimer»

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Fondazione di Piacenza e Vigevano, Ausl e Ordine dei Medici di Piacenza fanno squadra per gli anziani del territorio colpiti da demenza e malattie degenerative del cervello. Un primo passo fondamentale in questo inedito percorso - dalla forte valenza sanitaria e sociale - è stato compiuto nella mattinata del 22 aprile presso il Salone d’Onore di Palazzo Rota Pisaroni, dove i rappresentanti delle tre realtà sopracitate hanno firmato un protocollo d’intesa biennale denominato “Progetto Alzheimer”. Tra gli obiettivi principali dell’accordo “migliorare - si legge nel documento - la qualità di vita dei soggetti colpiti da Alzheimer e da demenza in genere e dei familiari che si prendono cura di loro; migliorare l’integrazione dei medici di famiglia con i colleghi specialisti psicogeriatri, con gli psicologi ed in generale con tutti gli operatori sanitari che si occupano dei malati e dei loro familiari; favorire la realizzazione di una rete di cure sanitarie ed assistenziali domiciliari, fondata sulla collaborazione delle diverse figure professionali e sulla realizzazione di frequenti e facili contatti interprofessionali”.

“Si tratta di un protocollo di civiltà - ha evidenziato Luca Baldino, direttore generale dell’Ausl -, che mira a rafforzare una rete di supporto ai malati di Alzheimer, circa 5mila a Piacenza, già presente sul territorio, concentrandosi sia su aspetti ospedalieri che sociali”.

Due filoni d’intervento che si traducono in una serie di azioni concrete, articolate in tre fasi principali. “Si inizierà con alcuni di corsi di formazione rivolti al personale sanitario che si occupa di gestire i malati affetti da questa patologia - ha spiegato Baldino -; contestualmente verrà sviluppato un Centro Ascolto per la Demenza (Cade), con funzioni di consulenza e sostegno, aperto ai pazienti e ai loro familiari. Familiari a cui rivolgeremo l’attenzione nella terza fase del progetto, con corsi di formazione e potenziando la rete di supporto anche nei loro confronti: prendersi cura di una persona cara malata di Alzheimer è infatti estremamente impegnativo e può avere un impatto devastante sulla propria vita”.

Sostenibilità economica al progetto verrà garantita dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, con un contributo complessivo di 150mila euro (50mila nel 2021 e 100mila nel 2022). “Lavoravamo a questo protocollo da più di un anno - ha spiegato il presidente Massimo Toscani -. Abbiamo deciso di partecipare perché nel nostro Dna c’è l’attenzione al welfare e alla cura degli anziani: un tema, quest’ultimo, sempre più critico nella nostra società, dove l’anziano sta perdendo il ruolo di capofamiglia, essendo ritenuto poco funzionale in un sistema basato esclusivamente sul consumo”.

Terzo firmatario del protocollo è Mauro Gandolfini, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Piacenza.

Federico Tanzi

Pubblicato il 22 aprile 2021

Viaggio online fra cronaca, cultura e canzoni del '55, '56 e '57 per la terza età

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Torna a grande richiesta, per il ciclo di videoconferenze organizzate dall'Ufficio attività socio-ricreative del Comune di Piacenza e dedicate alla terza età, l’appuntamento dal titolo “Quei favolosi anni” che giovedì 22 aprile, con inizio alle 10, accompagnerà gli spettatori in un “Viaggio fra cronaca, cultura e canzoni del ‘55, ‘56 e ‘57”.
La lezione, incentrata sulla musica e i fatti di quegli anni, è affidata all’ingegner Riccardo Golini che con competenza, estrosità e ironia completerà un filone di incontri sul tema, iniziato a dicembre scorso. Dal repertorio Claudio Villa alle note della “Casetta in Canadà”, sullo sfondo di un’Italia, vivace e in crescita, che vide l’elezione di Giovanni Gronchi a presidente della Repubblica.
La videoconferenza, che avrà la durata di circa 40 minuti, può essere seguita attraverso computer, tablet e cellulari, collegandosi alla piattaforma Google Meet. Per iscriversi, occorre compilare il modulo online all'indirizzo https://cutt.ly/favolosianni3. Gli utenti abituali delle iniziative riceveranno via e-mail o Whatsapp l'indirizzo della videoconferenza e potranno seguire l'incontro cliccando semplicemente sul link indicato.

Pubblicato il 19 aprile 2021

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